Vogliamo parlare della piaga del "piuttosto che" usato per dire "oppure", quando invece vorrebbe dire esattamente l'opposto? Sembra quasi che venga usato per darsi un tono ma per me è terribile da sentire e mi sanguinano le orecchie ogni volta. Anche in TV e all'università viene usato in maniera sbagliata, è veramente deprimente.
Condividendo il tuo "sanguinamento" ho il terrore che "piuttosto che" possa diventare di uso ammissibile dato che "la lingua la fanno i parlanti". Yasmina, una parola di speranza!
@@sergiomarrocco1926 credo sia entrato dal fatto che si può usare per fare elenchi di cose mutuamente esclusive e qualcuno ha pensato che fosse adatto a qualsiasi elenco.
Mi sono iscritto al tuo canale perché sento, dopo tanto studio e preparazione in campo tecnico industriale, la necessità di uscire da questi confini e tu mi sembri la persona più adatta allo scopo. Mi piace il modo e la sincerità con cui ti esprimi. Grazie
Bellissimo anche questo video (giuridicamente si processa l’imputato non l’indagato ma questa è una questione puramente tecnica). È interessante il fatto che il sostantivo “processo” possa essere utilizzato in più ambiti, mentre il verbo no. O mi sbaglio? P.s. Ti adoro
6:39 secondo me dipende anche dall uso degli smartphone, in quanto scrivere un messaggio di testo tramite la tastiera qwerty richiede molto più tempo rispetto a parlare, quindi per una questione di tempo si omettono vari articoli ed alle volte pure delle parole intere; a tal proposito potremmo citare ad esempio l uso delle abbreviazioni, ormai in disuso, "xk", "cmq", "tt bn"..
Ciao Yasmina, chiaramente la mia lingua madre sta rovinando l’italiano!! Grazie ai tuoi video potrò fare bella figura insegnando l’italiano agli italiani ahah. Continuo a condividere i tuoi contenuti all’estero.
Spero farai più video di questo tipo! "Andiamo a" potrebbe derivare dall'inglese "we are going to" usato nel futuro inglese? Io ultimamente sento molto "ingaggiare" in un dibattito/conversazione...che odio xD oppure performare sul palco. A proposito di "a lavoro" sento molto al sud dire "a mare" ma questo credo non sia dovuto all'influenza dell'inglese, forse più regionalismi non so
È più un francesismo che un anglismo, in realtà, ma rimane aberrante lo stesso 😂 "A mare" sì, è proprio puro Sud 100%! Aberrante anch'esso, sia chiaro.
Joy : sì, mi sembra la spiegazione più attendibile visto che ormai sapere l'inglese non serve ma attingere tutte le parole o costruzioni possibili è quasi un obbligo! Anzi, è "un must!" Invece questo utilizzo di "ingaggiare" non l'avevo ancora sentito! Direi orrore allo stato pure! La prossima quale sarà, "siamo ingaggiati" invece di fidanzati? A proposito, vogliamo parlare di quanti milioni di persone usano questa parola per riferirsi al ragazzo o ragazza? Magari stanno insieme da due mesi e ti viene presentato come "il mio fidanzato"! Ma va' a cagare!🤣
@@YasminaPaninell'italiano regionale di certe zone del Nord Italia credo sia semplicemente un "gallicismo" acquisito attraverso i dialetti locali, dai quali è poi passato all'italiano regionale. Qui in Liguria, ma direi anche in parecchie zone della Lombardia e del Piemonte, si usa anche l'espressione"Venire da..." seguita dal verbo per indicare un'azione che io ho appena compiuto, ad esempio: "Ne venivo da dirgli" col significato di "Gli ho appena detto". Un altro gallicismo presente a macchia di leopardo in diverse zone del Nord è "Essere dietro..." seguito dal verbo col significato di "Sto facendo" (es. "Son dietro a fare i compiti" col significato di "Sto facendo i compiti"). Praticamente si usa "Essere dietro a ..." come in francese si usa "Être en train de..." Nella zona di cui sono originari questi gallicismi sono passati dal dialetto (che non parla quasi più nessuno) al registro colloquiale dell'italiano regionale e in parte si sono mantenuti. Infine un aneddoto: siccome i miei nonni erano dialettofoni liguri "madre-lingua" ma la mia famiglia ha anche un ramo toscano (a fine Ottocento un mio bisnonno paterno emigrò con la famiglia dall'Alto Mugello all'Appennino a Nord di Genova), ogni volta che andavamo a trovare i nostri parenti in Mugello, l'utilizzo di questi gallicismi, trasmessomi dai nonni liguri attraverso il dialetto e l'italiano regionale, era motivo di diverità curiosità da parte dei parenti toscani, quindi ci sono ancora affezionato e nel registro colloquiale li uso ancora.
grazie mille! bella questa rubrica, personalmente queste espressioni non le ho mai usate comunemente anche se le sento spesso, e quindi se non sai che sono sbagliate a furia di sentirle potresti finire per usarle, per esempio l'ultima proprio non la sapevo, nel senso che io dico "vado a lavorare" e non "vado al lavoro" o "a lavoro" quindi pensavo che anche quest'ultima fosse corretta. Implementare lo usavamo solo in ambito informatico, per esempio "implementare una procedura", processare anche lo usavamo in informatica sulle attivita' del processore del computer, per esempio "sta processando la memoria" XD. Le parole senza l'articolo invece pensavo provenissero dal linguaggio chat, quando uscirono i primi cellulari avevamo un numero di caratteri limitati e quindi per comunicare piu' cose si toglieva tutto cio' che non serviva alla comprensione del messaggio usando anche x al posto di per e queste cose cosi' pero' si faceva tra amici per evitare di spendere piu' di un sms^^
"A lavoro" al posto di "al lavoro", cosi' come "a mare" al posto di "al mare", le ho sempre sentite come espressioni piu' tipiche delle parlate meridionali (forse ora si stanno diffondendo anche al nord); su tutto il resto sono d'accordo.
Le abitudini, "giuste o sbagliate. " forse è caduta la consonante perché suona male e pare una ripetizione davanti alla prima lettera della parola successiva.
A proposito dell'anglicismo "processare" nella accezione semantica di "elaborare" (ma credo siano ormai passati in italiano vocaboli come "processore" - che nessuno chiamarebbe "elaboratore" - e "microprocessore"), segnalo il parallelo anglicismo "disegnare" col significato di "progettare". Se è pur vero che progettare qualcosa spesso include anche disegni (io ad esempio progetto nuove molecole che ovviamente mi diletto - e diverto - a disegnare prima sulla carta), il disegno vero e proprio lasciamolo agli artisti! Complimenti per i tuoi post e continuo a seguirti sul Tubo.
Grazie per i tuoi video. Purtroppo non sono pochi i modi di dire errati che però passano per corretti, occorrerebbe una sorta di dizionario aggiornato ( magari esiste e io non lo conosco) sul genere del " Il Museo degli Errori " di Aldo Gabrielli. lo trovai i divertente e utilissimo anni fa quando mi capitò sottomano.
non sapevo che dire "a lavoro" fosse sbagliato, perché l'ho sempre trovato parte del trinomio "andare a casa", "andare a scuola", "andare a lavoro", me tapino comunque la prima cosa che ho pensato un istante dopo che avevi detto "andiamo a" è stata "andiamo a mantecare": pazzesco, lo dicono sempre i risottari su youtube, è onnipresente
Video molto interessante complimenti, mi hai incuriosito e non vedo l'ora di gustarmi gli altri video. Se posso, vorrei dire due parole, è vero che i termini derivanti dall'inglese che usiamo e distorciamo sono usati troppo spesso ma io penso che solo in questo modo la lingua italiana rimanga viva e bella a differenza del francese che per motivi arcinoti non usa termini di altra origine, per esempio ordinateur al posto di computer. Tu cosa ne pensi? Sei favorevole alla 'contaminazione' verbale o preferisci il sistema chiuso e rigido francese?
9:07 ciao Yasmina, sto riguardando questi video, perché oltre ad essere molto divertenti, oggi mi è venuta un'idea particolare... Senza divagare, con questa battuta di chiusura mi hai ricordato un povero Joey che, mosso dal voler scrivere una lettera per Monica e Chandler molto sentita e di livello superiore, ha scoperto i sinonimi 😂 Un abbraccio!
Grazie Yasmina. Interessante canale, che go scoperto da poco e seguo con interesse. Ho un bel po' di materiale da vedere.. A proposito di questo video... Qualcuno ha già messo in evidenza l'uso di "dove" usato come complemento di mezzo/modo qualsiasi tranne luogo?
ho capito cosa hanno fatto i cuochi della tv: hanno saccheggiato qualche programma inglese in cui si diceva "now we are going to cook this" e lo hanno tradotto con "ora andiamo a cucinare questo": una lingua IMPLEMENTATA da google translate!
Non so il perché youtube mi abbia consigliato il tuo canale ma ha indovinato i miei interessi, al momento ho una curiosità voyeuristica: le foto sulla parete sono artisticamente molto interessanti in particolare quella alla tua destra.
Genuina curiosità. In un altro video hai detto che la lingua evolve per i motivi più disparati, per necessità, per il contesto storico, per le influenze politiche più o meno desiderate o addirittura (aggiungo io) per condizioni climatiche che costringono a movimenti della bocca più o meno chiusi che modificano i suoni prodotti*. In questo video parli di termini, locuzioni o influenze esterne che sarebbe preferibile evitare per mantenersi sugli schemi correnti della lingua italiana. La mia domanda è, ma allora quand'è che l'evoluzione è legittima e quando invece non lo è? Un anglismo nella lingua italiana oggi è l'influenza di un popolo egemone, vero. Ma è esattamente come i popoli egemoni del passato (spagnolo, francesi, arabi, austriaci, ecc) che hanno influenzato la nostra lingua e i nostri dialetti nei secoli scorsi. Sono d'accordo che non ci sia bisogno di usare Party se esiste una parola perfettamente funzionante in italiano, ma purtroppo così è, la gente lo fa perché si sente 🆒** e la lingua cambia. L'epoca degli SMS ci ha regalato CMQ invece che Comunque perché dovevamo risparmiare caratteri e ora è rimasto, c'amm a fá? Le tue parole mi trovano d'accordo, ma credo sia una lotta contro i mulini a vento. Quando non causano ambiguità e quindi non degradano l'efficacia comunicativa, perché non possiamo considerarla evoluzione? Ricordo un film (forse Lost in translation) dove, in un ipotetico futuro, la lingua corrente era un miscuglio di espressioni e termini di diversi idiomi, probabilmente impostisi per i motivi più disparati nel lessico di massa. È anche vero che l'estetica musicale della lingua italiana è invidiata e apprezzata ai 4 angoli del nostro pianeta piatto, e questa evoluzione rischia di "sporcarla", ma come si fa'? Si ingaggia una lotta in nome del pedigree dell'italiano? Sta cosa non ha un po' troppo un sapore ariano? Non so, tu che ne pensi? * correggimi se sbaglio ** si l'ho fatto apposta 😎
L'evoluzione è sempre "legittima" nel senso che la lingua va dove vuole e non c'è un mutamento giusto e uno sbagliato di per sé. Ogni comunità di parlanti però può scegliere (solo in ambito lessicale, sia chiaro) di dirigere in certa misura il cambiamento (o meglio provarci) se ritiene che questo abbia valenze politiche o culturali. È chiaro che in passato non si aveva la consapevolezza metalinguistica che si ha oggi, dunque la lingua veniva subita più che fatta. Oggi le cose stanno diversamente e in parte possiamo compiere scelte linguistiche più consapevoli. Che sia una lotta contro i mulini a vento è probabilmente vero, ma se la si ritiene giusta la si porta avanti comunque! Io non sono contraria a qualsiasi anglismo, ma a quelli non necessari, alla base dei quali c'è un tentativo di emulazione che trovo patetico, e che sottende a sua volta un generale impoverimento culturale (che certo non fermeremo evitando gli anglismi, sia chiaro). Naturalmente non trovo giusti neanche i ragionamenti apocalittici tipo "tra tot anni non parleremo più italiano ma inglese" perché sono falsi e insensati: semplicemente con uno sforzo cognitivo minimo si può ravvivare la nostra lingua e rendere più ricco il nostro lessico. Infatti se il prestito dall'inglese si affiancasse alle parole italiane diventandone sinonimo, non avrei nulla da dire di per sé, perché sarebbe un arricchimento: invece tende a fagocitare non una parola italiana corrispondente, ma spesso anche di più! Ma naturalmente specifico che questo rientra in una generale tendenza alla banalizzazione linguistica che a sua volta è il risultato della banalizzazione del pensiero, che potremmo fermare o rallentare solo con la cultura. La lingua, come dico sempre, è il sintomo, anche se ha la sua importanza nel senso che abituarsi ad avere a che fare con un linguaggio complesso facilita la complessità del pensiero.
@@YasminaPani si, io credo che alla radice del problema ci sia l'impoverimento culturale e cognitivo generale. Qualcuno mi pare abbia misurato che per la prima volta nella storia moderna il QI medio* sta decrescendo. Dovremmo probabilmente partire dal combattere l'impoverimento culturale e come conseguenza forse otterremo il trascinamento verso l'alto del lessico, ma anche del pensiero critico e lo sviluppo cognitivo. Vabbè qui entriamo nel magico mondo dell'istruzione e finiamo per abbracciarci disperati fra lacrime e singhiozzi. ok, Grazie della risposta. Adesso vado a guardarmi l'ultima puntata di striscia la notizia che ieri sera me la sono persa. 😁 *QI = semplificazione volontaria
@@AlessandroSenato Ho fatto le tue stesse considerazioni, anche il macabro "piuttosto che" verrà semplicemente fagocitato dopo un uso così capillare tra i parlanti. Penso anche alla musica, soluzioni prima percepite come puro rumore e sgrammaticate rientrano, ora, nella tavolozza espressiva di un compositore. Non sono invece d'accordo sul discorso della maggiore consapevolezza linguistica al giorno d'oggi, nel senso, alla maggior parte delle persone non interessa assolutamente sapere che "sono a lavoro" è scorretto poiché pratico, diffuso e convalidato dalla comunità. Sono problemi e domande che la persona comune non si pone, l'interesse per la lingua è un fenomeno circoscritto ad una nicchia, gli altri stanno benissimo con "sono a lavoro" e non hanno nessun interesse pratico nel cambiarlo.
Implementare più che un anglicisimo è un latinismo di ritorno, deriva infatti da implere (cioè riempire e da qui un pò si può intuire come in inglese abbia acquisito il significato di compiere/portare a termine). Quando dall'inglese ci tornano parole latine che non sono state imbastardite troppo come implere, di solito suonano perfettamente italiane. Perciò reputo implementare un buon arricchimento della lingua, anche se concordo col fatto che è un pò stra abusato.
@@YasminaPani Si ci mancherebbe, ma l'italiano discende dal latino volgare, perciò è naturale che i termini di origine latina, seppur provenienti da altre lingue, si italianizzino molto più facilmente. Penso che to implement coniugato all'italiana (implementare), suoni molto meglio di roba tipo followare, matchare e downloadare. In generale le parole latine che non sono state troppo snaturate in inglese, italianizzate suonano molto naturali.
Yasmina, ho visto anche altri tuoi video e sono d'accordo con te, anche se io rispetto ai miei coetanei noto che il mio "vocabolario" è leggermente più conservativo.
in un video di Lundini e Ferrario si trova un - volutamente - fastidiosissimo «andiamo ad andare a chiudere il budget» seguito da «andare ad andare a chiedere». Processare comunque è da pelle d'oca.
Ciao, ho scoperto da poco il tuo canale e lo trovo interessantissimo. Avrei una domanda da farti riguardo le ultime espressioni citate nel video: dal momento che, come hai affermato altre volte, la lingua tende di suo ad andare verso situazione che richiedono "meno energia" al parlante (ad esempio la perdita del neutro), il fatto di perdere l'articolo in alcune espressioni non potrebbe essere segno dell'evoluzione della lingua? In quali casi si parla di errore e in quali di evoluzione? Spero che la domanda sia chiara
L'errore fa sempre parte dell'evoluzione! Quando un errore si diffonde tanto, prima o poi diventa la nuova norma :) quindi ci si oppone ad esso finché ha senso farlo, poi si prende atto che la lingua è cambiata; ma di solito non avviene nello spazio di una vita umana!
Scopro ora questa rubrica e anche che molte di queste espressioni le utilizzo anche io. Non sono qui a difenderle ma provo ad aggiungere qualche senso logico del loro utilizzo. IMPLEMENTAZIONE. Il termine preso a prestito dal gergo informatico sottintende un metodo di sviluppo tipico del creare dei moduli funzionanti per poi integrarne i vari elementi in sistema, una sorta di composizione di un puzzle "a richiesta" (voglio i moduli del software magazzino, ciclo contabile attivo e passivo, produzione; successivamente voglio aggiungere un modulo produzione o CRM..., il tutto viene in certa misura assemblato e testato). Se l'iter (NB avrei scritto "processo" 😂) anche non informatico dovesse rappresentare una logica simile penso non ci siano problemi, perché "Realizzare" offre una dimensione generica e tendenzialmente materiale, come ancor più "mettere in opera", "Sviluppare" mi suggerisce una evoluzione (NB avrei scritto "processo" 😂) . Nella pratica utilizzo principalmente Realizzare, elaborare. ANDARE A. In questo caso più che l'intenzione del moto a luogo, colgo quella di "spostiamo l'attenzione verso", il che si accompagna allo "spostamento dello sguardo, giriamo pagina" di chi ascolta verso un differente obiettivo (un tavolo, un macchinario, una slide...), trovo la cosa efficace nel discorso, spesso accompagnato da una gestualità significativa, quando voglio riprodurre una transizione logica dall'argomento A a quello B. Magari uso più un "passiamo a" PROCESSARE. Lo conosco da tempo immemore, immagino addirittura nei testi di biologia delle superiori primi anni '80 (processo di fotosintesi clorofilliana). In questo caso immagino che utilizzare un verbo identificativo di una procedura giudiziale, intenda sottolineare la linearità (in opposizione alla ciclicità) delle fasi che compongono la progressione dei fatti; un processo di fotosintesi indica qualcosa di unidirezionale che non prevede "ripensamenti", un processo direzionale invece passa attraverso fasi di previsione - organizzazione - gestione - controllo per poi ripartire ciclicamente. Immagino quindi che questa tendenza ad usare "processare" in questo modo voglia sottolineare una sorta di rigidità unidirezionale, supportata da un elemento normativo cogente. Sugli articoli non ho nessuna idea per darne una spiegazione, se non il progressivo fenomeno di affaticamento fisico nello scrivere o parlare che porta ad economizzare sugli articoli 🤣🤣🤣🤣 Sarei curioso di avere un feedback, pardon, un riscontro 🤣🤣🤣🤣su queste mie considerazioni
video molto interessante, come sempre. La prima espressione la usa a sproposito chi pensa di aver bisogno di rendere attraente concetti spesso poveri , come l' abuso di anglicismi che lascerei per termini tecnici in contesti particolari, economia e informatica principalmente. Se mai leggessi questo commento sarebbe possibile avere qualche "info" (🤣) sulla pic che wallpapera il video alla destra del content creator ?
@@YasminaPani era un tentativo di battuta, mostra personale. Quando ho qualche momento libero sto rivendendo alcuni tuoi contributi, ma stasera vorrei iniziare teorema . Ma sono nel dubbio di continuare huxley in lingua originale.
Hai dimenticato RESILIENZA! Ieri Mario Draghi lo ha usato ben 10 volte nel suo discorso per la fiducia, e giustamente Sgarbi ha detto: "Io non posso dare la mia fiducia ad un premier che usa ben 10 volte una parola come "resilienza"!" Ha ragione! Ma che è 'sta resilienza? Vergogna, è una parola il cui uso denota il più piatto e squallido CONFORMISMO.
@@MedeaClitemnestra Non c'è che l'imbarazzo della scelta! Ormai il giornalismo italiano funziona solo per frasi fatte: Bomba d’acqua, è polemica, pesante bilancio, versa in gravi condizioni (nel senso che scrive versi mentre è malato, o nel senso che versa l'acqua all'ospedale? Chissà...), teatrino della politica, ondata di maltempo, assoluto riserbo, cauto ottimismo, toni accesi, incassa un sì, assolutamente sì/no, carrette del mare, nella morsa del gelo, ecc. Basta ascoltare un telegiornale, e se ne sentono dozzine...
"Resilienza" è un termine tecnico, che io sappia originario dell'ingegneria dei materiali, e denota la resistenza agli urti di un certo materiale. Più o meno è il contrario di "fragilità".
@@andsalomoni "Resilienza" - secondo il Devoto-Oli - è un vocabolo introdotto nella lingua italiana già dal 1855. Eppure nessuno - giustamente! - si era sognato per almeno 160 anni di usarlo adattandolo alla psicologia umana, per indicare l'atteggiamento di chi reagisce alle avversità, "tornando come prima". E tuttavia, anche tra gli psicologi c'è chi critica apertamente (v. la rivista "L'anima fa arte") questo uso arbitrario del termine, poiché la mente umana non è un oggetto di materiale plastico, o di polistirolo, che "rimbalza" e torna esattamente com'era prima dell'urto. In realtà gli umani non sono affatto "resilienti". Ciascuno di noi subisce il dolore per i tanti eventi che accadono nella nostra vita, dal lutto per la perdita di una persona cara, ad una malattia grave, ai problemi di lavoro ed economici, ecc., e tali dolori semmai lasciano CICATRICI, che rimangono impresse per sempre nella nostra vita. Quindi è tutta la "filosofia" che si cela dietro questa moda del momento per il termine "resilienza" ad essere sbagliata. E giustamente Vittorio Sgarbi ha voluto paragonare questa moda sciocca a quella che - alcuni anni fa - aveva portato all'abuso del termine tecnico "sinergia" nel linguaggio comune.
@@Albert-ct6tt E' la solita moda di usare paroloni per sembrare culturalmente superiori, sinergia non si sente quasi più, accadrà lo stesso con resilienza, con "assolutamente sì", con "piuttosto che" usato scorrettamente, resteranno come indicatori verbali di sciocchezza in chi li usa a sproposito.
Che dire di location al posto di sito, posto, luogo? Di barbecue al posto di grigliata? Di cool al posto di fico, figo, ganzo? Andare a credo sia pure influenzato dal mondo anglofono be going to. E' una forma paradossale di provincialismo
@@TolandusRedivivus in base al fatto che siamo esperti della lingua e sappiamo che è un termine giovane (infatti è registrato solo nella versione online, che registra di tutto, anche parole inglesi non entrate realmente nel lessico degli italiani), che ancora potrebbe essere rigettato dai parlanti (e infatti lo usa comunque una minoranza).
Forse processare una informazione o dei dati, potrebbe derivare dal fatto che si può fare con un computer ed il computer usa il processore, il chip dedicato, ma è una idea che mi è venuta guardando il video 🤔
Hai mai fatto una riflessione sul fenomeno del “quello-che-è / quelli-che-sono”? Nel linguaggio giornalistico è diventato una costante, credo usata per prendere tempo, come nelle interrogazioni a scuola. Esempio: adesso vediamo (quelli che sono) i principali argomenti della giornata
Sì, sono mesi che voglio fare un nuovo video sulle espressioni fastidiose (che includerebbe proprio questa), poi mi ritrovo sempre a parlare di schwa 😂
"Andiamo a..." mi sembra un francesismo, in quanto in francese si usa molto questa espressione proprio nel senso di futuro imminente come moto figurato. "processare" è molto usato in ambito scientifico come nel caso del "procedimento" (quindi "procedere", "avanzamento") nel lavoro di elaborazione e di raggiungimento di informazioni e risultati del contenuto di una provetta di contenuto ematico (e quindi con un uso ben diverso da quello che vorrebbe processare i risultati di test scritti). Ora però, da appassionato della lingua italiana mi chiedo se potrò ancora usare queste espressioni.
Temo che i casi da te affrontati siano ben più di una moda passeggera. In particolare "andiamo a fare" è espressione usatissima e onnipresente. Che ne pensi del verbo "rilasciare", mutuato dall'inglese "release", usato al posto di "pubblicare"? Si usa soprattutto nell'espressione "rilasciare un disco", ed è frequentissimo all'interno delle riviste specializzate di rock.
Sì, non so se vada attribuito a traduttori incompetenti o semplicemente al naturale formarsi di gerghi nei vari settori. In ogni caso è improprio, ma se rimane limitato a quel gergo è già qualcosa!
@@YasminaPani Siccome sono un appassionato di rock, e in particolare di heavy metal, mi permetto di segnalarti alcuni termini inglese di uso molto comune nel relativo gergo: line up (formazione), frontman (cantante: naturalmente la parola ha una sfumatura diversa), combo (gruppo, band), re-union (riunione di una band che si era sciolta), axeman (chitarrista: la chitarra vista come "ascia": si dice in particolare di chitarristi solisti o di chitarristi che hanno un ruolo particolarmente spiccato all'interno di una band), rodie (accompagnatore della band "on the road", che ad esempio scarica e ricarica l'attrezzatura, monta il palco), audience (il pubblico), anthem e l'aggettivo anthemico (un inno, nel senso di una canzone forte ma facile da cantare in coro, come "We will rock you" dei Queen", ma anche una canzone che diventa un manifesto della band o del suo genere di musica perché ha un testo che la esalta o la difende, o spronando i fans a essere uniti e a credere nella la causa di quel genere di musica), backstage (il retropalco), track (canzone, traccia), title track (la canzone che dà il titolo a un album), demo (demonstration play: una versione di prova, o embrionale, di una canzone), label (casa discografica), growl (particolare modo di cantare caratteristico del death metal che somiglia al vomito), crew (i ternici della band), live (abbreviazione di alive: dal vivo, pronunciato "laiv"), master (incisione originale), lyrics (le parole di una canzone), songwriting (il processo di composizione di una canzone), crossover (un genere che unisce metal e altri generi musicali), fanzine (un giornale amatoriale realizzato dai fan della band), pogo (il picchiarsi scherzosamente sotto il palco), headbanging (scuotere la testa e il busto al ritmo della canzone), stage diving (il tuffarsi del cantante o di un altro membro della band sul pubblico), unplugged (una canzone elettrica realizzata in forma acustica), kids (i fans di una band). Groupie, cover o bootleg, credo siano universalmente note. Forse già conosci questi termini e il loro significato. Nel qual caso mi scuso.
6:00 Ma allora dovremmo cambiare il sostantivo "processore" con "elaboratore" , dato che nel linguaggio informatico il processore di un computer è l'unità di elaborazione dati.
Premesso che sono d'accordo con te su tutto, chissà se in futuro accetteremo "andare a lavoro" come già diciamo "a scuola" "a casa" "a teatro" ecc., in quei casi cioè in cui il termine rappresenta più un concetto, così come succede esattamente in altre lingue (tedesco "zu Hause"). Immagino che il meridionalismo "andare a mare" esprima il concetto che unisce l'andare in spiaggia, a fare il bagno, a prendere il sole e così via.
"andare a lavoro" non l'ho mai sentito dire, onestamente. parlando di anglismi spaventosi invece: una mia ex collega era solita dire senza battere ciglio "sottomettimi quei documenti". ho scoperto poi che l'origine dell'espressione fosse il verbo "to submit"
Ho una domanda sul going to... ma non so a chi porla, provo qui: ho notato che, mentre in italiano questa forma non esiste e forse la si usa a causa dell'ascolto di video tradotti male, in spagnolo esiste (vamos a... preparar la cena, hacer algo, comenzar - iniziare-..) e quindi mi chiedo se sia un'espressione latina ma che l'italiano non aveva mai colto, oppure se gli spagnoli abbiano modificato la loro lingua molto prima di noi, magari proprio per l'effetto di tante traduzioni frettolose fatte dai mezzi di comunicazione latinos/latini negli USA, o comunque dai ripetuti contatti con persone anglofone che avranno creato inevitabilmente una contaminazione del linguaggio a partire dalla colonizzazione di parte del continente americano,soprattutto in centro America dove il contatto è costante. Insomma, è o non è di origini latine questa espressione (a prescindere dal fatto che l'italiano non la comprenda)?
No, in latino non c'è nulla del genere! È un'espressione comune allo spagnolo e al francese, e in parte all'inglese anche se lì forma proprio un tempo verbale, ma queste non hanno un'origine comune.
Vorrei esprimerti i miei piu' sentiti complimenti per l'acutezza e l'ironia con cui conduci la tua divulgazione! Ne aprofitto per rivolgerti una domanda che, forse, puo' tradursi anche in uno spunto di riflessione a proposito di quel voler ostinatamente "darsi un tono" che contraddistingue diversi parlanti nostrani: nel momento in cui in una frase italiana impiego una parola di un' altra lingua (ad esempio "curriculum"), devo volgerla al plurale esattamente come avviene nel sistema linguistico a cui tale vocabolo appartiene? In altre parole: i curriculum o i curricula? Io ho sempre considerato l'abitudine a scrivere "i curricula" come piuttosto leziosa. La immagino nei termini di una genialata ordita, e diffusa, da qualche tetro dipendente comunale che voleva dimostrare ai suoi colleghi di aver frequentato il liceo classico. Se parlando di curriculum al plurale devo dire "curricula", allora parlando di virus al plurale dovrei dire "i vira"? I film al plurale sono i "films"? I comuputer "computers" ecc... Ad ogni modo, spero un giorno di poter assistere a una tua lezione o conferenza, perche' penso di avere moltissimo da imparare da te!
A rigore dovremmo mantenere il prestito invariato al plurale, sia che derivi dall'inglese, sia che derivi dal latino. Quindi sì, dire "i curricula" è in realtà sbagliato in italiano! In alcuni ambienti si tende a farlo per una sorta di deformazione professionale, ed è certo un'affettazione leggermente spocchiosa (che a volte scappa anche a me, lo ammetto serenamente). Grazie mille per il commento!
Provo a cercare di difendere i programmi di cucina: e se con "andiamo a mescolare" sottointendano "andiamo al banco di lavoro a mescolare" oppure con "andiamo a riscaldare" sottointendano "andiamo ai fornelli a riscaldare"?
Secondo me quel fastidiosissimo "a lavoro" potrebbe derivare dalla facile associazione concettuale tra azione e luogo dell'azione... Infatti si dice "vado a scuola" non "vado all'ascolto delle lezioni", quindi chi dice "vado a lavoro" intende in realtà non l'attività del lavorare ma il luogo dov'essa si svolge, come se appunto sottintendesse per esempi "vado all'ufficio dove svolgo il mio lavoro". Per quanto riguarda "settimana prossima" anche io avevo formulato le due stesse ipotesi tue. Comunque sia più passa il tempo più la moda degli anglismi e l'uso scriteriato (e incontrollato) di Internet rischiano di sdoganare come "accettabili" forme che normativamente non lo sono. Tanto per citarne un paio di cambiamenti indotti e fastidiosi: i saluti scritti staccàti ("buon giorno, buona sera") e "famigliare/i" invece di "familiare/i". Anche se, in realtà, sarebbero forme alternative consentite per me restano scorrette o comunque improprie. Lo so che si scrive "buon pomeriggio" staccato, ma se si era sempre scritto "buongiorno, buonasera" perché adesso devono essere scritti staccàti? Stessa cosa per "famigliare/i"... lo abbiamo sempre scritto e pronunciato "familiare/i"... adesso perché questa moda del suono palatale solo perché sembra più comodo e naturale dire "famiglia > famigliare"? Ad ogni modo quello che mi urta di più sono le tre risposte tipiche di chi non alcun interesse a preservare l'integrità di base della nostra lingua: "Eh, la lingua si evolve!" e "L'importante è che si capisce!", "È un refuso che può capitare quando si scrive di fretta".
Quando una certa espressione gergale diventa diffusissima, piuttosto che considerare questo fatto come un errore, non lo si può considerare come un'evoluzione della lingua? E' il caso di "settimana prossima" ma soprattutto "vado AL LAVORO" che sinceramente mi sa di "affettato", ed è scomodo da pronunciare... Un altra domanda: a voler proprio essere pignoli "LAVORO" in italiano non ha come definizione "il luogo nella quale si lavora", ma indica l'attività lavorativa stessa- Dunque forse dovremmo dire "vado AL POSTO di lavoro", in quanto io posso andare in un luogo fisico, non presso un'attività. A mio modesto parere. l'espressione da te segnalata come scorretta mi sembra una normale "abbreviazione" di un espressione corretta,. sulla quale non mi sentirei di pontificare la correttezza o non correttezza, essendo da considerare semplicemente come espressione d'uso. Altra osservazione: "Andiamo a impiattare". Quando viene usata questa espressione. di solito si vuole esprimere un futuro intenzionale (e immediato). Non mi sembra che usare "Adesso impiatterò" o "Adesso impiatto" rendano efficacemente questa sfumatura.
Per quanto riguarda la prima domanda, ovviamente la lingua si evolve e prima o poi quello che prima era sbagliato nella lingua standard diventa corretto, se tutti lo usano (ma è un processo molto lento, durante il quale per lungo tempo le due forme convivono a livelli diastratici o diafasici della lingua). Finché questo processo non è avvenuto (e non è affatto detto che debba avvenire), la forma è sbagliata nella lingua standard. La seconda domanda è per l'appunto una pignoleria 😅 che però non sta in piedi, perché la lingua non funziona con la logica. Si dice "al lavoro", punto. Infine, la forma "andiamo a impiattare" semplicemente non esiste, una persona normale in italiano direbbe "adesso impiattiamo" e tutti capirebbero.
C'è un'altra espressione palesemente presa a prestito dall'inglese che purtroppo è entrata in modo pervasivo nella lingua italiana e sembra sia impossibile estirparla. In qualche tuo video la usi pure tu, non so se volontariamente o no. Mi riferisco a quel 'di sempre' (ovvio calco di 'ever') che ormai viene usato in tutte le salse. Es. 'La più bella canzone di sempre' oppure 'Il peggiore film di sempre', ecc... ecc... Non capisco perché praticamente nessuno, oggi, usi più la locuzione 'di tutti i tempi' e la sostituisca con un fastidioso (per me) calco dall'inglese.
Finalmente sento parlare di quell'orribile "andare a + verbo"! Mi dà un nervoso tremendo e non ho mai trovato nessuno che lo facesse notare. A distanza di un anno, mi sembra che questa forma sia ancora più diffusa. Ormai parlano tutti così 😱
Lo odio con tutto me stesso, qualche anno fa un mio amico mi ha offerto il suo riassunto di un grosso manuale per un esame di storia contemporanea. Dopo le prime due pagine l'ho mollato, aveva scritto "andarono a fare" "si andò a creare" "andò a profilarsi" ogni mezza riga. La bile.
In effetti ammetto che non avevo mai pensato ad "andiamo a..." come ad un errore. Domanda che forse smaschera la mia ingenuità, ma ci puoi indicare se esiste un libro valido che evidenzia gli errori più comuni che i parlanti italiani commettono oggigiorno? Oppure, non ne potresti scrivere uno tu? ;-)
Io potrei scriverlo ma non so chi me lo pubblicherebbe 🤣 Comunque non saprei consigliarti un libro, ma l'Accademia della Crusca pubblica frequentemente articoli su questi argomenti, anche in risposta a dubbi e richieste dei lettori!
Te ne indico due io: Valeria Della Valle, "Piuttosto che. Le cose da non dire, gli errori da non fare", 2013, Sperling & Kupfer e l'ottimo "La situazione è grammatica: Perché facciamo errori. Perché è normale farli" (Einaudi tascabili. Saggi) di Andrea De Benedetti
Riguardante il caso di andare a + verbo, non potrebbe essere una abitudine presa in italiano dall'inglese? So che in inglese esiste il going to. I am going to + verbo per indicare il futuro imminente. Chiedo da ignorante, sia chiaro. È una curiosità mia. Forse a furia di prendere parole dall'inglese, stiamo assorbendo anche un certo tipo di formule prese oltremanica?
In questo caso deriva dal francese! "Andare" + infinito è una formula presente nelle lingue romanze. Poi l'inglese potrebbe aver dato una piccola spinta in più negli ultimi tempi.
Non ho mai detto "a lavoro" o almeno così credevo. Il mio cervello è convinto di dirlo nella forma corretta ma riascoltandomi dopo essermi registrato ciò che sento è proprio "a lavoro", probabilmente per la doppia consonante "elle".
Ineccepibile osservazioni. Mi accorgo proprio oggi di essere finito anch'io a dire a lavoro influenzato da tutti coloro che sbagliano l' articolo. Mai che dicendo le cose correttamente si riesca a influenzare qualcuno, sempre succede il contrario !!😢 Da domani però tornerò AL lavoro.
"Impattare" e "interfacciarsi" non li senti un po' troppo? Riguardo al modo di dire "andiamo a..." lo si usa generalmente per questioni di tipo tecnico se ci sono dei cameraman o persone che devono montare il video. Dimenticavo: hai mai sentito dire "Oggi ricevo A studio" oppure "Oggi ho studio" invece di "IN studio" o di "Oggi sono in studio/oggi ho lo studio?". Lo usano medici, avvocati e categorie affini.
Sì, purtroppo si sentono sempre più spesso, entrambi. "A studio" io personalmente non l'ho mai sentito, per fortuna, ma mi è già stato segnalato. Terribile!
Un'altra forma fastidiosa (ma non so bene se é corretta o meno) é quella di usare "in" per indicare "A luogo". Es. Vado in posta. Non so, ma a me suona male.
Perchè terribile? Più che semplicemente a luogo credo si voglia evidenziare "all'interno" di qualcosa. Vado in banca, in ufficio, in municipio; ci entro, insomma. I veneti per esempio mandano in mona. Si va al mare anche stando fuori dall'acqua mentre i naufragati sono dispersi invariabilmente in mare, mai al mare. O no? Io comunque l'ho sempre usato, convinto che fosse opportuno. Oltretutto mi piace, più che le possibili opzioni, quindi continuerò a usarlo.
@@valterone sicuramente Yasmina potrà spiegarmelo meglio di me, ma "in" andrebbe usato quando si è all interno, non quando ci si sposta verso un luogo. Per esempio a Roma quando chiedi a qualcuno dove abiti spesso rispondono: In Patri, poi sicuramente ci saranno delle eccezioni, ma a me spesso "in" inteso come "a luogo" suona male.
e ancora "porta allarmata": qualche volta immagino che quella porta cominci a urlare tutte le sue ansie per avere assistito magari ad un incontro segreto tra malavitosi o per essersi infettata con qualche virus presente nella pipì del gatto che l'ha innaffiata...
Sono informatico, posso dire elaborare, analizzare, lavorare, ma mi resta il fatto che "microprocessore" non è un magistrato particolarmente basso e non credo che una traduzione meno letterale si capirebbe. Similmente, in informatica un processo si svolge sopra ad un computer e non in tribunale, non c'è nessun altro termine che possa voler dire la stessa cosa e anche thread, un concetto simile, è ormai intraducibile ("filo" farebbe ridere).
@@YasminaPani Non lo sapevo. Ma questo significato informatico è stato mutuato dall'inglese oppure no? Tra l'altro, l'inventore è considerato l'italiano Faggin.
@@YasminaPani Ma è un inizio. Secondo me sta facendo la stessa strada che hanno fatto le lingue che hanno sviluppato questa perifrasi. Poi bisogna dire che l'effetto probabile del suo uso è l'indebolimento del tempo di futuro. In spagnolo in effetti ci sono contesti dove la forma di futuro monolettico non viene usata mai.
A proposito del verbo "implementare", il problema maggiore secondo me non è tanto la sua frequenza d'uso, quanto la sua errata interpretazione. In ambito scientifico, molti lo usano impropriamente con il significato di "integrare", forse per una sua affinità fonetica con l'aggettivo "complementare". Sempre in campo scientifico, purtroppo "processare" è un temine usatissimo applicato ai dati provenienti da strumenti elettronici, tradotto letteralmente dall'inglese "data processing", con il significato di elaborare i dati in modo da renderli fruibili. Questo perché "elaborare" sembra non esprimere in modo esatto il concetto di "convertire i dati grezzi in dati ingegneristici, filtrarli, ripulirli dalle anomalie". Ah, visto che hai parlato di "a lavoro", ti segnalo l'uso smodato di "a largo" al posto di "al largo" (es: l'Elba è un'isola "a" largo della Toscana; quando nuoto, mi piace andare molto "a" largo); anche questo secondo me è un errore e, ahimé, è diffusissimo!
Processare usato col senso di eseguire non viene usato nemmeno in inglese con il verbo 'to process'. Si usa 'to run' o 'to perform'. Sarei curioso, se non si è già occupata in altri video, di conoscere l'uso appropriato del verbo performare che sento spesso in incontri sportive, mentre il quasi omonimo inglese ha un significato di elaborazione complessa con uso più generico.
In realtà mi pare che performare venga usato con le stesse accezioni dell'inglese, un po' dappertutto; ma è un denominale formato dal sostantivo performance, che è entrato in italiano già da tempo
@@YasminaPani Per fortuna sono ancora rare come espressioni, "settimana prossima" dilaga, anche in ambienti che dovrebbero essere ben istruiti... credo che sia anche molto recente, perché fino a pochi anni fa non si sentiva affatto.
Il problema principale di “implementare” è che viene usato impropriamente, per assonanza, con il significato di “incrementare”, aumentare, accrescere, che non è il suo significato corretto. Questo uso sbagliato aggiunge un elemento di ignoranza al già fastidioso utilizzo eccessivo e fuori contesto del termine, che tu hai evidenziato.
Vogliamo parlare della piaga del "piuttosto che" usato per dire "oppure", quando invece vorrebbe dire esattamente l'opposto? Sembra quasi che venga usato per darsi un tono ma per me è terribile da sentire e mi sanguinano le orecchie ogni volta. Anche in TV e all'università viene usato in maniera sbagliata, è veramente deprimente.
Sembra quasi che tu abbia visto il video di Cartoni Morti sull uso del piuttosto che, un video pazzesco 🤣
Condividendo il tuo "sanguinamento" ho il terrore che "piuttosto che" possa diventare di uso ammissibile dato che "la lingua la fanno i parlanti". Yasmina, una parola di speranza!
@@ricciottichiesi8530 sta cedendo, penso che scomparirà, passerà di moda !!!
Micidiale. Deve essere entrato casualmente da qualche dialetto.
@@sergiomarrocco1926 credo sia entrato dal fatto che si può usare per fare elenchi di cose mutuamente esclusive e qualcuno ha pensato che fosse adatto a qualsiasi elenco.
Finalmente qualcuno che condanna " settimana prossima "! Mille applausi!
Lo detesto!
Sono commossa 💘
A me - piemontese - sembra che sia una locuzione usata soprattutto a Milano e dintorni. Qualcuno conferma?
@@ubozebubo9381 Si usa molto anche nel bresciano e nel bergamasco.
@@YasminaPani e si sente purtroppo ovunque. anche in Veneto. è terribile.
Mi sono iscritto al tuo canale perché sento, dopo tanto studio e preparazione in campo tecnico industriale, la necessità di uscire da questi confini e tu mi sembri la persona più adatta allo scopo. Mi piace il modo e la sincerità con cui ti esprimi. Grazie
Grazie mille
Bravissima Yasmina , grazie per queste tue brevi lezioni di cultura linguistica .
Grazie a te
Grande! Finalmente qualcuno che dice LA SETTIMANA PROSSIMA!! 💪😍
Bellissimo anche questo video (giuridicamente si processa l’imputato non l’indagato ma questa è una questione puramente tecnica). È interessante il fatto che il sostantivo “processo” possa essere utilizzato in più ambiti, mentre il verbo no. O mi sbaglio?
P.s. Ti adoro
6:39 secondo me dipende anche dall uso degli smartphone, in quanto scrivere un messaggio di testo tramite la tastiera qwerty richiede molto più tempo rispetto a parlare, quindi per una questione di tempo si omettono vari articoli ed alle volte pure delle parole intere; a tal proposito potremmo citare ad esempio l uso delle abbreviazioni, ormai in disuso, "xk", "cmq", "tt bn"..
Ciao Yasmina, chiaramente la mia lingua madre sta rovinando l’italiano!! Grazie ai tuoi video potrò fare bella figura insegnando l’italiano agli italiani ahah. Continuo a condividere i tuoi contenuti all’estero.
Spero farai più video di questo tipo! "Andiamo a" potrebbe derivare dall'inglese "we are going to" usato nel futuro inglese? Io ultimamente sento molto "ingaggiare" in un dibattito/conversazione...che odio xD oppure performare sul palco.
A proposito di "a lavoro" sento molto al sud dire "a mare" ma questo credo non sia dovuto all'influenza dell'inglese, forse più regionalismi non so
È più un francesismo che un anglismo, in realtà, ma rimane aberrante lo stesso 😂
"A mare" sì, è proprio puro Sud 100%! Aberrante anch'esso, sia chiaro.
Io pensavo derivasse dallo spagnolo - "voy a ir", "vamos a ver", "van a llegar"
Joy : sì, mi sembra la spiegazione più attendibile visto che ormai sapere l'inglese non serve ma attingere tutte le parole o costruzioni possibili è quasi un obbligo! Anzi, è "un must!"
Invece questo utilizzo di "ingaggiare" non l'avevo ancora sentito! Direi orrore allo stato pure! La prossima quale sarà, "siamo ingaggiati" invece di fidanzati?
A proposito, vogliamo parlare di quanti milioni di persone usano questa parola per riferirsi al ragazzo o ragazza? Magari stanno insieme da due mesi e ti viene presentato come "il mio fidanzato"! Ma va' a cagare!🤣
@@YasminaPaninell'italiano regionale di certe zone del Nord Italia credo sia semplicemente un "gallicismo" acquisito attraverso i dialetti locali, dai quali è poi passato all'italiano regionale. Qui in Liguria, ma direi anche in parecchie zone della Lombardia e del Piemonte, si usa anche l'espressione"Venire da..." seguita dal verbo per indicare un'azione che io ho appena compiuto, ad esempio: "Ne venivo da dirgli" col significato di "Gli ho appena detto". Un altro gallicismo presente a macchia di leopardo in diverse zone del Nord è "Essere dietro..." seguito dal verbo col significato di "Sto facendo" (es. "Son dietro a fare i compiti" col significato di "Sto facendo i compiti"). Praticamente si usa "Essere dietro a ..." come in francese si usa "Être en train de..." Nella zona di cui sono originari questi gallicismi sono passati dal dialetto (che non parla quasi più nessuno) al registro colloquiale dell'italiano regionale e in parte si sono mantenuti. Infine un aneddoto: siccome i miei nonni erano dialettofoni liguri "madre-lingua" ma la mia famiglia ha anche un ramo toscano (a fine Ottocento un mio bisnonno paterno emigrò con la famiglia dall'Alto Mugello all'Appennino a Nord di Genova), ogni volta che andavamo a trovare i nostri parenti in Mugello, l'utilizzo di questi gallicismi, trasmessomi dai nonni liguri attraverso il dialetto e l'italiano regionale, era motivo di diverità curiosità da parte dei parenti toscani, quindi ci sono ancora affezionato e nel registro colloquiale li uso ancora.
Grazie per tutto❤
grazie mille! bella questa rubrica, personalmente queste espressioni non le ho mai usate comunemente anche se le sento spesso, e quindi se non sai che sono sbagliate a furia di sentirle potresti finire per usarle, per esempio l'ultima proprio non la sapevo, nel senso che io dico "vado a lavorare" e non "vado al lavoro" o "a lavoro" quindi pensavo che anche quest'ultima fosse corretta. Implementare lo usavamo solo in ambito informatico, per esempio "implementare una procedura", processare anche lo usavamo in informatica sulle attivita' del processore del computer, per esempio "sta processando la memoria" XD. Le parole senza l'articolo invece pensavo provenissero dal linguaggio chat, quando uscirono i primi cellulari avevamo un numero di caratteri limitati e quindi per comunicare piu' cose si toglieva tutto cio' che non serviva alla comprensione del messaggio usando anche x al posto di per e queste cose cosi' pero' si faceva tra amici per evitare di spendere piu' di un sms^^
"A lavoro" al posto di "al lavoro", cosi' come "a mare" al posto di "al mare", le ho sempre sentite come espressioni piu' tipiche delle parlate meridionali (forse ora si stanno diffondendo anche al nord); su tutto il resto sono d'accordo.
Vero, è una peculiarità del sud
Le abitudini, "giuste o sbagliate. " forse è caduta la consonante perché suona male e pare una ripetizione davanti alla prima lettera della parola successiva.
A proposito dell'anglicismo "processare" nella accezione semantica di "elaborare" (ma credo siano ormai passati in italiano vocaboli come "processore" - che nessuno chiamarebbe "elaboratore" - e "microprocessore"), segnalo il parallelo anglicismo "disegnare" col significato di "progettare". Se è pur vero che progettare qualcosa spesso include anche disegni (io ad esempio progetto nuove molecole che ovviamente mi diletto - e diverto - a disegnare prima sulla carta), il disegno vero e proprio lasciamolo agli artisti! Complimenti per i tuoi post e continuo a seguirti sul Tubo.
Grazie per i tuoi video. Purtroppo non sono pochi i modi di dire errati che però passano per corretti, occorrerebbe una sorta di dizionario aggiornato ( magari esiste e io non lo conosco) sul genere del " Il Museo degli Errori " di Aldo Gabrielli. lo trovai i divertente e utilissimo anni fa quando mi capitò sottomano.
Ho sempre usato "sono a lavoro"! sempre! Grazie Yasmina
non sapevo che dire "a lavoro" fosse sbagliato, perché l'ho sempre trovato parte del trinomio "andare a casa", "andare a scuola", "andare a lavoro", me tapino
comunque la prima cosa che ho pensato un istante dopo che avevi detto "andiamo a" è stata "andiamo a mantecare": pazzesco, lo dicono sempre i risottari su youtube, è onnipresente
I risottari 😂😂😂
manca andare a chiesa!
Vogliamo parlare del "vado a studio" coe dicono a Roma?
@@silviazoppi7986 a Savona dicono andiamo a spiaggia.
Video molto interessante complimenti, mi hai incuriosito e non vedo l'ora di gustarmi gli altri video. Se posso, vorrei dire due parole, è vero che i termini derivanti dall'inglese che usiamo e distorciamo sono usati troppo spesso ma io penso che solo in questo modo la lingua italiana rimanga viva e bella a differenza del francese che per motivi arcinoti non usa termini di altra origine, per esempio ordinateur al posto di computer. Tu cosa ne pensi? Sei favorevole alla 'contaminazione' verbale o preferisci il sistema chiuso e rigido francese?
@@YasminaPani Grazie!
9:07 ciao Yasmina, sto riguardando questi video, perché oltre ad essere molto divertenti, oggi mi è venuta un'idea particolare... Senza divagare, con questa battuta di chiusura mi hai ricordato un povero Joey che, mosso dal voler scrivere una lettera per Monica e Chandler molto sentita e di livello superiore, ha scoperto i sinonimi 😂
Un abbraccio!
Non ho mai visto Friends 😁😁
"Rendendo causante il mio dito, ho effettuato uno squillo sul campanello..."
Non ti conoscevo prima della tua partecipazione al canale di Marco Crepaldi. Mi sono appena iscritta al tuo canale. Questo video è stupendo. 🧡
Ti ringrazio :)
Grazie Yasmina.
Interessante canale, che go scoperto da poco e seguo con interesse. Ho un bel po' di materiale da vedere..
A proposito di questo video... Qualcuno ha già messo in evidenza l'uso di "dove" usato come complemento di mezzo/modo qualsiasi tranne luogo?
Non ho capito, mi faresti un esempio?
@@YasminaPani appena ne sento uno te le segnalo.
ho capito cosa hanno fatto i cuochi della tv: hanno saccheggiato qualche programma inglese in cui si diceva "now we are going to cook this" e lo hanno tradotto con "ora andiamo a cucinare questo": una lingua IMPLEMENTATA da google translate!
Non so il perché youtube mi abbia consigliato il tuo canale ma ha indovinato i miei interessi, al momento ho una curiosità voyeuristica: le foto sulla parete sono artisticamente molto interessanti in particolare quella alla tua destra.
Ho trovato l'espressione inglese "processed food" per indicare cibo o alimenti elaborati o trattati , negli articoli medici nutrizionisti.
Cibo processato? 🤣
@@YasminaPani
Esatto!!😁
Se si tratta della caciotta affumicata o della provola, allora va direttamente al patibolo!!!😂
Genuina curiosità.
In un altro video hai detto che la lingua evolve per i motivi più disparati, per necessità, per il contesto storico, per le influenze politiche più o meno desiderate o addirittura (aggiungo io) per condizioni climatiche che costringono a movimenti della bocca più o meno chiusi che modificano i suoni prodotti*.
In questo video parli di termini, locuzioni o influenze esterne che sarebbe preferibile evitare per mantenersi sugli schemi correnti della lingua italiana.
La mia domanda è, ma allora quand'è che l'evoluzione è legittima e quando invece non lo è?
Un anglismo nella lingua italiana oggi è l'influenza di un popolo egemone, vero. Ma è esattamente come i popoli egemoni del passato (spagnolo, francesi, arabi, austriaci, ecc) che hanno influenzato la nostra lingua e i nostri dialetti nei secoli scorsi.
Sono d'accordo che non ci sia bisogno di usare Party se esiste una parola perfettamente funzionante in italiano, ma purtroppo così è, la gente lo fa perché si sente 🆒** e la lingua cambia.
L'epoca degli SMS ci ha regalato CMQ invece che Comunque perché dovevamo risparmiare caratteri e ora è rimasto, c'amm a fá?
Le tue parole mi trovano d'accordo, ma credo sia una lotta contro i mulini a vento.
Quando non causano ambiguità e quindi non degradano l'efficacia comunicativa, perché non possiamo considerarla evoluzione?
Ricordo un film (forse Lost in translation) dove, in un ipotetico futuro, la lingua corrente era un miscuglio di espressioni e termini di diversi idiomi, probabilmente impostisi per i motivi più disparati nel lessico di massa.
È anche vero che l'estetica musicale della lingua italiana è invidiata e apprezzata ai 4 angoli del nostro pianeta piatto, e questa evoluzione rischia di "sporcarla", ma come si fa'? Si ingaggia una lotta in nome del pedigree dell'italiano? Sta cosa non ha un po' troppo un sapore ariano?
Non so, tu che ne pensi?
* correggimi se sbaglio
** si l'ho fatto apposta 😎
L'evoluzione è sempre "legittima" nel senso che la lingua va dove vuole e non c'è un mutamento giusto e uno sbagliato di per sé. Ogni comunità di parlanti però può scegliere (solo in ambito lessicale, sia chiaro) di dirigere in certa misura il cambiamento (o meglio provarci) se ritiene che questo abbia valenze politiche o culturali. È chiaro che in passato non si aveva la consapevolezza metalinguistica che si ha oggi, dunque la lingua veniva subita più che fatta. Oggi le cose stanno diversamente e in parte possiamo compiere scelte linguistiche più consapevoli. Che sia una lotta contro i mulini a vento è probabilmente vero, ma se la si ritiene giusta la si porta avanti comunque! Io non sono contraria a qualsiasi anglismo, ma a quelli non necessari, alla base dei quali c'è un tentativo di emulazione che trovo patetico, e che sottende a sua volta un generale impoverimento culturale (che certo non fermeremo evitando gli anglismi, sia chiaro). Naturalmente non trovo giusti neanche i ragionamenti apocalittici tipo "tra tot anni non parleremo più italiano ma inglese" perché sono falsi e insensati: semplicemente con uno sforzo cognitivo minimo si può ravvivare la nostra lingua e rendere più ricco il nostro lessico. Infatti se il prestito dall'inglese si affiancasse alle parole italiane diventandone sinonimo, non avrei nulla da dire di per sé, perché sarebbe un arricchimento: invece tende a fagocitare non una parola italiana corrispondente, ma spesso anche di più! Ma naturalmente specifico che questo rientra in una generale tendenza alla banalizzazione linguistica che a sua volta è il risultato della banalizzazione del pensiero, che potremmo fermare o rallentare solo con la cultura. La lingua, come dico sempre, è il sintomo, anche se ha la sua importanza nel senso che abituarsi ad avere a che fare con un linguaggio complesso facilita la complessità del pensiero.
@@YasminaPani si, io credo che alla radice del problema ci sia l'impoverimento culturale e cognitivo generale. Qualcuno mi pare abbia misurato che per la prima volta nella storia moderna il QI medio* sta decrescendo.
Dovremmo probabilmente partire dal combattere l'impoverimento culturale e come conseguenza forse otterremo il trascinamento verso l'alto del lessico, ma anche del pensiero critico e lo sviluppo cognitivo.
Vabbè qui entriamo nel magico mondo dell'istruzione e finiamo per abbracciarci disperati fra lacrime e singhiozzi.
ok, Grazie della risposta. Adesso vado a guardarmi l'ultima puntata di striscia la notizia che ieri sera me la sono persa. 😁
*QI = semplificazione volontaria
@@AlessandroSenato Ho fatto le tue stesse considerazioni, anche il macabro "piuttosto che" verrà semplicemente fagocitato dopo un uso così capillare tra i parlanti. Penso anche alla musica, soluzioni prima percepite come puro rumore e sgrammaticate rientrano, ora, nella tavolozza espressiva di un compositore. Non sono invece d'accordo sul discorso della maggiore consapevolezza linguistica al giorno d'oggi, nel senso, alla maggior parte delle persone non interessa assolutamente sapere che "sono a lavoro" è scorretto poiché pratico, diffuso e convalidato dalla comunità. Sono problemi e domande che la persona comune non si pone, l'interesse per la lingua è un fenomeno circoscritto ad una nicchia, gli altri stanno benissimo con "sono a lavoro" e non hanno nessun interesse pratico nel cambiarlo.
@@gabrielegagliardi3956 forse è proprio dalla comodità che nascono le irregolarità nelle lingue.
Chissà se Yasmina ci sa dire qualcosa.
Implementare più che un anglicisimo è un latinismo di ritorno, deriva infatti da implere (cioè riempire e da qui un pò si può intuire come in inglese abbia acquisito il significato di compiere/portare a termine). Quando dall'inglese ci tornano parole latine che non sono state imbastardite troppo come implere, di solito suonano perfettamente italiane. Perciò reputo implementare un buon arricchimento della lingua, anche se concordo col fatto che è un pò stra abusato.
Si chiama anglismo anche se la radice è latina, non cambia nulla. Non è che le radici latine siano superiori a quelle germaniche 😅
@@YasminaPani Si ci mancherebbe, ma l'italiano discende dal latino volgare, perciò è naturale che i termini di origine latina, seppur provenienti da altre lingue, si italianizzino molto più facilmente. Penso che to implement coniugato all'italiana (implementare), suoni molto meglio di roba tipo followare, matchare e downloadare. In generale le parole latine che non sono state troppo snaturate in inglese, italianizzate suonano molto naturali.
Yasmina, ho visto anche altri tuoi video e sono d'accordo con te, anche se io rispetto ai miei coetanei noto che il mio "vocabolario" è leggermente più conservativo.
Anche il mio, ma devo dire che non è facile sottrarsi all'influenza (del resto, così funziona la lingua).
in un video di Lundini e Ferrario si trova un - volutamente - fastidiosissimo «andiamo ad andare a chiudere il budget» seguito da «andare ad andare a chiedere». Processare comunque è da pelle d'oca.
Mitico Lundini
Ciao, ho scoperto da poco il tuo canale e lo trovo interessantissimo. Avrei una domanda da farti riguardo le ultime espressioni citate nel video: dal momento che, come hai affermato altre volte, la lingua tende di suo ad andare verso situazione che richiedono "meno energia" al parlante (ad esempio la perdita del neutro), il fatto di perdere l'articolo in alcune espressioni non potrebbe essere segno dell'evoluzione della lingua? In quali casi si parla di errore e in quali di evoluzione? Spero che la domanda sia chiara
L'errore fa sempre parte dell'evoluzione! Quando un errore si diffonde tanto, prima o poi diventa la nuova norma :) quindi ci si oppone ad esso finché ha senso farlo, poi si prende atto che la lingua è cambiata; ma di solito non avviene nello spazio di una vita umana!
Scopro ora questa rubrica e anche che molte di queste espressioni le utilizzo anche io.
Non sono qui a difenderle ma provo ad aggiungere qualche senso logico del loro utilizzo.
IMPLEMENTAZIONE. Il termine preso a prestito dal gergo informatico sottintende un metodo di sviluppo tipico del creare dei moduli funzionanti per poi integrarne i vari elementi in sistema, una sorta di composizione di un puzzle "a richiesta" (voglio i moduli del software magazzino, ciclo contabile attivo e passivo, produzione; successivamente voglio aggiungere un modulo produzione o CRM..., il tutto viene in certa misura assemblato e testato). Se l'iter (NB avrei scritto "processo" 😂) anche non informatico dovesse rappresentare una logica simile penso non ci siano problemi, perché "Realizzare" offre una dimensione generica e tendenzialmente materiale, come ancor più "mettere in opera", "Sviluppare" mi suggerisce una evoluzione (NB avrei scritto "processo" 😂) . Nella pratica utilizzo principalmente Realizzare, elaborare.
ANDARE A. In questo caso più che l'intenzione del moto a luogo, colgo quella di "spostiamo l'attenzione verso", il che si accompagna allo "spostamento dello sguardo, giriamo pagina" di chi ascolta verso un differente obiettivo (un tavolo, un macchinario, una slide...), trovo la cosa efficace nel discorso, spesso accompagnato da una gestualità significativa, quando voglio riprodurre una transizione logica dall'argomento A a quello B. Magari uso più un "passiamo a"
PROCESSARE. Lo conosco da tempo immemore, immagino addirittura nei testi di biologia delle superiori primi anni '80 (processo di fotosintesi clorofilliana).
In questo caso immagino che utilizzare un verbo identificativo di una procedura giudiziale, intenda sottolineare la linearità (in opposizione alla ciclicità) delle fasi che compongono la progressione dei fatti; un processo di fotosintesi indica qualcosa di unidirezionale che non prevede "ripensamenti", un processo direzionale invece passa attraverso fasi di previsione - organizzazione - gestione - controllo per poi ripartire ciclicamente. Immagino quindi che questa tendenza ad usare "processare" in questo modo voglia sottolineare una sorta di rigidità unidirezionale, supportata da un elemento normativo cogente.
Sugli articoli non ho nessuna idea per darne una spiegazione, se non il progressivo fenomeno di affaticamento fisico nello scrivere o parlare che porta ad economizzare sugli articoli 🤣🤣🤣🤣
Sarei curioso di avere un feedback, pardon, un riscontro 🤣🤣🤣🤣su queste mie considerazioni
Che ne pensi dell'uso di 'tipicamente' usato per dire 'normalmente?
ti adoro! finalmente una che si infastidisce come me quando dicono che vanno a fare questo e quello, e poi restano fermi 🤣🤣🤣🤣🤣🤣
e non certo ferme.
video molto interessante, come sempre. La prima espressione la usa a sproposito chi pensa di aver bisogno di rendere attraente concetti spesso poveri , come l' abuso di anglicismi che lascerei per termini tecnici in contesti particolari, economia e informatica principalmente.
Se mai leggessi questo commento sarebbe possibile avere qualche "info" (🤣) sulla pic che wallpapera il video alla destra del content creator ?
🤣🤣 è una foto fatta da me!
@@YasminaPani novella helmut newton , ah no non si può citare essendo maschilista e sessista, quando e dove è prevista la prossima personale ?
@@fabionegri4855 Netwon è la mia personale versione di Dio 😁 cosa vuol dire "la prossima personale"?
@@YasminaPani era un tentativo di battuta, mostra personale.
Quando ho qualche momento libero sto rivendendo alcuni tuoi contributi, ma stasera vorrei iniziare teorema . Ma sono nel dubbio di continuare huxley in lingua originale.
Hai dimenticato RESILIENZA! Ieri Mario Draghi lo ha usato ben 10 volte nel suo discorso per la fiducia, e giustamente Sgarbi ha detto: "Io non posso dare la mia fiducia ad un premier che usa ben 10 volte una parola come "resilienza"!" Ha ragione! Ma che è 'sta resilienza? Vergogna, è una parola il cui uso denota il più piatto e squallido CONFORMISMO.
Sì infatti devo fare una versione aggiornata del video!
@@MedeaClitemnestra Non c'è che l'imbarazzo della scelta! Ormai il giornalismo italiano funziona solo per frasi fatte: Bomba d’acqua, è polemica, pesante bilancio, versa in gravi condizioni (nel senso che scrive versi mentre è malato, o nel senso che versa l'acqua all'ospedale? Chissà...), teatrino della politica, ondata di maltempo, assoluto riserbo, cauto ottimismo, toni accesi, incassa un sì, assolutamente sì/no, carrette del mare, nella morsa del gelo, ecc. Basta ascoltare un telegiornale, e se ne sentono dozzine...
"Resilienza" è un termine tecnico, che io sappia originario dell'ingegneria dei materiali, e denota la resistenza agli urti di un certo materiale. Più o meno è il contrario di "fragilità".
@@andsalomoni "Resilienza" - secondo il Devoto-Oli - è un vocabolo introdotto nella lingua italiana già dal 1855. Eppure nessuno - giustamente! - si era sognato per almeno 160 anni di usarlo adattandolo alla psicologia umana, per indicare l'atteggiamento di chi reagisce alle avversità, "tornando come prima". E tuttavia, anche tra gli psicologi c'è chi critica apertamente (v. la rivista "L'anima fa arte") questo uso arbitrario del termine, poiché la mente umana non è un oggetto di materiale plastico, o di polistirolo, che "rimbalza" e torna esattamente com'era prima dell'urto. In realtà gli umani non sono affatto "resilienti". Ciascuno di noi subisce il dolore per i tanti eventi che accadono nella nostra vita, dal lutto per la perdita di una persona cara, ad una malattia grave, ai problemi di lavoro ed economici, ecc., e tali dolori semmai lasciano CICATRICI, che rimangono impresse per sempre nella nostra vita. Quindi è tutta la "filosofia" che si cela dietro questa moda del momento per il termine "resilienza" ad essere sbagliata. E giustamente Vittorio Sgarbi ha voluto paragonare questa moda sciocca a quella che - alcuni anni fa - aveva portato all'abuso del termine tecnico "sinergia" nel linguaggio comune.
@@Albert-ct6tt E' la solita moda di usare paroloni per sembrare culturalmente superiori, sinergia non si sente quasi più, accadrà lo stesso con resilienza, con "assolutamente sì", con "piuttosto che" usato scorrettamente, resteranno come indicatori verbali di sciocchezza in chi li usa a sproposito.
Che dire di location al posto di sito, posto, luogo? Di barbecue al posto di grigliata? Di cool al posto di fico, figo, ganzo?
Andare a credo sia pure
influenzato dal mondo anglofono be going to.
E' una forma paradossale di provincialismo
questo e il video del linguaggio dei social network li ho messi nella sitografia del mio elaborato.
Mi fa molto piacere!
Processare però è segnato sul Treccani come sinonimo di elaborare
Certo, ormai è entrato nell'uso e quindi viene registrato
@@YasminaPani e quindi? in base a che criterio ciò che entrato nell'uso ed è registrato viene considerato sbagliato?
@@TolandusRedivivus in base al fatto che siamo esperti della lingua e sappiamo che è un termine giovane (infatti è registrato solo nella versione online, che registra di tutto, anche parole inglesi non entrate realmente nel lessico degli italiani), che ancora potrebbe essere rigettato dai parlanti (e infatti lo usa comunque una minoranza).
Implementare e sviluppare, anche in ambito software non sono sinonimi. L'implementazione è una parte specifica dello sviluppo del software
Io non mi riferisco al linguaggio informatico
Forse processare una informazione o dei dati, potrebbe derivare dal fatto che si può fare con un computer ed il computer usa il processore, il chip dedicato, ma è una idea che mi è venuta guardando il video 🤔
Hai mai fatto una riflessione sul fenomeno del “quello-che-è / quelli-che-sono”? Nel linguaggio giornalistico è diventato una costante, credo usata per prendere tempo, come nelle interrogazioni a scuola. Esempio: adesso vediamo (quelli che sono) i principali argomenti della giornata
Sì, sono mesi che voglio fare un nuovo video sulle espressioni fastidiose (che includerebbe proprio questa), poi mi ritrovo sempre a parlare di schwa 😂
@@YasminaPani ahahahah
Ciao sono assolutamente ignorante in argomento e sto cercando di capirne di piu. Come mai quella è considerata una espressione fastidiosa?
@@eliasbonafe9236 perché nella frase non dà informazioni in più, anzi non serve proprio
@@fertuffo1187 ah è ridondante. Capito grazie
"Andiamo a..." mi sembra un francesismo, in quanto in francese si usa molto questa espressione proprio nel senso di futuro imminente come moto figurato. "processare" è molto usato in ambito scientifico come nel caso del "procedimento" (quindi "procedere", "avanzamento") nel lavoro di elaborazione e di raggiungimento di informazioni e risultati del contenuto di una provetta di contenuto ematico (e quindi con un uso ben diverso da quello che vorrebbe processare i risultati di test scritti). Ora però, da appassionato della lingua italiana mi chiedo se potrò ancora usare queste espressioni.
Temo che i casi da te affrontati siano ben più di una moda passeggera. In particolare "andiamo a fare" è espressione usatissima e onnipresente.
Che ne pensi del verbo "rilasciare", mutuato dall'inglese "release", usato al posto di "pubblicare"? Si usa soprattutto nell'espressione "rilasciare un disco", ed è frequentissimo all'interno delle riviste specializzate di rock.
Sì, non so se vada attribuito a traduttori incompetenti o semplicemente al naturale formarsi di gerghi nei vari settori. In ogni caso è improprio, ma se rimane limitato a quel gergo è già qualcosa!
@@YasminaPani viene usato da articolisti italiani
@@YasminaPani Siccome sono un appassionato di rock, e in particolare di heavy metal, mi permetto di segnalarti alcuni termini inglese di uso molto comune nel relativo gergo: line up (formazione), frontman (cantante: naturalmente la parola ha una sfumatura diversa), combo (gruppo, band), re-union (riunione di una band che si era sciolta), axeman (chitarrista: la chitarra vista come "ascia": si dice in particolare di chitarristi solisti o di chitarristi che hanno un ruolo particolarmente spiccato all'interno di una band), rodie (accompagnatore della band "on the road", che ad esempio scarica e ricarica l'attrezzatura, monta il palco), audience (il pubblico), anthem e l'aggettivo anthemico (un inno, nel senso di una canzone forte ma facile da cantare in coro, come "We will rock you" dei Queen", ma anche una canzone che diventa un manifesto della band o del suo genere di musica perché ha un testo che la esalta o la difende, o spronando i fans a essere uniti e a credere nella la causa di quel genere di musica), backstage (il retropalco), track (canzone, traccia), title track (la canzone che dà il titolo a un album), demo (demonstration play: una versione di prova, o embrionale, di una canzone), label (casa discografica), growl (particolare modo di cantare caratteristico del death metal che somiglia al vomito), crew (i ternici della band), live (abbreviazione di alive: dal vivo, pronunciato "laiv"), master (incisione originale), lyrics (le parole di una canzone), songwriting (il processo di composizione di una canzone), crossover (un genere che unisce metal e altri generi musicali), fanzine (un giornale amatoriale realizzato dai fan della band), pogo (il picchiarsi scherzosamente sotto il palco), headbanging (scuotere la testa e il busto al ritmo della canzone), stage diving (il tuffarsi del cantante o di un altro membro della band sul pubblico), unplugged (una canzone elettrica realizzata in forma acustica), kids (i fans di una band). Groupie, cover o bootleg, credo siano universalmente note. Forse già conosci questi termini e il loro significato. Nel qual caso mi scuso.
@@TolandusRedivivus sì, in gran parte li conoscevo! Come dicevo, comunque, i gerghi hanno regole tutte loro :)
Credo che dopo questo video, non guarderò più la tv e i creatori di contenuti tranne che te.
6:00 Ma allora dovremmo cambiare il sostantivo "processore" con "elaboratore" , dato che nel linguaggio informatico il processore di un computer è l'unità di elaborazione dati.
@@YasminaPani ah capito, grazie per il chiarimento
Premesso che sono d'accordo con te su tutto, chissà se in futuro accetteremo "andare a lavoro" come già diciamo "a scuola" "a casa" "a teatro" ecc., in quei casi cioè in cui il termine rappresenta più un concetto, così come succede esattamente in altre lingue (tedesco "zu Hause"). Immagino che il meridionalismo "andare a mare" esprima il concetto che unisce l'andare in spiaggia, a fare il bagno, a prendere il sole e così via.
Possibilissimo
Un po' come Primo Levi "andare a morte"?
La frase che mi da più fastidio e che più mi fa digrignare i denti quando la sento è "è nuvolo".
nel campo giuridico si utilizza tantissimo anche "redarre" invece di "redigere" e "transare" invece che "transigere"...sono scorretti?
sì, sono entrambi sbagliati!
"andare a lavoro" non l'ho mai sentito dire, onestamente. parlando di anglismi spaventosi invece: una mia ex collega era solita dire senza battere ciglio "sottomettimi quei documenti". ho scoperto poi che l'origine dell'espressione fosse il verbo "to submit"
Ahahahh
Ho una domanda sul going to... ma non so a chi porla, provo qui: ho notato che, mentre in italiano questa forma non esiste e forse la si usa a causa dell'ascolto di video tradotti male, in spagnolo esiste (vamos a... preparar la cena, hacer algo, comenzar - iniziare-..) e quindi mi chiedo se sia un'espressione latina ma che l'italiano non aveva mai colto, oppure se gli spagnoli abbiano modificato la loro lingua molto prima di noi, magari proprio per l'effetto di tante traduzioni frettolose fatte dai mezzi di comunicazione latinos/latini negli USA, o comunque dai ripetuti contatti con persone anglofone che avranno creato inevitabilmente una contaminazione del linguaggio a partire dalla colonizzazione di parte del continente americano,soprattutto in centro America dove il contatto è costante. Insomma, è o non è di origini latine questa espressione (a prescindere dal fatto che l'italiano non la comprenda)?
No, in latino non c'è nulla del genere! È un'espressione comune allo spagnolo e al francese, e in parte all'inglese anche se lì forma proprio un tempo verbale, ma queste non hanno un'origine comune.
@@YasminaPani grazie!
Vorrei esprimerti i miei piu' sentiti complimenti per l'acutezza e l'ironia con cui conduci la tua divulgazione! Ne aprofitto per rivolgerti una domanda che, forse, puo' tradursi anche in uno spunto di riflessione a proposito di quel voler ostinatamente "darsi un tono" che contraddistingue diversi parlanti nostrani: nel momento in cui in una frase italiana impiego una parola di un' altra lingua (ad esempio "curriculum"), devo volgerla al plurale esattamente come avviene nel sistema linguistico a cui tale vocabolo appartiene? In altre parole: i curriculum o i curricula? Io ho sempre considerato l'abitudine a scrivere "i curricula" come piuttosto leziosa. La immagino nei termini di una genialata ordita, e diffusa, da qualche tetro dipendente comunale che voleva dimostrare ai suoi colleghi di aver frequentato il liceo classico. Se parlando di curriculum al plurale devo dire "curricula", allora parlando di virus al plurale dovrei dire "i vira"? I film al plurale sono i "films"? I comuputer "computers" ecc...
Ad ogni modo, spero un giorno di poter assistere a una tua lezione o conferenza, perche' penso di avere moltissimo da imparare da te!
A rigore dovremmo mantenere il prestito invariato al plurale, sia che derivi dall'inglese, sia che derivi dal latino. Quindi sì, dire "i curricula" è in realtà sbagliato in italiano! In alcuni ambienti si tende a farlo per una sorta di deformazione professionale, ed è certo un'affettazione leggermente spocchiosa (che a volte scappa anche a me, lo ammetto serenamente). Grazie mille per il commento!
Provo a cercare di difendere i programmi di cucina: e se con "andiamo a mescolare" sottointendano "andiamo al banco di lavoro a mescolare" oppure con "andiamo a riscaldare" sottointendano "andiamo ai fornelli a riscaldare"?
Quindi anche cibo processato è sbagliato?
È orribile
Riguardo a "implementare", segnalo il suo uso fuorviante col significato di "incrementare", "accrescere", "completare", sensi che to implement non ha.
si può dire anche -sono a lavoro o solo -sono al lavoro?
Solo con "al" è corretto.
Per non parlare del "piuttosto che"!
Dalle mie parti non ho mai sentito dire "Vado a lavoro".
Secondo me quel fastidiosissimo "a lavoro" potrebbe derivare dalla facile associazione concettuale tra azione e luogo dell'azione... Infatti si dice "vado a scuola" non "vado all'ascolto delle lezioni", quindi chi dice "vado a lavoro" intende in realtà non l'attività del lavorare ma il luogo dov'essa si svolge, come se appunto sottintendesse per esempi "vado all'ufficio dove svolgo il mio lavoro". Per quanto riguarda "settimana prossima" anche io avevo formulato le due stesse ipotesi tue. Comunque sia più passa il tempo più la moda degli anglismi e l'uso scriteriato (e incontrollato) di Internet rischiano di sdoganare come "accettabili" forme che normativamente non lo sono. Tanto per citarne un paio di cambiamenti indotti e fastidiosi: i saluti scritti staccàti ("buon giorno, buona sera") e "famigliare/i" invece di "familiare/i". Anche se, in realtà, sarebbero forme alternative consentite per me restano scorrette o comunque improprie. Lo so che si scrive "buon pomeriggio" staccato, ma se si era sempre scritto "buongiorno, buonasera" perché adesso devono essere scritti staccàti? Stessa cosa per "famigliare/i"... lo abbiamo sempre scritto e pronunciato "familiare/i"... adesso perché questa moda del suono palatale solo perché sembra più comodo e naturale dire "famiglia > famigliare"? Ad ogni modo quello che mi urta di più sono le tre risposte tipiche di chi non alcun interesse a preservare l'integrità di base della nostra lingua: "Eh, la lingua si evolve!" e "L'importante è che si capisce!", "È un refuso che può capitare quando si scrive di fretta".
Bel canale
Ti ringrazio
Una parola veramente abusata è "resilienza"9 volte su 10 è usata a sproposito.
"Ho realizzato" 😖 oppure "e quant'altro"👎😞 Borderline ecc.
"Andiamo a cominciare" era una tipica espressione del teatro.
E invece quelli che ... ci vediamo A STUDIO ( inteso come in studio) ... suona malissimo si può dire ?
È sbagliato, infatti!
Quando una certa espressione gergale diventa diffusissima, piuttosto che considerare questo fatto come un errore, non lo si può considerare come un'evoluzione della lingua? E' il caso di "settimana prossima" ma soprattutto "vado AL LAVORO" che sinceramente mi sa di "affettato", ed è scomodo da pronunciare...
Un altra domanda: a voler proprio essere pignoli "LAVORO" in italiano non ha come definizione "il luogo nella quale si lavora", ma indica l'attività lavorativa stessa- Dunque forse dovremmo dire "vado AL POSTO di lavoro", in quanto io posso andare in un luogo fisico, non presso un'attività.
A mio modesto parere. l'espressione da te segnalata come scorretta mi sembra una normale "abbreviazione" di un espressione corretta,. sulla quale non mi sentirei di pontificare la correttezza o non correttezza, essendo da considerare semplicemente come espressione d'uso.
Altra osservazione: "Andiamo a impiattare". Quando viene usata questa espressione. di solito si vuole esprimere un futuro intenzionale (e immediato). Non mi sembra che usare "Adesso impiatterò" o "Adesso impiatto" rendano efficacemente questa sfumatura.
Per quanto riguarda la prima domanda, ovviamente la lingua si evolve e prima o poi quello che prima era sbagliato nella lingua standard diventa corretto, se tutti lo usano (ma è un processo molto lento, durante il quale per lungo tempo le due forme convivono a livelli diastratici o diafasici della lingua). Finché questo processo non è avvenuto (e non è affatto detto che debba avvenire), la forma è sbagliata nella lingua standard.
La seconda domanda è per l'appunto una pignoleria 😅 che però non sta in piedi, perché la lingua non funziona con la logica. Si dice "al lavoro", punto.
Infine, la forma "andiamo a impiattare" semplicemente non esiste, una persona normale in italiano direbbe "adesso impiattiamo" e tutti capirebbero.
Al tecnico informatico noi implementavamo talmente tanti programmi informatici che io ho smesso di implementare
"Ho implementato il Parmigiano nel mio piatto di spaghetti".
🤣
In Sardegna, dove sono nato e cresciuto, ho sempre sentito "vado a lavoro". 🤷♂️
Quanti anni hai?
@@YasminaPani 40 suonati.. E quando ho scoperto che si dice " vado AL lavoro" ho avuto una crisi mistica 🤣
@@gattuccina davvero? La mia esperienza è opposta!
@@YasminaPani tipo? Non ti sei stupita?
@@gattuccina no, ho sempre saputo qual era la forma corretta, e non avevo mai sentito "a lavoro", prima degli ultimi anni.
"Andiamo a fare" è scorretto.
Pappagallo eventi: *laughs in andiamo ad andare a fare*
C'è un'altra espressione palesemente presa a prestito dall'inglese che purtroppo è entrata in modo pervasivo nella lingua italiana e sembra sia impossibile estirparla. In qualche tuo video la usi pure tu, non so se volontariamente o no. Mi riferisco a quel 'di sempre' (ovvio calco di 'ever') che ormai viene usato in tutte le salse. Es. 'La più bella canzone di sempre' oppure 'Il peggiore film di sempre', ecc... ecc... Non capisco perché praticamente nessuno, oggi, usi più la locuzione 'di tutti i tempi' e la sostituisca con un fastidioso (per me) calco dall'inglese.
Grazie di esistere!
Io non sopporto l'uso che si fa di "quantaltro" e di "ogni"
Finalmente sento parlare di quell'orribile "andare a + verbo"! Mi dà un nervoso tremendo e non ho mai trovato nessuno che lo facesse notare. A distanza di un anno, mi sembra che questa forma sia ancora più diffusa. Ormai parlano tutti così 😱
Lo odio con tutto me stesso, qualche anno fa un mio amico mi ha offerto il suo riassunto di un grosso manuale per un esame di storia contemporanea. Dopo le prime due pagine l'ho mollato, aveva scritto "andarono a fare" "si andò a creare" "andò a profilarsi" ogni mezza riga. La bile.
"A lavoro' nun se po' senti'!
In questo caso noi meridionali siamo avvantaggiati perché pronunciando spesso le consonanti raddoppiate viene naturale dire "vado allavoro" :-):-):-)
Ottima cura, contro la nostra pigrizia .
In effetti ammetto che non avevo mai pensato ad "andiamo a..." come ad un errore. Domanda che forse smaschera la mia ingenuità, ma ci puoi indicare se esiste un libro valido che evidenzia gli errori più comuni che i parlanti italiani commettono oggigiorno? Oppure, non ne potresti scrivere uno tu? ;-)
Io potrei scriverlo ma non so chi me lo pubblicherebbe 🤣 Comunque non saprei consigliarti un libro, ma l'Accademia della Crusca pubblica frequentemente articoli su questi argomenti, anche in risposta a dubbi e richieste dei lettori!
Te ne indico due io:
Valeria Della Valle, "Piuttosto che. Le cose da non dire, gli errori da non fare", 2013, Sperling & Kupfer
e l'ottimo "La situazione è grammatica: Perché facciamo errori. Perché è normale farli" (Einaudi tascabili. Saggi) di Andrea De Benedetti
🎇2️⃣0️⃣2️⃣4️⃣🎇🍓🥂🍾🌸⚘️❤️✨️✨️🍀
E' invece corretto dire "andiamo a mangiare"?
Beh certo, se stiamo andando a mangiare 😅
Ti ringrazio per avermi aiutata a evitare di effettuare figure di m*rda 🤣
È un piacere 😆
L'espressione "andare a" parrebbe influenzato dal "futur proche" del francese
Anche a causa del to be going to e del je suis en train de
Riguardante il caso di andare a + verbo, non potrebbe essere una abitudine presa in italiano dall'inglese? So che in inglese esiste il going to. I am going to + verbo per indicare il futuro imminente. Chiedo da ignorante, sia chiaro. È una curiosità mia. Forse a furia di prendere parole dall'inglese, stiamo assorbendo anche un certo tipo di formule prese oltremanica?
In questo caso deriva dal francese! "Andare" + infinito è una formula presente nelle lingue romanze. Poi l'inglese potrebbe aver dato una piccola spinta in più negli ultimi tempi.
@@YasminaPani ah ecco. Grazie! 😁💝
Non ho mai detto "a lavoro" o almeno così credevo. Il mio cervello è convinto di dirlo nella forma corretta ma riascoltandomi dopo essermi registrato ciò che sento è proprio "a lavoro", probabilmente per la doppia consonante "elle".
Dipende anche da quale zona d'Italia provieni
Io ho sempre usato processare riferito agli ordni:" acquisti su internet" onestamente pensavo fosse corretto
A rigore non lo è, anche se ormai mi sa che è entrato nell'uso
Beh, io non sono mai andato a lavoro, ma a lavorare!!!😁
Ineccepibile osservazioni. Mi accorgo proprio oggi di essere finito anch'io a dire a lavoro influenzato da tutti coloro che sbagliano l' articolo. Mai che dicendo le cose correttamente si riesca a influenzare qualcuno, sempre succede il contrario !!😢 Da domani però tornerò AL lavoro.
"Impattare" e "interfacciarsi" non li senti un po' troppo?
Riguardo al modo di dire "andiamo a..." lo si usa generalmente per questioni di tipo tecnico se ci sono dei cameraman o persone che devono montare il video. Dimenticavo: hai mai sentito dire "Oggi ricevo A studio" oppure "Oggi ho studio" invece di "IN studio" o di "Oggi sono in studio/oggi ho lo studio?". Lo usano medici, avvocati e categorie affini.
Sì, purtroppo si sentono sempre più spesso, entrambi. "A studio" io personalmente non l'ho mai sentito, per fortuna, ma mi è già stato segnalato. Terribile!
7:50 Come sarebbe a dire "pseudo-linguista"?
Nel senso che ho solo la laurea e non ho una posizione all'interno di un'università. Non sono nessuno, diciamo
@@YasminaPani Ho capito.
Ogni volta che sentivo "andiamo a..." provavo una rabbia immotivata, adesso di non essere l'unico a pensarlo e per questo ti voglio bene.
... è passato di moda l'uso dell'articolo
🙂
Si è diffusa la moda di usare "Piuttosto che" al posto di "Oppure". Esempio: "Se avete un animale domestico, un cane piuttosto che un gatto ..."
Un'altra forma fastidiosa (ma non so bene se é corretta o meno) é quella di usare "in" per indicare "A luogo".
Es. Vado in posta.
Non so, ma a me suona male.
Terribile
Perchè terribile? Più che semplicemente a luogo credo si voglia evidenziare "all'interno" di qualcosa. Vado in banca, in ufficio, in municipio; ci entro, insomma.
I veneti per esempio mandano in mona.
Si va al mare anche stando fuori dall'acqua mentre i naufragati sono dispersi invariabilmente in mare, mai al mare.
O no?
Io comunque l'ho sempre usato, convinto che fosse opportuno.
Oltretutto mi piace, più che le possibili opzioni, quindi continuerò a usarlo.
@@valterone sicuramente Yasmina potrà spiegarmelo meglio di me, ma "in" andrebbe usato quando si è all interno, non quando ci si sposta verso un luogo. Per esempio a Roma quando chiedi a qualcuno dove abiti spesso rispondono: In Patri, poi sicuramente ci saranno delle eccezioni, ma a me spesso "in" inteso come "a luogo" suona male.
e ancora "porta allarmata": qualche volta immagino che quella porta cominci a urlare tutte le sue ansie per avere assistito magari ad un incontro segreto tra malavitosi o per essersi infettata con qualche virus presente nella pipì del gatto che l'ha innaffiata...
😂
Andiamo a scuola, andiamo a pesca, andiamo a caccia perché no andare a lavoro
Perché no 😂
"Andiamo a...." Lo sento usare da molti decenni . Ritengo sia un ( gallicismo) francesismo
Esiste in tutte le lingue romanze, ma sempre come forma di futuro
Sono informatico, posso dire elaborare, analizzare, lavorare, ma mi resta il fatto che "microprocessore" non è un magistrato particolarmente basso e non credo che una traduzione meno letterale si capirebbe. Similmente, in informatica un processo si svolge sopra ad un computer e non in tribunale, non c'è nessun altro termine che possa voler dire la stessa cosa e anche thread, un concetto simile, è ormai intraducibile ("filo" farebbe ridere).
Microprocessore è una parola italiana 😅
@@YasminaPani Non lo sapevo. Ma questo significato informatico è stato mutuato dall'inglese oppure no? Tra l'altro, l'inventore è considerato l'italiano Faggin.
Se lo usano tutti e' corretto.
Non lo usano tutti, lo usano gli ignoranti
Dai, benvenuti alla perifrasi di futuro, usata in tutte le lingue latine tranne l'italiano. 🤘😊
Non viene usato per il futuro, veramente
@@YasminaPani Ma è un inizio. Secondo me sta facendo la stessa strada che hanno fatto le lingue che hanno sviluppato questa perifrasi. Poi bisogna dire che l'effetto probabile del suo uso è l'indebolimento del tempo di futuro. In spagnolo in effetti ci sono contesti dove la forma di futuro monolettico non viene usata mai.
Oramai "processare" é una nuova parola che significa "elaborare", "lavorare".
Eh lo so
A proposito del verbo "implementare", il problema maggiore secondo me non è tanto la sua frequenza d'uso, quanto la sua errata interpretazione. In ambito scientifico, molti lo usano impropriamente con il significato di "integrare", forse per una sua affinità fonetica con l'aggettivo "complementare". Sempre in campo scientifico, purtroppo "processare" è un temine usatissimo applicato ai dati provenienti da strumenti elettronici, tradotto letteralmente dall'inglese "data processing", con il significato di elaborare i dati in modo da renderli fruibili. Questo perché "elaborare" sembra non esprimere in modo esatto il concetto di "convertire i dati grezzi in dati ingegneristici, filtrarli, ripulirli dalle anomalie". Ah, visto che hai parlato di "a lavoro", ti segnalo l'uso smodato di "a largo" al posto di "al largo" (es: l'Elba è un'isola "a" largo della Toscana; quando nuoto, mi piace andare molto "a" largo); anche questo secondo me è un errore e, ahimé, è diffusissimo!
Processare usato col senso di eseguire non viene usato nemmeno in inglese con il verbo 'to process'. Si usa 'to run' o 'to perform'. Sarei curioso, se non si è già occupata in altri video, di conoscere l'uso appropriato del verbo performare che sento spesso in incontri sportive, mentre il quasi omonimo inglese ha un significato di elaborazione complessa con uso più generico.
In realtà mi pare che performare venga usato con le stesse accezioni dell'inglese, un po' dappertutto; ma è un denominale formato dal sostantivo performance, che è entrato in italiano già da tempo
Dio non sai quanto odio sentire dire "settimana prossima" senza articolo.
La cosa più assurda è quando dicono "di settimana prossima" o "per settimana prossima", che è completamente innaturale in italiano.
@@YasminaPani Per fortuna sono ancora rare come espressioni, "settimana prossima" dilaga, anche in ambienti che dovrebbero essere ben istruiti... credo che sia anche molto recente, perché fino a pochi anni fa non si sentiva affatto.
Il problema principale di “implementare” è che viene usato impropriamente, per assonanza, con il significato di “incrementare”, aumentare, accrescere, che non è il suo significato corretto. Questo uso sbagliato aggiunge un elemento di ignoranza al già fastidioso utilizzo eccessivo e fuori contesto del termine, che tu hai evidenziato.
Hai trattato la transitività (immaginaria) del verbo uscire?
I tuoi video sono droga.
Grazie :) non ne ho parlato perché è un uso regionale che per fortuna non si è diffuso, e si è largamente consapevoli che è sbagliato!
Scendi il cane e piscialo.