La Stampa - A Pristina i militari coronano i sogni di chi ha addosso le cicatrici della guerra

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  • Опубликовано: 27 дек 2019
  • 27 dicembre 2019
    Nella passeggiata scintillante e festosa tutti si girano di scatto quando passano gli alpini. E qualcuno in mezzo alla folla grida: «Auguri Italia». Il generale Michele Risi, che guida le truppe italiane e quindi l’intera forza schierata dalla Nato in Kosovo, raccoglie l’abbraccio di tutti. Si ferma, saluta e posa per qualche foto sotto il gigante albero illuminato. «Siamo qui da 20 anni e il nostro contributo nel percorso di pacificazione di quest'area è sotto gli occhi di tutti - dice il generale - Per noi è un lavoro di grande responsabilità: ci troviamo a due passi da casa e proprio per questo è fondamentale il dialogo che dovrà portare alla stabilizzazione». A Pristina, gli italiani sono ancora i più numerosi tra i militari delle 28 nazioni in campo: 542 unità di tutte le forze armate. Compresa la Marina, anche se il Kosovo non ha alcuno sbocco a mare. La base è nella vecchia area cinematografica e da qui parte un lavoro che non è solo fatto di pattuglie e controlli, di presidi su ponti o strade, di massima sorveglianza sui confini e di attenzione verso le tensioni. Qui gli italiani fanno (e hanno fatto) anche cose pratiche: raccolgono i bisogni di tutti attraverso un team specializzato che entra in contatto con le istituzioni e la gente comune e che alla fine trasforma in realtà i sogni di chi porta addosso ancora le cicatrici della guerra. Degli italiani, qui a Pristina, apprezzano l’impegno ma anche il buonumore e la voglia di far festa. E la prova, gli uomini di Kfor l’hanno data ieri sera anche al capo di stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli che ha scelto il Kosovo come ultima tappa del viaggio natalizio tra le missioni sparse per il mondo. Cena familiare e tanti sorrisi, qualche applauso, foto di gruppo e un impegno condiviso: «Continuare a far valere il peso dell’Italia perché anche il Kosovo possa avere il futuro che sogna».
    di Nicola Pinna, inviato a Pristina (Kosovo)
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