05 maggio - Søren Aabye Kierkegaard

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  • Опубликовано: 3 май 2023
  • «La rassegnazione non implica la fede. Perché nella rassegnazione io non acquisto altro che la mia coscienza eterna. E questo è un movimento strettamente filosofico che ho il coraggio di compiere quando è necessario, e che posso magari infliggermi: perché la coscienza della mia eternità è il mio amore verso Dio, e questo amore mi vale più d'ogni altra cosa.
    Per rassegnarsi non è necessaria la fede; ma è necessaria per ottenere qualsiasi cosa al di là della mia coscienza eterna. Questo è il paradosso. Si sogliono confondere spesso i movimenti fra loro. Si dice che ci vuole la fede per rinunciare a tutto.
    Si sentono anche i più strani discorsi, di gente che si lamenta d'aver perso la fede. E quando si guarda a quale grado della scala essi sono, ci si accorge con stupore che sono arrivati giusto al punto in cui debbono compiere il movimento infinito della rassegnazione.
    Con la rassegnazione io rinuncio a tutto: è un movimento che io compio da solo e, se me ne astengo, la colpa è della mia viltà, della mia mollezza, della mia mancanza di entusiasmo. Vuol dire allora che non ho il senso dell'alta dignità proposta a ogni uomo, d'essere censore a se stesso; dignità molto più eminente di quella di primo censore di tutta la repubblica romana.
    Compio quel movimento da solo; e la ricompensa che ne ho, è me stesso nella coscienza della mia eternità, in una felice armonia col mio amore per l'essere eterno. Mediante la fede, io non rinuncio a nulla; anzi ricevo tutto, nel senso in cui è scritto che chi avrà fede quanto un grano di senape potrà smuovere le montagne.
    Ci vuole un coraggio proprio umano per rinunciare a tutta la temporalità in vista di guadagnare l'eternità. Ma almeno io l'acquisto, né posso, una volta nell'eternità, rinunciarvi senza contraddizione. Ma ci vuole l'umile coraggio del paradosso per afferrare allora tutta la temporalità in virtù dell'Assurdo e questo coraggio è quello della fede.
    Per fede Abramo non rinunciò a Isacco; anzi per fede, l'ottenne. Il giovane ricco avrebbe dovuto dare tutti i suoi beni per virtù di rassegnazione; e dopo che egli avesse fatto ciò, il cavaliere della fede avrebbe dovuto dirgli: "Tu ritroverai ogni tuo avere in virtù dell'Assurdo. Puoi crederlo?".
    E questo discorso non dev'essere affatto indifferente a quel giovane; perché, se egli ha ceduto i suoi beni perché ne era stanco, vuol dire che la sua rassegnazione lascia molto a desiderare.»
    Da "Timore e tremore" di Søren Aabye Kierkegaard nel 210° anniversario della nascita.

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