Ninna Mamma
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- Опубликовано: 10 фев 2025
- Raffaello canta una ninna nanna alla madre.
Estratto dallo spettacolo "Manuale di volo per uomo", nella versione originale di Gabriele Ortenzi.
Illustrazione: Francesca Rossetti
...La cena era già sulla tavola apparecchiata, come la sera di ogni giorno: da sempre, eri lì, pronta. Finito di mangiare, quando c’era un bel film ed eri stanca, ti mettevi sul divano e dicevi: “butta tutto nel lavandino, ci pensiamo domani, vie’qua che ci vediamo lo sceneggiato”. Durante le scene che chiamavi sexy o quelle violente, mi posavi una mano davanti agli occhi. Quella mano calda, ruvida e profumata di biscotti, era la cosa più bella del mondo, quella mano che mi aveva sostenuto tante volte e che io non davo mai per scontata: “La bellezza non è tanto in quello che fai, mamma, ma in come sono diventate le tue mani a forza di farlo”, lo pensai senza avere la forza di dirlo, quella mano mi proteggeva, era un cuscino, una valle di ovatta, nuvola sotto di me...era...(Raffaello si addormenta e inizia il sogno). Le mani di mamma mi presero e mi portarono in alto, fino a sopra i palazzi: i suoi occhi illuminavano la città buia e io da lassù vedevo quasi tutta Roma. Ma più salivo e più non si distinguevano le vie, le case, i monumenti, non vedevo più quei particolari a cui ero sempre attento, era un tutt’uno. Più salivo e più diventavo leggero, talmente leggero che le mani di mamma mi lasciarono galleggiare nel cielo, i suoi occhi si spensero e rimasi sospeso nel buio più assoluto, nel vuoto, ero completamente solo...Finché non udii una voce chiedermi dolcemente: “E tu, chi sei?”…
Quel sogno mi ha dato il coraggio per trovare una risposta, quando un giorno anche mia madre mi chiese: “E tu, chi sei?”.
Mamma, negli ultimi anni, ha iniziato a non ricordarsi certe cose, a volte si dimentica anche quelle importanti, ma la maggior parte delle volte dice che non le vengono le parole e spesso finisce le frasi dicendo “che stavo a di’?”. Allora io ricomincio da capo e le ripeto tutto quello che ha detto parola per parola. Il cervello è strano, ogni tanto si dimentica come mi chiamo io, ma non si dimentica mai come si chiamano tutti quelli di Beautiful.
Mamma ha sempre fatto dei lavoretti da sarta, così, solo per arrotondare. Faceva delle coperte di lana bellissime e colorate. Preparava queste figure geometriche quadrate, con l’uncinetto, che mentre costruiva, contava, sussurrando fra sé e sé, come in trans, e se le chiedevo qualcosa alzava la voce dicendo “Zitto un po’ che me fai perde’ il conto…”. Era concentrata. Questa concentrazione, questa dedizione, le faceva dimenticare di avere questa cosa che si chiama Alzheimer. Così, cercavo di procurarle sempre più commissioni, fino a inventarmele e aspettare che si addormentasse per disfare il lavoro di un giorno e prolungare il più possibile il suo stato di lucidità…
Quasi ogni fine settimana prendiamo l'ottantasette e ci facciamo un giro per Campo De’ Fiori, passeggiamo fra quei vicoletti e, mentre io le racconto tutto quello che mi ricordo, lei mi dice dettagliatamente tutto quello che si ricorda. Mia madre era diventata piccola e io sempre più grande, come una figlia con il padre...
"Quando ero ragazzina in questa piazzetta c'era il cinema. Noi lo chiamavamo cinema. Veniva un signore, un artista di strada, con una valigia piena di sagome di cartone, una lampadina e proiettava queste storie su quella parete. Erano le storie dei film contemporanei di allora. Che all'epoca il televisore, chi ce l'aveva?. Ce l'avevano in pochi e al cinema tu' nonna non mi ci mandava mai. Qui mi sono vista Luchino Visconti, i primi film di Totò...Quelle ombre sono come questi miei ricordi, a volte inutili macchie nere, altre volte sagome ben definite in questo buio. E noi ragazzine avevamo paura di quel buio, quando iniziava il film urlavamo, diventavamo piccole...così nonno tuo mi cantava quella canzone che poi io cantavo anche a te, quando pure tu hai avuto paura del buio...".
(Rappresentazione di ombre cinesi, sagoma di donna (la mamma) che vola in cielo, stelle, mentre Raffaello canta "la notte ti fa paura, perché porta' con sé...". Le ombre cinesi raffigurano il testo della canzone, simbolicamente la mamma esce di scena, muore. Raffaello ora è solo, ma ricco per tutto ciò che ha dato alla madre e di tutto ciò che da lei ha ricevuto, anche dei suoi ricordi).