NASSIRIYA. DALL'ATTENTATO ALLA RICERCA DELLA VERITÀ

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  • Опубликовано: 8 сен 2024
  • L’anno è il 2003. Il Paese l’Iraq. Nella regione del Dhi Qar la città capoluogo si chiama Nāṣiriya. L’Iraq è occupato dalle forze della coalizione occidentale che hanno abbattuto il governo di Saddam Hussein. A Nāṣiriya c’è un ponte che unisce le due sponde del fiume Eufrate e come in ogni guerra quel ponte deve essere difeso. Per la coalizione infatti rappresenta uno snodo importante. Il compito di assicurane la transitabilità, quando gli americani lasciano il settore, viene affidato ai nostri Carabinieri che ne sorvegliano entrambi i lati da due basi, battezzate «Libeccio» e «Maestrale». Il 12 novembre alle 10:40 ora locale, le 08:40 in Italia, un camion cisterna carico di esplosivo, dopo avere superato il ponte, si lancia contro l’ingresso di base «Maestrale» facendosi esplodere. Un secondo camion che dovrebbe
    colpire in contempoeanea base «Libeccio» resta fortunatamente bloccato da un guasto. L'attentato causa 28 morti, 19 italiani e 9 iracheni. Oggi ci occupiamo delle vicende legate alla tragedia di Nāṣiriya, ascoltando il racconto del generale Carmelo Burgio, intervistato daFederico Bettuzzi.
    In quei giorni il generale Burgio si trova proprio a Nāṣiriya per assumere il comando del reggimento RSU, i Carabinieri che proteggono il ponte. La mattina del 12 novembre gli hanno ordinato di recarsi proprio alla base «Maestrale». Deve rincontrare la troupe del regista Stefano Rolla in Iraq per girare uno sceneggiato. Rolla perirà nell’attentato, Burgio, per sua fortuna, invece no. All’ultimo momento infatti gli ordini cambiano: non deve più andare alla base «Maestrale» ma a Bassora a presentarsi al comandante britannico. Ascolterete il generale Burgio raccontare come le difese di base «Maestrale» non fossero sufficienti, un dato di fatto che gli è apparso
    evidente fin da prima della sua partenza per l’Iraq, quando ha esaminato le foto satellitari dell’area. Tutte le sue perplessità gli vengono confermate anche dal comandante della base che gli evidenzia tutte la serie carenze che indeboliscono la difesa invitandolo ad intervenire non appena assumerà l’incarico. Il fatto è che sembrano esistere due distinte correnti di pensiero: secondo alcuni le difese della base sono perfette così come sono; secondo altri invece non sono sufficienti a ridurre il pericolo di potenziali azioni ostili.
    Va de sè che gli apprestamenti difensivi di un’istallazione militare non si possono improvvisare ma devono essere realizzati sulla base di circolari, regolamenti e di precise disposizioni che, secondo i sostenitori della seconda tesi - ovvero quella della difesa insufficiente - in questo
    caso non sarebbero stati rispettati esponendo così il personale a gravi rischi. Poi - purtroppo - la tragedia accade. Ascolterete il generale Burgio, che ha condensato la sua esperienza in questo volume pubblicato da Vallecchi, «Nassiriya. Dall’attentato alla ricerca della verità», lo ascoltererte, dicevamo, parlare anche delle vicende processuali che seguirono la tragedia nel tentativo di stabilire se qualcuno, lungo la catena di comando, avesse avuto responsabilità nel mettere in piedi una difesa che i fatti dimostrarono - purtroppo - essere del tutto inefficace. Come vedrete la giustiza penale affermerà che, da questo punto di vista, nessuno ha commesso alcunchè. Non ci sono reati. La giustizia civile invece stabilirà che qualcuno il conto di Nassirya lo deve pagare.

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