Roma, 9 maggio 1997 - Prima parte | Indagini

Il 9 maggio 1997, poco dopo le 11.40, Marta Russo, studentessa romana di 22 anni, venne colpita alla testa da un proiettile mentre stava camminando in un viale dell’università La Sapienza. Morì cinque giorni dopo.
Il colpo di pistola era partito da un edificio alla sinistra del viale dove la ragazza stava camminando con una sua amica. La zona fu isolata e perlustrata ma non venne trovato nulla che potesse indicare da dove fosse stato sparato il colpo di pistola. Furono fatte molte ipotesi, il movente apparve incomprensibile.
Attraverso una serie di perizie balistiche e di analisi sui davanzali delle finestre dell’edificio si arrivò a individuare un'aula precisa, quella degli assistenti dell’istituto di Filosofia del Diritto, l’aula contrassegnata con il numero 6. Gli inquirenti denunciarono un clima di omertà all’interno dell’istituto: il direttore di Filosofia del Diritto, Bruno Romano, fu arrestato e accusato di favoreggiamento.
Dopo molti interrogatori, che furono poi contestati in fase processuale dalla difesa e che suscitarono polemiche per i metodi definiti estremamente duri, le indagini si concentrarono su due assistenti di Filosofia del diritto: Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Contro di loro ci furono tre testimonianze mentre le perizie balistiche che avevano portato all’individuazione della finestra dell’aula 6 come punto di provenienza dello sparo furono poi di fatto cancellate dalla Corte di Cassazione perché ritenute troppo contraddittorie e in sostanza non indicative.
Scattone e Ferraro, sempre proclamatisi innocenti, furono condannati per omicidio colposo il primo e per favoreggiamento il secondo.
L’esito di quel processo suscitò, e suscita ancora, polemiche e perplessità.
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[@user-kk3eh5qh3g]

Ben tornato! È un piacere ascoltarla!🥰👂🏻👍🏻

[@veruskavaglica4789]

Finalmente grazie a Stefano Nazzi ho compreso bene il delitto della sapienza grazie sei un giornalista bravissimo e unico grazie per esserci.