Monte Pasubio di Bepi De Marzi

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  • Опубликовано: 20 дек 2023
  • Video registrato il 24 giugno 2023 a Soglio(Asti
    Canto Armonizzato da Bepi de Marzi su parole di Carlo Giminiani a ricordo della tragedia avvenuta su questo Massiccio tra il 1915 e il 1918.
    Il Pasubio, uno dei campi di battaglia tra i più tormentati della Prima guerra mondiale, il cui nome è ricordato in centinaia di paesi e di città che gli hanno dedicato una via.
    Tra il 1915 e il 1918.
    Il Pasubio divenne un tragico campo di battaglia: poco meno di 100.000 soldati italiani e austro-ungarici ne abitarono le pendici, la sommità e le valli che lo delimitano, tracciarono freneticamente strade e sentieri, montarono teleferiche e acquedotti, edificarono villaggi di baracche e scavarono centinaia di gallerie.
    Più di diecimila di loro vi morirono: in combattimento, per malattie e incidenti, travolti da valanghe.
    Al termine del conflitto i comuni di Terragnolo, Trambileno e Vallarsa uscirono dalla guerra distrutti.
    La ricostruzione iniziò grazie all’intervento del Genio militare italiano; contemporaneamente iniziò il lavoro di bonifica dei terreni dai proiettili inesplosi, la chiusura delle trincee, l’asportazione del filo spinato.
    Per molti abitanti il lavoro di recuperante fu l'opportunità alternativa all’emigrazione. Sui campi di battaglia le salme vennero recuperate, i cimiteri militari riesumati . Il Pasubio, con le sue sanguinose battaglie, divenne una delle montagne simbolo della vittoria italiana.
    La sua parte sommitale, delimitata da cippi con i nomi delle medaglie d’oro al valor militare, nel 1922 venne proclamata “zona sacra”, come il monte Grappa, il Sabotino e il San Michele e divenne subito meta di pellegrinaggi patriottici, luogo di cerimonie commemorative.
    Una nutrita e fortunata memorialistica sia italiana che austro-ungarica ha raccontato con toni epici, talvolta sofferti, le vicende del Pasubio e il sacrificio di migliaia di uomini bruciati in uno dei teatri più aspri del primo conflitto mondiale. A una prospettiva più intima, ma non meno grave, rimanda la poesia Valmorbia di Eugenio Montale, soldato in Vallarsa nella prima parte della guerra, di cui ricorda “le notti chiare” e la “terra ove non annotta”.
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