THE WITCH - LA REGINA DEI BOSCHI (una lettura femminista)

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  • Опубликовано: 7 ноя 2024
  • The Witch (2015, col sottotitolo A New-England Folktale) è un "film ispirato da un gran numero di leggende popolari su stregonerie del passato", così lo sceneggiatore e regista Robert Eggers. Agli inizi del XVII sec. la famiglia di un predicatore viene allontanata dalla propria comunità e costretta a vivere ai margini del bosco. Nella ricostruzione del periodo storico - dai costumi (L. Muir) alla lingua (l’Early Modern English), dalla fotografia della società all'immaginario collettivo - il regista newyorkese lambisce una cura che sa di fedeltà filologica. Thomasin, la giovane protagonista del film, rappresenta superbamente quel particolare periodo storico - liminale - nel quale fede e ragione ancora si sovrapponevano e dove la superstizione rappresentava il bagaglio culturale popolare, reale quanto la difficile vita dei campi. È impossibile guardare The Witch e non correre col pensiero alla sterminata letteratura sulla stregoneria, alle fiabe e leggende popolari, ai documenti d’archivio o fonti storiche. Ancora, a Carlo Ginzburg e al suo lavoro sui benandanti: i guerrieri spirituali che combattevano le forze del male per proteggere i raccolti ("le biade"). E, in questa accurata ricostruzione d’epoca, il tema della terra e del raccolto, l’ossessione per il cibo e la paura della fame così costante in quel mondo rurale si fa strada sin dal primo minuto (con il bosco dove si rifugiano gli animali e si nascondono le trappole) per attraversare l’intero lungometraggio (da notare quanto un film come La quinta stagione - 2012 - accumunato da The Witch per il filo rosso delle credenze e riti come costante della quotidianità nell’immaginario popolare condivida con esso anche l'estetica; inquadrature, composizione, luce: è tutto un felice omaggio alla pittura fiamminga del periodo, da Bruegel in poi). Il tema della stregoneria si presta poi a molteplici punti interpretativi: dal conflitto tra nomos e physis, a quello del soprannaturale sin fino a interrogare immaginario e inconscio collettivo. Il patriarcato, ancora, e il ruolo della donna. Di questo conflitto Thomasin, una superba Anya Taylor-Joy, ne è la degna rappresentazione plastica: a partire da quel suo corpo che la colloca ancora in una terra di mezzo (come il periodo storico in cui la vicenda si colloca) tra l'adolescenza e l'età adulta (nel corso del film assisteremo al suo menarca come accadde alla Moretz in Carrie). Così Thomasin vive un conflitto tra la repressione famigliare (rappresentata più ancora che dalla figura del padre dal modello femminile espresso della madre Katherine) e desiderio di autodeterminazione: non potrà sciogliersi che non con Thomasin che uccide la Regina del focolare, Katherine, per farsi - lei - Regina del bosco. La scelta di abbandonare la religione, il credo del padre (e dei Padri) per abbracciare la stregoneria e raggiungere una piena consapevolezza di sé chiude il film, in una delle sue immagini più potenti. Si aggiunga quanto in Eggers le metafore trovino forza nella concretezza del quotidiano: il caprone Black Philip, il diavolo, istiga Thomasin attraverso la promessa del burro (ancora il cibo): quel burro (butter) che secondo le antiche credenze le streghe rubavano dalle dispense una volta trasformatesi in farfalle (butterfly).
    "Tremate, tremate le streghe son tornate." Ma la grandezza del film di Eggers sta, ancor più, in questo forte messaggio femminista senza mai scadere nel didascalico o nel retorico. Se nel corso dei secoli la strega è sempre stata oggetto di persecuzione da parte delle autorità, a partire dagli anni Settanta il movimento femminista se ne impossessa, rivendicandone l'appartenenza. Se “la prolungata schiavitù della donna è la pagina nera della storia dell'umanità” scriveva un secolo e mezzo fa Elizabeth Cady Stanton più recentemente J. Doyle è andata oltre affermando che la storia dell'umanità è storia stessa del patriarcato e la donna è sempre stata il suo antagonista, così: "se il villaggio non ci vuole possiamo sempre dirigerci verso i boschi", quei boschi che sceglie Thomasin senza più quelle trappole che piazza la società: si chiamino imposizioni od obblighi (anche in Witch Hunt - 2020 - l’empowerment femminile viene rappresentato attraverso la scelta, visivamente poetica, di rifuggire la luce/legge e abbracciare l'ombra/libertà attraverso un volo). Come detto, la grandezza di The Wicht non è tanto per il tema che affronta quanto per il modo in cui lo fa. Anche Get Out di Peele (2017) è un film politico ma dinanzi all'eccellenza figurativa di Eggers Get Out appare poco più che il lavoro incerto e pasticciato di uno studente al primo anno del Cine-TV, neppure la declinazione in chiave satirica del bigottismo di una certa intellighenzia lo salva da un fastidioso paternalismo e retorica tronfia che il gioiello di Eggers o, ancora, la donna promettente Carey Mulligan - con quell'estetica smaccatamente pop - sono stati così abili da rifuggire regalandoci fotogrammi stupendi di cinema.

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