Grazie come sempre, pARTicelle - piccoli appunti su grandi opere. La storia di Berthe Morisot riconferma che il talento non ha sesso, non ha razza e non ha età. A parziale, molto ma molto parziale discolpa della società dell'epoca, si potrebbe comunque tener presente, che, davvero, parecchi dei pregiudizi, sospetti e preconcetti sugli artisti erano ... fondati. A parte tutte le questioni solo per finta decadute con l'Ancién Régime, connesse alle restrizioni matrimoniali per gli artisti (e, non solo per una ragazza, era fondamentale, il matrimonio. per la sopravvivenza del patrimonio: o con Gesù o con un uomo terreno, ma dovevi sposarti; e il non sposarti era una disgrazia ma soprattutto una minaccia per le altre donne, che diventavano le tue prime nemiche) e agli anni di apprendistato artistico d'una volta (vivere in promiscuità, in dieci in un letto, da quando avevi sei anni sino ai quindici, nel retrobottega del maestro, cioè la prassi normale, era materialmente impraticabile, per una bambina) c'era comunque la questione dei colori: Bernardino Ramazzini ("Le malattie dei lavoratori") fu il primo a notare i pericoli dei pigmenti e relativi danni alla mente e al corpo di chi fa arte per mestiere. Primo tra tutti, ma neanche il peggiore, il saturnismo: contratto a causa del bianco di piombo, che era praticamente il solo modo di ottenere il bianco, prima della scoperta del bianco di zinco (comunque meno stabile) e, oggi, del molto meno dannoso bianco di titanio. O i rischi dei pigmenti all'arsenico, o l'avvelenamento da medium resinosi e alcolici ... Tra l'altro, il tema sarebbe simile a quello delle ragazze che, nel '900, morirono tra atroci sofferenze per avvelenamento da radio spennellato sulle lancette dei primi orologi luminescenti. L'invenzione dei colori in tubetto, proprio negli anni degli Impressionisti, e proprio in Francia, è quel fattore sintattico che, a mio avviso, per un pregiudizio più crociano di Benedetto Croce, oggi non consideriamo appieno nella sua portata semantica, oltre che pratica: i tubetti resero possibile dipingere "en plen air" e dunque dare un nuovo significato a quelle opere, ma soprattutto a dare un altro peso culturale agli occhi dell'artista come testimone (non più solo come "testimonial" di una cerchia di potere) che aveva colto quelle situazioni dipingendole "in fretta", tipo istantanea su un mondo tra il detto e il non detto. I colori in tubetto permettevano di dipingere anche senza gestire una tavolozza, essendo non solo già dosati e pronti all'uso, ma, soprattutto, già in partenza in diverse sfumature. Difatti, come hai sottolineato anche tu, in questo quadro (in cui la bambina è come dietro il velo di Maia, a sognare il mondo proiettandoselo su quell'esile tela) i colori sono dati "quasi puri". Non proprio spremuti dal tubetto (quella è un'altra tecnica ancora, con ulteriori altri significati ancora da riconoscerle ...) ma comunque gestiti come sarebbe stato impensabile anche solo una generazione prima della giovane Berthe. La bravura, soprattutto, era nel maneggiare i pennelli, un tempo di produzione artigianale/semindustriale anch'essi: novità dell'industrializzazione francese fu il negozio di articoli d'arte, laddove, un tempo, il pittore, i suoi attrezzi, se li faceva da sé, smontando i pennelli dei decoratori (oggi non esistono praticamente più ...) e calibrandosi il peso del manico a colpi di coltello. Stesso discorso per le tele e l'imprimitura da dargli. Vabbè, ci siamo intesi, credo. Grazie dell'attenzione e della compagnia elettronica. Continua coi tuoi bellissimi video. A presto. L.
@@luigisauchelli6292 Sì, sono d'accordo sul fatto che molti pregiudizi fossero fondati. Decisamente le condizioni erano ben differenti da quelle attuali, sia a livello sociale sia a livello di condotta degli artisti in sè. E per una donna sicuramente non era opportuno addentrarsi in un ambiente simile, non solo per una questione di reputazione, ma anche di "sopravvivenza", di mantenimento. Sono d'accordo con la tua disamina. In merito ai colori si apre un capitolo estremamente affascinante, in particolar modo legato alla comodità della soluzione in tubetto. Questo di certo ha cambiato profondamente la pittura come attività in sè: cambia la fruibilità del processo di creazione e realizzazione. È un aspetto poco analizzato nei video divulgativi di fine ottocento e in effetti sarebbe utile approfondirlo. Tutto ciò che è pratico cambia la modalita di esprimersi e quindi la società (non solo nella pittura, pensiamo alle telecomunicazioni di oggi o alla possibilità di viaggiare piu facilmente) e viceversa, in una mutua influenza reciproca. Come sempre ti ringrazio per il prezioso commento, io sto rispondendo pian piano a tutto ciò che hai scritto nelle ultime settimane. Un saluto affettuoso Luigi!
È vero hai proprio ragione Bruno. Infatti ammiro tantissimo la Morisot non solo per i suoi quadri, ma anche per la tenacia nel perseverare a dipingere nonostante le batoste. E per la compostezza con cui ricerca il suo linguaggio estetico. Questo a dimostrazione che spesso la creatività è una necessità al di là di tutto: se sei un vero artista ti esprimi anche senza la ricerca spasmodica del consenso del pubblico. Grazie per il tuo commento, buona giornata anche a te 😃
Grazie come sempre, pARTicelle - piccoli appunti su grandi opere. La storia di Berthe Morisot riconferma che il talento non ha sesso, non ha razza e non ha età. A parziale, molto ma molto parziale discolpa della società dell'epoca, si potrebbe comunque tener presente, che, davvero, parecchi dei pregiudizi, sospetti e preconcetti sugli artisti erano ... fondati.
A parte tutte le questioni solo per finta decadute con l'Ancién Régime, connesse alle restrizioni matrimoniali per gli artisti (e, non solo per una ragazza, era fondamentale, il matrimonio. per la sopravvivenza del patrimonio: o con Gesù o con un uomo terreno, ma dovevi sposarti; e il non sposarti era una disgrazia ma soprattutto una minaccia per le altre donne, che diventavano le tue prime nemiche) e agli anni di apprendistato artistico d'una volta (vivere in promiscuità, in dieci in un letto, da quando avevi sei anni sino ai quindici, nel retrobottega del maestro, cioè la prassi normale, era materialmente impraticabile, per una bambina) c'era comunque la questione dei colori: Bernardino Ramazzini ("Le malattie dei lavoratori") fu il primo a notare i pericoli dei pigmenti e relativi danni alla mente e al corpo di chi fa arte per mestiere. Primo tra tutti, ma neanche il peggiore, il saturnismo: contratto a causa del bianco di piombo, che era praticamente il solo modo di ottenere il bianco, prima della scoperta del bianco di zinco (comunque meno stabile) e, oggi, del molto meno dannoso bianco di titanio. O i rischi dei pigmenti all'arsenico, o l'avvelenamento da medium resinosi e alcolici ...
Tra l'altro, il tema sarebbe simile a quello delle ragazze che, nel '900, morirono tra atroci sofferenze per avvelenamento da radio spennellato sulle lancette dei primi orologi luminescenti.
L'invenzione dei colori in tubetto, proprio negli anni degli Impressionisti, e proprio in Francia, è quel fattore sintattico che, a mio avviso, per un pregiudizio più crociano di Benedetto Croce, oggi non consideriamo appieno nella sua portata semantica, oltre che pratica: i tubetti resero possibile dipingere "en plen air" e dunque dare un nuovo significato a quelle opere, ma soprattutto a dare un altro peso culturale agli occhi dell'artista come testimone (non più solo come "testimonial" di una cerchia di potere) che aveva colto quelle situazioni dipingendole "in fretta", tipo istantanea su un mondo tra il detto e il non detto.
I colori in tubetto permettevano di dipingere anche senza gestire una tavolozza, essendo non solo già dosati e pronti all'uso, ma, soprattutto, già in partenza in diverse sfumature. Difatti, come hai sottolineato anche tu, in questo quadro (in cui la bambina è come dietro il velo di Maia, a sognare il mondo proiettandoselo su quell'esile tela) i colori sono dati "quasi puri". Non proprio spremuti dal tubetto (quella è un'altra tecnica ancora, con ulteriori altri significati ancora da riconoscerle ...) ma comunque gestiti come sarebbe stato impensabile anche solo una generazione prima della giovane Berthe. La bravura, soprattutto, era nel maneggiare i pennelli, un tempo di produzione artigianale/semindustriale anch'essi: novità dell'industrializzazione francese fu il negozio di articoli d'arte, laddove, un tempo, il pittore, i suoi attrezzi, se li faceva da sé, smontando i pennelli dei decoratori (oggi non esistono praticamente più ...) e calibrandosi il peso del manico a colpi di coltello. Stesso discorso per le tele e l'imprimitura da dargli. Vabbè, ci siamo intesi, credo.
Grazie dell'attenzione e della compagnia elettronica. Continua coi tuoi bellissimi video. A presto. L.
@@luigisauchelli6292 Sì, sono d'accordo sul fatto che molti pregiudizi fossero fondati. Decisamente le condizioni erano ben differenti da quelle attuali, sia a livello sociale sia a livello di condotta degli artisti in sè. E per una donna sicuramente non era opportuno addentrarsi in un ambiente simile, non solo per una questione di reputazione, ma anche di "sopravvivenza", di mantenimento. Sono d'accordo con la tua disamina.
In merito ai colori si apre un capitolo estremamente affascinante, in particolar modo legato alla comodità della soluzione in tubetto. Questo di certo ha cambiato profondamente la pittura come attività in sè: cambia la fruibilità del processo di creazione e realizzazione. È un aspetto poco analizzato nei video divulgativi di fine ottocento e in effetti sarebbe utile approfondirlo. Tutto ciò che è pratico cambia la modalita di esprimersi e quindi la società (non solo nella pittura, pensiamo alle telecomunicazioni di oggi o alla possibilità di viaggiare piu facilmente) e viceversa, in una mutua influenza reciproca. Come sempre ti ringrazio per il prezioso commento, io sto rispondendo pian piano a tutto ciò che hai scritto nelle ultime settimane. Un saluto affettuoso Luigi!
Opera molto “ delicata”….peccato che l’epoca in cui visse non seppe apprezzarla
Grazie Chiara e buona giornata….
È vero hai proprio ragione Bruno. Infatti ammiro tantissimo la Morisot non solo per i suoi quadri, ma anche per la tenacia nel perseverare a dipingere nonostante le batoste. E per la compostezza con cui ricerca il suo linguaggio estetico. Questo a dimostrazione che spesso la creatività è una necessità al di là di tutto: se sei un vero artista ti esprimi anche senza la ricerca spasmodica del consenso del pubblico. Grazie per il tuo commento, buona giornata anche a te 😃