Lezioni fantastiche, spero di poter vedere altri suoi contributi su questa parte del pensiero di Heidegger. Grazie per permetterci di usufruirne gratuitamente.
A mio parere Heidegger arriva a un passo dalla mistica e poi con un saltello all'indietro torna alla metafisica mentre dice peste e corna di essa... quando afferma che l'Essere è evento, storia, destino, in pratica riduce nuovamente l'Essere a un ente (per quanto in divenire) che è possibile osservare, conoscere e predire, mentre un mistico sa che la storia è ancora soltanto l'epidermide dell'Essere e che non è possibile osservare e conoscere l'Essere con gli strumenti ordinari della ragione (in primis il linguaggio), ma è possibile soltanto intuirlo in parte quando si fa esperienza dell'abisso mediante abbandono, affidamento (fede), svuotamento, e questa intuizione non è traducibile in linguaggio ordinario poiché accade attraverso visione e linguaggio onirico, "poetico"...
E infatti Heidegger è un critico della ragione (Grund), teorizza l'abbandono (Gelassenheit), e anche per lui il linguaggio che può avvicinarsi all'essere è essenzialmente quello poetico. In ciò mostra di tener ferma (a suo modo) la differenza ontologica e di non ridurla "metafisicamente". Quanto all'Ereignis, non lo possiamo ridurre al mero divenire storico ma capirne la natura relazionale (e questa non può proprio essere definita "ente", almeno non nel senso "ontico" e "fisico" che per Heidegger è il carattere fondamentale dell'ente). Inoltre va tenuto presente il tema del "velamento" (alétheia): è l'essere stesso che si presenta "illusoriamente" come ente, che si "oblia" da se stesso presentandosi nella storia e come storia. Perciò non vi è altro modo di "comprenderlo" se non in questo suo essere velato e obliato. E men che meno è possibile "predire" il decorso storico. Anche il destino rimane "velato": la possibilità di un "nuovo inizio", pur pensata da Heidegger, resta comunque enigmatica, quanto il suo "primo" inizio con i Greci. Si tratta di tesi filosofiche rispetto alle quali si possono avanzare legittime obiezioni (l'ho fatto più volte nei miei scritti, anche se - per me - è proprio questo aspetto mistico-ineffabile il lato più discutibile). Capisco che nel caso di Heidegger non sia facile, ma prima di avanzare critiche credo sia importante comprendere le tesi di un pensatore (io suggerisco sempre ai miei studenti che - una volta avanzata la critica - bisogna sempre mettersi nei panni del criticato e capire quali potrebbero essere le sue risposte e le sue contro-obiezioni).
@@luciocortella6131 la grandezza di Heidegger, a mio modesto parere, sta proprio nella critica della ragione e nella teorizzazione dell'abbandono che egli compie entro (e non da fuori) l'alveo della ragione: la sua teoresi è cioè un harakiri della metafisica, una meta-metafisica, ma è ancora una metafisica, non è ancora una mistica. La sua grandezza sta nella resa della ragione che finalmente indica la soglia della mistica, ma quella soglia dubito Heidegger l'abbia varcata, o se l'ha fatto, non ne ha poi scritto, riconoscendo che il linguaggio è insufficiente per dire l'Essere (il linguaggio poetico può solo dare un'idea dell'Essere, ma a patto che il lettore abbia intrapreso a sua volta una via iniziatica di illuminazione, altrimenti puoi pure leggere i più ispirati versi di Giovanni Della Croce, ma non farai comunque nessuna esperienza mistica dell'Essere). L'idea che l'Essere sia velamento, per esempio, è un postulato tipicamente metafisico, attribuendo all'Essere una proprietà della ragione umana che lo contempla: viceversa è la ragione umana ad essere "velante", e non l'Essere ad essere velato.
@@luciocortella6131 mi dispiace, come le dicevo non ho una formazione accademica filosofica e per giunta in effetti avrei dovuto usare di più il condizionale, mi sono lasciato trasportare e ho postulato troppo. Continuerò a seguirla e magari via via imparerò a padroneggiare meglio il linguaggio filosofico in modo da evitare incomprensioni in futuro, un caro saluto e grazie della paziente attenzione.
Il linguaggio è stato creato, istituito dagli uomini ovvero della dimensione anonima collettiva, dall' intelligenza comune. Questo potere istituito diventa, ed è sempre dal suo apparire , potere istituente in azione, potere creativo vivo ed inevitabilmente, poiché diventa la nostra natura che lavora attraverso il linguaggio sul mondo comune, ci cambia. È ovvio che ogni singolo individuo venga trasceso da questa creazione collettiva, da una dimensione collettiva anonima e la trova lì, alla sue spalle ma non c è nulla di misterioso in ciò. È l' effetto retroattivo del lavoro umano. Ogni singolo individuo può utilizzare questa creatività comune per modificare attraverso il linguaggio l' ambiente in cui vive e lavora e rendere originale e viva questa dimensione anonima collettiva. Noi parliamo a partire dal linguaggio, è vero, ma questo linguaggio a partire dal quale parliamo non è una dimensione misteriosa metafisica: è la dimensione anonima collettiva che l'umanità ha creato. Il prodotto del lavoro e dell' intelligenza dal basso. Heidegger ha sempre la capacità con il linguaggio suggestivo, poetico, e indubbiamente molto bello che usa, di rendere misterioso e oscuro ciò che è chiaro. Credo che oggi abbiamo bisogno di andare oltre Heidegger o almeno di non rendere complicato ciò che è ovvio. Ovviamente parlo del pensiero di Heidegger. Non della lezione molto bella che ha invece il pregio di essere la più chiara possibile come spiegazione
Cioe' dopo tutto 'sto ragionare,in pratica,con il secondo Heidegger,la filosofia occidentale arriva alle stesse conclusioni raggiunte in India alcune centinaia di anni prima di Cristo....un po' lenti di comprendonio, noi occidentali!
Sarò benevolo e mi limito a dire che la sua conclusione è "un tantino" affrettata e superficiale. Forse è proprio la comprensione di "tutto sto ragionare" (Ereignis, storia, temporalità, linguaggio) ad esser mancata.
Lezione sublime.
Da riascoltare mille volte
Lezioni fantastiche, spero di poter vedere altri suoi contributi su questa parte del pensiero di Heidegger. Grazie per permetterci di usufruirne gratuitamente.
A mio parere Heidegger arriva a un passo dalla mistica e poi con un saltello all'indietro torna alla metafisica mentre dice peste e corna di essa... quando afferma che l'Essere è evento, storia, destino, in pratica riduce nuovamente l'Essere a un ente (per quanto in divenire) che è possibile osservare, conoscere e predire, mentre un mistico sa che la storia è ancora soltanto l'epidermide dell'Essere e che non è possibile osservare e conoscere l'Essere con gli strumenti ordinari della ragione (in primis il linguaggio), ma è possibile soltanto intuirlo in parte quando si fa esperienza dell'abisso mediante abbandono, affidamento (fede), svuotamento, e questa intuizione non è traducibile in linguaggio ordinario poiché accade attraverso visione e linguaggio onirico, "poetico"...
E infatti Heidegger è un critico della ragione (Grund), teorizza l'abbandono (Gelassenheit), e anche per lui il linguaggio che può avvicinarsi all'essere è essenzialmente quello poetico. In ciò mostra di tener ferma (a suo modo) la differenza ontologica e di non ridurla "metafisicamente". Quanto all'Ereignis, non lo possiamo ridurre al mero divenire storico ma capirne la natura relazionale (e questa non può proprio essere definita "ente", almeno non nel senso "ontico" e "fisico" che per Heidegger è il carattere fondamentale dell'ente). Inoltre va tenuto presente il tema del "velamento" (alétheia): è l'essere stesso che si presenta "illusoriamente" come ente, che si "oblia" da se stesso presentandosi nella storia e come storia. Perciò non vi è altro modo di "comprenderlo" se non in questo suo essere velato e obliato. E men che meno è possibile "predire" il decorso storico. Anche il destino rimane "velato": la possibilità di un "nuovo inizio", pur pensata da Heidegger, resta comunque enigmatica, quanto il suo "primo" inizio con i Greci.
Si tratta di tesi filosofiche rispetto alle quali si possono avanzare legittime obiezioni (l'ho fatto più volte nei miei scritti, anche se - per me - è proprio questo aspetto mistico-ineffabile il lato più discutibile). Capisco che nel caso di Heidegger non sia facile, ma prima di avanzare critiche credo sia importante comprendere le tesi di un pensatore (io suggerisco sempre ai miei studenti che - una volta avanzata la critica - bisogna sempre mettersi nei panni del criticato e capire quali potrebbero essere le sue risposte e le sue contro-obiezioni).
@@luciocortella6131 la grandezza di Heidegger, a mio modesto parere, sta proprio nella critica della ragione e nella teorizzazione dell'abbandono che egli compie entro (e non da fuori) l'alveo della ragione: la sua teoresi è cioè un harakiri della metafisica, una meta-metafisica, ma è ancora una metafisica, non è ancora una mistica. La sua grandezza sta nella resa della ragione che finalmente indica la soglia della mistica, ma quella soglia dubito Heidegger l'abbia varcata, o se l'ha fatto, non ne ha poi scritto, riconoscendo che il linguaggio è insufficiente per dire l'Essere (il linguaggio poetico può solo dare un'idea dell'Essere, ma a patto che il lettore abbia intrapreso a sua volta una via iniziatica di illuminazione, altrimenti puoi pure leggere i più ispirati versi di Giovanni Della Croce, ma non farai comunque nessuna esperienza mistica dell'Essere). L'idea che l'Essere sia velamento, per esempio, è un postulato tipicamente metafisico, attribuendo all'Essere una proprietà della ragione umana che lo contempla: viceversa è la ragione umana ad essere "velante", e non l'Essere ad essere velato.
La controrisposta è a sua volta piena di postulati, presupposti e, ahimé, incomprensioni. Capita. Ai miei studenti lo insegno.
@@luciocortella6131 mi dispiace, come le dicevo non ho una formazione accademica filosofica e per giunta in effetti avrei dovuto usare di più il condizionale, mi sono lasciato trasportare e ho postulato troppo. Continuerò a seguirla e magari via via imparerò a padroneggiare meglio il linguaggio filosofico in modo da evitare incomprensioni in futuro, un caro saluto e grazie della paziente attenzione.
Il linguaggio è stato creato, istituito dagli uomini ovvero della dimensione anonima collettiva, dall' intelligenza comune. Questo potere istituito diventa, ed è sempre dal suo apparire , potere istituente in azione, potere creativo vivo ed inevitabilmente, poiché diventa la nostra natura che lavora attraverso il linguaggio sul mondo comune, ci cambia. È ovvio che ogni singolo individuo venga trasceso da questa creazione collettiva, da una dimensione collettiva anonima e la trova lì, alla sue spalle ma non c è nulla di misterioso in ciò. È l' effetto retroattivo del lavoro umano. Ogni singolo individuo può utilizzare questa creatività comune per modificare attraverso il linguaggio l' ambiente in cui vive e lavora e rendere originale e viva questa dimensione anonima collettiva.
Noi parliamo a partire dal linguaggio, è vero, ma questo linguaggio a partire dal quale parliamo non è una dimensione misteriosa metafisica: è la dimensione anonima collettiva che l'umanità ha creato. Il prodotto del lavoro e dell' intelligenza dal basso. Heidegger ha sempre la capacità con il linguaggio suggestivo, poetico, e indubbiamente molto bello che usa, di rendere misterioso e oscuro ciò che è chiaro. Credo che oggi abbiamo bisogno di andare oltre Heidegger o almeno di non rendere complicato ciò che è ovvio. Ovviamente parlo del pensiero di Heidegger. Non della lezione molto bella che ha invece il pregio di essere la più chiara possibile come spiegazione
Cioe' dopo tutto 'sto ragionare,in pratica,con il secondo Heidegger,la filosofia occidentale arriva alle stesse conclusioni raggiunte in India alcune centinaia di anni prima di Cristo....un po' lenti di comprendonio, noi occidentali!
Sarò benevolo e mi limito a dire che la sua conclusione è "un tantino" affrettata e superficiale. Forse è proprio la comprensione di "tutto sto ragionare" (Ereignis, storia, temporalità, linguaggio) ad esser mancata.