DISCUTIAMONE: "Cancellare" un tema per evitare polemiche è inutile e ingenuo

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  • Опубликовано: 29 окт 2024

Комментарии • 70

  • @Lamascherariposta
    @Lamascherariposta  Год назад +1

    La sezione commenti è tutta per voi! Cosa pensate del tema generale che affrontiamo nel video? E cosa pensate delle controversie specifiche che citiamo come esempi?

  • @campoacceso6892
    @campoacceso6892 Год назад +3

    Questo argomento mi tocca nel profondo, per non dire che mi turba nell'intimo.
    Sono cresciuto alimentandomi d'arte e linguaggi sperimentali, ho speso
    la mia vita ispirato e alienato da studi e lavori in campo artistico-fotografico.
    Io antepongo la libertà espressiva a ogni cosa, al mondo intero. Non è retorica,
    gran parte del mio cervello funziona così.
    Se Stonemaier Games inserisce Cortés e Pizarro
    in un gioco che promuove lo sviluppo della viticultura potrebbe peccare di errore contestuale,
    e se ne può discutere, spulciando nel tema dell'incoerenza fra scenario e attori nei contesti ludici.
    Altro discorso è quello della sensibilità individuale, perciò è bene creare un distinguo fra queste due
    cose. Credo che oggi sia importante tornare a ripassare i confini della sfera ludica e della realtà,
    come ci insegnavano in classe alle scuole elementari. La sensibilità oggi è minacciata perché reale e ludico si
    contaminano fortemente in una confusa sovrapposizione elettrica: la società liquida e inter(net)connessa.
    "Viticulture: World" è un gioco, mentre la realtà è tutto il resto. Nella realtà esiste la storia del mondo che imprime
    un peso diverso su ciascuno di noi. Ma quando si gioca cambiano gli intenti e i giudizi, si parla un'altra lingua, che è infinita,
    com'è anche infinito il rischio insito nella comunicazione, ludica e non.
    Il massimo equivoco è questo: oggi siamo sempre più persone a popolare la Terra,
    ma la sensibilità non aumenta proporzionalmente insieme a questa grande massa di creature, perché la sensibilità
    resta e rimarrà sempre individuale. Esiste l'inconscio collettivo junghiano, non la sensibilità collettiva.
    Un gioco da tavolo, un libro, un film, un videogame, uno striptease, sono tutte forme di comunicazione
    rivolte al mondo esterno, e il comunicatore non deve tastare il polso del pubblico per evitare innalzamenti
    di pressione e acquisire nuova sensibilità: dovrebbe solo muoversi entro i confini della legalità, magari evitando apologie di estremismi criminali.
    Tutto il resto è demandato alla cultura dei fruitori e degli individui che volontariamente accettano di
    ricevere "il messaggio". La sensibilità lesa pone freni alle opere dell'ingegno?
    Una soluzione è apporre sui prodotti un'etichetta su cui campeggia la
    scritta "quest'opera potrebbe minare la sensibilità altrui". Esiste il sistema PEGI per i videogiochi?
    Bene, estendiamo quel sistema a tutto il resto, senza toccare le opere al loro interno, tutta la comunicazione
    deve restare intatta. Non si possono bruciare i libri di Bukowski, né bloccare i coiti dell'immaginario.
    Se ci si sente offesi da un'opera, il rimedio è studiare, e ripassare gli insiemi matematici
    che includono, escludono e infine evidenziano i confini dell'interpretazione.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +2

      @campoacceso6892 Bellissimo contributo, come sempre.
      Potremmo discutere di questi temi per pagine e pagine. Faccio qualche piccola chiosa giusto sulle prime cose che mi vengono in mente.
      Sono pervicacemente nemico di qualunque forma di collettivismo, anche in politica: secondo me, a contare è solo l'individuo. Parlare di "sensibilità collettiva" quindi è in effetti forse infelice dal punto di vista della scelta dei termini: si dovrebbe parlare invece di "sensibilità della maggioranza delle persone", ovvero di "senso comune".
      Gioco (o più estesamente opera dell'ingegno) e realtà sono due entità del tutto separate? Non credo di condividere questo dualismo dal retrogusto vagamente idealistico/platonico. Quella che tu descrivi è, forse, una situazione, appunto, ideale: fruitori perfettamente consapevoli di stare accostandosi a un'opera del tutto slegata dalla realtà e quindi disposti ad accettare dall'opera qualunque tipo di messaggio o suggestione, anche scioccante. Ma il piano materiale e le opere dell'ingegno appartengono a un tutto inscindibile: il primo condiziona/plasma le seconde, le seconde condizionano/plasmano il primo.
      Esempio stupido: qualche settimana fa ho guardato su Disney+ un classico Disney degli ultimi anni, non mi ricordo nemmeno il titolo (per dire quanto mi ha segnato :-)). Ebbene, mentre lo guardavo ero stupito e anche lievemente inca$$ato per il messaggio, secondo me sbagliatissimo, che quel film lanciava sul suo giovane pubblico. Non mi sono messo a piangere né ho contattato l'autore: ma quel film mi ha fatto arrabbiare per via del suo messaggio, proprio come è successo alle ragazze di ThinkerThemer. Sono quindi io incapace di scindere la realtà dal film? Non credo, o meglio non penso che sia questo il problema.
      Gli autori devono essere liberi, certo. Ma questa libertà va relativizzata, come va relativizzato sempre *tutto*. Non mi risulta che il film di cui sopra abbia scatenato la rabbia popolare: io appartengo probabilmente a una sparuta minoranza di spettatori perplessi. Ma se la perplessità fosse stata diffusa, gli autori di quel film avrebbero avuto un bel problema. Questo non vuol dire che avremmo dovuto arrestarli o accusarli di qualche reato, ovviamente: ma se io mi sento turbato dalla tua opera e lo scopo della tua opera NON ERA quello di turbarmi, sei un autore scarso. Questo vuol dire avere il polso del pubblico e della sua sensibilità. Io con la mia opera mi pongo un obiettivo comunicativo (farti ridere, farti riflettere, farti arrabbiare, farti divertire): se lo raggiungo sono un buon comunicatore, se non lo raggiungo sono un comunicatore scarso. Il discorso sulla libertà va incasellato in questo quadro generale: siamo liberi, certo, ma abbiamo uno scopo e dobbiamo cercare di raggiungerlo. Se falliamo non possiamo aggrapparci alla libertà come scusa per giustificare il nostro insuccesso.
      A un certo punto scrivi: "tutto il resto è demandato alla cultura dei fruitori e degli individui che volontariamente accettano di ricevere il messaggio". Questo è un modo ancora un volta secondo me un po' idealistico di vedere le cose. Un autore che lancia un messaggio non deve lanciarlo alla rinfusa sperando di trovare qualcuno che ne colga il valore: deve decidere qual è il suo pubblico e costruire il messaggio di conseguenza. Non per forza per blandire e assecondare il pubblico, sia chiaro: ma devi sapere chi è il tuo pubblico e cosa pensa, a grandi linee, sui grandi temi.
      E poi: accettare di ricevere il messaggio non vuol dire accettare che il messaggio contenga la qualunque: se il messaggio mi sconvolge, condividerò con il mondo il fatto di essere sconvolto. Se tante persone sono sconvolte da un certo messaggio, non c'è da stupirsi se l'autore di quel messaggio verrà sempre meno ascoltato. Ha senso esprimere la tua libertà senza vincolo alcuno se non c'è nessuno disposto ad ascoltarti? Qualcuno risponderebbe di sì: ma questo qualcuno non sarebbe un "comunicatore", bensì uno che si esprime per il bisogno di esprimersi e non di comunicare.

    • @campoacceso6892
      @campoacceso6892 Год назад +1

      @@Lamascherariposta @Lamascherariposta
      Grazie mille a te della risposta piena di spunti, non finiremo mai.
      Il mio modo di vedere le cose un po' idealista io lo percepisco più come pragmatismo, perché il nostro tempo è l'elemento più prezioso in cui nuotiamo nella vita; il tempo che dedichiamo alle opere di "x autore" può essere pregno di attenzione verso quell'opera oppure riempirsi di ribrezzo, come nel tuo caso nei confronti del film orribile di cui sopra. La rabbia che ti scatena quella pellicola sarebbe meglio tu la orientassi verso la perdita di tempo che hai subíto, piuttosto che crucciarti di aver assistito a un messaggio che non ti si confá: e proprio perché siamo noi utenti a scegliere, non possiamo pretendere di farci arrivare addosso ogni tipo di comunicazione. Quando scrivo che "tutto il resto sta alla cultura del fruitore che accetta di ricevere un messaggio", è presente un sottotesto non manifesto che vuole dare una grande importanza al potere di cernita del pubblico: se guardi una cosa e poi quella cosa ti fa schifo, è meglio non sprecare altro tempo sprofondando in un concorso di colpa, si va avanti e si punta verso un altro prodotto che si spera possa soddisfarci. Non sono neanche d'accordo quando dici che se un' opera non aveva intenzione di turbare, ma comunque lo fa, allora l'autore è scarso. Non la vedo così. Un autore non ha nessuna missione verso il pubblico, ce l'ha verso sé stesso. Mia nonna non voleva leggermi mai una vecchia favola di Andersen perché la spaventava, ma in quel caso l'intento di Andersen non era quello di far inorridire. E ciò non rende Andersen un comunicatore scarso.
      "Ha senso esprimere la tua libertà senza vincolo alcuno, se non c'è nessuno disposto ad ascoltarti?"
      Io rispondo di sì, perché l'autore non DEVE niente ma PUÒ FARE. Oppure, rigirando il tutto, ha senso indignarsi per un'opera che non è ancora stata scritta? Se non ti rivolgi a un prodotto che ti turba, in qualche modo è come se quel prodotto non esistesse. È il discorso analogo al famoso albero che cade nella foresta senza che nessuno lo sente: fa rumore lo stesso? In sostanza il rumore che produce la comunicazione è sempre meno interessante del valore che invece scegli tu di attribuirle, secondo me. Non conviene farsi guidare dai messaggi, perché la comunicazione in un certo senso è cieca, ambigua e priva di una sua volontà univoca. Basta scegliere di decodificare o lasciar scorrere.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +2

      @campoacceso6892 Secondo me le nostre divergenze dipendono dalla definizione diversa che diamo di "comunicatore" o anche di "artista". Tu definisci l'artista come molto auto-riferito: si esprime perché può/vuole esprimersi, e il suo messaggio deve scaturire in purezza da dentro di sé, e il pubblico ne farà ciò che vuole (anche nulla, se il pubblico non c'è). Io definisco l'artista/comunicatore come colui che parla a un pubblico e che concepisce il suo essere artista in funzione di questa comunicazione. Ho un messaggio da dare e lo costruisco in funzione di ciò che il mio pubblico dovrà cogliere. Tutti facciamo così quando comunichiamo: anche quando parliamo distrattamente al bar abbiamo un messaggio e un pubblico. L'arte e la comunicazione di massa sono la stessa cosa, ma più in grande. Questo non significa che ogni opera dell'ingegno debba darsi un ruolo per così dire 'didattico', eh. Il messaggio può essere anche pura e semplice volontà di esprimersi, pura sublimazione estetica. Ma anche quello è un messaggio, e anche quello deve rivolgersi a un pubblico. Altrimenti è puro e semplice soliloquio.
      Quando ThinkerThemer si ribella a Viticulture: World, e quando mio ribello al film di cui sopra, non lo facciamo perché il messaggio non si confà a noi come individui: lo facciamo perché il messaggio ci sembra improprio *nel suo rivolgersi al suo pubblico*. Ovvero, ci sembra che abbia fallito nei suoi presupposti e nei suoi obiettivi. Poi non è detto che sia vero, ovviamente.
      Alla fine, ogni dibattito sull'arte e sulla critica ruota attorno a questi presupposti. Se fosse come dici tu, quasi non avrebbe senso discuterne. Il comunicatore dice quel che vuole senza alcun criterio, chi ascolta prende quel che arriva e non può pretendere di dire nulla al riguardo, perché il comunicatore può fare quello che gli pare e il pubblico può solo lamentarsi di aver perso tempo. Non funziona così. Qualunque azione, anche il produrre arte, ha delle ragioni e degli scopi: chi comunica affina il suo linguaggio, fa errori, riprova, acquisisce esperienza e riesce a comunicare sempre meglio, dando sempre più soddisfazione al pubblico e alle sue esigenze. È questo il bello. La libertà ha senso solo all'interno di questi confini, altrimenti è solo anarchia.

    • @campoacceso6892
      @campoacceso6892 Год назад

      @@Lamascherariposta
      "L'arte e la comunicazione di massa sono la stessa cosa, ma più in grande": sì ma no.
      L'indignazione delle due ragazze recensitrici è una reazione che ben rientra nel rapporto causa/effetto della
      comunicazione di massa, alla fine. E tutto questo a prescindere dall'equivoco del "...oh, ma sta parlando proprio a
      me!": la comunicazione di massa non fa dediche personali, butta nel vuoto sé stessa, non anela alla perfezione come miglioramento ma alla perfezione diffusiva e pervasiva. Eppure questo tipo di comunicazione è subordinata a
      degli scopi precisi, si basa su dei modelli, su degli standard che come principio cardine sono votati alla chiarezza
      della forma, di direzione; ha più obiettivi da raggiungere di quanto l'arte non si ponga "da sé". C'è un problema: il
      suo pubblico di riferimento è una sconosciuta massa emotiva non uniforme.
      Da qui, annotiamo questo: i prodotti e i giochi di società fanno parte della comunicazione di massa.
      L'arte si pone meno obiettivi intelligìbili.
      La comunicazione ne ha ben più di uno chiaro/strumentale.
      Eppure entrambe comunicano qualcosa alla gente, alle persone, alla massa, al singolo, a nessuno.
      Dicevi che "un messaggio deve rivolgersi a un pubblico, altrimenti è puro e semplice soliloquio."
      Non conosco prova più pura di un soliloquio di un messaggio postato sulla pagina di Facebook, quando
      scrivi pensando di comunicare al tuo pubblico: stai esprimendo asincronamente un pensiero, stai buttando l'amo senza vedere dove comincia il mare, o l'acquitrino.
      Quando la nostra indignazione ci monta perché, come dici, un messaggio ci sembra improprio
      *nel suo rivolgersi al suo pubblico*, stiamo dando forma a un'illusione, che è quella di credere di controllare quel
      messaggio, di poterlo manipolare in una digestione privata, di averne in qualche modo le redini, di possederlo. Noi non possediamo niente, né il messaggio che ci arriva dalla comunicazione di massa, né quello che ci arriva da
      un pezzo d'arte. Collimiamo per puro caso con quelle cose invece, arriviamo a costruire la nostra soddisfazione
      mentale specchiandoci in costrutti comunicativi, carpendo riflessi che non sono mai esistiti né mai diretti a noi.
      Mi hai scritto che se fosse come dico io, quasi non avrebbe senso discuterne: il DNA del messaggio, artistico, critico
      o della comunicazione di massa nasconde nel nucleo delle devianze, minuscole crepe che non permettono mai al
      messaggio di mostrarsi a noi con un singolo volto. Resta il fatto che quel volto è suo, non è nostro. Non ci
      appartiene.
      Proprio per questo possiamo parlarne.
      La nostra smania di fonderci al discorso comune e di essere presenze ricettive si scontra sempre con la realtà dei fatti. Messaggio e sentimento sono più lontani di quanto non s'immagini, sono due pezzi di puzzle composti da molecole
      tra loro estranee. Ci si indigna.
      E non basta
      farlo da soli, bisogna farlo in massa, ma con la voglia di modificare chi? Qualcosa che nemmeno
      sappiamo dire con certezza?
      Sostituirci al messaggio tentando di impersonarlo è un grosso errore che possiamo fare.
      E non stiamo neanche infondendo parti di umanità a quel messaggio, stiamo facendo qualcosa che non so dire.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +1

      @campoacceso6892
      È in casi come questi che maledico questi messaggi del tutto privi di un buon sistema di quoting. Sigh!
      La distinzione tra comunicazione di massa e arte mi sembra abbastanza accessoria nel discorso che stiamo portando avanti. C'è sicuramente grande differenza tra un articolo di giornale e una performance di Marina Abramović: eppure, come dici tu, entrambi "comunicano". Nel momento in cui lo fanno, entrambe devono muoversi all'interno del "campo da gioco" della comunicazione, caratterizzato da confini e regole precisi. (Tra l'altro, ho spesso la sensazione che l'arte contemporanea, che è quasi tutta concettuale, sia la più didascalica che ci sia mai capitato di sperimentare nella storia: c'è più estetismo in un Lorenzo Lotto del Cinquecento che in un Cattelan. Ma questo ci porterebbe fuori strada).
      Un post su Facebook è sicuramente un esempio poco rappresentativo di comunicazione 'professionale': nella maggior parte dei casi si tratta, come dici tu, di un soliloquio consegnato alla rete nella speranza/illusione che qualcuno se lo fili. Un vero comunicatore agisce con cognizione di causa. Poi certo, hai ragione nell'affermare che nessuno 'controlla' veramente un messaggio. Sarà capitato a tutti, per esempio, di affezionarsi a una canzone cogliendo al suo interno un contenuto che l'autore non ha mai voluto metterci. E ci sono innumerevoli casi di cantanti 'costretti' a tenere in repertorio vecchi pezzi che odiano solo perché ormai il loro pubblico se li aspetta e si arrabbierebbe se non ci fossero. Però c'è una differenza importante tra un messaggio che 'deraglia' scatenando più sostegno di quel che ci si aspettava e un messaggio che 'deraglia' offendendo una parte di pubblico. Tu ti dissoci da chi si indigna: ma entusiasmarsi e indignarsi sono reazioni emotive uguali e contrarie. Secondo te dovremmo anche evitare di entusiarmarci? Se quel che aneli è un'umanità perfettamente razionale e 'fredda', che cerca di analizzare ogni opera dell'ingegno senza farsi coinvolgere perché "sentimento e messaggio sono più lontani di quanto non s'immagini", concetto su cui posso anche concordare da un punto di vista puramente speculativo, stai anelando l'impossibile. Siamo 'bestie' irrazionali che lottano costantemente per trovare un equilibrio. I messaggi lanciati dalle opere dell'ingegno si inseriscono in questo nostro essere, solleticando le nostre passioni e provocando 'risposte'. A volte siamo entusiasmati, a volte restiamo indifferenti, a volte siamo schifati e ci voltiamo dall'altra parte: e altre volte pensiamo che il messaggio sia talmente grave nei suoi potenziali effetti che ci indigniamo.
      Chi è particolarmente in controllo della sua parte razionale potrà rispondere: ma cosa ti indigni, è solo un gioco/solo una canzone/solo un film/solo un libro! Ma la questione è più complessa di così. La nostra vita è una sequenza di percezioni che sono tutte frutto del lavoro della nostra mente: vale per il nostro rapporto con il mondo sensibile e vale per il nostro rapporto con le opere dell'ingegno. Un'opera dell'ingegno può cambiare il mondo come lo fa una scoperta scientifica o tecnica.

  • @ilpoetaguerriero
    @ilpoetaguerriero 10 месяцев назад

    Per la parte di kingdom come deliverance per i soli "bianchi" anche recentemente con final fantasy 16 uscito da poco, in rete sono apparse le stesse domande. In una intervista il producer Yoshida Naoki ha detto la stessa cosa "avere un impatto realistico basato sull'Europa medievale"
    “Valisthea was never going to realistically be as diverse as say a modern-day Earth…or even Final Fantasy XIV,” he said, as if he was being asked to incorporate every race on the entire planet. “Ultimately, we felt that while incorporating ethnic diversity into Valisthea was important, an over-incorporation into this single corner of a much larger world could end up causing a violation of those narrative boundaries we originally set for ourselves.”

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  10 месяцев назад +1

      @dandynerd Ma certo: ognuno deve avere la sua visione artistica e portarla avanti, anche a costo di irritare chi vorrebbe veder affermate le proprie idee in qualunque opera dell'ingegno. Nel caso di KCD alcune critiche mi sembrano fondate anche sul piano storico: e gli autori nel rispondere hanno spesso esibito una spocchia un po' fuori luogo, secondo me. Ma ognuno può farsi la sua idea semplicemente tramite il gioco.

  • @Eracliano
    @Eracliano Год назад

    Bel video, ottime argomentazioni. Purtroppo la paura di trattare tematiche controverse da parte di editori/produttori televisivi et cetera è destinata solo a crescere e a diffondersi. Questo anche perché a mio avviso c'è anche chi spinge a forza nel calderone del controverso quanti più ambiti possibile, magari in buona fede. Parlando nello specifico di Viticulture secondo me hai colto nel segno individuando il problema nella pigrizia di scegliere dei personaggi famosi ma che con la viticultura in sé avevano poco a che fare. E non avendo loro attinenza con il tema del gioco inserirli era effettivamente un po' una presa in giro. Spero però che in futuro non si vada ad escludere a priori dei personaggi da ambiti dove effettivamente sono attinenti se non protagonisti perché non in linea con i moderni valori. Per esempio: supponiamo di fare un gioco dove i giocatori sono sovrani europei che devono acquisire colonie in giro per il mondo (che ne so, un mix tra endeavour e risiko). In un tale gioco Pizarro e Cortes avrebbero tutto il diritto di starci. Poi sta all'abilità del creatore del gioco dell'affrontare il tema in modo da divertire e magari insegnare qualcosa a chi gioca.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +1

      @Eracliano Esatto: tutto dipende dal contesto. Ci sono wargame che ti permettono di combattere dalla parte dei nazisti: e nessuno si lamenta, perché il pubblico dei wargame storici si aspetta esattamente questo. Ma Viticulture è un eurogame a peso medio che parla di cultura vitivinicola: come ti viene in mente di metterci dentro i conquistadores? Una delle due ragazze di ThinkerThemer a un certo punto dice: immaginate di star giocando al vostro gioco preferito che NON parla di storia e trovarci dentro Hitler. Per giunta in un ruolo semi-positivo: interagendoci ottieni un vantaggio. Questo è un caso da manuale di squadra di autori che non possiede minimamente il "polso" del suo pubblico.

  • @niconico3294
    @niconico3294 Год назад +3

    Concordo sul punto che chiunque produca opere comunicative debba essere consapevole che si sta assumendo un rischio.
    Come te, ritengo che sia piuttosto ingenuo da parte di Stonemaier Games cercare di aggirare il rischio in quel modo.
    Penso però che la soluzione non si esaurisca nell'essere consapevoli e preparati sulle diverse sensibilità nel mondo e agire di conseguenza.
    A mio avviso, la frase finale è un po' fuorviante:
    "Lavoriamo su di noi finchè noi saremo diventati capaci di parlare di qualcunque cosa anche le più controverse senza urtare
    le sensibilità di nessuno."
    Questo non tiene conto di un fatto: è impossibile avere la certezza di non urtare la sensibilità di qualcuno.
    Questo vale per qualsiasi opera comunicativa ma vale anche in un qualsiasi dialogo tra individui.
    Potrei addirittura ferire nel profondo un povero passante chiedendogli che ore sono. Non si può escluderlo.
    Se vogliamo diventare capaci comunicatori, penso sia fondamentale prendere coscienza che qualcuno si offenderà.
    Ci si dovrà prendere le proprie responsabilità e, se si vuole, si potrà gestire la "crisi": potremmo ad esempio rivedere le nostre scelte contenutistiche oppure, se le riteniamo troppo importanti, difenderle strenuamente!
    Il fatto che qualcuno possa offendersi non deve limitare in alcun modo la nostra libertà di pubblicare giochi come piace a noi.
    Ma questo forse apre un altro discorso..

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @niconico3294 Molto interessante! Hai ragione: è impossibile avere la certezza di non urtare la sensibilità di qualcuno. E hai ragione anche sul resto: spetta al 'comunicatore' gestire la crisi decidendo se muoversi in un senso o nell'altro. C'è sempre bisogno di fare le proprie scelte con equilibrio e buon senso. Se uno mi scrive che si sente offeso per il fatto che nel mio canale sono sempre al chiuso e lui è claustrofobico (esempio estremo), direi che posso anche farmene una ragione e andare avanti senza cambiare nulla.
      Ma il fatto di dover tener conto della sensibilità del nostro pubblico riguardo ai temi controversi non va visto come un limite alla nostra libertà: la libertà è sempre relativa, mai assoluta. Un buon comunicatore ha ben chiaro il suo "campo di gioco", per così dire, e si muove dentro i confini di quel campo con perizia, senza dar mai l'impressione di non star dicendo qualcosa che avrebbe voluto dire. Perché nel modo giusto si può dire tutto o quasi.

    • @niconico3294
      @niconico3294 Год назад

      @@Lamascherariposta
      Ricontestualizzo il tuo esempio estremo.
      Se un singolo giocatore si è offeso e probabilmente non comprerà mai più i miei giochi, come azienda posso accettarlo e "tirare dritto".
      Tuttavia, se le persone offese sono tante e magari piene di livore, rumorose, che si comportano in modo irrazionale ed imprevedibile, allora come azienda dovrò andarci coi piedi di piombo. Il danno economico che posso subire da una guerra mediatica potrebbe essere potenzialmente letale!
      Questo ragionamento ha perfettamente senso in campo economico-commerciale. Fin qui siamo d'accordo.
      Ma in altri ambiti?
      Perchè un comunicatore dovrebbe tirare dritto nel primo caso, mentre nel secondo dovrebbe farsi dei problemi?
      Ritornando al tuo esempio, siamo di fronte ad una vera e propria "super-minoranza" (singolo individuo claustrofobico) che non ha voce e non è mai rappresentata da nessuna parte! Non merita le stesse attenzioni degli altri?
      I casi sono tre:
      O ti fai problemi per tutti e tutto (buona fortuna!);
      o scegli a chi strizzare l'occhio e a chi voltare le spalle (passami queste immagini retoriche, lo si fa per capirsi 😉 );
      oppure non ti poni alcun paletto e non ti fai problemi.
      Ritengo sia sacrosanto il poter scegliere, in un dato contesto, quale di questi comportamenti adottare.
      Non penso che un comunicatore sia colpevole o responsabile se qualcuno nella sua audience si offende e ritengo che non debba essere considerato per forza come manchevole, non buono, incapace o cattivo (giudizi morali) se decide di non farsi influenzare dalle sensibilità altrui. Se le scelte del comunicatore sono ponderate, ben vengano, anche se qualcuno ne resterà ferito.
      P.S.: Fantastica discussione. Hai affrontato un tema a dir poco fondamentale al giorno d'oggi.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @niconico3294 Grazie per l'apprezzamento! :-)
      Ovviamente il tema è complesso. In alcuni settori molto circoscritti (penso per esempio alla satira, ma anche a certi tipi di drammi), l'autore non si cura della sensibilità generale e anzi spesso lavora appositamente per ferirla: ma lì c'è di mezzo un processo 'catartico'. In altri termini: è l'autore dell'opera che ha fatto una precisa scelta e che si aspetta che le cose vadano in un certo modo, ovvero che il suo pubblico sia 'ferito' ma apprezzi ugualmente.
      Traduciamolo in termini più generali: se l'agire al di fuori della sensibilità comune è una precisa scelta stilistica, va benissimo. L'autore raccoglierà ciò che ha voluto seminare. Ma se l'autore si poneva qualunque altro obiettivo che non fosse "ora faccio inc@zzare tantissimo questa categoria e quest'altra" eppure ha comunque offeso seriamente qualcuno, ribadisco che secondo me è un autore sprovveduto e irresponsabile. Nessuno "non si pone alcun paletto": l'equivoco secondo me sta tutto qui. Tutti noi, ogni volta che comunichiamo qualcosa a qualcuno, lo facciamo all'interno di un sistema di regole. Posso accettare che un tizio qualunque che parla al bar rompa queste regole senza nemmeno accorgersene: d'altro canto, non è il suo mestiere e non si stava rivolgendo a una platea ampia. Ma se lo stesso problema ce l'ha un comunicatore, la faccenda cambia. È impossibile essere sicuri di non offendere nessuno, ma si può e si deve cercare di costruire la propria comunicazione nel modo più aperto possibile. Se non ti poni paletti non sei libero, sei sprovveduto.

    • @niconico3294
      @niconico3294 Год назад

      @@Lamascherariposta
      Sono d'accordo con te che se qualcuno che si pone dichiaratamente come obiettivo comunicativo il NON ferire la comunità sudamericana e poi ferisce la comunità sudamericana, allora è da considerarsi sprovveduto e irresponsabile o quantomeno ingenuo o imbranato. Questo è senza ombra di dubbio proprio il caso preso da te in esame (Stonemaier Games).
      Questo perchè hanno goffamente mancato il loro stesso obiettivo di cui si vantavano.
      Ma quando il discorso si fa generale non ti seguo più.
      Tu ritieni "sprovveduto e irresponsabile" un autore che, cercando di raggiungere uno scopo qualsiasi, offenda una o più persone della sua audience.
      (Leviamo pure il discorso satira, sulla quale siamo assolutamente d'accordo.)
      In quanto opinione ovviamente è legittimo da parte tua 😉.
      Io ho un'opinione diversa.
      Non riesco a giudicare in quel modo tale autore proprio perchè, come anche tu stesso dici "è impossibile essere sicuri di non offendere nessuno".
      Mi sembrerebbe di pretendere da lui l'impossibile. Come se fosse una trappola morale: "Caro il mio autore, se non costruisci la tua comunicazione in modo che tenda verso l'inarrivabile, allora sei un cattivo comunicatore!". "Inarrivabile" è appunto il non offendere nessuno, o il tenere conto della sensibilità di tutti.
      Ma qui urge un secondo video sull'argomento 😆!
      Scherzi a parte, non siamo arrivati ad una soluzione ma non vorrei rubarti più tempo di quanto abbia già fatto. Ti ringrazio molto.

  • @Hunters12Melpomene
    @Hunters12Melpomene Год назад +1

    Nel 2022 purtroppo non si è più liberi ne di ripercorrere la storia in tutta obiettività basata su fatti, ne di esprimere le proprie opinioni, nemmeno se tutto ciò viene fatto con cognizione di causa: si incorre in movimenti ideologici troppo forti e categorici per cui non ha senso arrischiarsi in una discussione senza uscita se non verso il basso. Purtroppo "è meglio non esprimersi". Peccato perché parlare di storia e di personaggi storici, arricchirebbe chiunque, soprattutto chi vorrebbe cancellare il passato con un colpo di spugna.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +2

      @Hunters12Melpomene Il punto è che la sensibilità generale sui temi controversi diventerà sempre più forte: se lavori nella comunicazione, non puoi pensare che "non esprimersi" possa essere una soluzione. Se non inciamperai parlando di storia, prima o poi lo farai parlando di qualcos'altro. La soluzione è allenarsi per acquisire sensibilità e avere sempre il polso del proprio pubblico.

    • @Hunters12Melpomene
      @Hunters12Melpomene Год назад

      @@Lamascherariposta Siamo oggi ad un punto che anche giocare a Columbus (vecchio gioco di gara di barche verso l'America) potrebbe diventare un crimine solo perché c'è Colombo di mezzo. Il "meglio non esprimersi" comunque era riferito non a cosa dovrebbero fare i produttori, ma come risposta personale al tuo invito a lasciare qualcosa nei commenti: mentre guardavo il video mi sorgeva un commento al tema ben più articolato, ma poi ho preferito lasciar perdere e scrivere solo quelle 4 righe. Diciamo solo che appoggio a pieno la tua linea sul fatto che rinunciare a parlare di storia non è la soluzione (così come siamo portati a rinunciare a tante altre cose per il medesimo motivo). Ma fermiamoci qui 😀

    • @andreatrevisiol7989
      @andreatrevisiol7989 Год назад

      @@Lamascherariposta Direi che il problema si è visto anche in ambito satira e comicità in genere, il fatto che non si riesca a ridere, di non prendersi sul serio sempre, ... provoca una chiusura che non porta niente di buono

  • @marcodalano9227
    @marcodalano9227 Год назад

    Hai ragione da vendere Mosè. Concordo appieno quando dici che la storia si studia anche per un certo godimento estetico, al di là dell'utilità pratica di studiare questo o quel periodo (ma questo vale probabilmente anche per altre dscipline, come ad esempio la matematica o l'astrofisica): come studioso e appassionato, mi rendo conto di leggere opere anche lontane dai temi che ho studiato solo perché mi piace scoprire in che modo gli uomini in tutte le epoche e situazioni sono vissuti e come hanno dato senso al mondo. Sulla paura di pubblicare opere su tematiche controverse, penso che in teoria non dovrebbe esserci timore di trattarle se l'opera è fatta in modo certosino, tuttavia se si urta la sensibilità di un pubblico mediamente maturo vuol dire che si è sbagliato qualcosa di grosso, com'è il caso del gioco di cui parli. Dire che non si tratterà più un argomento storico denota una certa incapacità o peggio ipocrisia da parte dell'editore nel gestire la situazione, anche perché si può offendere qualcuno pure con ambientazioni immaginarie.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +1

      @marcodalano9227 Esatto, il punto è proprio questo. Se non hai il 'polso' del tuo pubblico, lo puoi offendere anche parlando del tempo. Pensare che evitare di parlare di un tema enorme come la storia ti metta al sicuro dalle controversie è segno di un modo veramente infantile di vedere la questione.

  • @giuliosf
    @giuliosf Год назад

    Parto dicendo che sono sotanzialmente d'accordo con le tue riflessioni.
    Aggiungo altri esempi presi dai videogiochi: ci sono state delle polemiche anche su the Witcher 3 simili a quelle di KC:D sulla mancanza di personaggi di colore, cosa da cui il team si è difeso dicendo che l'ambientazione era quella del'immaginario polacco sul medioevo in cui non erano presenti, però si può ribattere dicendo che non è che c'erano nemmeno tutti quei mostri, quindi regge fino ad un certo punto.
    Un altro caso è di Assassin's Creed Odyssey, ambientato nell'antica Grecia, ci sono state polemiche sul fatto che ci fossero delle donne tra i guerrieri nell'esercito e se mi ricordo bene addirittura anche come comandanti, che sono state contrapposte da accuse di sessismo. Notare che in questi due casi chi sta usando l'accuratezza storica è in un caso il team di sviluppo in un caso chi lo vuole criticare, curioso.
    Insomma a me pare che l'accuratezza storica sia un'arma a doppio taglio, molto difficile da gestire in modo coerente. Infatti sono giunto alla conclusione che per un'opera dell'ingegno sia impossibile una reale accuratezza storica, per tornare al caso di KC:D ad esempio uno potrebbe dire ma dove sono i bambini (ora io non ho giocato al gioco ma di sicuro se anche ci sono, ce ne sono troppo pochi)? Oppure qual è la percentuale di persone che fa il contadino? Perchè per molto tempo la tecnologia esistente imponeva che quasi tutte le persone fossero dei contadini, almeno il 90% così ad occhio, poi non sono un'esperto, potrei aver detto qualche inesattezza ma il senso generale credo sia giusto.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @giuliosf Certo, hai ragione. Potremmo metterla in questo modo: qualunque opera di ispirazione storica prodotta in contesto diverso da quello rappresentato è di per sé un'opera con qualche grado di falsificazione. Talvolta ci attacchiamo alla poca verosimiglianza per criticare scelte che invece urtano semplicemente la nostra sensibilità. E su quest'ultimo punto che dobbiamo concentrarci: non riusciremo mai a creare un'opera storica fedele al cento per cento, ma possiamo cercare di evitare di ferire la sensibilità altrui imparando a conoscere il nostro pubblico.

  • @figliodigriffin
    @figliodigriffin Год назад

    Molto interessante sia come spunto che come contenuto. Sono d'accordo sul fatto che la soluzione non può essere non trattare certi temi ma trattarli con più attenzione. Pensando all'esempio specifico dei Conquistadores se debbo trattarne in un gioco che parla di quel periodo storico e di quegli eventi è normale che mi ritrovi quei personaggi, se parlo e tratto di vino potrei anche farne a meno...

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @figliodifriffin Grazie per il commento!
      Esatto, perché in un gioco sul vino ci metti dentro i conquistadores? Era proprio inopportuno.

  • @ivantedeschi8423
    @ivantedeschi8423 Год назад

    Un tema difficile trattato con grande tatto e intelligenza. I complimenti sono d'obbligo soprattutto oggi che viviamo in un modo dove la discussione intelligente latita e lo scambio di opinioni é diventato una lotta tra tifoserie.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +1

      @ivantedeschi8423 Grazie! Mi piace questo folle esperimento: provare a proporre un tema divisivo e vedere se si riesce a discutere senza menarsi 😀

  • @SognatriceFantasy
    @SognatriceFantasy Год назад +1

    "Cancellare" non è solo inutile e ingenuo, è anche dannoso. Che brutta epoca stiamo vivendo: politically correct e cancellazione del passato, chi si sconvolge di fatti reali e li nasconde è complice della cancellazione e della costruzione di un futuro più buio. Non sono d'accordo sulla sensibilità, le ragazze sono al livello del "buttiamoli nel cestino", anzi, sono loro che non hanno la sensibilità di riflettere sul passato, accettare la sua esistenza, e andare avanti.
    Cosa si intende per sensibilità? Non posso usare la parola "negro" perché è offensiva? Sul vocabolario ho letto che "negro" significa semplicemente "nero" in latino, solo recentemente qualche genio (ignorante, che ha favorito il nascere del politically correct) ha deciso che è offensivo... ma non corrisponde alla realtà! Dovrei FINGERE che è offensivo perché urto la sensibilità di qualcuno? I fatti sono fatti.
    Ovvio che bisogna essere educati ed empatici, ma questo non significa storpiare modi di dire (basta con sto "viva il lupo"), immaginare significati che non esistono, fare finta che le vicende e i personaggi negativi non siano esistiti. Il male, come il bene, esiste.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +1

      @SognatriceFantasy La faccenda non è così semplice. Anche io penso che l'ipersensibilità sia nefasta e che l'ansia di prendere posizioni magari giuste a volte ci spinga a eccessi. Ma dobbiamo accettare il fatto che la società è in continuo mutamento: chi di mestiere (o anche per hobby) fa il comunicatore deve tenerne conto e avere sempre il polso della situazione attuale della fetta di società a cui sta parlando. Se una tua espressione offende qualcuno, puoi benissimo fregartene: ma quel qualcuno non sarà più disposto ad ascoltarti. Se una tua espressione offende il sentire comune, quasi nessuno sarà disposto ad ascoltarti. Devi tenerne conto. E comunque evitare di offendere gente a caso dovrebbe essere secondo me un obiettivo di qualunque comunicatore, a prescindere dal suo pubblico potenziale. Se pensi di essere "costretto" a offendere qualcuno altrimenti il tuo messaggio viene troppo 'contaminato' dal politicamente corretto, vuol dire che sei un comunicatore ben scarso. Un buon comunicatore vede queste problematiche come nuove sfide da superare, non come ostacoli.

  • @andreatrevisiol7989
    @andreatrevisiol7989 Год назад

    Lavoriamo su di noi! Questo è il messaggio fondamentale. Io non penso che la comunicazione abbia intrinsecamente un fattore di rischio, preferirei chiamarlo “responsabilità”. Se il motivo che ti porta a dire qualcosa è ragionevole allora è bene: non tanto la cosa in sé, ma il modo in cui sei arrivato a dire quella cosa dovrebbe essere presa in considerazione.
    La storia non può essere cancellata e soprattutto dovremmo dare del valore a cose che lo meritano e se nominare 2 persone vissute 5 secoli fa da tutto questo trambusto il problema è delle gente che si umilia per questo! Com’è possibile che ci si identifica così tanto nelle scelte di altri? Questo mi sembra sia frutto un germe di razzismo che non è stato eradicato del tutto (chissà se lo sarà mai!).
    Vorrei citare Ayn Rand in merito: “Ascrivere le proprie virtù alle proprie origini razziali equivale a confessare di non avere idea del processo tramite il quale si raggiungono le virtù e, spesso, che non si è riusciti a raggiungerne alcuna” (da “le virtù dell’egoismo”)
    È come se io mi lamentassi con i popoli attualmente viventi nel centro asia per colpa di Attila e degli unni che hanno invaso l’impero romano, è come se un irachèno si lamentasse con i greci perché Alessandro Magno ha conquistato il medio oriente portando alla scomparsa dei babilonesi…
    Come ci si può scandalizzare per il fatto che qualcuno nella storia ha commesso dei crimini? Ci si deve scandalizzare se noi siamo in grado di farli: lavoriamo su di noi!

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +2

      @andreatrevisiol7989 Interrogarsi sulle motivazioni che portano qualcuno a sentirsi così ferito per la presenza in un gioco di persone vissute secoli fa è tutta un'altra questione, su cui si potrebbe discutere per ore. Qui il punto è un altro: posto che quelle persone esistono e in questo caso erano anche nel pubblico d'elezione a cui il prodotto era destinato, tu autore devi muoverti in modo da non ferire la loro sensibilità. Farti carico di questa responsabilità è il tuo lavoro: se di fronte ai tuoi contenuti il tuo pubblico potenziale è preso dallo sconforto e dalla disperazione perché si sente offeso, è un problema tuo che devi risolvere, al di là delle motivazioni che ci possono essere dietro le reazioni stesse.

  • @lucachiarvesio2963
    @lucachiarvesio2963 Год назад

    Ciao Mosè. Video interessante e ben argomentato. 40 minuti che sono trascorsi senza accorgersene. Condivido i tuoi pensieri e, partendo dalla parte finale del video, non capisco (alla tua stregua) come la casa produttrice Stonemaier Games abbia potuto inserire all’interno del suo ultimo gioco due personaggi così controversi per trattare il tema della viticultura. Una scelta davvero poco azzeccata (e tra l’altro sostituita con la pubblicazione di una “espansione correttiva”). In questo caso, non parlare più di storia all’interno dei giochi in scatola mi sembra piuttosto drastico. Basterebbe soppesare bene le scelte in fase di produzione evitando di toccare temi delicati che potrebbero andare a offendere persone, religioni etc. In ambito comunicativo (in tutte le sue forme) bisogna andare con i piedi di piombo e sapere argomentare bene quello che si vuole esprimere. Se si sbaglia, l’importante è capirlo e saper rimediare. Cancellare tutto, mi sembra davvero insensato.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @lucachiarvesio2963 D'accordo su tutto. L'unica cosa su cui eccepirei è quel "andare coi piedi di piombo": io non ho mai l'impressione di essere troppo concentrato sul non ferire gli altri quando produco contenuti, anche se sto parlando di temi controversi. Il modo di porsi è fondamentale. Affronto temi divisivi anche nelle visite guidate che faccio per lavoro: puoi tranquillamente prendere posizione in un dibattito infuocato, se nel farlo dai a chi ti ascolta la sensazione che comunque il dibattito resti aperto.

  • @emanuelefalucca374
    @emanuelefalucca374 Год назад

    Argomento ostico questo qua ma per niente banale,il rischio è di veder scomparire Risiko,Axis&Allies o Memoir 44(fra tanti) dagli scaffali e non sto scherzando!Sono d'accordo con te quando dici che denota una ignoranza della storia e non una sensibiltà e la cosa piu' sbagliata è riparare facendo piu' danni.
    I giochi di Jamey sono favolosi spero non si diriga verso un'involuzione di tutto il bene fatto fin'ora

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @emanuelefalucca374 Tranquillo, non corriamo quel rischio: i wargame storici si rivolgono a un pubblico ben definito, che si aspetta di veder rappresentati anche i 'cattivi' e che non farebbe mai polemiche per questo. Il problema è quando il prodotto è destinato a un pubblico diciamo più 'generalista': in quel caso c'è il rischio che autori e produttori pavidi preferiscano rinunciare a trattare certi temi per evitare controversie. Ma come dico nel video secondo me questa è una soluzione solo illusoria.

  • @idogukettibian4165
    @idogukettibian4165 Год назад

    Ottimo video. Troppo ci sarebbe da argomentare su un argomento così complesso, a cominciare proprio da chi dipende la colpa del sentirsi offeso, ovvero se ciò che viene percepito come offesa è sempre responsabilità di chi "offende" oppure di chi "si sente offeso" (c'è un ottimo video di Ric Du Fer sull'argomento). Ma ciò premesso penso che tu abbia trattato l'argomento dal corretto punto di vista ed abbi posto argomentazioni valide. Solo un appunto: ma come diavolo ti è venuto in mente di citare un esempio con la Sindaca! ti è andata ancora bene 😂😜 c'è gente che deve passare settimane a pulire il canale per cotanta lesa maestà.

    • @idogukettibian4165
      @idogukettibian4165 Год назад

      mi è rimasta una a di abbia nella tastiera, perdono, ne è uscita una simpatica Fantozzianeria dai.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад +1

      @idogukettibian4165 Eh, sono uno che ama il rischio! :-D
      Il tema degli argomenti sensibili e di chi sia la colpa se qualcuno si offende è sterminato: mi sono perso il video di Rick DuFer, me lo vado a recuperare (c'è stato un tempo in cui non mi perdevo un suo contenuto, poi certe sue ossessioni mi hanno un po' stufato e adesso lo seguo a singhiozzo :-)) Magari ci sarà occasione per riparlarne.

  • @EnXoLoVed
    @EnXoLoVed Год назад

    Sono d'accordo... non puoi evitare di parlare o di fare cose per evitare polemiche. E' una strategia molto donnabbondiana!!!
    In genere sono molto propenso nel divulgare opere di ingegno che sottolineano grosse vergogne del genere umano.
    Anzi quando meno te lo aspetti meglio è... insomma sfrutto l'effetto shock.
    Vi faccio un esempio anche se non molto shockante, in The imitation game film di qualche annetto fa, non avevo proprio idea che Turing fosse omosessuale. La tematica invece è stata trattata su una linea collaterale rispetto alla storia principale ed anche valorizzata nel messaggio finale.
    Risultato il film mi è piaciuto sotto molti punti di vista compreso l'accrescimento della mia conoscenza personale.
    A proposito di questo vi faccio un esempio piu' ludico. Conosce Train?
    Il contesto del tuo esempio amministrativo pero' non lo ritengo calzante... perchè privo di molto contesto.
    Il grosso della preoccupazione delle olimpiadi era riferito allo stato attuale delle risorse e del bilancio cittadino.
    Certo era facile dire buttiamoci nelle olimpiadi che tanto ci sono soldi e tempo a palate, ma di fatto la città aveva ancora la macchina amministrativa piena di buchi e voragini create dalla lobby del cemento che sbavava sulle olimpiadi. Per non parlare dei problemi in casa come i dirigenti comunali (ma li c'è stato da divertirsi, ahi me sulla pelle dei romani).
    Mi rendo anche conto però che il messaggio semplificato urlato a grande voce doveva essere "non facciamo perchè abbiamo paura di gestirlo".

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @EnXoLoVed Grazie per il bel contributo e per gli esempi che porti! Non ho visto il film e non ho nemmeno presente il gioco Train. Di cosa si tratta? E perché riguarda in qualche modo questa discussione?
      Lo so che l'esempio "amministrativo" lascia il tempo che trova, trattandosi di tutt'altro ambito. Però ho voluto lo stesso raccontare che è la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo il post di Stegmaier sul suo blog. Non ho approfondito la faccenda: certo ci sono esponenti politici di prim'ordine che ritengono quella decisione una decisione dissennata, al di là di tutti gli innegabili problemi amministrativi e contabili della Capitale. Penso che, in generale, le occasioni di crescita, anche le più complesse da gestire, vadano sempre colte al volo.

  • @francescocasagli1317
    @francescocasagli1317 Год назад

    Analisi davvero per nulla banale o scontata e davvero interessante ... Bravo!

  • @MrZeroCoolITA
    @MrZeroCoolITA 9 месяцев назад

    Sono assolutamente stufo della cancel culture; la storia sta li proprio ad esempio o monito, a seconda dei casi, per le generazioni future.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  9 месяцев назад

      @MrZeroCoolITA Come tutte le cose, penso che ci voglia del buon senso e della misura. Così come è improprio dire o fare qualsiasi cosa in nome della libertà, così è improprio (e inutile) auto-censurarsi eccessivamente solo per paura di urtare le sensibilità altrui.

  • @tropicano63
    @tropicano63 Год назад

    Ottimo video concordo sull'impianto generale, il paragone con le Olimpiadi a Roma ci sta.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @tropicano63 Sono contento che ci sia chi ha capito cosa intendevo :-)

  • @giulio6039
    @giulio6039 Год назад

    Non sono per niente d'accordo con Roma!!!! Aveva un debito che con le olimpiadi sarebbe triplicato!!! Anche Monti aveva rifiutato la candidatura di Roma!!!!! Bisogna informarsi prima di prendere certe posizioni..... Io on difendo la Raggi perché ha fatto tanti errori, ma non quello. Non mi sei piaciuto in questo video, per nulla........

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @giulio6039 Concentrati sul motivo per cui ho citato quell'episodio come esempio, non sul fatto in sé. Come si fa a non fare errori? Una soluzione è non fare nulla: ma è davvero una soluzione? Secondo me no: è sempre meglio provarci. Vale per le Olimpiadi e vale col parlare di storia.

    • @giulio6039
      @giulio6039 Год назад

      In quel caso non andava accettata, Roma era vicinissima al default, ma in più al di là del tuo parere che io rispetto, ti ricordo che le olimpiadi lasciano uno strascico di debiti di miliardi, come anche successo a Torino. Se devo dire in questo caso, non sono d'accordo neanche con le tue analogie sui giochi, se ci pensi, in effetti non è la stessa cosa, questa però prendila come una mia posizione confutabile, come un dialogo tra amici....

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @giulio6039 In moltissimi non sarebbero d'accordo con te: ma non è il tema del video. È solo una similitudine che mi è venuta in mente.

    • @giulio6039
      @giulio6039 Год назад

      @@Lamascherariposta scusami ma per me è stata una scelta veramente infelice. Denoto da quest'ultima risposta una grande superficialità ed è un peccato perché ti stimavo.

    • @Lamascherariposta
      @Lamascherariposta  Год назад

      @giulio6039 Ok. Come dico nel video, ogni momento di comunicazione è un rischio :-)