Mario Calderara
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- Опубликовано: 27 ноя 2024
- Figlio di un Ufficiale di carriera dell'esercito, Marco, e di Eleonora Tantini, Mario Calderara nasce a Verona il 10 ottobre 1879. Ammesso all'Accademia Navale di Livorno nel 1898, era conosciuto dai suoi compagni di corso per la sua mania per il volo umano, un fenomeno che in quegli anni era totalmente sconosciuto, a parte qualche tentativo realizzato dal tedesco Otto Lilienthal (che morì in un incidente di volo nel 1896) e da Clement Ader in Francia. Nel 1903, dopo aver effettuato con successo alcuni esperimenti con degli alianti primitivi, rimase così entusiasta dalla notizia del volo dei fratelli Wright che si decise a scrivere loro numerose lettere per ottenere preziosi dettagli tecnici dell'impresa, corrispondenza che Wilbur e Orville accettarono di buon grado e che continuò assiduamente anche negli anni successivi formando la base di una solida amicizia che durò per tutta la vita. Giunto a Roma nell'aprile del 1909, Wright impartì a Calderara diverse lezioni di volo sull'aeroporto di Centocelle e successivamente anche al tenente del genio Umberto Savoja. Il primo maggio, prima di ritornare negli Stati Uniti dichiarò che Calderara era in grado ormai di volare da solo tanto che lo stesso fece molti voli prolungati da solista senza alcun problema fino all'incidente del 6 maggio che provocò la distruzione del Flyer ed una commozione celebrale per il povero Calderara. Dopo essere stato curato in ospedale riuscì a riparare l'aeroplano con l'assistenza di Savoja, che era un bravissimo ingegnere, e dopo un mese e mezzo (Luglio 1909) riprese i suoi voli a Centocelle. Il Vate D'annunzio da sempre interessato al volo umano era venuto a Brescia con la speranza di compiere un volo come passeggero. Glenn Curtiss lo portò in volo solo per pochi secondi a causa di problemi tecnici. Chiese quindi a Calderara, che conosceva dai tempi di Centocelle, di portarlo in volo. Quest'ultimo accettò e fece compiere a D'annunzio un lungo volo (oltre dieci minuti) intorno all'aeroporto. Il poeta, entusiasta, lodò enfaticamente la perizia di Calderara. In quel periodo d'Annunzio stava scrivendo un romanzo sul volo umano, che rinnovava il mito di Dedalo e Icaro. Egli diede all'eroe del suo libro, Paolo Tarsis, un temperamento simile a quello di Mario Calderara, visto come un pilota dal carattere forte e con dei riflessi rapidi.