Condivido in pieno la tua tesi. Il VdE va bene fino al midpoint, va spesso bene per storie d'avventura, o comunque sia con azione. Sono ancora d'accordo di combinare insieme al VdE la struttura in 3 atti perché è quella che ti fa raggiungere meglio il finale. Anche io attendo nuovo video a proposito di altri modelli da seguire e non. Grazie per quello che fai!
Ciao Andrea, video molto interessante. Ho sempre guardato al viaggio dell'eroe come un meta-modello di storia più che un modello, interpretandolo con impliciti gradi di flessibilità. In sintesi, concordo pienamente con la discussione riportata nel video. Scrivo questo commento per chiederti gentilmente se ti va di fornire una lista di testi, saggi con cui approfondire argomenti di narratologia. Grazie infinite.
Certo, tutti i modelli in effetti si possono intendere in questo modo, proprio perché non c'è una scienza esatta della narratologia. Credo che in realtà le cose siano andate così: Vogler a un certo punto leggendo Campbell si rende conto di aver "crackato" le storie e scrive ai suoi colleghi "oh, raga, non ci crederete ma ho trovato un modo con cui si riesce a scrivere una storia che funziona in 12 facilissimi passi, ecco qui la lista". Quindi inizialmente era un approccio molto utilitaristico, poi però lui stesso si è reso conto che aveva scalfito la superficie di qualcosa di più profondo e ha approfondito, includendo nozioni e concetti che non erano inizialmente previsti dalle sue tappe del viaggio, che quindi diventa tanto allegorico da non essere nemmeno più un modello. Comunque sì, ho intenzione di fare altri video dedicati a modelli o a manuali/testi utili, però non a breve termine, di sicuro non entro l'anno.
Video molto interessante, grazie. Io ero partito dal testo della Marks, ma ora mi hai fatto venir voglia di leggere anche Vogel. Fermo restando che nessun testo può portare a verità assolute.
Ciao Andrea. Video interessantissimo! In effetti il Voler l'ho trovato utile sotto certi aspetti ma poco applicabile su altre storie, come hai giustamente sottolineato tu. Ci sono comunque romanzi epocali (mi viene in mente Mattatoio n. 5) che non seguono apparentemente alcuno schema narrativo classico, ma addirittura lo distruggono. Mi piacerebbe sapere se esiste da qualche parte un'analisi non solo delle storie di successo che seguono l'arco di trasformazione o simili, ma anche di quelle che invece non lo fanno. Vorrei molto capire cosa rende certi romanzi immortali, pur non rifacendosi a nessuno schema. Grazie mille.
È una questione molto interessante. A mio avviso più ci si allontana da un modello narrativo (consapevole o meno) e più bisogna compensare con altre caratteristiche che danno significato alla storia. Una di queste per esempio è l'umorismo: quando una storia fa ridere, allora molte debolezze strutturali passano in secondo piano o si possono perdonare. Ne acennavo per esempio nel video in cui faccio il confronto tra i due Ghostbusters, dicendo che il secondo è "migliore" del primo proprio perché il primo non sviluppa nessun tema. Avevo anche pensato di fare un video simile come speciale di Halloween analizzando L'armata delle tenebre, che ha una storia sgangherata ma, siccome fa ridere, funziona. Kurt Vonnegut fa sempre un uso importante dell'umorismo, e questo credo che faccia da collante anche a storie più destrutturate. Nel caso di Mattatoio n.5, per come me lo ricordo secondo me si può comunque individuare una struttura di base, però in generale credo che il principio funzioni. Se ti interessa nella rubrica HAPPY EDITOR che tengo sul canale Penne Arrufate c'è una puntata in cui parliamo proprio di storie "destrutturate", anche se con un taglio un po' diverso, però potrebbero darti qualche spunto in questo senso.
@@StoryDoctor io la vedo come il calcio, o il basket, o gli sport sufficientemente complessi. Ovvero: si può vincere in tanti modi diversi. Nel basket ad esempio per decenni si è detto che si vinceva se si era più alti, grossi, atletici, si controllava il pitturato e si prendevano i rimbalzi. Poi arriva Golden State e rivoluziona tutto e si tira principalmente da tre. Io non credo a chi dice che la Verità è una e una sola... Vogler è lo schema che più ha vinto nella storia della scrittura, e pure quello più facile, ma non è l'unico. L'arco di trasformazione è giocare di squadra, compatti, aiutarsi, correre tanto senza la palla, difendere tutti insieme, passarsela in maniera fluida. La maniera più semplice per vincere. Ma ricordiamo pure il Brasile 2002, che aveva talenti in ogni ruolo, e il suo gioco era "chi ha la palla fa quello che vuole, dribbla senza senso, e segna da solo". E si è portato a casa la Coppa del Mondo. Vonnegut era un Ronaldinho. Perché doveva triangolare, correre senza palla, smarcarsi, quando poi, quando aveva la sfera, aveva una classe tale che poteva fare quello che voleva? Di Ronaldinho (e di Vonnegut) però ce ne sono stati uno in tutta la storia. Di fuoriclasse un po' di più, ma non così tanti. E la stragrande maggioranza di chi scrive o vuole scrivere, non lo sono. E a noi conviene imparare a correre e a smarcarci.
@@giannitabaldi3799 Sì, concordo, infatti come dico spesso la scrittura non è una scienza esatta. Se esistessero formule sicure per la qualità e il successo, tutti i libri tutti i film tutti i fumetti tutte le serie tutte le opere sarebbero fenomenali. E invece... Però, premesso questo, se qualcuno vuole mettersi a studiare e cercare di capire, da qualche parte bisogna partire, non si può dire "ah boh sai non c'è un modo nessuno lo sa". Dei principi ci sono, degli schemi emergenti si trovano, quindi si inizia con quelli e poi, quando si è acquisita abbastanza familiarità, allora si può provare a scardinarli. Penso che anche Ronaldinho si allenasse col palleggio, no?
@@StoryDoctor oddio. Su questo esempio non sono sicurissimo. Penso che lo facesse e basta. Ma ho capito il senso di quello che vuoi dire e concordo. Più che altro è forse Ronaldinho (uno dei più anarchici, pigri, indolenti fuoriclasse della storia del calcio) che è difficile da usare come esempio in questo contesto. Per il concetto che stai esprimendo (e su cui come detto concordo), a me viene come esempio più Picasso. Uno che padroneggiava (e perché l'aveva studiata) in maniera eccelsa la prospettiva, ma poi con il cubismo aveva deciso di fregarsene. Ma non ha inventato il cubismo perché non sapeva usare la prospettiva, anzi!
Più del viagigo dell'eroe lui propone l'arco di trasformazione, che comunque ha parecchi punti di sovrapponibilità. Comunque non sto dicendo che una storia *non deve* seguire un modello narrativo, ma che limitarsi al solo viaggio dell'eroe (il più diffuso) è spesso limitante.
Ciao Andrea, prima di tutto complimenti per il canale, ti ho scoperto da poco e mi sto dedicando al binge watching dei tuoi video. Sono d'accordo però solo in parte con il tuo video, ma vorrei più che altro aggiungere una cosa: il perché "il viaggio dell'eroe" funzioni non è spiegato da Vogler, ma la sua risposta ce l'ha nei saggi e negli studi precedenti su cui Vogler stesso si è basato. E non sono studi di narratologia, ma di carattere sociologico, antropologico e psicologico. Mi riferisco ovviamente a "L'Eroe dai Mille Volti" di Campbell (e prima ancora di lui "Il Ramo d'Oro" di Frazier, o alcuni saggi di Robert Graves), a Propp, e agli studi psicologici sugli archetipi e il parallelismo tra mito e psiche di Freud e Jung. Alcune risposte (non ovviamente tutte: siamo ancora in un territorio inesplorato, ma per questo è tanto affascinante!) sono lì. Personalmente anche io mi sono sempre fatto le stesse domande che ti sei fatto tu, e la mia ricerca mi ha portato lì. Di mio, la risposta che mi sono dato è che il Viaggio dell'Eroe funzioni, e l'Arco di Trasformazione sia tanto affascinante, è perché noi vogliamo essere lettori perché vogliamo essere testimoni di un cambiamento. Noi esseri umani siamo evoluzione, il nostro istinto ci porta a voler essere, domani, qualcosa di diverso rispetto a ciò che eravamo ieri. Ma quel che eravamo tendiamo sempre a ricordarlo e a portarcelo comunque dentro. È questo, per me, la stilla che ci porta a scrivere, a leggere, e ci affascina in tutte le storie in cui ci imbattiamo. Ah, una cosa che trovo fantastica nella vicenda di Vogler, e che mi pare di capire quale sia il tuo cruccio nel video: il fatto che in qualche modo abbia trovato la formula per la Pietra Filosofale, capace di trasformare il vile metallo in oro, ma non avesse capito realmente il procedimento. A te crea dubbi, a me sembra una fantastica testimonianza di come il mondo funzioni su principi matti, ma sensazionali.
Capisco cosa intendi, infatti per certi versi una delle parte più interessanti sono gli approfondimenti che Vogler stesso ha aggiunto nelle edizioni successive. Il mio video però era rivolto soprattutto a chi prende il modello del viaggio dell'eroe semplicemente come una guida rapida per scrivere una storia, che poi è appunto il modo in cui il modello è nato e si è diffuso.
@@StoryDoctor ah, una postilla sul concetto di "viaggio", che se non ricordo male la dice Dara Marks all'inizio di un suo saggio: lo chiamiamo "viaggio" non tanto in senso letterale, ma perché alla fine il protagonista, e noi di riflesso, non dobbiamo essere nello stesso punto (o la stessa persona) di quando siamo partiti.
il viaggio dell'eroe non basta o non funziona solo se non lo si è capito :D se uno non capisce il modello archetipico che sta alla sua base, se uno non ha però letto Campbell, non ha letto Propp, non conosce Jung, non conosce il significato di attante, allora è chiaro che non capirà mai l'essenza del viaggio dell'eroe (che non è solo Vogler)... e l'altro problema è che come tutti i paradigmi non è una prigione e non deve esserlo, se "non sai cosa mettere perché nel viaggio non c'è scritto", allora, appunto, non ha capito nulla di quel modello :D il viaggio non è vago, è archetipico!!! se lo ritieni vago sei tu che non ci ha capito una fava!!!
Infatti è talmente archetipico che vogler stesso lo ha riempito di note a margine perché ci sono quelli che non capisco una fava (e non hanno letto Propp)
@@psiche79 è sicuramente un mio limite, ma faccio estrema fatica a comprendere il senso della tua risposta... o forse sei tu che non hai capito quello che ho scritto io?!
@@lucabrunetti6040 è evidente che non ho capito quello che hai scritto. Sono nel nutrito gruppo di quelli che non capiscono una fava, a cui vogler ha dedicato un'intera edizione (deve stimare davvero poco il suoi lettori)
@@psiche79 sì in effetti non hai davvero capito una minchia!!! a prescindere da quello che Vogler ha scritto... cioè, mi sa che il problema è assai più a monte
Che vuoi che ti dica, evidentemente allora ci sono intere generazioni di sceneggiatori che non hanno capito una fava. Il che è possibile, visto quello che mediamente si vede al cinema o in tv. Ma proprio perché l'approccio "superficiale" al viaggio dell'eroe è quello che va per la maggiore, mi sembra importante sottolinare che è importante non fermarsi lì.
Mi piace da pazzi sto canale... Spero che cresca e abbia tutto il successo che si merita... Ciao grande! 👍🏻
Condivido in pieno la tua tesi. Il VdE va bene fino al midpoint, va spesso bene per storie d'avventura, o comunque sia con azione. Sono ancora d'accordo di combinare insieme al VdE la struttura in 3 atti perché è quella che ti fa raggiungere meglio il finale.
Anche io attendo nuovo video a proposito di altri modelli da seguire e non.
Grazie per quello che fai!
Ciao Andrea, video molto interessante. Ho sempre guardato al viaggio dell'eroe come un meta-modello di storia più che un modello, interpretandolo con impliciti gradi di flessibilità. In sintesi, concordo pienamente con la discussione riportata nel video. Scrivo questo commento per chiederti gentilmente se ti va di fornire una lista di testi, saggi con cui approfondire argomenti di narratologia. Grazie infinite.
Certo, tutti i modelli in effetti si possono intendere in questo modo, proprio perché non c'è una scienza esatta della narratologia. Credo che in realtà le cose siano andate così: Vogler a un certo punto leggendo Campbell si rende conto di aver "crackato" le storie e scrive ai suoi colleghi "oh, raga, non ci crederete ma ho trovato un modo con cui si riesce a scrivere una storia che funziona in 12 facilissimi passi, ecco qui la lista". Quindi inizialmente era un approccio molto utilitaristico, poi però lui stesso si è reso conto che aveva scalfito la superficie di qualcosa di più profondo e ha approfondito, includendo nozioni e concetti che non erano inizialmente previsti dalle sue tappe del viaggio, che quindi diventa tanto allegorico da non essere nemmeno più un modello.
Comunque sì, ho intenzione di fare altri video dedicati a modelli o a manuali/testi utili, però non a breve termine, di sicuro non entro l'anno.
Grande Viscusi, ti vedo in forma!
Video molto interessante, grazie. Io ero partito dal testo della Marks, ma ora mi hai fatto venir voglia di leggere anche Vogel. Fermo restando che nessun testo può portare a verità assolute.
anch'io ne ho bisogno, e mi ricordo che alle elementari mi ero offeso per non aver ricevuto anche il perché
Ciao Andrea. Video interessantissimo! In effetti il Voler l'ho trovato utile sotto certi aspetti ma poco applicabile su altre storie, come hai giustamente sottolineato tu. Ci sono comunque romanzi epocali (mi viene in mente Mattatoio n. 5) che non seguono apparentemente alcuno schema narrativo classico, ma addirittura lo distruggono. Mi piacerebbe sapere se esiste da qualche parte un'analisi non solo delle storie di successo che seguono l'arco di trasformazione o simili, ma anche di quelle che invece non lo fanno. Vorrei molto capire cosa rende certi romanzi immortali, pur non rifacendosi a nessuno schema. Grazie mille.
È una questione molto interessante. A mio avviso più ci si allontana da un modello narrativo (consapevole o meno) e più bisogna compensare con altre caratteristiche che danno significato alla storia. Una di queste per esempio è l'umorismo: quando una storia fa ridere, allora molte debolezze strutturali passano in secondo piano o si possono perdonare.
Ne acennavo per esempio nel video in cui faccio il confronto tra i due Ghostbusters, dicendo che il secondo è "migliore" del primo proprio perché il primo non sviluppa nessun tema. Avevo anche pensato di fare un video simile come speciale di Halloween analizzando L'armata delle tenebre, che ha una storia sgangherata ma, siccome fa ridere, funziona.
Kurt Vonnegut fa sempre un uso importante dell'umorismo, e questo credo che faccia da collante anche a storie più destrutturate. Nel caso di Mattatoio n.5, per come me lo ricordo secondo me si può comunque individuare una struttura di base, però in generale credo che il principio funzioni.
Se ti interessa nella rubrica HAPPY EDITOR che tengo sul canale Penne Arrufate c'è una puntata in cui parliamo proprio di storie "destrutturate", anche se con un taglio un po' diverso, però potrebbero darti qualche spunto in questo senso.
@@StoryDoctor io la vedo come il calcio, o il basket, o gli sport sufficientemente complessi. Ovvero: si può vincere in tanti modi diversi.
Nel basket ad esempio per decenni si è detto che si vinceva se si era più alti, grossi, atletici, si controllava il pitturato e si prendevano i rimbalzi. Poi arriva Golden State e rivoluziona tutto e si tira principalmente da tre.
Io non credo a chi dice che la Verità è una e una sola...
Vogler è lo schema che più ha vinto nella storia della scrittura, e pure quello più facile, ma non è l'unico. L'arco di trasformazione è giocare di squadra, compatti, aiutarsi, correre tanto senza la palla, difendere tutti insieme, passarsela in maniera fluida. La maniera più semplice per vincere. Ma ricordiamo pure il Brasile 2002, che aveva talenti in ogni ruolo, e il suo gioco era "chi ha la palla fa quello che vuole, dribbla senza senso, e segna da solo". E si è portato a casa la Coppa del Mondo.
Vonnegut era un Ronaldinho. Perché doveva triangolare, correre senza palla, smarcarsi, quando poi, quando aveva la sfera, aveva una classe tale che poteva fare quello che voleva?
Di Ronaldinho (e di Vonnegut) però ce ne sono stati uno in tutta la storia. Di fuoriclasse un po' di più, ma non così tanti. E la stragrande maggioranza di chi scrive o vuole scrivere, non lo sono. E a noi conviene imparare a correre e a smarcarci.
@@giannitabaldi3799 Sì, concordo, infatti come dico spesso la scrittura non è una scienza esatta. Se esistessero formule sicure per la qualità e il successo, tutti i libri tutti i film tutti i fumetti tutte le serie tutte le opere sarebbero fenomenali. E invece...
Però, premesso questo, se qualcuno vuole mettersi a studiare e cercare di capire, da qualche parte bisogna partire, non si può dire "ah boh sai non c'è un modo nessuno lo sa". Dei principi ci sono, degli schemi emergenti si trovano, quindi si inizia con quelli e poi, quando si è acquisita abbastanza familiarità, allora si può provare a scardinarli. Penso che anche Ronaldinho si allenasse col palleggio, no?
@@StoryDoctor oddio. Su questo esempio non sono sicurissimo. Penso che lo facesse e basta. Ma ho capito il senso di quello che vuoi dire e concordo.
Più che altro è forse Ronaldinho (uno dei più anarchici, pigri, indolenti fuoriclasse della storia del calcio) che è difficile da usare come esempio in questo contesto.
Per il concetto che stai esprimendo (e su cui come detto concordo), a me viene come esempio più Picasso. Uno che padroneggiava (e perché l'aveva studiata) in maniera eccelsa la prospettiva, ma poi con il cubismo aveva deciso di fregarsene. Ma non ha inventato il cubismo perché non sapeva usare la prospettiva, anzi!
Non fateo sentire al Duca di Baionette perfavore che potrebbe sentirsi male
Interessante
Il Duca direbbe che se la tua storia non può essere inserita nel viaggio dell'erore, probabilment enon ha motivo di essere raccontata.
Più del viagigo dell'eroe lui propone l'arco di trasformazione, che comunque ha parecchi punti di sovrapponibilità. Comunque non sto dicendo che una storia *non deve* seguire un modello narrativo, ma che limitarsi al solo viaggio dell'eroe (il più diffuso) è spesso limitante.
@@StoryDoctor scusa era solo una piccola ironia shah comunque grazie per la risposta, ha molto molto senso!
E i libri da non leggere?
Parleremo anche di quello, ma non prima di fine anno...
Mi spiace deluderti, ma alle elementari non si studiano più le terne pitagoriche :D
Allora farò un video per spiegare di cosa sto parlando!
@@StoryDoctor in compenso in prima media, mia figlia sta facendo i ruoli e le funzioni di Propp e la struttura della fiaba!
Ciao Andrea, prima di tutto complimenti per il canale, ti ho scoperto da poco e mi sto dedicando al binge watching dei tuoi video.
Sono d'accordo però solo in parte con il tuo video, ma vorrei più che altro aggiungere una cosa: il perché "il viaggio dell'eroe" funzioni non è spiegato da Vogler, ma la sua risposta ce l'ha nei saggi e negli studi precedenti su cui Vogler stesso si è basato. E non sono studi di narratologia, ma di carattere sociologico, antropologico e psicologico. Mi riferisco ovviamente a "L'Eroe dai Mille Volti" di Campbell (e prima ancora di lui "Il Ramo d'Oro" di Frazier, o alcuni saggi di Robert Graves), a Propp, e agli studi psicologici sugli archetipi e il parallelismo tra mito e psiche di Freud e Jung.
Alcune risposte (non ovviamente tutte: siamo ancora in un territorio inesplorato, ma per questo è tanto affascinante!) sono lì.
Personalmente anche io mi sono sempre fatto le stesse domande che ti sei fatto tu, e la mia ricerca mi ha portato lì. Di mio, la risposta che mi sono dato è che il Viaggio dell'Eroe funzioni, e l'Arco di Trasformazione sia tanto affascinante, è perché noi vogliamo essere lettori perché vogliamo essere testimoni di un cambiamento.
Noi esseri umani siamo evoluzione, il nostro istinto ci porta a voler essere, domani, qualcosa di diverso rispetto a ciò che eravamo ieri. Ma quel che eravamo tendiamo sempre a ricordarlo e a portarcelo comunque dentro.
È questo, per me, la stilla che ci porta a scrivere, a leggere, e ci affascina in tutte le storie in cui ci imbattiamo.
Ah, una cosa che trovo fantastica nella vicenda di Vogler, e che mi pare di capire quale sia il tuo cruccio nel video: il fatto che in qualche modo abbia trovato la formula per la Pietra Filosofale, capace di trasformare il vile metallo in oro, ma non avesse capito realmente il procedimento.
A te crea dubbi, a me sembra una fantastica testimonianza di come il mondo funzioni su principi matti, ma sensazionali.
Capisco cosa intendi, infatti per certi versi una delle parte più interessanti sono gli approfondimenti che Vogler stesso ha aggiunto nelle edizioni successive. Il mio video però era rivolto soprattutto a chi prende il modello del viaggio dell'eroe semplicemente come una guida rapida per scrivere una storia, che poi è appunto il modo in cui il modello è nato e si è diffuso.
@@StoryDoctor ah, una postilla sul concetto di "viaggio", che se non ricordo male la dice Dara Marks all'inizio di un suo saggio: lo chiamiamo "viaggio" non tanto in senso letterale, ma perché alla fine il protagonista, e noi di riflesso, non dobbiamo essere nello stesso punto (o la stessa persona) di quando siamo partiti.
@@giannitabaldi3799 Sicuro, infatti in diversi momenti in questo stesso video faccio riferimento al viaggio allegorico compiuto in una storia.
Per george lucas, peter jacks9n, steven spielberg e gli altri è bastato , per tizio qualunque sconosciuto su youyube no!
Perché infatti sono sicuro che a seguire i corsi di sceneggiatura su youtube siano gente come Lucas, Spielberg e Jackson.
il viaggio dell'eroe non basta o non funziona solo se non lo si è capito :D se uno non capisce il modello archetipico che sta alla sua base, se uno non ha però letto Campbell, non ha letto Propp, non conosce Jung, non conosce il significato di attante, allora è chiaro che non capirà mai l'essenza del viaggio dell'eroe (che non è solo Vogler)... e l'altro problema è che come tutti i paradigmi non è una prigione e non deve esserlo, se "non sai cosa mettere perché nel viaggio non c'è scritto", allora, appunto, non ha capito nulla di quel modello :D il viaggio non è vago, è archetipico!!! se lo ritieni vago sei tu che non ci ha capito una fava!!!
Infatti è talmente archetipico che vogler stesso lo ha riempito di note a margine perché ci sono quelli che non capisco una fava (e non hanno letto Propp)
@@psiche79 è sicuramente un mio limite, ma faccio estrema fatica a comprendere il senso della tua risposta... o forse sei tu che non hai capito quello che ho scritto io?!
@@lucabrunetti6040 è evidente che non ho capito quello che hai scritto. Sono nel nutrito gruppo di quelli che non capiscono una fava, a cui vogler ha dedicato un'intera edizione (deve stimare davvero poco il suoi lettori)
@@psiche79 sì in effetti non hai davvero capito una minchia!!! a prescindere da quello che Vogler ha scritto... cioè, mi sa che il problema è assai più a monte
Che vuoi che ti dica, evidentemente allora ci sono intere generazioni di sceneggiatori che non hanno capito una fava. Il che è possibile, visto quello che mediamente si vede al cinema o in tv. Ma proprio perché l'approccio "superficiale" al viaggio dell'eroe è quello che va per la maggiore, mi sembra importante sottolinare che è importante non fermarsi lì.
anch'io ne ho bisogno, e mi ricordo che alle elementari mi ero offeso per non aver ricevuto anche il perché