Ciao Mauro Forghieri, genio della Ferrari (11 mondiali) e non solo. Quando la Formula 1 era umana.

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  • Опубликовано: 8 сен 2024
  • Quando l'11 maggio 2013 ho incontrato per l'ultima volta Mauro Forghieri e l'ho documentato con la telecamera, stupidamente non ho accettato l'invito ad andare a trovarlo a casa sua. Avrei anche fatto con lui una splendida conversazione davanti alla telecamera. Tra le interviste che debbo fare e che ho scritto in una nota del telefonino c'è anche la sua. Ma non posso più farla perché Mauro è volato via.
    Questo video l'ho registrato alla Lamborghini di Sant'Agata Bolognese, dove mi aveva chiamato il mio amico Walter De Silva che quel giorno avrebbe presentato il prototipo Egoista, un unico esemplare prodotto per i 50 anni della Lamborghini. E mentre parlavo con Forghieri, De Silva è comparso alle sue spalle per dire che Mauro è il più grande ingegnere della storia.
    Io frequentavo l’ambiente della Formula 1 e i box e Mauro è sempre stato gentile con me. Poi lui amava la musica e ammirava il mio lavoro. Anche quando non ero famoso e trasmettevo solo nelle radio bolognesi. Ricordo che una volta mi telefonò per dirmi che Paul Newman stava provando a Imola. Io corsi letteralmente all’autodromo e quando entrai Forghieri stava camminando nei box con Paul. Appena mi vide disse all’attore che ero un suo amico e gli chiese se mi rispondeva a un paio di domande, che gli feci col mio registratore a bobine.
    Prendo a prestito dall’articolo di Giorgio Terruzzi alcune parole che raccontano Forghieri:
    «Furia» non c'è più. Mauro Forghieri ha spento il suo motore. Aveva 87 anni, è stato il tecnico più rilevante della storia Ferrari, assunto nel 1959, laurea fresca in Ingegneria meccanica. Enzo aveva dato retta a suo padre, Reclus, motorista del Cavallino. Fiducia a quel ragazzo sveglio, il cui carattere avrebbe segnato un sodalizio epocale.
    «Mi sgridava e quando urlava troppo, urlavo anch' io per difendermi. Gli dicevo: ma lei non è un ingegnere, è un ingegnere fatto con la matita».
    «Furia», appunto, il soprannome come una foto impregnata di energia, di Emilia; il dialetto per parlare con gente da grasso e olio, stessa terra, stessa passione. Genio in impennata permanente. Leggeva di tutto, arte e corse. Commentava le pagine del Corriere con una arguzia intatta. Un uomo carico di storia, di incontri memorabili, di gioie terribili: 54 vittorie nei Gp, 4 titoli mondiali piloti, 7 costruttori. Dimissioni datate 1984, in contrasto con gli interventi Fiat in casa Ferrari. Rapporto prolungato sino all'87. Progettava macchine intere, monoposto e prototipi. Un lavoratore indefesso e frenetico.
    Lauda: «Mi disse: in quella curva non guidi al massimo. Risposi: come fai a saperlo, è dall'altra parte della pista. Lui: me l'ha detto un mio amico. L'amico era il suo medico. Mauro, che fatica. Ma è stato il più straordinario tecnico mai incontrato».
    Anni «meravigliosi», come ha ricordato Luca di Montezemolo, direttore sportivo di quelle rosse: «Era un uomo geniale, con la Ferrari del cuore, ce lo invidiava tutto il mondo». Affetto e liti anche con Villeneuve che distruggeva telai e motori in rapide sequenze: «Mi raccomando, serve fare chilometri. Gilles: certo, lo so. E si schiantava dopo 500 metri».

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