Maria Valtorta - Evangelo cap. 361: Due innesti che trasformeranno gli apostoli.

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  • Опубликовано: 19 авг 2024
  • Maria Valtorta - Evangelo cap. 361: Due innesti che trasformeranno gli apostoli. Maria di Magdala avverte Gesù di un pericolo. Miracolo sul fiume Giordano in piena.
    17 settembre 1944.
    Finalmente posso scrivere quanto mi occupa la vista mentale e l’udito mentale dalla prima alba di stamane, rendendomi sofferente per lo sforzo di udire le cose esterne e di casa mentre devo vedere e udire le cose di Dio, e insofferente di ogni altra cosa che non sia ciò che lo spirito vede.
    Quanta pazienza mi ci vuole a… non perdere la pazienza nell’attendere il momento di dire a Gesù: «Eccomi! Ora puoi andare avanti»! Perché, l’ho detto più volte e lo ripeto, quando io non posso proseguire o iniziare il racconto di ciò che vedo, allora la scena si ferma alle prime battute, oppure al punto in cui vengo interrotta, per poi svolgersi oltre, e di nuovo, quando sono libera di seguirla. Credo che ciò voglia Dio perché io non ometta o erri neppure un particolare, cosa che potrebbe accadermi se io scrivessi qualche tempo dopo aver visto.
    Assicuro sulla mia coscienza che quanto scrivo, perché lo vedo o lo odo, lo scrivo mentre lo vedo e odo.
    Ecco dunque cosa vedo da stamane, e il mio interno ammonitore mi dice esser l’inizio di una lunga e bella visione.
    Gesù, con un tempo da lupi, cammina per una fangosissima via di campagna. La strada è un piccolo fiume di mota che sfalda e schizza ad ogni pedata, una mota giallastra, collosa, scivolosa come sapone molle, che si appiglia ai sandali, li aspira come una ventosa, e nello stesso tempo sfugge sotto essi, rendendo penoso l’andare fra tanto sdrucciolio.
    Deve aver piovuto e ripiovuto in quei giorni. E il cielo ancora ne promette, basso, plumbeo come è, corso da nuvoloni pesanti che spingono dei venti di scirocco o greco, così pesanti che l’aria pare, nella bocca, un corpo dolciastro come una patina mielosa. Non dà sollievo questo sincopato soffio di vento, che piega le erbe e i rami e poi passa e tutto ritorna nell’immobilità pesante dell’afa tempestosa. Ogni tanto un nuvolone si apre e grosse gocce, calde come venissero da una doccia tiepida, scendono a far bolle nella mota, che schizza ancor più bene sulle vesti e le gambe.
    Il basso delle tuniche, per quanto Gesù e i suoi le abbiano rialzate, facendole molto rimboccare alla vita coll’aiuto del cordone che le serra alla cintura, è tutto una pillacchera di fango, molto umido in basso, quasi secco negli schizzi più alti. Vesti e mantelli, anche questi portati il più possibile in alto, tenendoli piegati in mezzo per pulizia e per doppio riparo dagli acquazzoni brevi ma violenti, ne sono tutti bruttati. I piedi, poi, e le gambe sino a mezzo stinco, sembra abbiano una spessa calza di bernoccoluta lana, la quale invece è mota, mota e mota che si è incrostata su essi.
    Fin qui l’inizio. Poi ora prosegue.
    I discepoli si lamentano un poco del tempo e della strada e, sia detto pure, anche della voglia, poco… igienica del Maestro, di andare in giro con un tempo simile.
    Gesù pare non senta. Ma sente. E due o tre volte si volta leggermente indietro - camminano quasi in fila indiana per tenere il lato sinistro della via, un poco più elevato del destro e perciò meno motoso - si volge a guardarli. Ma non parla.
    L’ultima volta è il più anziano dei discepoli che dice: «Oh! povero me! Con questo umido che mi si asciuga addosso voglio sentirne dei dolori! Sono vecchio io! Non ho più trent’anni!».
    E Matteo anche lui borbotta: «E io, allora? Io non c’ero abituato… Quando pioveva a Cafarnao, tu lo sai, Pietro, non andavo fuori della mia casa. Mettevo dei servi al banco della gabella e questi mi portavano coloro che dovevano pagare. Avevo organizzato un vero servizio per questo. Già… chi era in giro con tempi brutti? Uhm! Qualche melanconico e basta. Mercati e viaggi si fanno col tempo buono…».
    «Tacete! ché sente!», dice Giovanni.
    «Ma no che non sente. Pensa, e quando pensa… è come noi non si esista», dice Tommaso.
    «E quando fissa una cosa non lo smuove nessuna giusta considerazione. Vuol fare ciò che vuole. Non si fida che di Sé stesso. Sarà la sua rovina. Si consigliasse un poco con me… So tante cose io!», dice Giuda col suo sussiego di “fa tutto” e di “son più degli altri”.
    «Che sai?», chiede Pietro, subito rosso come un galletto.
    «Tutto tu sai! Che amici hai? Sei forse un grande d’Israele? Ma va’ là! Anche tu sei un pover’uomo come me e gli altri. Un poco più bello… Ma bellezza di gioventù è fiore che dura un giorno! Anche io ero bello!».
    Una fresca risata di Giovanni spezza l’aria. Anche gli altri ridono, e scherzano un poco Pietro per le sue rughe, le sue gambe un poco divaricate come quelle di tutti i marinai, i suoi occhi un poco bovini e arrossati dai venti del lago.
    «Ridete pure, ma è così. E poi, non mi interrompete. Di’ tu, Giuda. Che amici hai? Che sai? Per sapere ciò che fai capire, devi avere amici fra i nemici di Gesù. E chi ha amici fra i nemici è un traditore. Ehi! ragazzo! Bada a te se ti preme la tua bellezza!......

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