Ogni opera ha qualcosa di intrigante, di profondamente enigmatico, che vuole venire fuori, vuole mandarci messaggi. Ogni opera vuole che noi ci mettiamo in ascolto, ci predisponiamo a percepirne il linguaggio segreto. Ogni opera ha la sua storia da raccontarci se ci sintonizziamo con la lunghezza d’onda del suo messaggio.
L'auto-confutazione in cui s'imbatte Severino può essere mostrata a partire dalla comprensione dell'astrattezza dell'identità dell'esser-sé immutabile così come Severino la intende dalla quale discende un'idea astratta del mutare dell'essere del quale egli ritiene di aver mostrato inconfutabilmente l'impossibilità. La totalità delle identità-differenze sincroniche (= non diacroniche = simultanee) che è ed appare nella dimensione che Severino chiama "apparire infinito" (cioè nella verità dell'essere dove tutte le contraddizioni sono risolte) si dimostra infatti insufficiente a determinare in modo esaustivo l'essere e l'apparire degli essenti entro la dimensione che Severino chiama "apparire finito". In sostanza, la relazione tra finito e infinito così come è stata posta da Severino presenta ancora un residuo nichilistico che, se non viene debitamente corretto, determina la nullificazione dell'esser-sé della determinatezza di ogni differenza diacronica ( = processuale = non simultanea). Se seguiamo Severino infatti mi sembra inevitabile imbattersi nel problema di doversi limitare ad affermare il mero APPARIRE della determinatezza di ogni differenza diacronica, senza riuscire ad affermare (come necessario) anche l'ESSERE della determinatezza di ogni differenza diacronica, ossia di ogni specifica diacronia, ossia di ogni nesso ontologico che correla il prima al poi. Sono d'accordo con Severino che l'interpretazione del divenire come "diventare altro" sia una cattiva interpretazione, ma allo stesso tempo se vogliamo comprendere a fondo il divenire non basta fermarsi a mostrare l'incontraddittorietà della totalità delle differenze sincroniche. La rimozione di valenza ontologica al divenire (perché essa costituirebbe l'affermazione del "diventare altro" dell'essente) implica a mio avviso di porre l'identità dei non identici in quanto l'esser-sé dell'«apparire non più / non ancora» viene ad essere identificato all'esser-sé del «non apparire» simpliciter cioè prescindente dalla determinatezza della specifica diacronia del poi rispetto al prima e del prima rispetto al poi. Se l'esser sé diveniente viene annullato allora il "non più" e il "non ancora" non hanno più alcuna consistenza ontologica, sì che l'esser sé di qualcosa che "non appare" è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare ancora" ed è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare più". Si può ricorrere alla seguente formulazione: (1): [A = x(t-1) - x(t)] = [x(t-1) - x(t) = A] la quale esprime l'esser sé dell'apparire della differenza diacronica determinata del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1). Severino, come è noto, nega consistenza ontologica alla determinatezza dell'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e dell'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima in quanto nell'apparire infinito nulla può sopraggiungere in quanto in esso tutto è già da sempre ed eternamente. La situazione prospettata da Severino nell'apparire infinito può essere indicata mediante la formula che esprime l'esser-sé dell'apparire prescindente da ogni riferimento al tempo (t), ossia eliminando dalla (1) l'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e l'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima, o, che esprime in altri termini l'esser-sé dell'apparire del «non apparire simpliciter» di un determinato processo diacronico, nel modo seguente: (2) [A = x] = [x = A] Ora: per Severino, la "differenza di essere" della (1) dalla (2) non può sussistere in quanto tra la (1) e la (2) può sussistere SOLTANTO UNA DIFFERENZA DI APPARIRE. Infatti nella (2) la soppressione della "t" che compariva nella (1) sta a indicare che la processualità diacronica nell'orizzonte immutabile dell'apparire infinito non soltanto non deve apparire, ma soprattutto deve essere priva di consistenza ontologica in quanto è necessario che nell'infinito sia nulla la differenza DIACRONICA tra ciò che non appare ancora e ciò che non appare più, laddove invece la (1) esprime l'esser sé dell'apparire della determinatezza del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1). Alla luce delle considerazioni svolte si comprende perché l'ontologia severiniana sia impossibilitata a porre nell'apparire infinito la distinzione tra la (1) e la (2) che QUANTO AL LORO ESSERE consistono nel medesimo, proprio in virtù del senso dell'immutabilità dell'identità severiniana che è del tutto indifferente al tempo, non essendo riconosciuta al divenire (in quanto diacronia) alcuna concreta consistenza ontologica, ma solo il suo apparire astratto nel finito. Per ricorrere ad un esempio che era assai caro al maestro Severino, poniamo che la (1) si riferisca all'esser sé dell'apparire (A) del differire diacronico determinato tra la legna x(t-1) e la cenere x(t) che conviene alla determinazione del processo di combustione (x) considerato. Sì che la (1) significa l'esser sé dell'apparire (A) della differenza diacronica fra il «non apparire più» di ciò che alla legna conveniva PRIMA del sopraggiungere della cenere e il «non apparire ancora» della cenere che alla legna converrà DOPO il suo essere sopraggiunta alla legna. La (2) significa l'esser sé dell'apparire (A) del «non apparire simpliciter» del processo di combustione (x). Stante il senso dell'identità severiniana che si riferisce all'essere immutabile (non diveniente nel tempo) nell'apparire infinito non è consentita ALCUNA DIFFERENZA DI ESSERE tra la (1) e la (2) che quindi sono il medesimo. Stante inoltre che nell'apparire infinito essere ed apparire sono il medesimo, ne segue che l'interpretazione non nichilistica del divenire, da ultimo, per Severino deve concludere non soltanto che l'essere-sé diveniente non appare, ma che propriamente non è. Questa conclusione tuttavia si regge sull'insolubile aporia in cui si chiude l'ontologia severiniana, poiché essa, da un lato, non può negare l'apparire del divenire processuale e, dall'altro, in quanto esso è necessariamente un nulla ontologico, a rigore, non potrebbe neppure venire affermato come apparire del divenire processuale, in quanto è lo stesso Severino a sostenere (in Essenza del Nichilismo) che il nulla non può apparire. Concludendo, Severino non riesce a porre la negazione di valenza ontologica al divenire poiché tale negazione subisce la sorte di auto-negarsi per via di confutazione elenctica, stante la necessità che ad apparire sia sempre ed inevitabilmente un esser-sé e quindi tale negazione si auto toglie in quanto negazione della necessità che il sopraggiungente includa l'esser sé che compete alla propria determinatezza diacronica (= diveniente).
Per sentirmi a mio agio con l’ aria : io l’ aria non solo la devo respirare ma devo imparare a fare qualcosa di inattuale nel senso sia di mangiarla che di berla: Questa è la forma di aria trasformazione - no : di che cosa allora . Questa è la forma di aria divenire
Un giochino di parole mi pare ugualare evoluzione e trasformazione con morte, che vuol dire finire la vita e non modificare la vita in qualche altra situazione. Non va benissimo usare esempi semplici per far capire cose ignote come il dopo alla morte vera.
Ritengo che la transignificazione della piattaforma youtubbica che lei ha prontamente attuato(ne è prova il fatto che rilascia un commento regolarmente ogni mese) sia frutto di un'analisi, ovvero una separazione, che l'ha fatta cadere in fallacia mio signore. Il risultato di questa ana-lisi è ovviamente la posizione di soggetto e oggetto come separati e quindi l'apposizione di uno rispetto all'altro; ne consegue un'oggettificazione alienante di codesta piattaforma di interazione. Boomer.
@@matteopicu8859 Signor Picù temo lei abbia capito ben poco degli insegnamenti del Maestro Severino. L'atteggiamento metodico, e oserei dire quasi ritmato in ambito temporale, del Damele non è altro che in piena coesione col pensiero agostiniano : egli commenta si molto spesso, ma lo fa per essere sempre presente nel tempo , e per essere presente memoria nel passato, nonchè presente presenza nel futuro. Non v'è un dilemma di soggetto e oggetto, quanto, ai miei occhi, soltanto la contrapposizione tra il Damele, un uomo colto e evidentemente a lei superiore, e il Picù, che non ha nulla di meglio da fare se non seminare discordia e alimentare malelingue per la sua profonda frustrazione. Legga del buon Hegel e si dia una calmata, mio carissimo Picù
@@andreasalviato3815 non tollero l'oggettificazione del corpo femminile, di cui lei a quanto pare si erige a portavoce, le consiglio di lasciar perdere il maestro heghel e di darsi all'ittica
Io voglio uscire dalla Basilica di San Francesco ad Assisi : non è che io quando esco dalla Basilica di San Francesco ad Assisi : il mio altro per essere altro dalla Basilica di San Francesco ad Assisi: devo immaginarmi che San Francesco: dal cielo trasmigri dal cielo alla terra e che San Francesco sia dietro di me : che mi sta parlando
Nanaquistillalive Grazie mille per il complimento che mi hai fatto ossia per il sei geniale.....io continuerò a parlare con te perché sei una persona educata e garbata ......piacere comunque io mi chiamo Francesco Damele
Emanuele Severino il filosofo con una intelligenza profonda e straordinaria : un motivo in più per leggere i suoi libri
Emanuele Severino il filosofo con una intelligenza semplicemente fantastica
10 minuti di parole semplicemente magnifiche
Straordinario Emanuele Severino come al solito
Ogni opera ha qualcosa di intrigante, di profondamente enigmatico, che vuole venire fuori, vuole mandarci messaggi. Ogni opera vuole che noi ci mettiamo in ascolto, ci predisponiamo a percepirne il linguaggio segreto. Ogni opera ha la sua storia da raccontarci se ci sintonizziamo con la lunghezza d’onda del suo messaggio.
10 minuti di parole splendide
10 minuti di parole che splendono come il sole
10 minuti di parole straordinarie
L'auto-confutazione in cui s'imbatte Severino può essere mostrata a partire dalla comprensione dell'astrattezza dell'identità dell'esser-sé immutabile così come Severino la intende dalla quale discende un'idea astratta del mutare dell'essere del quale egli ritiene di aver mostrato inconfutabilmente l'impossibilità.
La totalità delle identità-differenze sincroniche (= non diacroniche = simultanee) che è ed appare nella dimensione che Severino chiama "apparire infinito" (cioè nella verità dell'essere dove tutte le contraddizioni sono risolte) si dimostra infatti insufficiente a determinare in modo esaustivo l'essere e l'apparire degli essenti entro la dimensione che Severino chiama "apparire finito".
In sostanza, la relazione tra finito e infinito così come è stata posta da Severino presenta ancora un residuo nichilistico che, se non viene debitamente corretto, determina la nullificazione dell'esser-sé della determinatezza di ogni differenza diacronica ( = processuale = non simultanea).
Se seguiamo Severino infatti mi sembra inevitabile imbattersi nel problema di doversi limitare ad affermare il mero APPARIRE della determinatezza di ogni differenza diacronica, senza riuscire ad affermare (come necessario) anche l'ESSERE della determinatezza di ogni differenza diacronica, ossia di ogni specifica diacronia, ossia di ogni nesso ontologico che correla il prima al poi.
Sono d'accordo con Severino che l'interpretazione del divenire come "diventare altro" sia una cattiva interpretazione, ma allo stesso tempo se vogliamo comprendere a fondo il divenire non basta fermarsi a mostrare l'incontraddittorietà della totalità delle differenze sincroniche.
La rimozione di valenza ontologica al divenire (perché essa costituirebbe l'affermazione del "diventare altro" dell'essente) implica a mio avviso di porre l'identità dei non identici in quanto l'esser-sé dell'«apparire non più / non ancora» viene ad essere identificato all'esser-sé del «non apparire» simpliciter cioè prescindente dalla determinatezza della specifica diacronia del poi rispetto al prima e del prima rispetto al poi.
Se l'esser sé diveniente viene annullato allora il "non più" e il "non ancora" non hanno più alcuna consistenza ontologica, sì che l'esser sé di qualcosa che "non appare" è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare ancora" ed è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare più".
Si può ricorrere alla seguente formulazione:
(1): [A = x(t-1) - x(t)] = [x(t-1) - x(t) = A]
la quale esprime l'esser sé dell'apparire della differenza diacronica determinata del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1).
Severino, come è noto, nega consistenza ontologica alla determinatezza dell'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e dell'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima in quanto nell'apparire infinito nulla può sopraggiungere in quanto in esso tutto è già da sempre ed eternamente. La situazione prospettata da Severino nell'apparire infinito può essere indicata mediante la formula che esprime l'esser-sé dell'apparire prescindente da ogni riferimento al tempo (t), ossia eliminando dalla (1) l'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e l'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima, o, che esprime in altri termini l'esser-sé dell'apparire del «non apparire simpliciter» di un determinato processo diacronico, nel modo seguente:
(2) [A = x] = [x = A]
Ora: per Severino, la "differenza di essere" della (1) dalla (2) non può sussistere in quanto tra la (1) e la (2) può sussistere SOLTANTO UNA DIFFERENZA DI APPARIRE. Infatti nella (2) la soppressione della "t" che compariva nella (1) sta a indicare che la processualità diacronica nell'orizzonte immutabile dell'apparire infinito non soltanto non deve apparire, ma soprattutto deve essere priva di consistenza ontologica in quanto è necessario che nell'infinito sia nulla la differenza DIACRONICA tra ciò che non appare ancora e ciò che non appare più, laddove invece la (1) esprime l'esser sé dell'apparire della determinatezza del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1).
Alla luce delle considerazioni svolte si comprende perché l'ontologia severiniana sia impossibilitata a porre nell'apparire infinito la distinzione tra la (1) e la (2) che QUANTO AL LORO ESSERE consistono nel medesimo, proprio in virtù del senso dell'immutabilità dell'identità severiniana che è del tutto indifferente al tempo, non essendo riconosciuta al divenire (in quanto diacronia) alcuna concreta consistenza ontologica, ma solo il suo apparire astratto nel finito.
Per ricorrere ad un esempio che era assai caro al maestro Severino, poniamo che la (1) si riferisca all'esser sé dell'apparire (A) del differire diacronico determinato tra la legna x(t-1) e la cenere x(t) che conviene alla determinazione del processo di combustione (x) considerato.
Sì che la (1) significa l'esser sé dell'apparire (A) della differenza diacronica fra il «non apparire più» di ciò che alla legna conveniva PRIMA del sopraggiungere della cenere e il «non apparire ancora» della cenere che alla legna converrà DOPO il suo essere sopraggiunta alla legna.
La (2) significa l'esser sé dell'apparire (A) del «non apparire simpliciter» del processo di combustione (x).
Stante il senso dell'identità severiniana che si riferisce all'essere immutabile (non diveniente nel tempo) nell'apparire infinito non è consentita ALCUNA DIFFERENZA DI ESSERE tra la (1) e la (2) che quindi sono il medesimo.
Stante inoltre che nell'apparire infinito essere ed apparire sono il medesimo, ne segue che l'interpretazione non nichilistica del divenire, da ultimo, per Severino deve concludere non soltanto che l'essere-sé diveniente non appare, ma che propriamente non è.
Questa conclusione tuttavia si regge sull'insolubile aporia in cui si chiude l'ontologia severiniana, poiché essa, da un lato, non può negare l'apparire del divenire processuale e, dall'altro, in quanto esso è necessariamente un nulla ontologico, a rigore, non potrebbe neppure venire affermato come apparire del divenire processuale, in quanto è lo stesso Severino a sostenere (in Essenza del Nichilismo) che il nulla non può apparire.
Concludendo, Severino non riesce a porre la negazione di valenza ontologica al divenire poiché tale negazione subisce la sorte di auto-negarsi per via di confutazione elenctica, stante la necessità che ad apparire sia sempre ed inevitabilmente un esser-sé e quindi tale negazione si auto toglie in quanto negazione della necessità che il sopraggiungente includa l'esser sé che compete alla propria determinatezza diacronica (= diveniente).
Superlativo Emanuele Severino
Interessante.. uno dei libri: lezioni milanesi il nichilismo e la terra (2015-2016)
Buono
Emanuele Severino chiaro come sempre in quello che dice
Eccezione : tutto ciò che è spiegazione spiegabile
Trasformazione è volontà di progresso
La trasformazione è innovazione
L’ eccezione non conferma la regola ma la spiega: Glossa Anti Flaubert
Mi sembra che il professore abbia scoperto il tempo. Wow.
10 minuti di parole più belle del mondo
Per sentirmi a mio agio con l’ aria : io l’ aria non solo la devo respirare ma devo imparare a fare qualcosa di inattuale nel senso sia di mangiarla che di berla: Questa è la forma di aria trasformazione - no : di che cosa allora . Questa è la forma di aria divenire
Sull'argomento, chi volesse può vedere questo video: Giuseppe Carbone Filosofia 2 (Severino, Anassimandro, Verità)
Il mortale e l’immortale è divergenza eterogenea identitaria.
Grazie
Formidabile Severino
La trasformazione è progresso
Il divenire è comprensione implicita dell’ Essere e del nulla
La realtà logica della trasformazione è trasfigurazione di rinnovamento
Un giochino di parole mi pare ugualare evoluzione e trasformazione con morte, che vuol dire finire la vita e non modificare la vita in qualche altra situazione. Non va benissimo usare esempi semplici per far capire cose ignote come il dopo alla morte vera.
Eccezione : Spiegami cosa vuol dire : e non confermami cosa vuol dire
Il qualcosa è l ‘indietro del mondo e non l’ avanti
la violenza della volontà
Trasformazione è progresso
Ritengo che la transignificazione della piattaforma youtubbica che lei ha prontamente attuato(ne è prova il fatto che rilascia un commento regolarmente ogni mese) sia frutto di un'analisi, ovvero una separazione, che l'ha fatta cadere in fallacia mio signore. Il risultato di questa ana-lisi è ovviamente la posizione di soggetto e oggetto come separati e quindi l'apposizione di uno rispetto all'altro; ne consegue un'oggettificazione alienante di codesta piattaforma di interazione. Boomer.
@@matteopicu8859 Signor Picù temo lei abbia capito ben poco degli insegnamenti del Maestro Severino. L'atteggiamento metodico, e oserei dire quasi ritmato in ambito temporale, del Damele non è altro che in piena coesione col pensiero agostiniano : egli commenta si molto spesso, ma lo fa per essere sempre presente nel tempo , e per essere presente memoria nel passato, nonchè presente presenza nel futuro. Non v'è un dilemma di soggetto e oggetto, quanto, ai miei occhi, soltanto la contrapposizione tra il Damele, un uomo colto e evidentemente a lei superiore, e il Picù, che non ha nulla di meglio da fare se non seminare discordia e alimentare malelingue per la sua profonda frustrazione. Legga del buon Hegel e si dia una calmata, mio carissimo Picù
@@andreasalviato3815 non tollero l'oggettificazione del corpo femminile, di cui lei a quanto pare si erige a portavoce, le consiglio di lasciar perdere il maestro heghel e di darsi all'ittica
Non è l’ uomo che governa Dio ma è Dio che governa l’ uomo : Glossa Anti Feuerbach
Il divenire è divenire diveniente
Eccezione : spiegare la cosa e non confermare la cosa : glossa Anti Flaubert
Io voglio uscire dalla Basilica di San Francesco ad Assisi : non è che io quando esco dalla Basilica di San Francesco ad Assisi : il mio altro per essere altro dalla Basilica di San Francesco ad Assisi: devo immaginarmi che San Francesco: dal cielo trasmigri dal cielo alla terra e che San Francesco sia dietro di me : che mi sta parlando
sei geniale... ma ho solo io l'impressione che Severino stia profondamente dicendo nulla?
Nanaquistillalive Grazie mille per il complimento che mi hai fatto ossia per il sei geniale.....io continuerò a parlare con te perché sei una persona educata e garbata ......piacere comunque io mi chiamo Francesco Damele
@@francescodamele2954 Io mi chiamo Luca Pietrosanti
Dove va il tuo essere dentro la basilica quando esci?