"Heidegger non comprende il tema dell'inizio" (al minuto 10' 50"). Questo il Prof. Cacciari dovrebbe mostrarlo con argomenti, confrontandosi, ad es., con il Corso del semestre estivo 1941. Poiché il senso dell'essere è Temporalità, in Heidegger altrettanto fondamentale della questione dell'essere è quella dell'origine (tra i tanti riferimenti vedi par. 72 di "Essere e Tempo").
Solo una breve osservazione: come è possibile "non essere d'accordo" con il concetto "heideggeriano" di nichilismo, se questo concetto è inteso in modo aberrante, o non è inteso affatto, ovvero è frainteso? Un sintomo certo di tale fraintendimento sta nel fatto che si continua caparbiamente a tradurre “Da-sein” con “esserci" - termine che, per certi versi, dice l'esatto contrario di ciò che è pensato mediante la parola tedesca. Finché si ragiona in questi termini (alquanto automatici), tutto risulta compromesso, e non si troverà mai un piano per discutere in modo attendibile e scientificamente produttivo.
di GINO ZACCARIA Senza in alcuno modo “svalutare” le persone dei singoli studiosi qui impegnati, senza cioè nulla togliere alla loro serietà scientifica e filosofica, ma guardando unicamente al senso generale di iniziative di tale genere, non si può che essere sgomenti: si tratta di dibattiti fondamentalmente non-filosofici, a-fenomenologici, a-cosmici, privi del senso del vero - dove si finge di intendersi. Non prendiamoci insomma in giro: sono riunioni in cui regnano solo caos e confusione. Caos, perché non si riesce a trovare un filo conduttore (un vero tema) - e confusione, perché non è mai possibile, neppure di sfuggita, saggiare l'origine e l'attendibilità dei concetti "diagnostici" adoperati. È il teatro del pubblico atteggiarsi filosofico, l’eterna commedia dell’onniscienza di professione - ossia una modalità, molto raffinata, della figura del “Man“ descritta in “Sein und Zeit“. Si pronunciano e si spendono parole come “essere”, “esserci”, “storia”, “Dio”, “metafisica”, “aperto”, “svelamento/dis-velamento”, “differenza ontologica”, “nichilismo”, eccetera, senza mai neppure informare di passaggio gli ignari (e affidati) ascoltatori che si tratta di traduzioni dalla lingua di Heidegger (il quale peraltro proprio al senso del tradurre costantemente si applica nella sua ermeneutica). Ci si presenta come esperti studiosi del Filosofo (e dell’intera tradizione, naturalmente) senza alcuna vera esperienza dei fenomeni indicati negli originali tedeschi, negli originali greci, negli originali latini. Ogni parola viene in tal modo assunta come un termine-valore da far giocare in una meccanica concettuale che gira su se stessa oscurando i sensi via via intesi da questo o da quel pensatore. Per dare l’idea del problema, si provi ad esempio a tradurre “Da-sein” con “esser-ci” e “Lichtung” con “radura” nella partizione 173 dei “Beiträge zur Philosophie”; si otterrà un testo italiano completamente incomprensibile. (Ma forse è proprio questa incomprensibilità ciò che deve essere gelosamente custodito e riprodotto e diffuso, in modo che non nasca mai alcuna reale intesa, e si possa così continuare a produrre “tesi” e “interpretazioni” senza alcun controllo.) Nel passo indicato, il minuscolo e sordo “ci” (dal latino tardo “hīce“ per “hīc”, “qui”) dovrà addirittura diventare capace di significare appunto la “radura”, con un’acrobazia che sfida ogni legge del senso - ammesso e non concesso, ovviamente, di rendere in tal modo il significato fenomenologico della “Lichtung” (infatti se “radura” non può che veicolare tratti locali, anche in senso figurato, “Lichtung” indica certamente qualcosa come “uno spazio” ma sempre in relazione a un dono di tempo). Ecco il passo: “Das Da-sein ist nicht die Wirklichkeitsweise von jeglichem Seienden, sondern ist selbst das Sein des Da. Das Da aber ist die Offenheit des Seienden als solchen im Ganzen, der Grund der ursprünglicher gedachten ἀλήθεια. Das Da-sein ist eine Weise zu sein, die, indem sie das Da » ist « (activ-transitiv gleichsam), gemäß diesem ausgezeichneten Sein und als dieses Sein selbst ein einzigartiges Seiendes ist (das Wesende der Wesung des Seyns) […] Im bisherigen und noch üblichen Gebrauch meint Dasein soviel wie hier und dort vorhanden sein, in einem Wo und Wann vorkommen. / In der anderen künftigen Bedeutung meint das »sein« nicht vorkommen, sondern inständige Ertragsamkeit als Gründung des Da. Das Da bedeutet nicht ein irgendwie jeweils bestimmbares Hier und Dort, sondern meint die Lichtung des Seyns selbst, deren Offenheit erst den Raum einräumt für jedes mögliche Hier und Dort und die Einrichtung des Seienden in geschichtliches Werk und Tat und Opfer.” Ancora qualche osservazione. Si difende Heidegger dall’infamante accusa di nazismo e di anti-semitismo, anche con argomenti fondati (come il rilevare l’indegnità e la bassezza dell’usare lo sterminio degli Ebrei d’Europa al fine di sbarazzarsi del filosofo), ma poi si ripetono e si ribadiscono i consueti luoghi comuni (rimescolandoli e presentandoli come “nuove tesi”) sul suo c.d. “itinerario di pensiero”. Eccone una rapida e insufficiente sintesi: 1. “l’indagine critica ha ben collocato e studiato la posizione di Heidegger”; 2. “il procedere heideggeriano è fondamentalmente ossessivo”; 3. “Heidegger segue un’attitudine nicciana”; 4. “Dal 1934 in poi, Heidegger elabora il lutto dovuto alla delusione per le promesse mancate della metafisica e del nazismo”; 5. “Heidegger come Führer del Führer, e interprete del Geist tellurico del popolo tedesco”; 6. “lo Heidegger interessante e decisivo è quello degli anni ’20 e poi degli anni ’50 e ’60 (non dunque quello degli anni ’30 e ’40)”; 7. “Heidegger, dapprima, è filosofo contro la tecnica, poi diventa filosofo della tecnica”; 8. “il pensiero heideggeriano della storia dell’essere pare sospendere la storia reale del mondo (a cui invece guarda “Essere e tempo”), la storia delle persone, la storia evenemenziale, la macro-storia”; 9. “Heidegger va dall’affermazione dell’essere-nel-mondo a una negazione del mondo”; 10. “in 'Essere e tempo', l’abisso del fondamento è il luogo dove la domanda sull’essere può accendersi, adesso invece (negli anni ‘30) l’abisso del mondo è il luogo che zittisce la domanda, e il pensiero diventa afono, cioè non sa più domandare”; 11. “Heidegger, negli anni ’30, si trova in un vicolo cieco (accusarlo di antisemitismo è dunque un po’ come sparare sulla croce rossa o su un uomo morto)”; 12. “negli anni ’30 il filosofo è colpito da una lunga obnubilante frustrazione di pensiero, a causa della quale assorbe e assume dalla vulgata corrente e dalla propaganda nazista frasi banali sull’ebraismo”; 13. “come dice la Arendt in una lettera a Jaspers, i corsi di Heidegger su Hölderlin e Nietzsche sono solo chiacchiere”; 14. “Heidegger critico della religione cristiana”; 15. “la ragione calcolante è già indicata da Sombart e da Weber”; 16. “Heidegger gnostico”; 17. “senza la gnosi non si capisce niente di Heidegger”; 18. “Heidegger non comprende il tema dell’inizio”; 19. “l’onto-teologia è più complessa rispetto a ciò che, di essa, ci racconta Heidegger”; 20. “sulla tecnica, Heidegger non dice niente di più di quanto già detto da Marx e da Weber”; 21. “la risposta di Heidegger alla crisi dell’Europa oscilla tra l’insipienza e la drammaticità estrema quando va sull’apocalittico-gnostico”; 22. “Heidegger pensava di essere il Gentile della Germania (ma non aveva l’attrezzatura filosofica e politica di quest’ultimo), così fu messo da parte in meno che niente”; 23. “Heidegger, dopo il rettorato, è colto da un abbuiamento gnostico”; 24. “è necessario tentare una riabilitazione filosofica di Heidegger”; 25. “bisogna evitare sia la scolastica heideggeriana sia la scolastica anti-heideggeriana”; 26. “cercare di capire che cosa, nel pensiero di Heidegger, ha futuro e che cosa invece non ne ha”; 27. “è certamente vero che, negli anni ’30, ci sono i trattati storico-metafisici a partire dai “Beiträge” - tuttavia, in questi scritti, che sono impastoiati, vi è un lessico che sarà meglio usato negli anni ’50 e ‘60, quindi si può tralasciarli e leggere solo le sue due auto-antologie (“Holzwege” e “Vorträge und Aufsätze”) dove troviamo uno Heidegger rinsavito. Dinanzi a tutto questo sorge la questione se non sia forse preferibile mettere per ora da parte Heidegger, ossia lasciar decantare il suo lascito (anche quasi “approfittando” della sua, pur ingiusta e ignobile, messa al bando giornalistica e accademica), piuttosto che “riabilitarne” il pensiero travisandolo interamente, e piegandolo ai propri usi e costumi filosofici e sofistici. Ma il discorso è troppo lungo e complesso per essere qui anche solo accennato. Solo quattro brevi questioni: 1. Come è possibile parlare della diagnosi heideggeriana del nichilismo se si continua a intendere il niente come un mero vuoto d’essere o una mancanza di senso? 2. Come si può stabilire ciò che, nel Denkweg, «ha futuro» se i suoi capisaldi sono intesi ogni volta in modo insufficiente e/o distorto (vedi il problema del “Da-sein” e della “Lichtung”, per tacere del resto)? 3. Come possono stare insieme l'ipotizzato - anzi dato per indubitabile - stato di “obnubilamento”, in cui sarebbe caduto il pensatore nel volgere degli anni '30, e la lucidità dei corsi su Nietzsche (pur scontando il giudizio tranchant della Arendt)? Qui il pensare sarebbe divenuto «afono», cioè non più in grado di «domandare»? 4. Come si può parlare di uno Heidegger che filosofa "contro" la tecnica o che "comprende" la tecnica, aggiungendo (vaghe) considerazioni sul c.d. "disvelamento" (termine che mal traduce e travisa l'Ent-bergung) senza dapprima determinare rigorosamente il concetto heideggeriano di tecnica? Non si corre in tal modo il rischio di confondere la tecnica (pensata nel Denkweg) con la tecnologia o con l'odierno “mondo tecnologico”?
Ottimo. Il fatto che si debbano produrre tante spiegazioni su Heidegger ne testimonia la scarsa intuibilita', cosa che ne depotenzia l'efficacia del discorso rispetto a Nietsche. Differenza Heidegger-Nietsche. X Heidegger la Logica è il Fine: questo il Senso del suo discorso. X Nietzsche la Logica è Mezzo x spiegare il Senso del suo discorrere. Heidegger è x addetti ai lavori. Nietzsche è poesia logica intergenerazionale. Heidegger non cerca la Verità delle Cose ma del SUO discorso logico. La Filosofia è finita con Nietzsche. I filosofi postumi più credibili sono nietschiani (Anders, Horkheimer/Adorno, Severino, Galimberti) Cioè.. Le opere parlano da sé. Nietzsche è metaforico e affascinante. Heidegger auto-logico-referenziale e palloso. Che altro c'è da dire?? Nietzsche, oltre la patina metaforica, parla di verità delle cose. Heidegger cerca solo una coerenza logica al proprio discorso inventandosi una terminologia ad hoc, la quale utilizza parole di uso comune ma in una precipua accezione "heideggeriana", cosa che pare avvalorarne il messaggio filosofico. In realtà è solo un gioco logico basato su una terminologia comune furbescamente tramutata in "heideggarese", cioè un uso logico-arbitrario di parole vulgari. Ecco perché Nietzsche resiste al tempo e Heidegger no.
@@marcoleone505 Bisogna vedere però a quale "tempo" lei allude, non le pare? Inoltre non è affatto chiaro quale sia il suo metro di misura. Il pensiero filosofico per sua natura non cerca consensi pubblici, né mira ad avere seguaci, eccetera. Esso richiede poi una notevole disciplina e molto studio, esattamente come ogni (altra) scienza (pensi alla fisica, o alla matematica, per tacere di tutto il resto).
Tutti questi tecnicismi fini a se stessi, tutto questo giocare con le parole e queste vuote elucubrazioni non mi sembrano la base di una filosofia vera. Eschilo e Socrate erano stati soldati e avevano combattuto in guerra. Cartesio era un militare e portava la spada al fianco. Wittgenstein aveva combattuto valorosamente in prima linea nella prima guerra mondiale, rischiando continuamente la vita, e le sue opere non sono disseminate neologismi piuttosto odiosi e incomprensibili.
La filosofia di Popper non era anti ebraica anche se i genitori di Popper si convertirono al luteranesimo. Sarebbe meglio dire che Heidegger era un opportunista che voleva saltare sul carro dei vincitori e gli è andata male. Cacciari fa un giro di parole inutili. La madre di Pertini scrisse va Mussolini per avere la grazie per suo figlio e lui si arrabbiò. Cacciari non è così semplice vivere e ingannare il prossimo con le parole. Non bisogna essere un professore di filosofia per capire chi era Heidegger. Lo capirebbe anche un contadino che sa che se semina cavoli non possono nascere nespole
La concezione di Galimberti sulla tecnica che rifacendosi a Bacone si vede come un elemento di riduzione dalle sofferenze imposte dal peccato originale, è totalmente banale, infantile, e priva di qualsiasi fondamento, poiché non solo la tecnica o tecnoscienza come la si voglia definire, viene sfruttata dall'uomo nel senso opposto, ovvero viene alimentata da un abnorme spreco di energie umane, e naturali, ma addirittura si sacrificano ad essa e per essa miliardi di persone, che vengono sistematicamente, costrette e relegate, nella miseria più totalizzante ed assoluta. Per questi ed altri motivi, non citabili in questa sede; schierandomi contro Bacone, e Galimberti, mi sento in tutta franchezza di poter affermare che: sarà proprio grazie alla tecnica, che verrà accelerato il cammino verso il precipizio, ed il giudizio, peraltro già annunciato dell'umanità, con la nuova venuta di Cristo. Saluti PM
Infatti a me sorprende sempre come per spiegare l’epoca postmoderna di usino sempre e solo pensatori moderni e postmoderni. Rifacendosi al suo commento: il pensiero che considera la tecnica la fine delle sofferenze umane è semplicemente un dispositivo gnostico che afferma -come sempre- la natura maligna del Creato. Il postumanesimo si basa sul concetto di individuum, ovvero ente atomico privo di qualsivoglia costrizione, compreso il proprio esistere. Un presente perenne, in cui il passato esiste solo come presenza e non come origine. L’essere-per-la-morte, ponendosi come possibilità ultima ma esistente solo come possibilità, significa che oltre i confini del mio esistere -perché tutto l’esistenziale di Dasein è “mein”- c’è il Nulla. E la temporalità di ogni cosa indica solo che in ogni istante il Nulla è Origine e Fine dell’Essere. Una contro-metafisica: non sopra la materia, ma sotto. Non comprendo come “filosofi” di professione non comprendano questo fatto del pensiero modero e postmoderno, rappresentato in tutte le forme culturali di massa e che hanno la radice nell’Io individuale. Prendere la teologia e metafisica Cristiana come un dato come gli altri da sottoporre alla “critica della mente aperta”. Il fatto che il pensiero postmoderno ne sia l’esatta negazione ne spiega già la natura.
La D è maiuscola, forse è meglio guardare prima di dire cose a caso. E soprattutto, Heidegger negli ultimi tempi della sua vita passò molto tempo con il nipote, prete cattolico, e gli rivelò che tutta la sua filosofia è una grande indagine su Dio.
noiosa chiacchierata per una terribile e tragica realtà. quali riferimenti,analisi,precisi sui testi. una nuova forma di "retorica": dire di tutto senza dire nulla.
@@misterquarello5880 non amo Fusaro,specialmente da quando parla sempre di COVID19 e complottismo, ma nonostante le numerose cazzate che dice quotidianamente, almeno non provoca la narcolessia cronica come Cacciari.
Non sarà stato eterno nazista, va bene, ma che lo sia stato pur per breve tempo mi sorprende sgradevolmente. Con tutta l'enfasi sull'Essere, precipitare così brutalmente nel contingente. No, no, caro Heidegger, non va bene.
"Heidegger non comprende il tema dell'inizio" (al minuto 10' 50"). Questo il Prof. Cacciari dovrebbe mostrarlo con argomenti, confrontandosi, ad es., con il Corso del semestre estivo 1941. Poiché il senso dell'essere è Temporalità, in Heidegger altrettanto fondamentale della questione dell'essere è quella dell'origine (tra i tanti riferimenti vedi par. 72 di "Essere e Tempo").
Solo una breve osservazione: come è possibile "non essere d'accordo" con il concetto "heideggeriano" di nichilismo, se questo concetto è inteso in modo aberrante, o non è inteso affatto, ovvero è frainteso? Un sintomo certo di tale fraintendimento sta nel fatto che si continua caparbiamente a tradurre “Da-sein” con “esserci" - termine che, per certi versi, dice l'esatto contrario di ciò che è pensato mediante la parola tedesca. Finché si ragiona in questi termini (alquanto automatici), tutto risulta compromesso, e non si troverà mai un piano per discutere in modo attendibile e scientificamente produttivo.
di GINO ZACCARIA
Senza in alcuno modo “svalutare” le persone dei singoli studiosi qui impegnati, senza cioè nulla togliere alla loro serietà scientifica e
filosofica, ma guardando unicamente al senso generale di iniziative di tale genere, non si può che essere sgomenti: si tratta di dibattiti fondamentalmente non-filosofici, a-fenomenologici, a-cosmici, privi del senso del vero - dove si finge di intendersi. Non prendiamoci insomma in giro: sono riunioni in cui regnano solo caos e confusione.
Caos, perché non si riesce a trovare un filo conduttore (un vero tema) - e confusione, perché non è mai possibile, neppure di sfuggita, saggiare l'origine e l'attendibilità dei concetti "diagnostici" adoperati. È il teatro del pubblico atteggiarsi filosofico, l’eterna commedia dell’onniscienza di professione - ossia una modalità, molto raffinata, della figura del “Man“ descritta in “Sein und Zeit“.
Si pronunciano e si spendono parole come “essere”, “esserci”, “storia”, “Dio”, “metafisica”, “aperto”, “svelamento/dis-velamento”, “differenza ontologica”, “nichilismo”, eccetera, senza mai neppure informare di passaggio gli ignari (e affidati) ascoltatori che si tratta di traduzioni dalla lingua di Heidegger (il quale peraltro proprio al senso del tradurre costantemente si applica nella sua ermeneutica). Ci si presenta come esperti studiosi del Filosofo (e dell’intera tradizione, naturalmente) senza alcuna vera esperienza dei fenomeni indicati negli originali tedeschi, negli originali greci, negli originali latini. Ogni parola viene in tal modo assunta come un termine-valore da far giocare in una meccanica concettuale che gira su se stessa oscurando i sensi via via intesi da questo o da quel pensatore.
Per dare l’idea del problema, si provi ad esempio a tradurre “Da-sein” con “esser-ci” e “Lichtung” con “radura” nella partizione 173 dei “Beiträge zur Philosophie”; si otterrà un testo italiano completamente incomprensibile. (Ma forse è proprio questa incomprensibilità ciò che deve essere gelosamente custodito e riprodotto e diffuso, in modo che non nasca mai alcuna reale intesa, e si possa così continuare a produrre “tesi” e “interpretazioni” senza alcun controllo.) Nel passo indicato, il minuscolo e sordo “ci” (dal latino tardo “hīce“ per “hīc”, “qui”) dovrà addirittura diventare capace di significare appunto la “radura”, con un’acrobazia che sfida ogni legge del senso - ammesso e non concesso, ovviamente, di rendere in tal modo il significato fenomenologico della “Lichtung” (infatti se “radura” non può che veicolare tratti locali, anche in senso figurato, “Lichtung” indica certamente qualcosa come “uno spazio” ma sempre in relazione a un dono di tempo).
Ecco il passo:
“Das Da-sein ist nicht die Wirklichkeitsweise von jeglichem Seienden, sondern ist selbst das Sein des Da. Das Da aber ist die Offenheit des Seienden als solchen im Ganzen, der Grund der ursprünglicher gedachten ἀλήθεια. Das Da-sein ist eine Weise zu sein, die, indem sie das Da » ist « (activ-transitiv gleichsam), gemäß diesem ausgezeichneten Sein und als dieses Sein selbst ein einzigartiges Seiendes ist (das Wesende der Wesung des Seyns) […] Im bisherigen und noch üblichen Gebrauch meint Dasein soviel wie hier und dort vorhanden sein, in einem Wo und Wann vorkommen. / In der anderen künftigen Bedeutung meint das »sein« nicht vorkommen, sondern inständige Ertragsamkeit als Gründung des Da. Das Da bedeutet nicht ein irgendwie jeweils bestimmbares Hier und Dort, sondern meint die Lichtung des Seyns selbst, deren Offenheit erst den Raum einräumt für jedes mögliche Hier und Dort und die Einrichtung des Seienden in geschichtliches Werk und Tat und Opfer.”
Ancora qualche osservazione. Si difende Heidegger dall’infamante accusa di nazismo e di anti-semitismo, anche con argomenti fondati (come il rilevare l’indegnità e la bassezza dell’usare lo sterminio degli Ebrei d’Europa al fine di sbarazzarsi del filosofo), ma poi si ripetono e si ribadiscono i consueti luoghi comuni (rimescolandoli e presentandoli come “nuove tesi”) sul suo c.d. “itinerario di pensiero”.
Eccone una rapida e insufficiente sintesi:
1. “l’indagine critica ha ben collocato e studiato la posizione di Heidegger”;
2. “il procedere heideggeriano è fondamentalmente ossessivo”;
3. “Heidegger segue un’attitudine nicciana”;
4. “Dal 1934 in poi, Heidegger elabora il lutto dovuto alla delusione per le promesse mancate della metafisica e del nazismo”;
5. “Heidegger come Führer del Führer, e interprete del Geist tellurico del popolo tedesco”;
6. “lo Heidegger interessante e decisivo è quello degli anni ’20 e poi degli anni ’50 e ’60 (non dunque quello degli anni ’30 e ’40)”;
7. “Heidegger, dapprima, è filosofo contro la tecnica, poi diventa filosofo della tecnica”;
8. “il pensiero heideggeriano della storia dell’essere pare sospendere la storia reale del mondo (a cui invece guarda “Essere e tempo”), la storia delle persone, la storia evenemenziale, la macro-storia”;
9. “Heidegger va dall’affermazione dell’essere-nel-mondo a una negazione del mondo”;
10. “in 'Essere e tempo', l’abisso del fondamento è il luogo dove la domanda sull’essere può accendersi, adesso invece (negli anni ‘30) l’abisso del mondo è il luogo che zittisce la domanda, e il pensiero diventa afono, cioè non sa più domandare”;
11. “Heidegger, negli anni ’30, si trova in un vicolo cieco (accusarlo di antisemitismo è dunque un po’ come sparare sulla croce rossa o su un uomo morto)”;
12. “negli anni ’30 il filosofo è colpito da una lunga obnubilante frustrazione di pensiero, a causa della quale assorbe e assume dalla vulgata corrente e dalla propaganda nazista frasi banali sull’ebraismo”;
13. “come dice la Arendt in una lettera a Jaspers, i corsi di Heidegger su Hölderlin e Nietzsche sono solo chiacchiere”;
14. “Heidegger critico della religione cristiana”;
15. “la ragione calcolante è già indicata da Sombart e da Weber”;
16. “Heidegger gnostico”;
17. “senza la gnosi non si capisce niente di Heidegger”;
18. “Heidegger non comprende il tema dell’inizio”;
19. “l’onto-teologia è più complessa rispetto a ciò che, di essa, ci racconta Heidegger”;
20. “sulla tecnica, Heidegger non dice niente di più di quanto già detto da Marx e da Weber”;
21. “la risposta di Heidegger alla crisi dell’Europa oscilla tra l’insipienza e la drammaticità estrema quando va sull’apocalittico-gnostico”;
22. “Heidegger pensava di essere il Gentile della Germania (ma non aveva l’attrezzatura filosofica e politica di quest’ultimo), così fu messo da parte in meno che niente”;
23. “Heidegger, dopo il rettorato, è colto da un abbuiamento gnostico”;
24. “è necessario tentare una riabilitazione filosofica di Heidegger”;
25. “bisogna evitare sia la scolastica heideggeriana sia la scolastica anti-heideggeriana”;
26. “cercare di capire che cosa, nel pensiero di Heidegger, ha futuro e che cosa invece non ne ha”;
27. “è certamente vero che, negli anni ’30, ci sono i trattati storico-metafisici a partire dai “Beiträge” - tuttavia, in questi scritti, che sono impastoiati, vi è un lessico che sarà meglio usato negli anni ’50 e ‘60, quindi si può tralasciarli e leggere solo le sue due auto-antologie (“Holzwege” e “Vorträge und Aufsätze”) dove troviamo uno Heidegger rinsavito.
Dinanzi a tutto questo sorge la questione se non sia forse preferibile mettere per ora da parte Heidegger, ossia lasciar decantare il suo lascito (anche quasi “approfittando” della sua, pur ingiusta e ignobile, messa al bando giornalistica e accademica), piuttosto che “riabilitarne” il pensiero travisandolo interamente, e piegandolo ai propri usi e costumi filosofici e sofistici.
Ma il discorso è troppo lungo e complesso per essere qui anche solo accennato. Solo quattro brevi questioni:
1. Come è possibile parlare della diagnosi heideggeriana del nichilismo se si continua a intendere il niente come un mero vuoto d’essere o una mancanza di senso? 2. Come si può stabilire ciò che, nel Denkweg, «ha futuro» se i suoi capisaldi sono intesi ogni volta in modo insufficiente e/o distorto (vedi il problema del “Da-sein” e della “Lichtung”, per tacere del resto)? 3. Come possono stare insieme l'ipotizzato - anzi dato per indubitabile - stato di “obnubilamento”, in cui sarebbe caduto il pensatore nel volgere degli anni '30, e la lucidità dei corsi su Nietzsche (pur scontando il giudizio tranchant della Arendt)? Qui il pensare sarebbe divenuto «afono», cioè non più in grado di «domandare»? 4. Come si può parlare di uno Heidegger che filosofa "contro" la tecnica o che "comprende" la tecnica, aggiungendo (vaghe) considerazioni sul c.d. "disvelamento" (termine che mal traduce e travisa l'Ent-bergung) senza dapprima determinare rigorosamente il concetto heideggeriano di tecnica? Non si corre in tal modo il rischio di confondere la tecnica (pensata nel Denkweg) con la tecnologia o con l'odierno “mondo tecnologico”?
Ottimo.
Il fatto che si debbano produrre tante spiegazioni su Heidegger ne testimonia la scarsa intuibilita', cosa che ne depotenzia l'efficacia del discorso rispetto a Nietsche.
Differenza Heidegger-Nietsche.
X Heidegger la Logica è il Fine: questo il Senso del suo discorso.
X Nietzsche la Logica è Mezzo x spiegare il Senso del suo discorrere.
Heidegger è x addetti ai lavori.
Nietzsche è poesia logica intergenerazionale.
Heidegger non cerca la Verità delle Cose ma del SUO discorso logico.
La Filosofia è finita con Nietzsche.
I filosofi postumi più credibili sono nietschiani (Anders, Horkheimer/Adorno, Severino, Galimberti)
Cioè.. Le opere parlano da sé.
Nietzsche è metaforico e affascinante.
Heidegger auto-logico-referenziale e palloso.
Che altro c'è da dire??
Nietzsche, oltre la patina metaforica, parla di verità delle cose.
Heidegger cerca solo una coerenza logica al proprio discorso inventandosi una terminologia ad hoc, la quale utilizza parole di uso comune ma in una precipua accezione "heideggeriana", cosa che pare avvalorarne il messaggio filosofico.
In realtà è solo un gioco logico basato su una terminologia comune furbescamente tramutata in "heideggarese", cioè un uso logico-arbitrario di parole vulgari.
Ecco perché Nietzsche resiste al tempo e Heidegger no.
@@marcoleone505
Bisogna vedere però a quale "tempo" lei allude, non le pare? Inoltre non è affatto chiaro quale sia il suo metro di misura. Il pensiero filosofico per sua natura non cerca consensi pubblici, né mira ad avere seguaci, eccetera. Esso richiede poi una notevole disciplina e molto studio, esattamente come ogni (altra) scienza (pensi alla fisica, o alla matematica, per tacere di tutto il resto).
Tutti questi tecnicismi fini a se stessi, tutto questo giocare con le parole e queste vuote elucubrazioni non mi sembrano la base di una filosofia vera. Eschilo e Socrate erano stati soldati e avevano combattuto in guerra. Cartesio era un militare e portava la spada al fianco. Wittgenstein aveva combattuto valorosamente in prima linea nella prima guerra mondiale, rischiando continuamente la vita, e le sue opere non sono disseminate neologismi piuttosto odiosi e incomprensibili.
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La filosofia di Popper non era anti ebraica anche se i genitori di Popper si convertirono al luteranesimo. Sarebbe meglio dire che Heidegger era un opportunista che voleva saltare sul carro dei vincitori e gli è andata male. Cacciari fa un giro di parole inutili. La madre di Pertini scrisse va Mussolini per avere la grazie per suo figlio e lui si arrabbiò. Cacciari non è così semplice vivere e ingannare il prossimo con le parole. Non bisogna essere un professore di filosofia per capire chi era Heidegger. Lo capirebbe anche un contadino che sa che se semina cavoli non possono nascere nespole
La logica è senno del raziocinio gettato detto alla Heidegger
La logica e' il regno della pace
Tentativo dell'essere,l,'anima?,di staccarsi da Dio,dai 10 Comandamenti,l'ebraismo è essenziale alla società e alla salvezza
Eccezionale Massimo Cacciari
Il linguaggio è sistema dell’essere detto alla Heidegger
Bene perlomeno Il prof Caccciari dice la verità su Heidegger
La concezione di Galimberti sulla tecnica che rifacendosi a Bacone si vede come un elemento di riduzione dalle sofferenze imposte dal peccato originale, è totalmente banale, infantile, e priva di qualsiasi fondamento, poiché non solo la tecnica o tecnoscienza come la si voglia definire, viene sfruttata dall'uomo nel senso opposto, ovvero viene alimentata da un abnorme spreco di energie umane, e naturali, ma addirittura si sacrificano ad essa e per essa miliardi di persone, che vengono sistematicamente, costrette e relegate, nella miseria più totalizzante ed assoluta. Per questi ed altri motivi, non citabili in questa sede; schierandomi contro Bacone, e Galimberti, mi sento in tutta franchezza di poter affermare che: sarà proprio grazie alla tecnica, che verrà accelerato il cammino verso il precipizio, ed il giudizio, peraltro già annunciato dell'umanità, con la nuova venuta di Cristo. Saluti PM
Infatti a me sorprende sempre come per spiegare l’epoca postmoderna di usino sempre e solo pensatori moderni e postmoderni. Rifacendosi al suo commento: il pensiero che considera la tecnica la fine delle sofferenze umane è semplicemente un dispositivo gnostico che afferma -come sempre- la natura maligna del Creato. Il postumanesimo si basa sul concetto di individuum, ovvero ente atomico privo di qualsivoglia costrizione, compreso il proprio esistere. Un presente perenne, in cui il passato esiste solo come presenza e non come origine. L’essere-per-la-morte, ponendosi come possibilità ultima ma esistente solo come possibilità, significa che oltre i confini del mio esistere -perché tutto l’esistenziale di Dasein è “mein”- c’è il Nulla. E la temporalità di ogni cosa indica solo che in ogni istante il Nulla è Origine e Fine dell’Essere. Una contro-metafisica: non sopra la materia, ma sotto. Non comprendo come “filosofi” di professione non comprendano questo fatto del pensiero modero e postmoderno, rappresentato in tutte le forme culturali di massa e che hanno la radice nell’Io individuale. Prendere la teologia e metafisica Cristiana come un dato come gli altri da sottoporre alla “critica della mente aperta”. Il fatto che il pensiero postmoderno ne sia l’esatta negazione ne spiega già la natura.
'Un dio che salva'. Un Dio con la d minuscola. Non sarà l' evocazione del demonio?
La D è maiuscola, forse è meglio guardare prima di dire cose a caso. E soprattutto, Heidegger negli ultimi tempi della sua vita passò molto tempo con il nipote, prete cattolico, e gli rivelò che tutta la sua filosofia è una grande indagine su Dio.
Massimo Cacciari formidabile come sempre
No un
Mi
Ku
Mi n intorno l
Ku
Mi n intorno l
Il linguaggio è sistema gettato detto alla Heidegger
Lei l'ha detto abbastanza chiaramente richiamandosi alla Trascendenza
"Io sono il Signore tuo Dio"
Che voce lagnosa.
noiosa chiacchierata per una terribile e tragica realtà. quali riferimenti,analisi,precisi sui testi. una nuova forma di "retorica": dire di tutto senza dire nulla.
Solite banalità.
Sentire Cacciari parlare provoca un'immediata e immensa nostalgia per Diego Fusaro
Evidentemente non sai distinguere un pensatore da un pappagallo veteromarxista. Mi complimento con te per il tuo ottimo senso dell'orrido
@@misterquarello5880 non amo Fusaro,specialmente da quando parla sempre di COVID19 e complottismo, ma nonostante le numerose cazzate che dice quotidianamente, almeno non provoca la narcolessia cronica come Cacciari.
@@flaviog.3020 Preferisco la narcolessia di Cacciari alle eruzioni cutanee provocate dal pensiero neocomunista di Fusaro
Ascoltando poi Fusaro assieme a Cacciari si pensa che l'allievo non supera sempre il maestro
Fusaro sta alla filosofia come Sylvester Stallone sta alla storia del pugilato
Non sarà stato eterno nazista, va bene, ma che lo sia stato pur per breve tempo mi sorprende sgradevolmente. Con tutta l'enfasi sull'Essere, precipitare così brutalmente nel contingente. No, no, caro Heidegger, non va bene.
Non "brevemente", ma sempre, e questo gli fa onore.