Cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva: stato dell'arte delle conoscenze

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  • Опубликовано: 5 сен 2024
  • Iacopo Olivotto
    Professore Ordinario di Cardiologia, Università degli Studi di Firenze
    Direttore Cardiologia Pediatrica, AOU Meyer (AOUM), Firenze
    La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva è una malattia genetica molto diffusa, ma si stima sia largamente sottostimata. Sarebbero infatti oltre 100mila le persone colpite in Italia, ma di queste solo circa 15mila avrebbero ricevuto una diagnosi corretta. Nei restanti casi, i sintomi sono confusi con quelli di altre malattie a carico del cuore o sono sottovalutati.
    La patologia causa un importante ispessimento delle pareti del muscolo cardiaco e un aumento sproporzionato del consumo di energia, che nel lungo termine può avere conseguenze anche molto gravi. I sintomi più comuni sono palpitazioni, stanchezza, affanno e difficoltà a svolgere esercizio fisico, soprattutto dopo i pasti. Più raramente si presentano sincope, angina e dispnea. Nelle forme cosiddette ostruttive, può anche esistere un ostacolo all’uscita del sangue dal ventricolo sinistro, che, in alcuni casi, necessita di una correzione chirurgica. Esistono, però, anche casi lievi e del tutto asintomatici. Questo rende ancora più complessa la diagnosi, soprattutto nei giovani. La malattia viene in genere diagnosticata intorno ai 40 anni, ma è spesso già presente fin dall’adolescenza. La medicina sportiva è in grado di riconoscerla in stadi asintomatici grazie agli esami previsti per gli atleti, soprattutto l’ECG, ed è in grado di ridurre in modo significativo i casi di morti improvvise durante le competizioni sportive.
    In Italia esistono diversi centri di cura con esperienza specifica per questa patologia e per altre cardiopatie genetiche. È fondamentale che i pazienti si rivolgano ai centri dedicati, che hanno molta più esperienza nel riconoscere i sintomi, fornire corrette informazioni e individuare il migliore trattamento. La chirurgia è consigliata solo per le forme ostruttive gravi e implica il ricovero in centri di eccellenza, perché è un intervento raro. Per molti di questi pazienti è necessario l’impianto di un defibrillatore salvavita. La maggior parte dei casi richiede invece una terapia farmacologica, che fino a oggi è stata costituita da betabloccanti, calcioantagonisti e antiaritmici, sviluppati per altre patologie. La prima terapia sviluppata espressamente per la cardiomiopatia ipertrofica, il mavacamten, è un modulatore allosterico orale first-in-class della miosina cardiaca. I dati clinici hanno confermato il promettente potenziale come possibile opzione di trattamento per pazienti sintomatici con la forma ostruttiva.
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