Gentile signor D’aprile grazie per gli auguri ma anche quest’anno io non sento la festa se non per la gioia della famiglia. Anche quest’anno esattamente come l’anno scorso la mia categoria, quella a contratto determinato rinnovato di tot in tot, l’anno scorso fino al termine delle lezioni, non ha percepito stipendio da mesi e il Natale è al verde per chi come me ha lavorato tutti i giorni in maniera seria. Anche quest’anno ho avuto fiducia nel sindacato che sicuramente affronta tante problematiche ma non la nostra e speravo di non dover arrivare a fine gennaio come l’anno scorso. Mi hanno detto dalla sede locale che non si può far nulla se non scioperare. Questa risposta mi ha lasciata delusa: l’unico strumento è lo sciopero? Per un diritto io utilizzo lo sciopero e non la legge? Dice che non c’è legge per affrontare la situazione, io penso allora che non ci sia competenza nei nostri sindacalisti. Se sono insolvente lo Stato si avvale della legge la stessa legge dovrebbe essere garantita a noi lavoratori. Siamo troppo pochi per intraprendere un’azione legale? No non lo siamo. Qui mi viene un dubbio: forse siccome non paghiamo la nostra quota sindacale questo dramma è di second’ordine? Questa è la sensazione che ho. La vittoria di una causa non è sempre quella che si ha in tribunale ma spesso quella che “ pesa” sugli animi. Il malcontento dell’elettorato, della popolazione, della gente portato in una sede costituzionale, pubblica, dello Stato, è qualcosa che non si ignora. Speravo che non si ripetesse e si è ripetuto lo stesso scempio dell’anno scorso. Con gli stessi tempi e lo stesso silenzio da parte dei sindacati. I suoi auguri vanno a coloro che quest’anno festeggiano ma al grande, grandissimo numero di noi che non lo fanno non solo non arrivano ma sembrano una grande formalità. Vorrei anche ricordarle che lei è vero che rappresenta una categoria nazionale sulla carta ma nella realtà rappresenta 2 , forse più, mondi radicalmente diversi di questa Italia lavorativa: il nord e il sud ognuno con i propri numeri e le proprie forze. Allora giro a lei i suoi stessi auguri sperando che almeno lei ne possa godere.
Gentile signor D’aprile grazie per gli auguri ma anche quest’anno io non sento la festa se non per la gioia della famiglia. Anche quest’anno esattamente come l’anno scorso la mia categoria, quella a contratto determinato rinnovato di tot in tot, l’anno scorso fino al termine delle lezioni, non ha percepito stipendio da mesi e il Natale è al verde per chi come me ha lavorato tutti i giorni in maniera seria. Anche quest’anno ho avuto fiducia nel sindacato che sicuramente affronta tante problematiche ma non la nostra e speravo di non dover arrivare a fine gennaio come l’anno scorso. Mi hanno detto dalla sede locale che non si può far nulla se non scioperare. Questa risposta mi ha lasciata delusa: l’unico strumento è lo sciopero? Per un diritto io utilizzo lo sciopero e non la legge? Dice che non c’è legge per affrontare la situazione, io penso allora che non ci sia competenza nei nostri sindacalisti. Se sono insolvente lo Stato si avvale della legge la stessa legge dovrebbe essere garantita a noi lavoratori. Siamo troppo pochi per intraprendere un’azione legale? No non lo siamo. Qui mi viene un dubbio: forse siccome non paghiamo la nostra quota sindacale questo dramma è di second’ordine? Questa è la sensazione che ho. La vittoria di una causa non è sempre quella che si ha in tribunale ma spesso quella che “ pesa” sugli animi. Il malcontento dell’elettorato, della popolazione, della gente portato in una sede costituzionale, pubblica, dello Stato, è qualcosa che non si ignora. Speravo che non si ripetesse e si è ripetuto lo stesso scempio dell’anno scorso. Con gli stessi tempi e lo stesso silenzio da parte dei sindacati. I suoi auguri vanno a coloro che quest’anno festeggiano ma al grande, grandissimo numero di noi che non lo fanno non solo non arrivano ma sembrano una grande formalità. Vorrei anche ricordarle che lei è vero che rappresenta una categoria nazionale sulla carta ma nella realtà rappresenta 2 , forse più, mondi radicalmente diversi di questa Italia lavorativa: il nord e il sud ognuno con i propri numeri e le proprie forze. Allora giro a lei i suoi stessi auguri sperando che almeno lei ne possa godere.