Hegel e la metafisica (parte seconda)

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  • Опубликовано: 7 сен 2024

Комментарии • 12

  • @lucapeverini4854
    @lucapeverini4854 2 месяца назад

    Che bella lezione! Grazie

  • @AntonioCannata-l8e
    @AntonioCannata-l8e 2 месяца назад

    Grazie alle lezioni del Prof. Cortella, cominciavo finalmente a comprendere Hegel (almeno nei tratti essenziali). Però in cuor mio restavo pur sempre tifoso di Kant...e l'ho visto trionfare al 90°.

    • @luciocortella6131
      @luciocortella6131  2 месяца назад +1

      Almeno non sono serviti i tempi supplementari...
      Sul tema ritornerò: l'anno prossimo ho in programma un corso per la magistrale sulla Critica della ragion pura (saggiandone limiti storici e attualità contemporanea). Vediamo cosa ne esce

  • @francbon13
    @francbon13 Месяц назад

    Grazie professore per i suoi interessantissimi contributi. Farà mai un video in cui illustra il suo metodo di studio? Penso che tale contenuto possa davvero risultar decisivo ed utilissimo per molti studenti

  • @scardanellidaniele9611
    @scardanellidaniele9611 2 месяца назад +1

    Professore, lei parla in questa lezione di "impossibilità di una riflessione assoluta" come critica a Hegel. Ma questo tipo di critica non ricade nel "cattivo infinito"? Non stiamo di nuovo evocando la cosa in sé, che resta sempre al di là del pensiero? E in questo modo, la dialettica hegeliana non diventa solo dialettica negativa di tipo adorniano, cioè prigioniera del finito? Insomma, le chiedo come e se la sua critica si distingue da quelle di Kierkegaard e altri, che lei stesso, durante la lezione, ha sostenuto non cogliessero l'Assoluto in senso hegeliano.

    • @luciocortella6131
      @luciocortella6131  2 месяца назад +1

      Giusta anche questa osservazione: in effetti io apro sia al cosiddetto “cattivo” infinito sia alla “cosa in sé”. Ma lo faccio con strumenti hegeliani, a partire dalla stessa dialettica di Hegel. La pretesa di Hegel di superare il cattivo infinito (che alla fine così “cattivo” non è, ma si rivela l’unico di cui noi possiamo fare esperienza) si arena proprio di fronte a una dialettica radicale (che lui alla fine vuole addomesticare). Se dovessi condensare la mia interpretazione in una battuta, direi che in Hegel la tensione fra dialettica e idealismo (oggettivo) è risolta a favore del secondo.
      La mia critica è dunque molto diversa da quelle che gli sono state rivolte dai suoi avversari ottocenteschi (Schopenhauer, Kierkegaard, il giovane Marx, Nietzsche - tutti avversari della dialettica), perché viene svolta in modo immanente, a partire dalla dialettica hegeliana. Perciò la cosa in sé non è più quell’oggetto metafisico evocato da Kant (“ciò che NON è oggetto di un’intuizione sensibile”) e che presuppone il dogma kantiano della nostra impossibilità di avere intuizioni intellettuali, ma è l’alterità immanente ad ogni determinazione, testimoniata dalla dialettica. Non è il pensiero di un al di là del pensiero, giustamente criticato da Hegel, ma l’esperienza immanente dei limiti del nostro sapere.
      E qui mi allontano anche da Adorno (nonostante io accetti l’idea di un non-identico, attestato “negativamente” dalla dialettica), perché uno dei sensi secondo cui - per Adorno - la dialettica è “negativa” è che essa resta FALSA (“ontologia dello stato falso” - “il tutto è il non-vero”), mentre io ritengo che la dialettica, ripensata dentro le coordinate della dialogica, rimanga vera, DEBBA rimanere VERA (pena l’impossibilità di considerare veri i propri risultati e di tenerli fermi).

  • @fiorenzopinna82
    @fiorenzopinna82 2 месяца назад

    Invece che dire che non esiste alcun senso, non potremmo dire meglio (restando più fedeli ad Hegel) che ci sono diversi livelli di senso e di sapere (tutti comunque legittimi anche se non definitivi e risolutivi) a seconda del numero e della complessità delle relazioni che vengono individuate? Quanto al livello ultimo, magari Hegel lo intendeva come sapere "ideale" verso cui il pensiero tende all'infinito, essendo ben conscio che un tale sapere, seppure esista realmente in sé, non può mai essere concretamente raggiunto dal pensiero umano (per esso è perciò "ideale", ma non in sé)

    • @luciocortella6131
      @luciocortella6131  2 месяца назад +1

      Giusta la prima osservazione: in Hegel non c’è mai perdita totale del senso (è la sua opposizione critica allo scetticismo), ma una sua progressiva determinazione, mai conclusa. Potremmo dire che il senso è aperto, proprio perché la realtà è attraversata da contraddizioni che, invece di rivelarsi "in-sensate", aprono sempre a nuovi sensi.
      La conclusione (un ideale cui il pensiero tende all’infinito) invece sarebbe stata avversata da Hegel (magari noi - post-hegeliani la sentiamo più "nostra", ma non è la sua). La sua tesi è la perfetta coincidenza fra il nostro sapere e l’in-sé logico (e per questo il sapere è “assoluto”: coincidenza di in sé e per sé). L’idea non è “ideale” nel senso che intendiamo noi (e che è sotteso alla sua osservazione) ma nel senso del totale autoriferimento a se stessa.

    • @fiorenzopinna82
      @fiorenzopinna82 2 месяца назад

      @@luciocortella6131 chiaro, grazie!

    • @fiorenzopinna82
      @fiorenzopinna82 2 месяца назад

      @@luciocortella6131 alcune domande spericolate (forse ingenue) che spero non irritino il suo abituale rigore di ragionamento, a proposito della tesi della perfetta coincidenza fra il nostro sapere e l'in-sé logico: 1. Hegel credeva che la sua teoresi rappresentasse questo esito o collocava quella coincidenza in un futuro sviluppo del pensiero? Secondo lei, cosa avrebbe pensato Hegel del recente sviluppo dell'intelligenza artificiale? Avrebbe visto in questo sviluppo la via per la realizzazione di quella coincidenza? 2. A me (lettore del Vangelo) quella coincidenza mi pare realizzata dalla divino-umanità inaugurata da Cristo (ma praticata, dopo di lui, solo da pochissimi santi sinora). Che opinione aveva Hegel di Cristo? Le risulta si sia mai espresso a riguardo? In definitiva, e qui temendo di spararla grossa premetto che mi rendo conto che le chiedo di costringere il pensiero di Hegel entro categorie che probabilmente non gli erano familiari o che comunque avrebbe respinto: secondo lei la teoresi di Hegel è cristologica o anti-cristica? Mi perdoni se ho osato troppo.

    • @luciocortella6131
      @luciocortella6131  2 месяца назад +3

      Domande complesse che richiederebbero ben altro spazio. Perciò le mie sintetiche risposte saranno sicuramente insoddisfacenti, ma di più non posso fare.
      a) sì, Hegel pretendeva che il sapere soggettivo (quello suo, ma anche il nostro) se svolto fino a quelle estreme conclusioni (i tre sillogismi finali della filosofia) coincidesse NELL’ESSENZIALE con il sapere oggettivo: variazioni interne - linguistico-concettuali - erano sempre possibili (e ne testimoniano le differenti versioni della Scienza della Logica - passando per l’Enciclopedia - dal 1812 al 1831) ma non la tesi generale - per questo motivo quel sapere non era più il “suo” sapere soggettivo ma “la ragione che sa se stessa”;
      b) intelligenza artificiale: non lo so, ma credo che Hegel non l’avrebbe ritenuta “pensiero”, così come non riteneva pensiero la matematica (vedi le critiche all’Etica di Spinoza “more geometrico demonstrata”);
      c) la questione cristologica è assolutamente centrale in Hegel, ma a modo suo: Cristo è la finitizzazione dell’infinito, la naturalizzazione dell'eterno, il logos che si fa carne, ma che - proprio per questo, come ogni ente naturale e sensibile - è destinato a morire; la risurrezione è perciò solo la risurrezione dello spirito, che però Hegel interpreta in modo anti-trascendente: lo spirito è il sapersi della comunità umana (la Chiesa), e alla fine è solo il sapersi della filosofia; perciò, rispetto al dogma trinitario - come codificato dai concili di Nicea e Calcedonia - Hegel è anti-cristico (alla fine per lui esiste solo lo spirito, per di più inteso immanentemente);
      d) si ripresenta perciò la questione che ho posto nel mio video: nella dialettica di Hegel si apre certamente lo spazio per la trascendenza, per l’alterità, per l’irriducibile, per l’idea che in ogni ente c’è sempre “più di quel che è”, ma alla fine quell’apertura viene subito, irrimediabilmente, richiusa.

    • @fiorenzopinna82
      @fiorenzopinna82 2 месяца назад +1

      @@luciocortella6131 grazie infinite, le sue risposte sono sintetiche ma occuperanno le mie meditazioni per settimane credo