Ciao! Vi sto seguendo con moltissimo interesse in quanto mi sto approcciando a questa filosofia che mi ha rapito come difficilmente riuscirei a spiegare a parole. Uno dei concetti che più mi riesce difficile comprendere è quello del divenire. Ovvero: anche se è solo apparenza, qualcosa cambia. Qualcosa scorre. Non riesco ancora a percepire l'immobilità del Tutto trascendentale in concomitanza con l'innegabile evidenza che le cose non restino assolutamente ferme. Anche solo l'illusione del movimento è comunque movimento, qualcosa che non è fisso, in quanto viene percepito come diverso (fosse anche solo nella nostra coscienza). Se tutto fosse immobile non dovrebbe esser esclusa ogni possibile forma di spostamento?
Ciò che per Severino è errore è il divenire nichilistico. Ovvero il credere che le cose si trasformino, cambino di posizione ecc. Il divenire in realtà è una successione di stati eterni che cominciano ad apparire e cessano di apparire lasciando spazio ad altre configurazioni. Ma queste configurazioni non vengono dal nulla e non tornano nel nulla. Esse stanno eternamente nell'essere, solo che nell'apparire finito appaiono processualmente una dopo l'altra. Nell'apparire infinito invece, che è il Tutto, esse dimorano eternamente e nemmeno il loro apparire risulta diacronico. Questo detto ovviamente in maniera sintetica e poco esaustiva. Qui di più non si può fare.
@@FilosofiaeDestino intanto grazie per questa risposta. Quello che non capisco è come una processualità riesca a non includere per forza un divenire. Anche fosse che le cose rimangono eterne, l’apparire stesso di una consequenzialità non significa che un ente (l’apparire o l’apparire dell’apparire) prima era in un fotogramma e poi in un altro? Mi immaginerei, in una realtà senza divenire, che tutti i fotogrammi rimanessero “accesi” simultaneamente ed eternamente. L’uno affianco all’altro. C’è un’immagine che potete offrirmi per capire meglio?
Ciao! Vi sto seguendo con moltissimo interesse in quanto mi sto approcciando a questa filosofia che mi ha rapito come difficilmente riuscirei a spiegare a parole. Uno dei concetti che più mi riesce difficile comprendere è quello del divenire. Ovvero: anche se è solo apparenza, qualcosa cambia. Qualcosa scorre. Non riesco ancora a percepire l'immobilità del Tutto trascendentale in concomitanza con l'innegabile evidenza che le cose non restino assolutamente ferme. Anche solo l'illusione del movimento è comunque movimento, qualcosa che non è fisso, in quanto viene percepito come diverso (fosse anche solo nella nostra coscienza). Se tutto fosse immobile non dovrebbe esser esclusa ogni possibile forma di spostamento?
Ciò che per Severino è errore è il divenire nichilistico. Ovvero il credere che le cose si trasformino, cambino di posizione ecc.
Il divenire in realtà è una successione di stati eterni che cominciano ad apparire e cessano di apparire lasciando spazio ad altre configurazioni. Ma queste configurazioni non vengono dal nulla e non tornano nel nulla. Esse stanno eternamente nell'essere, solo che nell'apparire finito appaiono processualmente una dopo l'altra. Nell'apparire infinito invece, che è il Tutto, esse dimorano eternamente e nemmeno il loro apparire risulta diacronico.
Questo detto ovviamente in maniera sintetica e poco esaustiva. Qui di più non si può fare.
@@FilosofiaeDestino intanto grazie per questa risposta. Quello che non capisco è come una processualità riesca a non includere per forza un divenire. Anche fosse che le cose rimangono eterne, l’apparire stesso di una consequenzialità non significa che un ente (l’apparire o l’apparire dell’apparire) prima era in un fotogramma e poi in un altro?
Mi immaginerei, in una realtà senza divenire, che tutti i fotogrammi rimanessero “accesi” simultaneamente ed eternamente. L’uno affianco all’altro.
C’è un’immagine che potete offrirmi per capire meglio?
Panta rei