Le regole sono fatte per essere infrante No! Parla don Alberto Ravagnani
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- Опубликовано: 5 фев 2025
- In una sola sera - lunga quanto la storia del mondo - è concentrato il nucleo stesso del senso della vita, della morte, dell’amore, del dono reciproco, dell’amicizia con Dio.
L’evangelista Giovanni sceglie, in quell’ultima cena di Gesù con i suoi, di non raccontare l’istituzione dell’Eucaristia. Perché, forse non gli interessa? Come no, anzi, dal momento che Dio sogna in grande e sogna cose grandi, vuole regalarci il segreto di come nasce, si nutre, si trasmette, si vive l’Eucaristia. Tutto è racchiuso - nascosto eppur rivelato - dentro le parole, incandescenti come fuoco, che Gesù pronuncia nel suo lungo discorso, che è, sì, di addio, ma soprattutto di conferma del suo messaggio d’amore, perché arrivi da una stanza - il Cenacolo, appena illuminato da fiaccole, nella notte - al mondo intero, in pieno giorno, lungo i secoli.
Questo frammento del discorso di Gesù - in Gv 14,15-21, proclamato nella VI domenica di Pasqua - è simile ad un fuoco di artificio, che concentra la luce e la fa esplodere in alto, lanciando calore, energia, fuoco, luce nell’oscurità: protagonista è l’Amore, che danza con il Figlio e il Padre, è consolatore e presenza, esplode in vicinanza, paternità, conoscenza, guida, sicurezza; è frutto di preghiera, comunione intima, vita. L’orizzonte è quello della gratuità, del dono. Amare è, infatti, dono di Dio e, dall’altro lato, è risposta stessa al dono: all’Amore risponde l’amore, perché la misura dell’amore è amare senza avere misura.
Tutte le strade dell’amore portano a Dio: Gesù è apripista di questa gratuità fino alle estreme conseguente, ma non resta solo e non ci lascia soli: ci dona la sua Parola, il suo Spirito, il suo Corpo.
In queste settimane di “silenzio eucaristico”, risuona forte la voce dell’Amore, del dono gratuito di sé con chi abbiamo vicino: anche questa può essere un’opportunità per approfondire la dimensione ecclesiale della famiglia, prima cellula di Chiesa che vive nella casa, come al tempo dei primi cristiani.
La chiamata che il Signore fa ai suoi discepoli è una chiamata tutt’ora presente e viva, Gesù ogni giorno ci chiama a testimoniare la sua vita da Risorto, proprio attraverso le nostre vite fragili e scompigliate. Il Signore con la luce del Suo Spirito ci sollecita a saper riconoiscere i segni di risurrezione che la creatività del suo Amore a piene mani semina nel mondo, anzi a volte ci spiazza perché questi segni sono presenti anche là dove non avremmo mai immaginato.
Lasciamoci travolgere e rinnovare dallo Spirito Santo, il fedele compagno di viaggio del discepolo.
L’Amore vuole entrare in casa nostra: che non ci accada di rifiutarne il dono!