Gilles DELEUZE, "Che cos'è l'atto di creazione?"

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  • Опубликовано: 12 мар 2023
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Комментарии • 7

  • @robertobellassai1993
    @robertobellassai1993 10 месяцев назад

    Ad esempio ,nel " non Teatro " di Carmelo Bene, in C.B. c'è la " dimensione dell'inatteso " .

  • @francescos7361
    @francescos7361 Год назад +2

    Grande autore Deleuze.

    • @librofago-libricultura
      @librofago-libricultura  Год назад +2

      Condivido, io lo trovo anche più brillante di Foucault (ma questa è un'opinione).

    • @francescos7361
      @francescos7361 Год назад +2

      @@librofago-libricultura ovviamente , la ringrazio .

    • @mattiafabbri8944
      @mattiafabbri8944 Год назад +1

      ​​​@@librofago-libricultura Io mi spingo anche oltre. A mio avviso, è l'intellettuale più grande del '900. Per citare il buon Hegel, quando ho letto i suoi testi Differenza e ripetizione, Logica del senso, i due volumi sul cinema, stavo contemplando lo Spirito del mondo a cavallo. Come se tutta la grandezza novecentesca esperita nei film, nei documentari, nella musica (aggiungerei anche nei raggiungimenti della scienza) in lui prendesse una forma adeguata, adeguata alla genialità del suo tempo.
      Un millennial qualunque

  • @Marko-ou3im
    @Marko-ou3im Год назад

    Cosa ne pensi dei testi di Edgar Morin sul cinema (“Cinema o l’uomo immaginario”, “Sul cinema”, “I divi”)?

    • @librofago-libricultura
      @librofago-libricultura  Год назад +1

      Ciao Marko, dei libri di Morin che mi citi ho letto solo il primo, "Cinema o l'uomo immaginario" (che - se mi consenti un riferimento da feticista del libro - possiedo in una stupenda edizione francese targata 'Les éditions de minuits', rivestimento in cartoncino chiaro, un bell'oggetto anche). La trovo tuttoggi un'opera stimolante, non solo per le categorie impiegate, rimodulate o forgiate - l'immagine come atto costitutivo radicale e simultaneo di reale ed immaginario, il doppio, la metamorfosi come elemento operativo-trasformativo primordiale, l'antropologia genetica come metodo di studio del cinema ecc. ecc. -, ma anche perché ricco di intuizioni preziose, che ancora oggi non sono state debitamente raccolte : penso ad esempio, tra gli altri, al passo in cui Morin sostiene che un'invenzione non nasce mai sola, ma sorge simultaneamente in diverse parti del mondo, "come se i suoi inventori non fossero che medium dispersi di uno stesso genio sotterraneo". Questa a mio avviso è un'intuizione valida anche per i film in sè e per sè, altrimenti non si spiegherebbe perché (impossibile sia una coincidenza) siano usciti in parallelo negli stessi anni, per limitarci a delle opere di due autori conosciutissimi cioè Kubrick e Tarkovskij, "2001" e "Solaris" da una parte, "Shining" e "Stalker" dall'altra, due coppie di film che trattavano in modi indubbiamente diversi, eppure per certi versi sorprendentemente convergenti, una serie di problemi comuni. Ora, secondo me non è un caso che Morin non sia un filosofo 'puro', e che "Cinema o l'uomo immaginario" sia (come recita lo stesso sottotitolo, almeno nell'edizione francese), un "saggio di antropologia sociologica", così come il suo autore una specie di ircocervo, cioè sul piano epistemologico difficilmente catalogabile; ribadisco la mia convinzione che i filosofi 'puri', i filosofi di professione in senso canonico, escluso appunto Deleuze (che era un genio e un indisciplinato, anche come accademico), col cinema abbiano preso delle cantonate; nel video citavo Umberto Curi, che sul cinema ha scritto libri piatti, semplicistici e dilettanteschi, ma tutto sommato neanche quello che fa Slavoj Zizek mi convince granché, con queste sue sporadiche letture dei film all'insegna di una shakerata a base di lacanismo e leninismo, che finiscono per occultare la parte più essenziale dei film, che è sia estetica che di pensiero. La prova definitiva che approcci come quelli di Deleuze e di Morin sono validi mi pare risieda anche nel fatto che i loro scritti, perlomeno quelli che ho letto io, hanno resistito al tempo molto meglio dei vari tentativi (alcuni peraltro meritori) di sviluppare una semiotica del cinema che hanno preso piede tra gli anni '60 e '70... lo stesso "Sul cinema" di Roland Barthes, ad esempio, che da quella stagione discende, riletto oggi secondo me mostra un po' la corda. Insomma per quanto mi riguarda le due prospettive in questione, al di là delle premesse che non potrebbero essere più divergenti (per Deleuze il cinema sono i film - e le relative immagini - che recano una firma d'autore, mentre per Morin il cinema è una sorta di principio - attivo - di realtà dentro la realtà, i film in sè arrivano solo in un secondo momento), sono ugualmente interessanti... anche se, lo confesso, preferisco Deleuze, perché anche per me, come era per lui, il cinema sono innanzitutto i film, i grandi film: i film che abbiamo amato e che non smetteremo mai di rivedere.