Un passetto alla volta e proviamo a camminare: la storia di Alice e la sua diagnosi di leucemia

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  • Опубликовано: 2 окт 2024
  • “Alice aveva 3 anni quando ha iniziato a stare male. Era stanca, cosa insolita dato che è sempre stata attiva e vivace. Un giorno si è addirittura addormenta sul piatto, era esausta e non riuscivo a tenerla sveglia. In ospedale i controlli hanno portato alla diagnosi: Leucemia Linfoide Acuta di tipo B. Ho pianto per una notte intera, ma poi ho resettato tutto mettendo a disposizione le mie energie più nascoste: avrei dovuto reagire.
    Ci hanno comunicato che, da protocollo sanitario per la leucemia AIEOP del 2017, saremmo partiti con terapie cortisoniche ad altissimi dosaggi e poi abbiamo iniziato le chemioterapie. Il suo catetere interno si chiamava "PINO", nome dato da un'infermiera per sdrammatizzare il fatto di vedersi questo tubicino fuoriuscire dal petto.
    La dottoressa ha utilizzato uno schema con dei disegni colorati per spiegarle la situazione. Lei aveva i globuli bianchi, ovvero i poliziotti che ci difendono da tutto quello che di estraneo entra nel nostro corpo come virus e batteri, che, essendo impazziti, andavano contro i loro compagni di squadra ovvero globuli rossi e piastrine e quindi lei non stava bene perché i poliziotti che dovrebbero essere buoni stavano facendo i monelli. I globuli rossi sono quelli che danno la forza di correre e giocare, ma lei non li aveva ed era per questo che sempre stanca. Le piastrine, che chiamiamo piastrelle, costruiscono un muro quando noi ci feriamo, non avendole, ad Alice le devono dare i dottori. Per incentivarla a collaborare e a prendere i farmaci la dottoressa le ha detto: “sappi che ogni volta che prendi una medicina, un po' di soldatini cattivi muoiono e lasciano spazio a quelli sani”.
    Alice con i dosaggi altissimi di cortisone andava letteralmente fuori di testa, era nervosissima e isterica tanto da picchiare addirittura la testa contro il muro. I cartoni animati ci hanno aiutati molto in queste circostanze perché non voleva giocare o ascoltare favole, tutti le davano fastidio.
    Durante le terapie non ha mai fatto storie, lei sapeva che l'obiettivo era sconfiggere i soldatini cattivi e faceva tutto quello che serviva.
    Alice è off therapy da quasi 2 anni. Parlo liberamente della malattia ma non sono tranquilla neanche adesso. Quando ci hanno detto che non c'era più traccia di malattia, non ho gioito e mi sono vergognata perché avrei dovuto essere felicissima e invece avevo paura del rischio di recidiva. Finché non saranno passati i 5 anni post terapia non voglio illudermi. Ogni piccola cosa scatena l’ansia.
    Poco alla volta abbiamo ripreso la normalità e questo è stato possibile grazie alla ricerca: quel mezzo attraverso il quale i medici riescono ad aumentare le probabilità che i nostri figli guariscano."
    Mamma Lidia e papà Marco

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