Lectio magistralis sulla Fenomenologia di Husserl fatta in modo sontuoso: chiara, esaustiva, precisa che rende semplici ed accessibili concetti ed informazioni assolutamente non semplici. Ottimo il metodo d'inframmezzare con esempi di vita pratica i concetti esposti! Ho seguito altre lezioni di diversi docenti che sono risultate farraginose, nebulose e noiose: avevo la sensazioni che quei docenti non avessero loro ben chiare le idee. Super complimenti al Prof. Cortella quindi !!!
Grazie. Mi sembra di capire per la prima volta qualcosa di Husserl, grazie a Lei. Certamente per carenza da parte mia quando ho ascoltato lezioni di altri, ma anche per Sua competenza ed efficace capacità didattica. Queste Sue tre lezioni mi sono state preziose, anche perché nel capire qualcosa di Husserl ho anche capito qualcosa di più di un discorso di Buddha che una ventina di anni fa mi costrinse a leggere più volte il passo che ora Le riporto, affascinato ma senza capirci molto soprattutto delle ultime parole. "” Allora, Bahiya, dovrai esercitarti così: In ciò che è visto ci sia solo ciò che è visto. In ciò che è sentito ci sia solo ciò che è sentito. In ciò che è percepito ci sia solo ciò che è percepito. In ciò che è conosciuto ci sia solo ciò che è conosciuto. Così devi esercitarti. Quando per te ci sarà solo ciò che è visto in ciò che è visto, solo ciò che è sentito in ciò che è sentito, solo ciò che è percepito in ciò che è percepito, solo ciò che è conosciuto in ciò che è conosciuto, allora, Bahiya, non sarai più in relazione con quello. Quando non sarai più in relazione con quello, non sarai più in quello. Quando non sarai in quello, tu non sarai né qui né al di là, né in entrambi o fra loro due. Proprio così è la fine della sofferenza.” (Udana 1.10)
Sono uno storico della musica (classe 1961) e mi sto occupando di Husserl per via della profonda influenza che il suo pensiero ha esercitato, a partire dagli anni Trenta del '900, su Sergiu Celibidache, uno dei direttori più geniali del XX secolo (ffinora anche del XXI), aiutandolo ad elaborare la sua "musikalische Phänomenologie". Celibidache vi ha poi innestato, grazie alla frequentazione a Berlino di Martin Steincke, il Buddhismo Zen. La Sua esposizione, professore, è di una chiarezza magistrale, sono sicuro che mi aiuterà a comprendere meglio gli ardui testi di Husserl! Grazie infinite per aver messo a disposizione questa stupenda serie di video-lezioni!
La ringrazio per questa utile informazione. Non conoscevo questo approccio di Celibidache alla fenomenologia (che testimonia quanto questa - apparentemente astrusa - concezione filosofica abbia influenzato tanti ambiti della cultura e delle scienze contemporanee).
Nonostante le fondamentali differenze tra il pensiero di Husserl e quello di Hegel (soprattutto la contrapposizione tra assoluto concettualmente mediato ed assoluto "immediato") sembra che ci siano notevoli punti in comune tra i due. Entrambi concepiscono la filosofia come episteme, cioè come scienza rigorosa ed optano per un recupero della tradizione greca. Entrambi sono fortemente critici di quella che percepiscono come una tendenza relativistica della loro epoca (le filosofie romantiche dei "colpi di pistola" in Hegel e lo storicismo in Husserl), e si sono formati in un ambiente postkantiano/neokantiano. Entrambi sono critici delle interpretazioni "psicologistiche" del kantismo e tentano un superamento tanto del realismo ingenuo o rappresentativo quanto dell'idealismo soggettivo. Inoltre il tardo Husserl dedica pagine importanti al tema dell'intersoggettività, il che lo avvicina ancora di più ad Hegel. Eppure non mi risulta che Husserl si sia mai confrontato direttamente e criticamente con le opere di Hegel o con i suoi successori (marxisti o neohegeliani a lui contemporanei). Mi chiedo quindi se e quanto Husserl fosse consapevole di questa vicinanza, ma soprattutto mi chiedo: come mai l'hegelismo, se si esclude il marxismo che però per buona parte della sua storia sembra aver preso le distanza dal "trascendentale", ha avuto nella filosofia del Novecento una fortuna tutto sommato modesta, con correnti neohegeliane che sembrano essere quasi solo dei "sentieri interrotti" nella storia della filosofia, mentre invece la fenomenologia husserliana sembra essere un po' lo sfondo (anche critico) in cui hanno operato Heidegger, Sartre, Derrida ed altri giganti del Novecento? Come mai la critica alla filosofia intesa come episteme sembra privilegiare Husserl come bersaglio e quasi mai Hegel, che anzi diventa paradossalmente un alleato di autori considerati "relativisti", come Derrida ed i vari pragmatisti e neopragmatisti americani? Anche la filosofia hegeliana è stata oggetto di forti critiche (Schopenhauer, Kierkegaard ecc...), ma il progetto di Husserl non sembra nè voler continuare esplicitamente il progetto hegeliano né rispondere ai suoi vari critici. Senza voler esagerare con i tentativi di trovare per forza una "logica" nella storia della filosofia, spesso questi tentativi danno buoni frutti e c'è un senso di continuità e consequenzialità tra Cartesio ed Hegel passando per Kant, ma anche tra Hegel e Marx e da Marx ad Habermas. Allo stesso modo c'è un forte senso di continuità che da Husserl arriva fino a Derrida passando per Heidegger e Sartre. L'apparente discontinuità che separano Hegel ed Husserl invece mi colpisce molto. Eppure sono entrambi autori tedeschi con le stesse influenze di fondo, con tutto sommato gli stessi obiettivi e separati da meno di un secolo. Questa discontinuità fornisce (dico dal punto di vista dello "studente") al pensiero di Husserl un sapore anacronistico, come se il grande tentativo di fare episteme con la filosofia si fosse non solo già consumato un secolo prima, ma fosse anche già stato ampiamente criticato dalle varie correnti irrazionalistiche. Husserl non sembra (non in modo sufficientemente ampio, almeno) confrontarsi con il suo più importante predecessore e di conseguenza nemmeno prova a difendere la fenomenologia da quelle critiche che, pur essendo critiche ad Hegel, potrebbero essere fatte valere anche come critiche ad Husserl ed a qualsaisi progetto analogo. Ammesso che le considerazioni fatte siano corrette, questo è un limite del procedere logicamente (o hegelianamente) in storia della filosofia, oppure ci sono effettivamente delle ragioni storiche e filosofiche per questa apparente discontinuità?
grazie Professor Cortella, veramente molto chiaro. Ho già studiato due Introduzioni alla fenomenologia (De Monticelli e Costa), è utile avere conferme e spiegazioni tecniche e chiare. un commento: indipendente dal valore assoluto della fenomenologia (non sono un filosofo professionista), credo che l'approccio di sospendere il giudizio (per vedere il problema), sia un metodo potente per vedere senza pregiudizi. mi pongo in ascolto, guardo ai fenomeni (definisco il problema ) e solo successivamente posso ragionare con strumenti scientifici...
Carissimo professore, è un piacere poterla ascoltare a distanza di oltre 20 anni, allora studente del corso di storia della filosofia contemporanea. Spero possa continuare con questi video di grandissima qualità, che utilizzerò con i miei studenti.
Veramente eccellente.. Lo ascolto per la seconda volta.. Mi sarà d'aiuto per la mia ricerca impossibile ❤ L'archeologia dovrebbe seguire certe lezioni come pane quotidiano sulle indagini oramai ridotte da decenni a quattro mura di un'università.🎉
Lezione di una chiarezza veramente efficace. Quindi se ho capito bene ciò che Husserl mette in luce è il fatto che ogni fenomeno che cogliamo, posta la riduzione fenomenologica, si mostra ma lo fa sempre in relazione allo sfondo, quindi ai rapporti relazionali con tutti gli altri fenomeni che appaiono e quelli che non appaiono alla coscienza in quanto mondo. L'essenza quindi non è più una sostanza stabile ed invariante in modo platonicamente inteso, ma si trasforma, cambia come relazione della parte al tutto come insieme sue parti con cui è in relazione. L'invariante è la stessa coscienza trascendentale, che in quanto tale, è la condizione di possibilità del darsi dei fenomeni in quanto suo fondamento extramondano in quanto Essere finito non riducibile al piano mondano degli enti. L'invariante è sempre sottomesso alla temporalità ed al contesto dello sfondo che lo ospita, ad esempio un triangolo in quanto tale ha determinata essenza come ad esempio la somma degli angoli che hanno sempre come somma 180°, però come oggi sappiamo questa è valida solo in certo tipo di geometria, quella euclidea ed non nelle altre possibili. Se ho capito bene la questione.
Complimenti ! Non sono stato un Suo allievo fisicamente, avendo studiato altrove, ma lo sono idealmente visto che leggo i Suoi libri. Spero che pubblicherà dei video su Kant, Nietzsche e Heidegger. Grazie !
Gentile Professore, le sue lezioni sono di una chiarezza e profondità rara. Mi stavo chiedendo se esistono lezioni universitarie, da lei tenute, su Heidegger e se lei è nella possibilità di poterle pubblicare su RUclips. Grazie. Cordiali saluti
Grazie per aver condiviso questa lezione. Magari ho capito male, ma mi pare che si assuma alla base di tutto la possibilità di mettere tra parentesi il mondo (i concetti già presenti nella mente) in modo "assoluto" e poter osservare con una qualche valenza scientifica i fenomeni. Chi ci assicura che ciò sia possibile? Chi ci assicura che soggetti diversi percepiscano il fenomeno secondo le medesime 52:27 edit: ah ecco, ho vistò il seguito con la critica, stessa cosa. Grazie ancora. Incredibile che Husserl non si renda conto di questa falla, coperta assiomaticamente. La chiudo qui con la fenomenologia, ci sono assunzioni molto meno stringenti per definire in modo coerente il mondo
Ho una domanda : la filosofia platonica, l'idein, il vedere platonico è già in allontanamento dall'essere e dalla sua manifestazione come phusis che si svela ma che si ritira, si nasconde nello stesso tempo. Con Platone, il mondo diventa idea, immagine inautentica, copia del mondo delle forme. Resta l'elemento della trascendenza, ma non è più la concezione dell' essere dei Presocratici. C'è già una Weltbild in Platone? Non anticipa in qualche modo l'ontologia dell' ente che ha prevalso e che prevale ancora attualmente in Occidente? Forse sono un po' troppo heideggeriano! La fenomenologia non ritorna allora alla filosofia presocratica della pura contemplazione dell' essere e non dell' ente? La ringrazio.
Le questioni sono troppe per dare una risposta. Mi limiterò a porre qualche punto fermo. 1. La nozione platonica di idea (eidos), almeno per il Platone "centrale" (dal Fedone alla Repubblica) non è "immagine inautentica", ma è la vera natura delle cose (ousìa, l'essenza o sostanza). Solo l'idea ha la vera proprietà dell'essere. Copia del mondo ideale (del vero mondo) sono gli enti naturali e le nostre immagini (che NON sono le idee). 2. Quindi l'essere in Platone è idea, ovvero piena manifestazione di sé, il massimamente visibile. È quello che sottolinea Heidegger quando dice che la "alètheia" diventando "idèa" perde il carattere del velamento-disvelamento (cfr. "La dottrina platonica della verità"). 3. Certamente, secondo Heidegger, questa riduzione dell'essere a idea è la radice dell'ontologia occidentale (che è appunto oblio della vera natura dell'essere) 4. La fenomenologia di Husserl, ritenendo che la verità stia nel "vedere" apodittico, rientra - secondo Heidegger - nella riduzione dell'essere alla presenza, ovvero fa dell'essere un ente (essendo l'ente, nella concezione heideggeriana, l'essere ricondotto alla presenza del vedere).
A me sembra che confonda il noumeno kantiano con la verità oggettiva di un fenomeno: dire che un sostrato oggettivo (noumeno) possa essere interpretato in vari modi (Husserl) anzichè in un modo soltanto (Kant) non vuol dire affatto che tale sostrato oggettivo (che è l' oggetto materiale in sè) non esista. Non è dunque vero, come lui sostiene, che secondo Husserl non c' è il noumeno, perchè Husserl non nega affatto la presenza di un sostrato oggettivo dietro un certo fenomeno (anzi lo ammette esplicitamente!), bensì afferma che l' interpretazione di tale sostrato è soggettiva, anche se in ultima analisi non nega l' esistenza di una verità interpretativa ultima magari irraggiungibile (l' orizzonte di Socrate) ma a cui si tende col susseguirsi delle varie "evidenze adeguate" (terminologia husserliana).
Non vi è in Husserl alcuna traccia di "noumeno", né di "sostrato oggettivo dietro al fenomeno". Ciò che Husserl chiama "oggetto intenzionale" (e che è sempre "più di quel che in ogni momento singolo c'è di esplicitamente inteso" [Meditazioni cartesiane, II] ) e che è "il prolungamento reale o possibile della percezione", è costituito solamente da "potenzialità implicite nelle attualità coscienziali". Si tratta di ciò che viene da lui definito "orizzonte" (a anche "sfondo"). Non è perciò un oggetto trascendente la coscienza (ovvero ulteriore rispetto al fenomeno). Da ciò la conclusione che egli ne trae: "La fenomenologia è per ciò stesso idealismo trascendentale, seppur in un senso essenzialmente nuovo" [Meditazioni Cartesiane, IV]. E dopo aver scartato l'idealismo hegeliano (per il suo carattere deduttivo), prende le distanze anche dal noumeno kantiano in questo modo: "Né la fenomenologia è ancora un idealismo di tipo kantiano, che crede di poter mantenere aperto, almeno come concetto limite, un mondo di COSE IN SÈ". Si tratta di idealismo (senza cosa in sé né sostrato) perché "l'ego in virtù della sua propria essenza costituisce in sé anche un altro, un essere "oggettivo". Vi è poi un secondo senso con cui Husserl intende l’oggetto ed è la sua costituzione intersoggettiva. In altri termini possiamo parlare di oggetti in quanto noi tutti li abbiamo costituiti: è “l’intersoggettività universale in cui si risolve TUTTA l’obiettività, TUTTO CIÒ CHE È IN GENERALE” [Crisi delle scienze europee, III]. Il grande problema husserliano (com'è possibile che noi crediamo in un mondo oggettivo trascendente la coscienza quando propriamente vediamo solo fenomeni immanenti?) viene risolto con il rinvio all'intersoggettività trascendentale. Ma neppure questa via ci autorizza a parlare di sostrato o di noumeno.
@@luciocortella6131 Continuando a riflettere: anche qualora il fenomeno fosse privo di sostrato (dunque in seguito alla sospensione del giudizio sulla realtà si scoprisse che non aveva ragione Kant e che magari stiamo vivendo ad esempio un sogno senza accorgercene) rimarrebbe la domanda: DI CHE "STOFFA" È FATTO IL FENOMENO (che sia fenomeno onirico o meno)? Qualcuno risponderebbe che come la coscienza il fenomeno è di natura quantistica, ma anche in tal caso, le chiedo se si potrebbe asserire che i "quanti" in questione siano sostrati del fenomeno essendo in tal caso il fenomeno un modo di interpretare tale aggregato di quanti. Similmente, se fossimo frutto di una simulazione al computer, i bit del computer non sarebbero il sostrato del fenomeno IN QUANTO MATTONI COSTITUTIVI DEL FENOMENO? Sto praticamente proponendo una concezione di sostrato corrispondente alla stoffa costitutiva del fenomeno, il che sarebbe compatibile sia con la sospensione del giudizio sul mondo (ma non sul fenomeno, che viene dato come evidentemente esistente) operata da Husserl sia con l' evidenza di un sostrato al fenomeno.
Husserl come definisce l'essere? Se Husserl si riferisce al pensiero greco, e cioè che ciò che vediamo è l' apparire dell'essere che si traduce nella realtà degli enti esistenti, cioè ciò che esiste realmente, non andrebbe nella stessa direzione dei Greci, che consideravano il fenomeno comme realtà esistente. Ora, se noi non possiamo che cogliere i fenomeni e non le cose od oggetti che sono trascendenti, la posizione husserliana non coincide con quella greca. Il vedere, che diventa idea, è già una trasformazione soggettiva del reale. Platone e a partire da lui, identifica l'essere con l'idea. Non siamo più nella manifestazione pura dell'essere stesso. Con Husserl, la coscienza sarebbe allora una ricezione passiva di fenomeni, ma come pensarli?Potrebbe chiarire questo punto? La ringrazio infinitamente.
Anche qui molte domande in uno. Vado per punti. 1. Il fenomeno per Husserl è il vero essere delle cose. Non vi è nulla dietro ai fenomeni. L'apparire coincide con l'essere. 2. Ciò che Husserl qualifica come "trascendenza" non è un in sé che sta al di là, ma è solo l'esito delle nostre costituzioni-costruzioni: la "cosa" è certamente trascendente rispetto al fenomeno ma non è "vera", né tantomeno apodittica. È solo una nostra costruzione arbitraria (noi "crediamo" a una trascendenza che non c'è). 3. In questo senso vi è analogia (certamente non identità) con il theorein dei Greci. Husserl ha in comune con essi la concenzione secondo cui nel vedere si manifesta la vera realtà delle cose (che Husserl chiama fenomeni. Ma non dobbiamo farci ingannare dalle parola (che sembra alludere a qualcosa di parvente): i fenomeni hanno nulla di illusorio, al contrario sono l'unica vera realtà. 4. Ciò che si manifesta (il fenomeno) non è un prodotto della coscienza ma il vero apparire oggettivo. Ciò che è prodotto della coscienza è invece la convinzione (illusoria) che esistano le "cose", cioè gli oggetti trascendenti rispetto ai fenomeni. L'orizzonte del fenomenico coincide con l'apparire (e quindi con l'essere).
E' la prima volta che ascolto una lezione del Professor Cortella,a mio avviso piu' chiaro degli altri famosi fenomenologi italiani contemporanei nello spiegare cosa e' la Fenomenologia.Allora mi chiedo : non viene invitato al Festival della Filosofia di Modena perche' sta antipatico a qualche filosofo di potere,perche' e' troppo bravo,o perche' lui,Cortella,snobba questi tipi di festival?
Lectio magistralis sulla Fenomenologia di Husserl fatta in modo sontuoso: chiara, esaustiva, precisa che rende semplici ed accessibili concetti ed informazioni assolutamente non semplici. Ottimo il metodo d'inframmezzare con esempi di vita pratica i concetti esposti! Ho seguito altre lezioni di diversi docenti che sono risultate farraginose, nebulose e noiose: avevo la sensazioni che quei docenti non avessero loro ben chiare le idee. Super complimenti al Prof. Cortella quindi !!!
Grazie. Mi sembra di capire per la prima volta qualcosa di Husserl, grazie a Lei. Certamente per carenza da parte mia quando ho ascoltato lezioni di altri, ma anche per Sua competenza ed efficace capacità didattica. Queste Sue tre lezioni mi sono state preziose, anche perché nel capire qualcosa di Husserl ho anche capito qualcosa di più di un discorso di Buddha che una ventina di anni fa mi costrinse a leggere più volte il passo che ora Le riporto, affascinato ma senza capirci molto soprattutto delle ultime parole.
"” Allora, Bahiya, dovrai esercitarti così: In ciò che è visto ci sia solo ciò che è visto. In ciò che è sentito ci sia solo ciò che è sentito. In ciò che è percepito ci sia solo ciò che è percepito. In ciò che è conosciuto ci sia solo ciò che è conosciuto. Così devi esercitarti. Quando per te ci sarà solo ciò che è visto in ciò che è visto, solo ciò che è sentito in ciò che è sentito, solo ciò che è percepito in ciò che è percepito, solo ciò che è conosciuto in ciò che è conosciuto, allora, Bahiya, non sarai più in relazione con quello. Quando non sarai più in relazione con quello, non sarai più in quello. Quando non sarai in quello, tu non sarai né qui né al di là, né in entrambi o fra loro due. Proprio così è la fine della sofferenza.” (Udana 1.10)
Sono uno storico della musica (classe 1961) e mi sto occupando di Husserl per via della profonda influenza che il suo pensiero ha esercitato, a partire dagli anni Trenta del '900, su Sergiu Celibidache, uno dei direttori più geniali del XX secolo (ffinora anche del XXI), aiutandolo ad elaborare la sua "musikalische Phänomenologie". Celibidache vi ha poi innestato, grazie alla frequentazione a Berlino di Martin Steincke, il Buddhismo Zen. La Sua esposizione, professore, è di una chiarezza magistrale, sono sicuro che mi aiuterà a comprendere meglio gli ardui testi di Husserl! Grazie infinite per aver messo a disposizione questa stupenda serie di video-lezioni!
La ringrazio per questa utile informazione. Non conoscevo questo approccio di Celibidache alla fenomenologia (che testimonia quanto questa - apparentemente astrusa - concezione filosofica abbia influenzato tanti ambiti della cultura e delle scienze contemporanee).
Nonostante le fondamentali differenze tra il pensiero di Husserl e quello di Hegel (soprattutto la contrapposizione tra assoluto concettualmente mediato ed assoluto "immediato") sembra che ci siano notevoli punti in comune tra i due. Entrambi concepiscono la filosofia come episteme, cioè come scienza rigorosa ed optano per un recupero della tradizione greca. Entrambi sono fortemente critici di quella che percepiscono come una tendenza relativistica della loro epoca (le filosofie romantiche dei "colpi di pistola" in Hegel e lo storicismo in Husserl), e si sono formati in un ambiente postkantiano/neokantiano. Entrambi sono critici delle interpretazioni "psicologistiche" del kantismo e tentano un superamento tanto del realismo ingenuo o rappresentativo quanto dell'idealismo soggettivo. Inoltre il tardo Husserl dedica pagine importanti al tema dell'intersoggettività, il che lo avvicina ancora di più ad Hegel.
Eppure non mi risulta che Husserl si sia mai confrontato direttamente e criticamente con le opere di Hegel o con i suoi successori (marxisti o neohegeliani a lui contemporanei). Mi chiedo quindi se e quanto Husserl fosse consapevole di questa vicinanza, ma soprattutto mi chiedo: come mai l'hegelismo, se si esclude il marxismo che però per buona parte della sua storia sembra aver preso le distanza dal "trascendentale", ha avuto nella filosofia del Novecento una fortuna tutto sommato modesta, con correnti neohegeliane che sembrano essere quasi solo dei "sentieri interrotti" nella storia della filosofia, mentre invece la fenomenologia husserliana sembra essere un po' lo sfondo (anche critico) in cui hanno operato Heidegger, Sartre, Derrida ed altri giganti del Novecento? Come mai la critica alla filosofia intesa come episteme sembra privilegiare Husserl come bersaglio e quasi mai Hegel, che anzi diventa paradossalmente un alleato di autori considerati "relativisti", come Derrida ed i vari pragmatisti e neopragmatisti americani? Anche la filosofia hegeliana è stata oggetto di forti critiche (Schopenhauer, Kierkegaard ecc...), ma il progetto di Husserl non sembra nè voler continuare esplicitamente il progetto hegeliano né rispondere ai suoi vari critici.
Senza voler esagerare con i tentativi di trovare per forza una "logica" nella storia della filosofia, spesso questi tentativi danno buoni frutti e c'è un senso di continuità e consequenzialità tra Cartesio ed Hegel passando per Kant, ma anche tra Hegel e Marx e da Marx ad Habermas. Allo stesso modo c'è un forte senso di continuità che da Husserl arriva fino a Derrida passando per Heidegger e Sartre. L'apparente discontinuità che separano Hegel ed Husserl invece mi colpisce molto. Eppure sono entrambi autori tedeschi con le stesse influenze di fondo, con tutto sommato gli stessi obiettivi e separati da meno di un secolo. Questa discontinuità fornisce (dico dal punto di vista dello "studente") al pensiero di Husserl un sapore anacronistico, come se il grande tentativo di fare episteme con la filosofia si fosse non solo già consumato un secolo prima, ma fosse anche già stato ampiamente criticato dalle varie correnti irrazionalistiche. Husserl non sembra (non in modo sufficientemente ampio, almeno) confrontarsi con il suo più importante predecessore e di conseguenza nemmeno prova a difendere la fenomenologia da quelle critiche che, pur essendo critiche ad Hegel, potrebbero essere fatte valere anche come critiche ad Husserl ed a qualsaisi progetto analogo. Ammesso che le considerazioni fatte siano corrette, questo è un limite del procedere logicamente (o hegelianamente) in storia della filosofia, oppure ci sono effettivamente delle ragioni storiche e filosofiche per questa apparente discontinuità?
Grazie Professore.
Lezione magistrale
grazie Professor Cortella, veramente molto chiaro. Ho già studiato due Introduzioni alla fenomenologia (De Monticelli e Costa), è utile avere conferme e spiegazioni tecniche e chiare.
un commento: indipendente dal valore assoluto della fenomenologia (non sono un filosofo professionista), credo che l'approccio di sospendere il giudizio (per vedere il problema), sia un metodo potente per vedere senza pregiudizi. mi pongo in ascolto, guardo ai fenomeni (definisco il problema ) e solo successivamente posso ragionare con strumenti scientifici...
Carissimo professore, è un piacere poterla ascoltare a distanza di oltre 20 anni, allora studente del corso di storia della filosofia contemporanea. Spero possa continuare con questi video di grandissima qualità, che utilizzerò con i miei studenti.
Mi fa piacere risentirla. Un caro saluto
Veramente eccellente..
Lo ascolto per la seconda volta..
Mi sarà d'aiuto per la mia ricerca impossibile ❤
L'archeologia dovrebbe seguire certe lezioni come pane quotidiano sulle indagini oramai ridotte da decenni a quattro mura di un'università.🎉
Lezione di una chiarezza veramente efficace. Quindi se ho capito bene ciò che Husserl mette in luce è il fatto che ogni fenomeno che cogliamo, posta la riduzione fenomenologica, si mostra ma lo fa sempre in relazione allo sfondo, quindi ai rapporti relazionali con tutti gli altri fenomeni che appaiono e quelli che non appaiono alla coscienza in quanto mondo. L'essenza quindi non è più una sostanza stabile ed invariante in modo platonicamente inteso, ma si trasforma, cambia come relazione della parte al tutto come insieme sue parti con cui è in relazione. L'invariante è la stessa coscienza trascendentale, che in quanto tale, è la condizione di possibilità del darsi dei fenomeni in quanto suo fondamento extramondano in quanto Essere finito non riducibile al piano mondano degli enti.
L'invariante è sempre sottomesso alla temporalità ed al contesto dello sfondo che lo ospita, ad esempio un triangolo in quanto tale ha determinata essenza come ad esempio la somma degli angoli che hanno sempre come somma 180°, però come oggi sappiamo questa è valida solo in certo tipo di geometria, quella euclidea ed non nelle altre possibili. Se ho capito bene la questione.
fenomenale. grazie
Grande prof! Come si dice? Allievo una volta, allievo per sempre! Da uno dei suoi, appunto, tanti allievi
E questi video, pur con tutti i limiti del "mezzo", sono anche un modo per mantenere vivi i contatti con tanti miei vecchi e nuovi studenti.
Complimenti ! Non sono stato un Suo allievo fisicamente, avendo studiato altrove, ma lo sono idealmente visto che leggo i Suoi libri. Spero che pubblicherà dei video su Kant, Nietzsche e Heidegger.
Grazie !
000000000000000000p0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000p99⁹ooooooòooòooooooooooooòll0p9⁹@@luciocortella6131
Gentile Professore, le sue lezioni sono di una chiarezza e profondità rara. Mi stavo chiedendo se esistono lezioni universitarie, da lei tenute, su Heidegger e se lei è nella possibilità di poterle pubblicare su RUclips. Grazie. Cordiali saluti
È in programma. Comincerò con un video su Essere e tempo, ma ho troppi impegni nel mese di aprile per poterlo editare con cura. Arriverà.
50:49 considerazione conclusiva (provvisoria)
Grazie per aver condiviso questa lezione. Magari ho capito male, ma mi pare che si assuma alla base di tutto la possibilità di mettere tra parentesi il mondo (i concetti già presenti nella mente) in modo "assoluto" e poter osservare con una qualche valenza scientifica i fenomeni. Chi ci assicura che ciò sia possibile? Chi ci assicura che soggetti diversi percepiscano il fenomeno secondo le medesime 52:27 edit: ah ecco, ho vistò il seguito con la critica, stessa cosa. Grazie ancora. Incredibile che Husserl non si renda conto di questa falla, coperta assiomaticamente. La chiudo qui con la fenomenologia, ci sono assunzioni molto meno stringenti per definire in modo coerente il mondo
Ho una domanda : la filosofia platonica, l'idein, il vedere platonico è già in allontanamento dall'essere e dalla sua manifestazione come phusis che si svela ma che si ritira, si nasconde nello stesso tempo. Con Platone, il mondo diventa idea, immagine inautentica, copia del mondo delle forme. Resta l'elemento della trascendenza, ma non è più la concezione dell' essere dei Presocratici. C'è già una Weltbild in Platone? Non anticipa in qualche modo l'ontologia dell' ente che ha prevalso e che prevale ancora attualmente in Occidente? Forse sono un po' troppo heideggeriano! La fenomenologia non ritorna allora alla filosofia presocratica della pura contemplazione dell' essere e non dell' ente? La ringrazio.
Le questioni sono troppe per dare una risposta. Mi limiterò a porre qualche punto fermo.
1. La nozione platonica di idea (eidos), almeno per il Platone "centrale" (dal Fedone alla Repubblica) non è "immagine inautentica", ma è la vera natura delle cose (ousìa, l'essenza o sostanza). Solo l'idea ha la vera proprietà dell'essere. Copia del mondo ideale (del vero mondo) sono gli enti naturali e le nostre immagini (che NON sono le idee).
2. Quindi l'essere in Platone è idea, ovvero piena manifestazione di sé, il massimamente visibile. È quello che sottolinea Heidegger quando dice che la "alètheia" diventando "idèa" perde il carattere del velamento-disvelamento (cfr. "La dottrina platonica della verità").
3. Certamente, secondo Heidegger, questa riduzione dell'essere a idea è la radice dell'ontologia occidentale (che è appunto oblio della vera natura dell'essere)
4. La fenomenologia di Husserl, ritenendo che la verità stia nel "vedere" apodittico, rientra - secondo Heidegger - nella riduzione dell'essere alla presenza, ovvero fa dell'essere un ente (essendo l'ente, nella concezione heideggeriana, l'essere ricondotto alla presenza del vedere).
@@luciocortella6131 La ringrazio molto per la sua precisa risposta!
A me sembra che confonda il noumeno kantiano con la verità oggettiva di un fenomeno: dire che un sostrato oggettivo (noumeno) possa essere interpretato in vari modi (Husserl) anzichè in un modo soltanto (Kant) non vuol dire affatto che tale sostrato oggettivo (che è l' oggetto materiale in sè) non esista. Non è dunque vero, come lui sostiene, che secondo Husserl non c' è il noumeno, perchè Husserl non nega affatto la presenza di un sostrato oggettivo dietro un certo fenomeno (anzi lo ammette esplicitamente!), bensì afferma che l' interpretazione di tale sostrato è soggettiva, anche se in ultima analisi non nega l' esistenza di una verità interpretativa ultima magari irraggiungibile (l' orizzonte di Socrate) ma a cui si tende col susseguirsi delle varie "evidenze adeguate" (terminologia husserliana).
Non vi è in Husserl alcuna traccia di "noumeno", né di "sostrato oggettivo dietro al fenomeno". Ciò che Husserl chiama "oggetto intenzionale" (e che è sempre "più di quel che in ogni momento singolo c'è di esplicitamente inteso" [Meditazioni cartesiane, II] ) e che è "il prolungamento reale o possibile della percezione", è costituito solamente da "potenzialità implicite nelle attualità coscienziali". Si tratta di ciò che viene da lui definito "orizzonte" (a anche "sfondo"). Non è perciò un oggetto trascendente la coscienza (ovvero ulteriore rispetto al fenomeno). Da ciò la conclusione che egli ne trae: "La fenomenologia è per ciò stesso idealismo trascendentale, seppur in un senso essenzialmente nuovo" [Meditazioni Cartesiane, IV]. E dopo aver scartato l'idealismo hegeliano (per il suo carattere deduttivo), prende le distanze anche dal noumeno kantiano in questo modo: "Né la fenomenologia è ancora un idealismo di tipo kantiano, che crede di poter mantenere aperto, almeno come concetto limite, un mondo di COSE IN SÈ". Si tratta di idealismo (senza cosa in sé né sostrato) perché "l'ego in virtù della sua propria essenza costituisce in sé anche un altro, un essere "oggettivo".
Vi è poi un secondo senso con cui Husserl intende l’oggetto ed è la sua costituzione intersoggettiva. In altri termini possiamo parlare di oggetti in quanto noi tutti li abbiamo costituiti: è “l’intersoggettività universale in cui si risolve TUTTA l’obiettività, TUTTO CIÒ CHE È IN GENERALE” [Crisi delle scienze europee, III]. Il grande problema husserliano (com'è possibile che noi crediamo in un mondo oggettivo trascendente la coscienza quando propriamente vediamo solo fenomeni immanenti?) viene risolto con il rinvio all'intersoggettività trascendentale. Ma neppure questa via ci autorizza a parlare di sostrato o di noumeno.
@@luciocortella6131 grazie professore della splendida risposta, grazie alla quale ho letteralmente capito la filosofia di Husserl.
@@luciocortella6131 Continuando a riflettere:
anche qualora il fenomeno fosse privo di sostrato (dunque in seguito alla sospensione del giudizio sulla realtà si scoprisse che non aveva ragione Kant e che magari stiamo vivendo ad esempio un sogno senza accorgercene) rimarrebbe la domanda: DI CHE "STOFFA" È FATTO IL FENOMENO (che sia fenomeno onirico o meno)? Qualcuno risponderebbe che come la coscienza il fenomeno è di natura quantistica, ma anche in tal caso, le chiedo se si potrebbe asserire che i "quanti" in questione siano sostrati del fenomeno essendo in tal caso il fenomeno un modo di interpretare tale aggregato di quanti.
Similmente, se fossimo frutto di una simulazione al computer, i bit del computer non sarebbero il sostrato del fenomeno IN QUANTO MATTONI COSTITUTIVI DEL FENOMENO?
Sto praticamente proponendo una concezione di sostrato corrispondente alla stoffa costitutiva del fenomeno, il che sarebbe compatibile sia con la sospensione del giudizio sul mondo (ma non sul fenomeno, che viene dato come evidentemente esistente) operata da Husserl sia con l' evidenza di un sostrato al fenomeno.
Husserl come definisce l'essere? Se Husserl si riferisce al pensiero greco, e cioè che ciò che vediamo è l' apparire dell'essere che si traduce nella realtà degli enti esistenti, cioè ciò che esiste realmente, non andrebbe nella stessa direzione dei Greci, che consideravano il fenomeno comme realtà esistente. Ora, se noi non possiamo che cogliere i fenomeni e non le cose od oggetti che sono trascendenti, la posizione husserliana non coincide con quella greca. Il vedere, che diventa idea, è già una trasformazione soggettiva del reale. Platone e a partire da lui, identifica l'essere con l'idea. Non siamo più nella manifestazione pura dell'essere stesso. Con Husserl, la coscienza sarebbe allora una ricezione passiva di fenomeni, ma come pensarli?Potrebbe chiarire questo punto? La ringrazio infinitamente.
Anche qui molte domande in uno. Vado per punti.
1. Il fenomeno per Husserl è il vero essere delle cose. Non vi è nulla dietro ai fenomeni. L'apparire coincide con l'essere.
2. Ciò che Husserl qualifica come "trascendenza" non è un in sé che sta al di là, ma è solo l'esito delle nostre costituzioni-costruzioni: la "cosa" è certamente trascendente rispetto al fenomeno ma non è "vera", né tantomeno apodittica. È solo una nostra costruzione arbitraria (noi "crediamo" a una trascendenza che non c'è).
3. In questo senso vi è analogia (certamente non identità) con il theorein dei Greci. Husserl ha in comune con essi la concenzione secondo cui nel vedere si manifesta la vera realtà delle cose (che Husserl chiama fenomeni. Ma non dobbiamo farci ingannare dalle parola (che sembra alludere a qualcosa di parvente): i fenomeni hanno nulla di illusorio, al contrario sono l'unica vera realtà.
4. Ciò che si manifesta (il fenomeno) non è un prodotto della coscienza ma il vero apparire oggettivo. Ciò che è prodotto della coscienza è invece la convinzione (illusoria) che esistano le "cose", cioè gli oggetti trascendenti rispetto ai fenomeni. L'orizzonte del fenomenico coincide con l'apparire (e quindi con l'essere).
@@luciocortella6131 Grazie
“L’assoluto è il vedere” 47:25 una considerazione critica
Si deve sospendere il giudizio sull’esistenza del mondo #Εποχή 29:55
E' la prima volta che ascolto una lezione del Professor Cortella,a mio avviso piu' chiaro degli altri famosi fenomenologi italiani contemporanei nello spiegare cosa e' la Fenomenologia.Allora mi chiedo : non viene invitato al Festival della Filosofia di Modena perche' sta antipatico a qualche filosofo di potere,perche' e' troppo bravo,o perche' lui,Cortella,snobba questi tipi di festival?