«COMANDANTE». UN FILM DI EDOARDO DE ANGELIS. VISTO PER VOI. LA NOSTRA RECENSIONE

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  • Опубликовано: 8 сен 2024
  • È finalmente uscito nelle sale «Comandante» il film che Edoardo De Angelis, dedica alla figura di Salvatore Todaro personaggio al quale presta il volto Pierfrancesco Favino. «Comandante» una pellicola molto attesa da tutti gli appassionati di storia.Salve a tutti e bentornati al Museo della Battaglia di Vittorio Veneto, qui sulla Linea della Memoria, lo spazio che dedichiamo a chi è curioso della storia. È finalmente nelle sale «Comandante» di Edoardo De Angelis. Lo abbiamo visto e - dobbiamo dirlo - è un buon film di cui senza dubbio consigliamo la visione raccomandandovi però - soprattutto se siete appassionati di storia militare - di apprezzarlo per ciò che è, ovvero un film. Il lavoro di De Angelis infatti non è - ovviamente - un documentario sulla vita dei sommergibilisti durante la seconda guerra mondiale ma il racconto di un uomo che la sorte pone di fronte all’esigenza di fare una scelta per la quale dovrà andare contro regole che considera ungiuste.La via che ci porta a questa scelta si sviluppa attraverso il racconto romanzato diuna serie eventi accaduti nel corso delle missioni in Atlantico compiute dal sommergibile «Cappellini» agli ordini di Salvatore Todaro.Todaro è un personaggio davvero singolare; comandante della Regia Marina che pratica lo Yoga e si interessa alle discipline orientali al quale gli uomini attribuiscono anche doti di preveggenza. Nel film ci viene presentato come un uomo che combatte per dovere di soldato, perché il suo paese è in guerra, più che per adesione a un credo politico. È un uomo tormentato, costretto a convivere con un dolore cronico, che quando si fa insopportabile deve tenere a bada anche con la morfina. Sono le conseguenze di un incidente aereo che gli è accaduto nell’aprile del 1933. È a bordo di un idrovolante modello S.55 della 187ª squadriglia, che sta testando il lancio di un siluro da bassissima quota. L’impatto dell’arma contro la superfice del mare solleva una colonna d’acqua che colpisce i piani di coda del velivolo facendolo precipitare. Todaro riporta un danno alla spina dorsale che lo obbligherà a portare per tutta la vita un busto e a fare uso della morfina.Il film di De Angelis è davvero molto diverso da pellicole come «U-boot 96» o «U 571» o anche da classici come «Agguato sul fondo» o «Duello nell’Atlantico». Omaggia piuttosto film come «Alfa Tau» di Francesco De Robertis. È una pellicola maggiormente riflessiva dove la narrazione procede con un ritmo più lento, punteggiata da qualche colpo di scena ma si tratta sempre di una storia di uomini e di scelte prima che di un’avventura di guerra. Da questo punto di vista quindi, il regista è nel suo pieno diritto quando fa ricorso a tutte le licenze narrative di cui ha bisogno per costruire la sua storia, una storia complessa che deve essere adattata alle esigenze del grande pubblico. Dunque poca importanza ha il fatto che nel suo viaggio verso l’Atlantico, il sommergibile «Cappellini» superando Gibilterra incappi in un campo minato là dove non dovrebbe esserci o subisca un attacco aereo da parte di velivoli che forse non sono proprio quelli in uso all’epoca e che sembrano spuntare dal nulla perché in torretta mancano le vedette, gli occhi onnipresenti di ogni sommergibile che naviga in emersione durante lo stato di guerra. Si tratta - lo ribadiamo - di licenze storiche funzionali allo sviluppo della narrazione e che sono accettabilissime per la quasi totalità degli spettatori. Interessante invece è il fatto che nelle riprese sia stata utilizzata una fedele replica del sommergibile Cappellini il cui assemblaggio finale è avvenuto nel bacino Ferrati di Taranto. Il ricorso a questo simulacro del battello ha limitato la computer grafica. Molto bella anche la ricostruzione degli interni del sommergibile.
    Il lavoro di De Angelis non è esente da punti deboli il più evidente dei quali è l’insistenza sul mito degli «italiani brava gente». Da questo punto di vista il film raggiunge il suo punto meno apprezzabile verso la fine quando un marinaio napoletano, guarda caso il cuoco di bordo, estrae dalla custodia il calssico mandolino e comincia a suonare «O Surdato ‘Nnammurato». Forse questi clichè sono funzionali alla distribuzione del film all’estero dove un certo modo di rappresentare la figura dell’italiano ma certo non se ne sarebbe sentita la mancanza.
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