Luca Serianni - Lingua e dialetto - L'Italiano. Dal latino a oggi

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  • Опубликовано: 29 июл 2024
  • Lo storico della lingua Luca Serianni, Vicepresidente della Società Dante Alighieri dal 2010 al 2022, offre in queste brevi videolezioni un excursus sulla storia della lingua italiana.
    Nel raccontarne l’evoluzione dalle origini all’oggi, Serianni include l’opera di alcuni grandi autori come Dante, Petrarca e Manzoni, che ha segnato alcuni momenti centrali dello svolgimento della nostra lingua.
    Ma la storia della lingua non si riduce a storia della letteratura poiché comprende anche le abitudini linguistiche del comune parlante e i fenomeni che non hanno spessore letterario ma che incidono nella lingua che si è parlata nel corso delle generazioni e che si parla oggi.
    --
    10 Videolezioni del Prof. Luca Serianni
    “L’italiano dal latino a oggi”
    1) Introduzione
    2) Italiano e latino
    3) Il volgare
    4) Le idee linguistiche di Dante
    5) La lingua della Commedia di Dante
    6) Petrarca e la codificazione della lirica
    7) Pietro Bembo
    8) Il vocabolario della Crusca
    9) Manzoni e la lingua italiana
    10) Lingua e dialetto
    11) L'italiano fuori d'Italia
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    La Società Dante Alighieri offre una collana di “pillole” culturali e linguistiche in formato di brevi video lezioni, contenenti gli interventi di specialisti su diversi argomenti: storia, letteratura, musica, arte, lingua e stile di vita italiani, opere di Dante Alighieri.
    Il piano editoriale, in continuo aggiornamento, prevede video lezioni fruibili sia in moduli che singolarmente, realizzate con la regia di Lamberto Lambertini e accompagnate da materiali di approfondimento.
    Il progetto è diretto da Alessandro Masi, Segretario generale della Società Dante Alighieri, e sviluppato dall’ufficio Promozione culturale SDA (cultura@dante.global).
    I temi trattati
    - Arte e beni culturali
    - Letteratura
    - Lingua italiana
    - Identità e territori
    - Stili di vita
    - Storia
    - Dante: l’uomo e l’opera
    - Dante 2021
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Комментарии • 48

  • @JV-eh3lh
    @JV-eh3lh Год назад +9

    Il governo italiano dovrebbe prendere ispirazione da quello spagnolo e proteggere nonché incoraggiare l'uso delle nostre lingue locali (e riconoscerle in quanto tali), sia nel parlato che nello scritto.

  • @marialioubarskaia6252
    @marialioubarskaia6252 2 года назад

    Grazie mille

  • @brunodemarco1573
    @brunodemarco1573 3 года назад +9

    La lingua veneta è stata riconosciuta dall'UNESCO come lingua di interesse dell'umanità, non perché patrocinata dall'Italia ( come sembrerebbe logico), ma dal Brasile ove attualmente ci sono circa tre milioni di parlanti (provincia del Rio Grande do Sul). Anche in Messico ci sono circa un milione di parlanti veneto. E poi ci siamo noi Veneti d'Italia: siamo circa tre milioni che regolarmente ci esprimiamo ed usiamo la lingua veneta. Anche noi abbiamo la nostra "Academia dea Bona Creansa" che detta le regole per esprimerci e scrivere in un veneto moderno e corretto. Fermo restando che esprimersi con i nostri connazionali in buon italiano è cosa giusta ed educata, mi stava solo a cuore comunicare queste semplici cose che forse sono sconosciute ai più. Saluti.

    • @ciala4830
      @ciala4830 2 года назад +1

      @Cristian Costa spiega perché

    • @ciala4830
      @ciala4830 2 года назад +6

      @Cristian Costa la concezione classista secondo cui una lingua sia determinata dal suo uso è morta con i linguisti dell'ottocento, solo la vecchia crosta italiana ne fà ancora uso per negare l'evidenza. Nel mondo è pieno di lingue che non hanno documenti ufficiali ma che sono indiscutibili come lingue. Si guardi al Basco e al Bretone se si è increduli.
      2. Non viene utilizzato perchè c'è stata propaganda per non farlo utilizzare, da cui nascono gli stereotipi del villano incolto.
      3. Molti Veneti non lo sanno scrivere perchè non è insegnato, non essendo riconosciuto. In ogni caso, ci sono comunque veneti che lo sanno scrivere e leggere, come anche ci sono italiani che non sanno scrivere e leggere l'Italiano. Hai comunque ammesso indirettamente che il Veneto ha una grammatica a sè e un'ortografia, valorizzandolo quindi come lingua.
      Mi sembra superfluo controbattere alla tua ultima affermazione

    • @ciala4830
      @ciala4830 2 года назад +3

      @Cristian Costa Su questo hai ragione. Una delle grandi cause che ha fatto estinguere le lingue minori, oltre al campanilismo, è stata la mancanza di nuovi termini. In Lombardo qualsiasi tecnologia era "la maqineta" o "la roba/i robe". L'italiano stà percorrendo la stessa strada inglesizzandosi e perdendo sinonimi e lessico. Questo però non vuol dire che non ci siano. Oggi c'è un gruppo di giovani, almeno per quanto riguarda la lombardia, che ha capito gli errori, ed è in corso un grande tentativo di recupero dei vocaboli che sono stati persi e sostituiti dall'italiano.
      Comunque = a bon cunt, de tuts i manere
      Dopo = despœ
      Regione = banda
      Maceler = beqer
      Tra i neologismi:
      Computer = ordinador
      Tastiera = botonera
      Link = ligam
      Potrei andare avanti, perchè c'è davvero un grande lavoro dietro a ciò.
      Ciò che ci manca è far uscire la parte anziana della popolazione dall'ottica arrendeista del fatto che stia sparendo, che ha portato i genitori a non trasmettere l'idioma ai figli, vedendolo a volte come qualcosa di negativo.
      Ti sprono, se sei piemontese, a perseguire la preservazione della tua lingua e della tua cultura, in un ottica non campanilista, ma di puro amore verso la storia e il tuo luogo, poichè c'è davvero tanta gente giovanissima che ha cominciato a farlo, e qui in Lombardia aumentiamo sempre più di numero, ottenendo recentemente l'approvazione di un Wikizionari ufficiale dalla Wikimedia foundation
      Cordialmente

    • @ciala4830
      @ciala4830 2 года назад +1

      @Cristian Costa il fatto è che sostieni che il Piemontese sia un dialetto senza dimostrarlo, come invece hanno fatto studi di tantissimi linguisti. Dialetto è il Torinese, lingua è il Piemontese. Non ha valenza scientifica la tua affermazione. Usare termini di derivazione Piemontese ogni tanto non è parlare dialetto, è contaminare l'italiano. Scommetto che se ti facessi un discorso in lombardo insubre non capiresti nulla, proprio perché è una lingua e non un dialetto

    • @brunobassi2440
      @brunobassi2440 2 года назад +1

      @@ciala4830 sono classificazioni imperfette perché sono figlie del pensiero umano e parimenti non le puoi ingabbiare ... per esempio alcuni studiosi assimilano il piemontese all'occitano.
      Perfino sul fiorentino ho sentito alcuni affermare che trattasi di un dialetto forse perché ignorantemente scambiano la gorgia toscana (il modo di pronunciare) con la lingua... Se così fosse allora anche l'americano e l'australiano non sarebbero più lingue inglesi.
      Il fiorentino ha delle parole oramai cadute in disuso ma sul vocabolario le parole ce le trovi tutte.
      Riguardo la contaminazione Camilleri credo sia stato un grande maestro nel mettere così bene alcune parole del suo intimo dialetto siciliano negli scritti suoi tantoché son ora di pubblico dominio per tutto lo stivale o come direbbe un toscano conosciute a tutt'il mondo sano.

  • @lumizor3122
    @lumizor3122 2 года назад

    Qui si parla molto della forma lessicale dei dialetti, ma ciò che vorrei sapere è come si siano originate le cadenze dialettali corrispettive a ogni dialetto. Perché esiste e com'è nato questo fenomeno?

    • @stoyka_mente6755
      @stoyka_mente6755 7 месяцев назад +1

      Principalmente a causa dei sostrati linguistici presenti sul territorio già in epoca pre-romana e poi romana; la frammentazione dialettale riflette la frammentazione etnica della penisola italica già in tempi molti antichi, dove erano presenti popoli come umbri, galli ecc.

  • @brunobassi2440
    @brunobassi2440 3 года назад +7

    Il dialetto è una variante di una lingua, per esempio:
    La Lingua Napoletana è l’insieme dei dialetti alto meridionali, quindi i dialetti parlati in Campania, in Basilicata, in gran parte dell’Abruzzo, nel Molise, nella Puglia escluso il Salento, nella Calabria settentrionale, nelle Marche meridionali e nel sud del Lazio.
    La Lingua Siciliana è l’insieme dei dialetti meridionali estremi, quindi l’insieme dei dialetti siciliani, della Calabria centro-meridionale e del Salento.
    A volte ci sono dialetti di transizione che sono difficilmente classificabili.
    Oramai c'è il vizio di definire come dialetti anche le lingue esistenti prima della standardizzazione dell'italiano moderno (ex toscano) e molti non sanno che anche il toscano è diviso in 5 vernacoli principali e altri secondari senza contare l'antico toscano medievale da cui deriva la lingua corsa con i suoi dialetti suprani e suttani compresi il gallurese e il maddalenino.

    • @divxxx
      @divxxx 3 года назад +4

      È triste che si faccia riferimento ancora ai vecchi criteri ottocenteschi per classificare lingue e dialetti. Con questo atteggiamento di superiorità della lingua italiana si perdono secoli di cultura e l'infinita varietà linguistica del nostro territorio, un patrimonio immenso che stiamo perdendo per andar dietro ai politici che fanno leggi per dare contentini.

    • @brunobassi2440
      @brunobassi2440 2 года назад +1

      @@rossoblu3263 non saprei se solo fortuna oppure una quantità di condizioni favorevoli prima fra tutte la centralità dunque la possibilità di essere equidistante alle parlate del nord come a quelle del sud.
      La scelta del Clero per sostituire il latino complice forse qualche papa toscano?
      La lingua scelta dagli artisti per scrivere le loro cose?
      La scelta dei genovesi per tenere nota dei loro commerci?
      Il vocabolario della Crusca quando le altre lingue spesso non ne avevano o li avevano incompleti?
      Un gran numero di scritti?
      Forse anche un po' di culo ma non solo quello.

    • @pietrofarris4681
      @pietrofarris4681 2 года назад +1

      @@rossoblu3263 non è l'italiano una lingua che ha avuto fortuna, ma una lingua inventata, artificiale, a cui ha contribuito maggiormente il Toscano e si è diffusa grazie al prestigio letterario. La prima scuola letteraria di lingua italiana è la Scuola letteraria siciliana che sorse con Federico II di Svevia. Uno dei maggiori esponenti fu Giacomo da Lentini (Madonna vo dir vi voglio) e questa scuola ispirò il Dolce Stil Novo. L'italiano non si diffuse con conquiste da una zona geografica in cui si parlava, come altrove. Lo stesso regno di Sardegna, da cui sorse l'unificazione italiana, adottò quale lingua ufficiale l'Italiano. Inoltre in tutti gli Stati preunitari era la lingua scritta.

    • @krasnyytsesarevich
      @krasnyytsesarevich 8 месяцев назад

      @@brunobassi2440 ha avuto un riconoscimento culturale soprattutto perché nata per essere una lingua letteraria e di corte, non una lingua popolare: ciò è una lingua con parlanti madrelingua. Più o meno si può considerarla una lingua artificiosa.

  • @scoronconcoloSPS
    @scoronconcoloSPS Год назад

    Grazie Signore che mi hai fatto nascere a Firenze. ;-)

  • @giuseppegabriele4461
    @giuseppegabriele4461 5 лет назад +5

    Salve sono un calabrese della sibaritide , anzitutto in napoletano e il siciliano proprio perche hanno avuto dei rispettivi regni in passato credo che siano delle lingue a tutti gli effetti con le loro regole .Di contro il calabrese prende in prestito da entrambe le lingue, la prova è che io essendo della sibaritide non parlo e non capisco ne il dialetto del catanzarese molto aspirato ne il dialetto del reggino in alcuni tratti simile al siciliano.Poi nella mia zona ci sono tre comuni a 20 minuti di distanza fra loro ebbene se ognuno di loro parlasse dialetto stretto non si capirebbero, per esempio a Corigliano Calabro "io" si dice "ghij" , a Rossano "io" si dice "ij" a cariati "io" si dice "je " attenzione vanno letti con tre accenti totalmente diversi per cui identificare il calabrese come un dialetto è un grosso errore è più corretto dire che in Calabria coesistono più diletti con punti di contatto per vicinanza territoriale.Un altro esempio a Rossano il tacchino si chiama niano , nei comuni limitrofi invece si chiama paparaccio attenzione con accenti diversi, questo penso che sia la prova della non conoscenza della Calabria da parte di una certa dottrina

  • @ciala4830
    @ciala4830 2 года назад +6

    Gira tanto in tondo ma non arriva al punto. Le lingue regionali e minoritarie italiane sono riconosciute dall'UNESCO e dall'Europa ma non da noi. Ci sono trattati su di esse di centinaia di linguisti stranieri e non. Definirle dialetti, in un video di informazione equivale a disinformare. Dialetto è una variante di una lingua, ma la lingua non è meno lingua se ha dialetti più o meno differenti. Ad esempio il dialetto Milanese che intendiamo non è dialetto dell'italiano, ma del Lombardo, lingua di cui fà parte. Spiega che il friulano e il sardo sono lingue ma non spiega perché gli altri no. È a dir poco vergognoso

  • @neilsantoni8119
    @neilsantoni8119 5 лет назад +1

    Io tipo quando mi arrabbio mi arrabbio in Romano lo so non è al pari del Lombardo e degli altri dialetti che sono più lingue.
    Il Romano come dialetto è un po' volgare ma tanto ed è pesante pure per me! E ridondante, io preferirei come dialetti che per me sono meno pesanti tipo Napoletano, Siciliano, Calabrese, Lombardo hanno tutti delle ottime calate dolci il Romano come dialetto! Mi piace ci mancherebbe altro però è pesante.. Se usato male a volte da proprio l'idea di essere un contadino pecoraro ignorante e bigotto, però diciamocelo a parte questo ha il suo fascino.
    Il Toscano è simile ma lo sento più dolce e penso che non sia solo mia come sensazione! Spero.
    Io penso che se uno parla dialetto non c'è nulla di male, l'importante è che capisci il contesto in cui deve essere usato! Continuo a dire che parlare un dialetto è una ricchezza ti da la sensazione d'appartenenza per me si dovrebbe parlare sia il dialetto sia l'italiano! Perché diciamocelo se le sai usare tutte due fai un bel figurone.

  • @manxxchannel7184
    @manxxchannel7184 6 лет назад +13

    Il Veneto è una lingua non un dialetto

    • @divxxx
      @divxxx 3 года назад +1

      Quello che spiega Serianni è proprio che i dialetti sono lingue. Quindi anche il dialetto veneto è una lingua, certo.

  • @claudiosaltara8847
    @claudiosaltara8847 5 лет назад

    Il latino scritto dal letterati romani era in se stesso una lingua anomala non tutti parlavano il latino aulico in Italiama solamente i gli alti funzionari del governo per comunicarsi inequivocabilmente. Il popolino parlava un latino ristretto e basico e non avrebbero capito il ‘latino letterario’ perciò quel latino semplice e base dei popoli taliani fece un cambiamento nelle varie zone dell’impero a seconda dell’intrusione di popoli barberi e mancanza di scuole per l’alta società. Le lingue romanze si svilupparono diventando un ‘Papamiento’ come nei caraibici. Grazie al l’influenza dei monasteri il Latino non morì mai ma continuò semplificato per ovvie ragioni. Siccome i vari ‘mestizia’ latino non potevano descrivere certi pensieri intensi come il latino si ritorno al ‘latino aulico’ introducendolo ai dialetti che nel lungo andare si formò in un i ‘Papamiento ’ comprensibile da tutta la popolazione (poca, ma con certa educazione) in tutte le regioni d’Italia. Man mano l’educazione si allargo e questo porto’ all’italiano che parliamo oggi. Così accadde nella penisola Iberica e nella moderna gallia. Senza farne una disciplina questa è la mia spiegazione , poi linguisti posso aggiungere tutto l’altro che appartiene ai loro studi, grammaticali, fonetici, etc. che dilettano solo I gran professori delle universita’

  • @orthodoxia.occidentalis
    @orthodoxia.occidentalis 3 года назад +10

    Lacunosi e romanzati luoghi comuni privi di ben che minima obiettività. Mi spiace per questa caduta di stile, ma è bene che l'Accademia Crusca ora si indirizzi realmente verso una vocazione ceralicola visto il nome che si è data... La Crusca, oramai, ha la stessa credibilità di Wanna Marchi...

  • @matteolupo4034
    @matteolupo4034 3 года назад +2

    Il Napoletano é stato riconosciuto internazionalmente come Lingua patrimonio dell'umanità. Nell 800 il regno di Napoli aveva infiniti primati mondiali europei ed altri, piemonte e altri..niente..a quei tempi....era l'epoca di gloria del sud, e il piemonte quando si sviluppò comprò le prime ferrovie dal mezzogiorno, perché non ne produceva..La canzone Napoletana o sole mio funicoli funicolá, per attrarre i cittadini ad usare la funicolare per salire sul Vesuvio, sono famose al livello mondiale, ..da secoli...esiste un Napoletano antico, con termini in disuso garzone ....ecc...ma in Campania e sicilia, il dialetto non é limitato all'ambito familiare, e l'Italiano..solo all università e in lavori bancari/altamente professionali ma anartistici..viene utilizzato ...ecc....mentre al nord, quelle poche zone che non hanno reso morti i loro dialetti, ...credo solo il Veneto, .....cmq non li userebbero e.g. un 20enne con un 40enne commerciante. Da noi sì. E persino in un contesto universitario dove si....si tenderebbe a parlare più italiano....varie, parole, frasi, ecc escono sicilianizzate/napoletanizzate.....
    In Campania specialmente anche i più istruiti non si limiteranno a qualche frase profonda, nell uso del dialetto
    ma l'ausamm pur .......costantemént'.....

    • @sm1855
      @sm1855 Год назад

      Non è così.
      Nel sud Italia, sia prima che dopo l'unità, la lingua utilizzata per i documenti e per le occasioni ufficiali (come leggi, processi e lezioni scolastiche ed universitarie) era l'italiano, il quale inizialmente affiancò il latino negli atti ufficiali e alla fine lo sostituì del tutto.

  • @Dallallero
    @Dallallero 6 лет назад +11

    Trovo abbastanza ridicolo tutto ciò. Se questa è la classe accademica italiana, non mi stupisco che ancora oggi le lingue regionali d'Italia stanno morendo. Ci sono alcune cose giuste, ma ci sono moltissime imprecisioni e tanto pregiudizio.

    • @danielpanizza
      @danielpanizza 6 лет назад +10

      Caspita, se è impreciso Serianni stiamo freschi. Posso chiederti quali sono le imprecisioni e il pregiudizio che hai trovato nel video?

    • @danielpanizza
      @danielpanizza 6 лет назад +9

      Se definisci ridicola (addirittura!) una spiegazione di uno dei maggiori linguisti italiani, o argomenti seriamente o fai una magra figura. Temo che di Serianni ti manchino non solo le conoscenze ma anche - forse soprattutto - lo stile.

    • @Dallallero
      @Dallallero 6 лет назад +7

      Daniel Panizza assolutamente, non ho mai detto di non voler argomentare, né di non esserne in grado, ma abbi pazienza: stai commentando un messaggio che io ho lasciato due settimane fa su un video che in questo momento non ricordo nemmeno piú. Non posso fare altrimenti, perché in questo momento non ho il tempo materiale per potermi rivedere il video e argomentare quanto è necessario. È una questione di tempistiche sbagliate, tutto qua.
      In ogni caso io la smetterei di elogiare degli esponenti accademici di uno dei paesi in Europa in cui una determinata branca accademica, cioè la linguistica, è sempre stata volutamente strumentalizzata e analizzata superficialmente.

    • @Dallallero
      @Dallallero 6 лет назад +12

      Eccomi. Buongiorno, stamattina ho potuto rivedere il video con calma ed ora ti espongo le mie critiche. Partiamo subito analizzando le parole del professore.
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      #1 Già al minuto 0:20 il professore dice: "In Italia esistono molti dialetti [...] che non sono una deformazione della lingua, sono altre lingue che [...] non hanno avuto la possibilità di diventare idiomi riconosciuti in un certo territorio".
      Con questa frase il professore sta dicendo che quello che noi chiamiamo "dialetto", non essendo una deformazione della lingua [italiana, sottinteso], è una lingua a se stante, nonostante non vi sia alcun riconoscimento legale.
      Questa frase è verissima, tant'è che rispecchia in pieno la posizione della Comunità linguistica internazionale (e dunque della realtà scientifica). Basta un minimo di conoscenza dell'ambito linguistico, infatti, per scoprire che la famiglia di appartenenza di ogni singolo "dialetto" d'Italia non è la stessa della famiglia di appartenenza del toscano, da cui è risaputo provenire l'italiano standard.
      Ma continuiamo.
      --------------------
      #2 A 0:35 "Ma i dialetti hanno tutta la possibile dignità di qualsiasi idioma".
      Teniamo bene a mente questa frase, perché la parola "dignità" è un'arma a doppio taglio.
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      #3 Al minuto 1:10 recita testualmente "Quindi c'è una componente dialettale proprio a livello letterario che mostra le potenzialità espressive, artistiche proprio, di un dialetto".
      Poco prima di asserire ciò, ha parlato brevemente di alcuni poeti che avrebbero scritto nei secoli precedenti nei vari "dialetti" d'Italia. Già da qua, per quanto il professore non abbia detto nulla di sbagliato, noto una sottile linea di viziosità. Perché le lingue regionali, o "dialetti" che dir si voglia, non hanno avuto solo "qualche poeta" che li usasse per dei testi, bensí hanno avuto, come ogni lingua nel mondo, un uso letterario ben radicato, laddove questi svolgevano il compito di lingua veicolare in un determinato territorio (cioè ovunque, prima dell'alfabetizzazione in italiano dello stato).
      Te la faccio ancor piú breve: non puoi lanciare il messaggio che in Italia s'è sempre usato l'italiano come lingua letteraria, tranne alcuni casi sporadici, perché l'italiano è una lingua piuttosto recente (si consideri che nel 1861 poco piú del 50% degli italiani conosceva l'italiano e la percentuale di madrelingua italiano era esigua). È vero, a livello letterario s'è imposta molto prima che a livello popolare, ma poco importa. Un professore accademico non può far passare messaggi come "Sí, beh, tutti hanno sempre scritto in italiano, ma ogni tanto qualcuno scriveva pure in romagnolo o calabrese", per il semplice fatto che, prima dell'alfabetizzazione in italiano, nel resto della penisola non "toscanofona", esistevano già i poeti e, non essendo nati toscanofoni e non parlando fiorentino, usavano la loro lingua locale. Basti leggere, per esempio, della massiccia letteratura napoletana o dell'altrettanto corposa milanese per capire che con i "dialetti" si è sempre scritto e parlato (almeno a livello letterario).
      Per amor di cronaca, la letteratura lombarda è datata 1200, visto che Bonvesin de la Riva (nato nel 1240 e morto nel 1315 circa) è considerato il primo poeta e scrittore lombardo.
      --------------------
      #4 A 1:20 dice qualcosa di allucinante: "Ciò non toglie che il dialetto non abbia la stessa latitudine di uso della lingua: una conferenza sarebbe difficile svolgerla in un singolo dialetto e non in italiano o in inglese o in un'altra lingua moderna."
      Questa frase è ridicola, mi permetto di dirlo a gran voce.
      Innanzitutto occorre stabilire molto chiaramente il target di pubblico che si vuole intrattenere. Perché se è vero che una conferenza in lingua lombarda non sarebbe pronosticabile a livello nazionale (e mi vien da dire "grazie al c..."), è altresí vero che a livello regionale lo sarebbe eccome.
      Io stesso, membro del cSPL (Comitato Salvaguardia Patrimoni Linguistici), ho partecipato in piú occasioni a riunioni e conferenze interamente in lombardo, in cui si è parlato dei piú disparati temi (ricordo ad esempio una conferenza sull'astronomia, presieduta da una ragazza ticinese plurilaureata, che ci ha raccontato dell'Universo parlando solo ed esclusivamente in lombardo).
      Allo stesso modo, usare il pretesto della "lingua moderna" (che poi, parliamoci chiaramente: che cosa significa? Che razza di definizione è questa? "Lingua moderna"???) per sottintendere un'adattabilità di una lingua piuttosto che un altra a determinate attività, è alquanto ridicolo. La lingua italiana, infatti, è una lingua d'impronta chiaramente letteraria e non tecnica ed una conferenza sull'elettronica di consumo, interamente in italiano (quindi escludendo prestiti linguistici e neologismi a gogo), sarebbe infattibile perché richiederebbe un numero elevatissimo di concetti che in italiano non esistono proprio (ed è la raison d'être dei neologismi e dei prestiti linguistici).
      Esistono lingue regionali d'Italia, o "dialetti" che dir si voglia, che invece in determinati aspetti hanno storicamente un glossario ben piú ricco: si veda il piemontese che, grazie al fatto d'essersi sviluppato nei territori dove la produzione automobilistica è stata massiccia, ha guadagnato un dizionario tecnico automobilistico ben piú ricco dell'italiano.
      Inoltre, mi permetto una piccola parentesi personale: ritengo che l'uso dell'inglese per una conferenza nazionale in Italia sia, al giorno d'oggi, considerato il livello di analfabetismo con l'inglese dell'italiano medio, tanto (in)utile quanto l'uso del lombardo.
      --------------------
      #5 A 1:36 dice "Perché appunto il dialetto non ha avuto questa duttilità di esprimersi in tanti livelli diversi."
      Per quale motivo il professor Serianni non dice che l'italiano stesso, per potersi rendere "duttile" ha dovuto fare come qualsiasi lingua nel mondo, ovvero adottare neologismi?
      La stragrande maggioranza delle lingue, non solo le neolatine e non solo le indoeuropee, ha usato il latino ed il greco come base per creare dei neologismi negli ambiti piú specifici. Basti pensare alla trasversalità del termine "biologia", pressoché identico in quasi tutte le lingue del mondo (biology in ENG, biologie in FRA, DEU e altri, biología in SPA, biologia in POR, POL e altri, biologija in LAV e LIT etc, βιολογία [viología] in ELL, биоло́гия [biológija] in RUS etc...).
      I neologismi, occorre dirlo, sono frutto di ingegneria linguistica e arrivano dall'alto, non dalla lingua parlata popolare. Per cui dissento totalmente: il "dialetto" non ha avuto questa duttilità non perché non sia adatto a tale scopo, ma per il semplice fatto che non v'è, a monte, un'autorità che ne crei e ne insegni i neologismi. Senza un'accademia che "insegnasse" i neologismi agli italiani (anche agli italianofoni, dunque ai toscani & co.), oggi l'italiano non sarebbe piú utile del napoletano o del ladino dolomitico.
      In ogni caso, se in italiano possiamo dire per esempio "otorinolaringoiatra", che ricalca in toto i nessi greci oto-rino-laringo-iatra (cioè medico della laringe, del naso e dell'orecchio), in lombardo potremmo banalmente coniare il termine ad esempio otorinolaringòleg, che ricalca i nessi greci oto-rino-laringo-logos, dove -logos identifica il "cultore di una determinata scienza", sul modello di psicòleg (psicolo) o stròleg (astrologo).
      --------------------
      #6 Qua arriva la supercazzola, a 3:10: "Il friulano ed il sardo a rigore non sono dei dialetti, ma delle lingue di minoranza e sono state riconosciute ufficialmente con questo status [...]".
      Dai, cioè, seriamente? Prima mi dici che i "dialetti" non sono dialetti, ma lingue, poi mi dici che il friulano non è un "dialetto", ma una lingua di minoranza?
      A questo proposito, definiamo "lingua di minoranza".
      Citando l'Enciclopedia Treccani, "Per minoranze linguistiche si intendono gruppi di popolazione che parlano una lingua materna diversa da quella di una maggioranza: quest’ultima si identifica normalmente coi parlanti che hanno come lingua materna la lingua ufficiale dello Stato di cui sono cittadini."
      Secondo tale definizione è INNEGABILE che i cosiddetti "dialetti", che appunto lo stesso Serianni definisce come "altre lingue [rispetto all'italiano]", rappresentino in toto il concetto di minoranza linguistica (sono cioè gruppi di popolazione che parlano una lingua materna diversa da quella di maggioranza). La lingua di maggioranza è in questi termini riscontrabile appunto nell'italiano, oggi trasversalmente parlato e insegnato ovunque in Italia, anche nei territori in cui la minoranza linguistica è riconosciuta.
      Viene quindi automatico considerare le "altre lingue" come appunto minoranze linguistiche, proprio perché, se non esistesse la differenza legale (cioè se non esistesse la 482/99), friulano e veneto, o sardo e lombardo, sarebbero esattamente sullo stesso piano d'uso.
      Non cadiamo nel tranello di considerare minoranza linguistica solo quella inscritta nella legge 482/99, perché non è una legge di uno stato a determinare la realtà scientifica ed oggettiva, ma dovrebbe essere il contrario. E questa discriminazione perpetrata dalla legge 482/99 (Tullio de Mauro, grazie di cuore) è qualcosa che non sta né in cielo né in terra. Anche perché, giusto per ricordarlo, la lingua veneta, non riconosciuta in Italia, è coufficiale al portoghese in alcuni territori del sud del Brasile, esattamente come la lingua ligure, anch'essa non riconosciuta in Italia, è invece considerata lingua nazionale e storica nel Principato di Monaco.

    • @Dallallero
      @Dallallero 6 лет назад +13

      #7 A 3:35 Serianni dice: "[i dialetti] sono invece in forte declino nelle grandi città del centro e del nord: Milano, Torino, Genova... nella stessa Roma, in cui il dialetto è piuttosto una calata vernacolare".
      Questo è uno dei giochetti piú comuni che la comunità accademica italiana ha sempre fatto: mischiare fra loro i dialetti propriamente detti (ovvero una varietà della lingua, in questo caso l'italiano) ed i "dialetti" intesi come al punto #1, cioè altre lingue che non hanno avuto la possibilità di diventare idiomi riconosciuti" (definizione tra l'altro tutta italica).
      E poco importa se poi Serianni specifica che però il romano è piuttosto una calata vernacolare, di fatto l'ha messo insieme al milanese, al torinese ed al genovese...
      Questo giochino di mischiare acqua e vino è stato il principale promotore del genocidio linguistico d'Italia: per secoli, infatti, l'idea di "Non parlare il dialetto 'ché sta male!" è sempre stata accompagnata dal falso storico che vedeva il "dialetto" stesso come una versione "sporca" della lingua italiana e quindi non degno, davanti alla purezza dell'italiano standard, di essere portato avanti.
      Se storicamente vi si fosse fatta chiarezza attorno alla natura indipendente del "dialetto" rispetto all'italiano, oggi vivremmo in una realtà totalmente bilingue (l'unica regione monolingue sarebbe la Toscana, mentre in Lazio, Umbria e parte delle Marche potrebbe venir riconosciuto e insegnato il cosiddetto "Italiano mediano", la cui natura di lingua a sé rispetto al toscano è però messa in discussione.
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      In ogni caso il professor Serianni termina il suo monologo con una parentesi che condivido e appoggio, ma che ti cito qua per fare delle considerazioni insieme a te.
      #8 A 5:45 il professore si mette a parlare "non tanto dei dialetti quanto della componente regionale dell'italiano" (ovvero del dialetto italiano di ogni singola regione, ovvero ancora delle variazioni regionali che l'italiano assume in tutto il territorio). In questi termini, fa notare come esistano i cosiddetti "sinonimi diatopici", diverse parole cioè che significano la stessa cosa, ma il cui sviluppo non è omogeneo su tutto il territorio italianofono, bensí limitato a determinate aree dello stesso.
      Serianni ricorda quindi che molti italiani vanno "dal tabaccaio", mentre altri vanno "dal tabacchino", cosí come molti ripongo vestiti sulla "gruccia", altri sulla "stampella", altri sull'"appendino", altri ancora sull'"attaccapanni". Dicendo ciò, ci tiene a far notare, a 6:55, che #9 "ognuno si rende conto del fatto che queste differenze non sono certamente tali da compromettere la comprensione reciproca".
      È molto interessante questa parentesi, perché la presenza di sinonimi diatopici od in generale di varietà linguistiche è spesso il perno centrale usato dagli stessi accademici italiani per denigrare le lingue regionali, che di lessico sinonimo ne possiedono tanto (colpa o merito della mancanza di uno standard linguistico a monte).
      Basti ricordarsi del vergognoso articolo del signor D'Achille dell'Accademia Della Crusca (che mi rifiuto di chiamare professore) a proposito della legge regionale per la protezione e valorizzazione della lingua lombarda in Lombardia (www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-mese/salvaguardia-lingua-lombarda-legge-regionale ), in cui tiene a precisare la sua assoluta convinzione sulla non-esistenza della lingua lombarda stessa, quanto piuttosto della presenza di "lingue lombarde", molteplici.
      Eh già, perché secondo queste persone [gli esponenti accademici italiani, ndr] il fatto che io dica "l'anguria che sto mangiando mi piace molto" e al sud dicano "il cocomero che sto a magnà mi piace assai" non compromette in alcun modo la natura "unita" dell'italiano (ed è verissimo!), ma poi il fatto che a Milano dicano "la majostra a l'è stra bona" e a Brescia dicano "la maeula l'è bona fêss" automaticamente implica la non esistenza della lingua lombarda, quanto piuttosto dell'esistenza di "diversi dialetti lombardi".
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      Sinceramente sono stanco di tanto pressapochismo.
      Prima si mettono su piani diversi lingue come il lomabrdo e lingue come il friulano, solo perché a livello legale hanno due status differenti. Dunque? Per caso una lingua esiste solo se uno stato la riconosce?
      Quindi il veneto è una lingua in Brasile, ma non lo è in Veneto? È tutto alquanto ridicolo.
      Soprattutto perché c'è l'assurda convinzione che una lingua sia tale solo se è riconosciuta come tale e, ancor prima, se possiede uno standard di scrittura. Ma tutto ciò è una falsità allucinante.
      Nella stessa Italia, ad oggi, esistono realtà in cui è riconosciuta come minoranza linguistica una lingua priva di standard ortografico comunemente accettato ed usato (vedasi il Ladino dolomitico, che possiede almeno 5 standard, nessuno legalmente adottato come tale), mentre non sono riconosciute come tali lingue ben piú "importanti" a livello numerico e che possiedono uno standard ortografico popolarmente accettato da molti anni (vedasi il piemontese).
      La linguistica è una scienza e come tale si basa su dati tangibili e riscontrabili in modo empirico e sperimentale. Non è un'idea.
      Ciò significa che, stabiliti dei criteri, è solo uno studio scientifico a determinare cosa è una lingua e cosa non lo è (per esempio, uno dei metodi per identificare i confini linguistici è il calcolo percentuale dell'intelligibilità fra due parlate). Non è né un'ideologia, né tantomeno una legge politica.
      Anche perché, parliamoci chiaro, quella storia che "la lingua è un dialetto con un esercito ed una marina", che si sente spesso facendo attivismo in questo settore, è una cagata mostruosa: i dialetti sono dialetti, le lingue sono lingue. Le lingue sono i muri, i dialetti sono i mattoni. Non esiste muro senza mattoni (cioè OGNI lingua possiede dialetti) e non esistono mattoni che non appartengano a muri (cioè un dialetto dev'essere dialetto di una qualche lingua).

  • @scuglieropiron
    @scuglieropiron 2 года назад +3

    Se lei fosse intellettualmente onesto direbbe che il dialetto veneto non ha lo status di lingua, e dunque a sua volta il popolo veneto non è considerato una minoranza, per motivi di centralismo e nazionalismo fascisteggiante. Ovvero per continuare a svuotarci le tasche e a non concederci l'autonomia. FINITELA! Unesco, Slovenia, Brasile, Regione Veneto, Regione FVG, ecc. lo riconoscono. Perchè lo shtado idagliano no? Fate 2+2.

  • @1969ES175
    @1969ES175 2 месяца назад +1

    Ma come si fa a dire una cosa del genere. La lingua è un dialetto che è stato standardizzato, rifinito, ampliato, razionalizzato, usato in letteratura, ecc. ecc. al fine di farne una lingua nazionale. Se il dialetto non subisce questo processo di standardizzazione e ottimizzazione non si può considerare alla stregua di una lingua. Può divertarlo se viene sottoposto a questi processi. Poi si contraddice da sé dicendo che il friulano e il sardo non sono dialetti ma "lingue di minoranza" quindi stabilendo una chiara differenza tra dialetto e lingua. Chiaramente se il friulano e il sardo sono lingue di minoranza e non dialetti ci sono dialetti che non lo sono.

    • @user-ib6fs1hj1b
      @user-ib6fs1hj1b Месяц назад

      Ma hai capito cosa hai scritto?! Non ce senso!