NON LEGGA CHI NON HA VISTO IL FILM... il messaggio del film, a mio avviso, sta nella figura del "gioco" che compare esplicitamente in due momenti: quello legato al gioco del tris con uno sconosciuto e il gioco delle ombre, alla fine. Mi pare dirimente il fatto che il personaggio del film giochi con qualcuno assolutamente sconosciuto, "invisibile" e destinato a restare ignoto, elementi che fanno pensare all'"Universo", all'assoluto, alla "Vita" in un ultima analisi. "vuoi giocare con la vita?", mi sembra questo ciò che il film lascia in consegna. Per il resto, non c'è che un condensato di pensiero e di estetica "Zen": ogni cosa è sacra; a partire da ogni attività, anche la più minuscola, come "la cerimonia del tè", o l'arte di comporre fiori, o come la pulizia di un bagno, si può fare esperienza della "illuminazione" (vedi la scena finale della luce che splende e il personaggio felice); c'è una bellezza misteriosa che si riflette negli oggetti più banali, un po' consunti, con qualche crepa-ferita (estetica del wabi-sabi). Se il film lascia un profondo senso di pace e di "riconciliazione" o di "cordialità" nei confronti della vita, vuol dire che ha saputo agire come una cerimonia sacra del tè... Anche guardare "Perfect dsys" è ina via verso l'illuminazione...
Credo che il fulcro del film sia l'alienazione e la mancata accettazione del dolore. Alienazione attraverso l'isolamento dal mondo esterno, lui si è creato un mondo tutto suo in cui non c'è spazio per nient altro se non per la bellezza racchiusa in piccolissimi dettagli. L'ultima scena evince un stato altalenante tra il dolore che oramai è salito a galla (con l'incontro della sorella) e la felicità illusoria.
La tua recensione è davvero molto bella, hai colto la sensibilità del film. Ogni scena è evocativa, parla a chi è in quella realtà e conosce quel linguaggio. Grazie.
Bellissimo film,ma anche a me ha lasciato un dubbio,non so se è lo stesso.cioe' un qualcosa di incompiuto,di irrisolto...si intuisce che la sua vita non sia stata sempre così...le ombre sono il suo passato e pensavo che il regista svelasse almeno in parte questo segreto,ma forse non importa anche se l ultima immagine non mi ha dato il senso di serenità ma di angoscia, con quel sorriso .....
Ciao @@monicalotti5648 secondo me non voleva essere il fulcro del film, il passato intendo. In quanto, se avesse dato un maggiore senso di completezza, sarebbe risultato, forse, didascalico. E' curioso che Wenders abbia voluto lasciare l'intuizione... e come dici tu, forse non importava. Il film non voleva parlare di quello. Per quanto riguarda, invece, l'inquadratura finale a me ha ricordato un po' le inquadrature finali di "Pearl" di Ti West o "Call me by your name". Nel primo caso sembrava decisamente più angosciante. Qui in Perfect Days onestamente non lo so, non ho provato quella sensazione.
@@simone.marcolin Ecco cosa mi ricordava l ultima scena,Call me by your name (l ho adorato)...stesso sorriso misto a dolore.si sono d accordo con te,con la tua analisi.Bellissimo film e un attore incredibile.
Senza offesa ma questa mi sembra veramente un'interpretazione superficiale e banale, avresti potuto dire lo stesso guardando il trailer o i primi 20 minuti. Questo è un film tragico, mostra un uomo che a causa di un ignoto trauma passato si è creato una routine "perfetta" e alienante, si sottrae alla vita fatta di interazione e reazione e vive principalmente di contemplazione. C'è naturalmente del buono nel saper apprezzare il presente, ma qui la cosa viene distorta, diventa un antidolorifico del quale si abusa, tanto che anche il presente non viene vissuto con pienezza ma solo in brevi momenti che il protagonista cerca di cristallizzare. Le ombre non diventano più scure se sovrapposte, ma lui insiste che deve essere così, perchè vuole a tutti i costi vedere una magia nelle cose, perchè è l'unico modo che ha di tirare avanti. La tragica verità è che è un uomo tormentato dal dolore, un uomo che si sforza di fare buon viso a cattivo gioco, e ci riesce solo con una routine perfetta. Ma non appena viene intaccata, anche di poco, il sorriso lascia sempre più spazio alla tristezza di fondo che non è mai andata via, come dimostra la bellissima scena finale.
Onestamente tutta questa tragedia e tristezza di fondo che hai visto tu, io non l'ho notata. O almeno, è palese che il film non voglia andare in quella direzione. Hirayama ha fatto pace con i suoi errori del passato e cerca solo giorni tutti uguali, al punto che quando capitano degli imprevisti, è turbato. Anche se riesce comunque a conservare lucidità e dimostra capacità di adattamento. Wenders ha detto chiaramente che il suo, è semplicemente un documentario su un uomo che vuole cogliere e vivere l'attimo pulendo bagni. È la stessa cosa che successe a Spielberg con "Lo squalo" dove molti giornalisti all'epoca, scrissero che l'animale rappresentava il comunismo che divora l'America e così via. Lui rispose "No è semplicemente un cavolo di squalo". Perdonami ma se la mia interpretazione risulta banale e superficiale, la tua risulta pregna di una sovrastruttura inutile.
Aggiungo inoltre che anche la fotografia, ad esempio, amplifica il come Hirayama viva la sua quotidianità. Perché si è vero, può sembrare alienante una vita così, ma lui riesce a spogliarla da questa alienazione ed ecco che gran parte dei momenti sono ritratti con colori accesi: viola, verde, blu e così via. Piuttosto che andare a girare il tutto su una scala di grigi, simbolo di quella alienazione di cui parliamo. Questa cosa la trovi solamente quando sta dormendo...
@@simone.marcolin Ti invito a riguardare il film e a basare le tue interpretazioni su quello che mostra l'opera, non su interviste all'autore, che sono appunto una sovrastruttura utile al massimo a capire la genesi dell'opera, mai il risultato finale. Starei anche a dibattere volentieri, ma quando dici che Hirayama ha fatto pace col suo passato vai proprio in contraddizione diretta con quello che mostra il film. Basterebbe citare il finale, ma anche prima ci sono tanti altri segni, dal suo non voler visitare il padre, al suo evitare di approfondire il suo rapporto con la ex moglie dell'uomo malato. È triste perché lui vorrebbe interagire, ha piacere nel farlo, lo si nota ad esempio dal gioco sul foglietto e dalla interazione con la nipote, ma è così ancora influenzato dal suo trauma passato che non va oltre( il gioco sul foglio è asincrono e impersonale, non cerca in nessun modo di riallacciare i rapporti con la sorella nonostante l'occasione). Riflettici.
@@Giuseppe-jy4ky lo riguarderò sicuramente. Il mio voler citare l'autore voleva solo essere un'aggiunta ulteriore sul fatto che alle volte non serve, forse, fare ulteriori castelli in aria (passami il termine) nei confronti di un'opera e non una base per la tesi. Anche se il tuo concludere con "mai il risultato finale", sembra che tu voglia dare per assoluta la tua visione su quel risultato. Che comunque la rispetto, ci sta e ci mancherebbe. Lo riguarderò tenendo presente ciò che dici.
@@Giuseppe-jy4ky Comunque concordo ad esempio sullo shot finale di questo pianto a misto sorriso e viceversa, che è simbolo di una persona non proprio così spensierata. Forse un po' serena ecco. Nel video non volevo che trasparisse l'idea (se è trasparsa) che Hirayama fosse completamente felice. Anzi, appare anche malinconico.
NON LEGGA CHI NON HA VISTO IL FILM...
il messaggio del film, a mio avviso, sta nella figura del "gioco" che compare esplicitamente in due momenti: quello legato al gioco del tris con uno sconosciuto e il gioco delle ombre, alla fine. Mi pare dirimente il fatto che il personaggio del film giochi con qualcuno assolutamente sconosciuto, "invisibile" e destinato a restare ignoto, elementi che fanno pensare all'"Universo", all'assoluto, alla "Vita" in un ultima analisi. "vuoi giocare con la vita?", mi sembra questo ciò che il film lascia in consegna. Per il resto, non c'è che un condensato di pensiero e di estetica "Zen": ogni cosa è sacra; a partire da ogni attività, anche la più minuscola, come "la cerimonia del tè", o l'arte di comporre fiori, o come la pulizia di un bagno, si può fare esperienza della "illuminazione" (vedi la scena finale della luce che splende e il personaggio felice); c'è una bellezza misteriosa che si riflette negli oggetti più banali, un po' consunti, con qualche crepa-ferita (estetica del wabi-sabi). Se il film lascia un profondo senso di pace e di "riconciliazione" o di "cordialità" nei confronti della vita, vuol dire che ha saputo agire come una cerimonia sacra del tè... Anche guardare "Perfect dsys" è ina via verso l'illuminazione...
Credo che il fulcro del film sia l'alienazione e la mancata accettazione del dolore. Alienazione attraverso l'isolamento dal mondo esterno, lui si è creato un mondo tutto suo in cui non c'è spazio per nient altro se non per la bellezza racchiusa in piccolissimi dettagli. L'ultima scena evince un stato altalenante tra il dolore che oramai è salito a galla (con l'incontro della sorella) e la felicità illusoria.
perché illusoria?...🤔
La tua recensione è davvero molto bella, hai colto la sensibilità del film. Ogni scena è evocativa, parla a chi è in quella realtà e conosce quel linguaggio. Grazie.
A te! 🙏🏻
Io ho pensato che il film insegnasse ad essere felici fino all’ultima scena che sinceramente mi ha lasciato tanti dubbi sulla vita di quest’uomo.
Ciao Agostino, dubbi del tipo? Cosa non ha convinto?
Bellissimo film,ma anche a me ha lasciato un dubbio,non so se è lo stesso.cioe' un qualcosa di incompiuto,di irrisolto...si intuisce che la sua vita non sia stata sempre così...le ombre sono il suo passato e pensavo che il regista svelasse almeno in parte questo segreto,ma forse non importa anche se l ultima immagine non mi ha dato il senso di serenità ma di angoscia, con quel sorriso .....
Ciao @@monicalotti5648 secondo me non voleva essere il fulcro del film, il passato intendo. In quanto, se avesse dato un maggiore senso di completezza, sarebbe risultato, forse, didascalico. E' curioso che Wenders abbia voluto lasciare l'intuizione... e come dici tu, forse non importava. Il film non voleva parlare di quello.
Per quanto riguarda, invece, l'inquadratura finale a me ha ricordato un po' le inquadrature finali di "Pearl" di Ti West o "Call me by your name". Nel primo caso sembrava decisamente più angosciante. Qui in Perfect Days onestamente non lo so, non ho provato quella sensazione.
@@simone.marcolin Ecco cosa mi ricordava l ultima scena,Call me by your name (l ho adorato)...stesso sorriso misto a dolore.si sono d accordo con te,con la tua analisi.Bellissimo film e un attore incredibile.
Un film che insegna tanto, nella sua semplicità è felice delle piccole cose della vita.
Senza offesa ma questa mi sembra veramente un'interpretazione superficiale e banale, avresti potuto dire lo stesso guardando il trailer o i primi 20 minuti. Questo è un film tragico, mostra un uomo che a causa di un ignoto trauma passato si è creato una routine "perfetta" e alienante, si sottrae alla vita fatta di interazione e reazione e vive principalmente di contemplazione. C'è naturalmente del buono nel saper apprezzare il presente, ma qui la cosa viene distorta, diventa un antidolorifico del quale si abusa, tanto che anche il presente non viene vissuto con pienezza ma solo in brevi momenti che il protagonista cerca di cristallizzare. Le ombre non diventano più scure se sovrapposte, ma lui insiste che deve essere così, perchè vuole a tutti i costi vedere una magia nelle cose, perchè è l'unico modo che ha di tirare avanti. La tragica verità è che è un uomo tormentato dal dolore, un uomo che si sforza di fare buon viso a cattivo gioco, e ci riesce solo con una routine perfetta. Ma non appena viene intaccata, anche di poco, il sorriso lascia sempre più spazio alla tristezza di fondo che non è mai andata via, come dimostra la bellissima scena finale.
Onestamente tutta questa tragedia e tristezza di fondo che hai visto tu, io non l'ho notata. O almeno, è palese che il film non voglia andare in quella direzione. Hirayama ha fatto pace con i suoi errori del passato e cerca solo giorni tutti uguali, al punto che quando capitano degli imprevisti, è turbato. Anche se riesce comunque a conservare lucidità e dimostra capacità di adattamento.
Wenders ha detto chiaramente che il suo, è semplicemente un documentario su un uomo che vuole cogliere e vivere l'attimo pulendo bagni. È la stessa cosa che successe a Spielberg con "Lo squalo" dove molti giornalisti all'epoca, scrissero che l'animale rappresentava il comunismo che divora l'America e così via. Lui rispose "No è semplicemente un cavolo di squalo". Perdonami ma se la mia interpretazione risulta banale e superficiale, la tua risulta pregna di una sovrastruttura inutile.
Aggiungo inoltre che anche la fotografia, ad esempio, amplifica il come Hirayama viva la sua quotidianità. Perché si è vero, può sembrare alienante una vita così, ma lui riesce a spogliarla da questa alienazione ed ecco che gran parte dei momenti sono ritratti con colori accesi: viola, verde, blu e così via. Piuttosto che andare a girare il tutto su una scala di grigi, simbolo di quella alienazione di cui parliamo. Questa cosa la trovi solamente quando sta dormendo...
@@simone.marcolin Ti invito a riguardare il film e a basare le tue interpretazioni su quello che mostra l'opera, non su interviste all'autore, che sono appunto una sovrastruttura utile al massimo a capire la genesi dell'opera, mai il risultato finale. Starei anche a dibattere volentieri, ma quando dici che Hirayama ha fatto pace col suo passato vai proprio in contraddizione diretta con quello che mostra il film. Basterebbe citare il finale, ma anche prima ci sono tanti altri segni, dal suo non voler visitare il padre, al suo evitare di approfondire il suo rapporto con la ex moglie dell'uomo malato. È triste perché lui vorrebbe interagire, ha piacere nel farlo, lo si nota ad esempio dal gioco sul foglietto e dalla interazione con la nipote, ma è così ancora influenzato dal suo trauma passato che non va oltre( il gioco sul foglio è asincrono e impersonale, non cerca in nessun modo di riallacciare i rapporti con la sorella nonostante l'occasione). Riflettici.
@@Giuseppe-jy4ky lo riguarderò sicuramente. Il mio voler citare l'autore voleva solo essere un'aggiunta ulteriore sul fatto che alle volte non serve, forse, fare ulteriori castelli in aria (passami il termine) nei confronti di un'opera e non una base per la tesi. Anche se il tuo concludere con "mai il risultato finale", sembra che tu voglia dare per assoluta la tua visione su quel risultato.
Che comunque la rispetto, ci sta e ci mancherebbe. Lo riguarderò tenendo presente ciò che dici.
@@Giuseppe-jy4ky Comunque concordo ad esempio sullo shot finale di questo pianto a misto sorriso e viceversa, che è simbolo di una persona non proprio così spensierata. Forse un po' serena ecco. Nel video non volevo che trasparisse l'idea (se è trasparsa) che Hirayama fosse completamente felice. Anzi, appare anche malinconico.