Bellissima intervista,nn finisci mai di stupirci,sei un grande artista e un grande uomo...grazie Lino,x la bella serata che ci hai regalato..ti ammiro tantissimo!!
Ho visto questa intervista la settimana scorsa. Bella e interessante. Per una volta non “in edizione ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali”. Ho continuato a pensare ad alcune delle cose che avete detto raccontando i quando, i dove e soprattutto i come ed i perché della carriera di attore di Lino Guanciale. Non ho avuto la fortuna di vederlo a teatro, perché nell’ultimo decennio in particolare per la prima volta nella mia vita sono stata mio malgrado quasi completamente a digiuno di alimento culturale, con l’unica eccezione dei libri. Casi della vita (Alzheimer di mia madre e poi cancro mio). Prima però, dai primi ricordi d’infanzia in poi, sono stata esposta a qualsiasi genere di spettacolo dal vivo disponibile nella mia città e poi da grande anche altrove. Sicuramente appartengo a quel tipo di pubblico che citava Lino Guanciale degli anziani (anche se ancora, essendo nata nel 1960, mi devo abituare a riconoscermi del tutto in questa categoria) abituati a considerare il teatro tra gli altri come normale parte della propria vita culturale. E andare a teatro, ma anche al cinema e ai concerti, agli spettacoli di danza e ai festival, perfino al circo e al teatro dei burattini da bambina, mi è mancato e mi manca enormemente. Ora che personalmente potrei di nuovo fare tutto questo, anche se con qualche complicazione pratica in più per me, abbiamo vissuto ormai un anno secco di pandemia. Sfortuna individuale a parte, mi mancano tantissimo queste cose e sono veramente molto, molto preoccupata. Già prima del COVID tanti cinema e teatri romani importanti hanno chiuso o comunque non funzionavano più regolarmente come tali (mi vengono in mente il Valle e l’Eliseo) e tra le attività che riprenderanno non si vede una data vicina e certa. Riflettendo sul come sono diventata una persona che considera il teatro, e tutto il resto, come parte importante della mia auspicata qualità di vita non posso che rispondere dicendo che mi ci hanno portato: i miei genitori, le mie scuole, i miei amici. Se questo non fosse successo, non avrei neanche potuto scoprire il mio amore per lo spettacolo dal vivo, il bisogno di vedere in concerto i musicisti che amo o la differenza che fa guardare i ballerini muoversi davanti ai miei occhi invece che attraverso uno schermo con immagini registrate. A prescindere dalle inclinazioni personali penso sia importante trasmettere la differenza più importante: il fatto che si tratta sempre di esperienze vissute, come tali uniche e non riproducibili che possono essere indimenticabili oppure no, ma in ogni caso non sostituibili con nessun’altra cosa. Questa qualità è inattingibile da qualsiasi altra modalità di visione, per quanto tecnologicamente perfetta o futuribile, ed è a mio parere universalmente comprensibile per tutti gli esseri umani nel momento in cui la sperimentano. Ricordo alcuni degli spettacoli a cui ho “partecipato” - e lo dico con un certo pudore, ma in fondo, sì, si può usare questo participio presuntuoso perché senza il pubblico gli spettacoli non ci sono - come ricordo eventi della mia vita privata. Salvo Randone, già vecchio nell’Enrico IV e figuratevi che io non amo Pirandello; Gassmann nel suo Kean al Quirino, Proietti nel primo A me gli occhi, please al Teatro Tenda, La Gatta Cenerentola di De Simone al festival di Spoleto con i miei genitori (ho rovinato le cassette che mi feci comprare appena uscite a forza di sentirle), Manuela Kustermann in Frankiska al Teatro in Trastevere, un’edizione delle Troiane del Festival di Avignone che io ho visto tra le rovine del terremoto della vecchia Gibellina. Ma ricorderò per sempre anche i Beatles all’Adriano nel 68 (merito ovviamente non mio ma di mio padre) o Patti Smith a Firenze nel 79 mio ultimo anno di Liceo e anche il mio primo Woody Allen al Farnese o i Predatori dell’Arca perduta in un cinema per allora galattico a Leicester Square a Londra (perché anche i film se visti al cinema sono un’esperienza “fisica”) o la mia prima coreografia di Balanchine col NY City Ballet al Festival Roma Europa dei primi anni. Considero una grande fortuna aver avuto queste esperienze, che mi hanno fatto diventare quella che sono (o forse ero?) e vorrei che il maggior numero possibile di persone avesse la possibilità di fare le proprie. Sono anche convinta che non serva poi questa grande preparazione o chissà quali prerequisiti culturali per fare entrare queste cose nella propria vita: se io ho potuto farmi affascinare dalla Gatta Cenerentola a sedici anni, o rimanere a bocca aperta sentendo una messa di Palestrina cantata in S. Pietro dal Coro della Cappella Sistina a 12… Non ho figli, quindi non ho potuto fare la mia parte nel trasmettere l’unicità dell’esperienza dello spettacolo dal vivo se non marginalmente coinvolgendo qualche amico e conoscente e mi sento un poco in colpa. Per questo la mia stima per Lino Guanciale ascoltandolo raccontare il suo lavoro teatrale è cresciuta moltissimo. Credo che l’impegno di coinvolgere e avvicinare soprattutto i ragazzi al teatro sia la parte culturalmente e socialmente più importante del suo lavoro (e poi, certo, a me personalmente farebbe piacere vederlo almeno una volta recitare dal vivo e possibilmente se riuscirà a farlo nella Vida es sueño che è una delle opere teatrali lette che amo da sempre, ma la mia presenza è meno importante di quella di un diciottenne che metta piede per la prima volta a teatro). Grazie per aver espresso in modo così chiaro, coerente e significativo un impegno culturale così importante e perdono per la filippica che ho scritto sotto le mentite spoglie di “commento”.
Grande GRANDE LINO GUANCIALE fan avezzanese
Bravo
LINO GUANCIALE ❤❤❤❤❤❤❤❤🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🌹🍀🍀🍀🍀🍀🍀🍀🍀💋👏👏👏👏Liebe Grüße aus Vienna ! BESTE SCHAUSPIELER .DANKE.GRAZIE
Bellissima intervista,nn finisci mai di stupirci,sei un grande artista e un grande uomo...grazie Lino,x la bella serata che ci hai regalato..ti ammiro tantissimo!!
Inizio non poteva essere migliore. TOP nella professione e Top uomo.
E' veramente toccante constatare che Lino è sinceramente commoso.
Ho visto questa intervista la settimana scorsa. Bella e interessante. Per una volta non “in edizione ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali”. Ho continuato a pensare ad alcune delle cose che avete detto raccontando i quando, i dove e soprattutto i come ed i perché della carriera di attore di Lino Guanciale. Non ho avuto la fortuna di vederlo a teatro, perché nell’ultimo decennio in particolare per la prima volta nella mia vita sono stata mio malgrado quasi completamente a digiuno di alimento culturale, con l’unica eccezione dei libri. Casi della vita (Alzheimer di mia madre e poi cancro mio).
Prima però, dai primi ricordi d’infanzia in poi, sono stata esposta a qualsiasi genere di spettacolo dal vivo disponibile nella mia città e poi da grande anche altrove. Sicuramente appartengo a quel tipo di pubblico che citava Lino Guanciale degli anziani (anche se ancora, essendo nata nel 1960, mi devo abituare a riconoscermi del tutto in questa categoria) abituati a considerare il teatro tra gli altri come normale parte della propria vita culturale. E andare a teatro, ma anche al cinema e ai concerti, agli spettacoli di danza e ai festival, perfino al circo e al teatro dei burattini da bambina, mi è mancato e mi manca enormemente. Ora che personalmente potrei di nuovo fare tutto questo, anche se con qualche complicazione pratica in più per me, abbiamo vissuto ormai un anno secco di pandemia. Sfortuna individuale a parte, mi mancano tantissimo queste cose e sono veramente molto, molto preoccupata. Già prima del COVID tanti cinema e teatri romani importanti hanno chiuso o comunque non funzionavano più regolarmente come tali (mi vengono in mente il Valle e l’Eliseo) e tra le attività che riprenderanno non si vede una data vicina e certa.
Riflettendo sul come sono diventata una persona che considera il teatro, e tutto il resto, come parte importante della mia auspicata qualità di vita non posso che rispondere dicendo che mi ci hanno portato: i miei genitori, le mie scuole, i miei amici. Se questo non fosse successo, non avrei neanche potuto scoprire il mio amore per lo spettacolo dal vivo, il bisogno di vedere in concerto i musicisti che amo o la differenza che fa guardare i ballerini muoversi davanti ai miei occhi invece che attraverso uno schermo con immagini registrate. A prescindere dalle inclinazioni personali penso sia importante trasmettere la differenza più importante: il fatto che si tratta sempre di esperienze vissute, come tali uniche e non riproducibili che possono essere indimenticabili oppure no, ma in ogni caso non sostituibili con nessun’altra cosa. Questa qualità è inattingibile da qualsiasi altra modalità di visione, per quanto tecnologicamente perfetta o futuribile, ed è a mio parere universalmente comprensibile per tutti gli esseri umani nel momento in cui la sperimentano.
Ricordo alcuni degli spettacoli a cui ho “partecipato” - e lo dico con un certo pudore, ma in fondo, sì, si può usare questo participio presuntuoso perché senza il pubblico gli spettacoli non ci sono - come ricordo eventi della mia vita privata. Salvo Randone, già vecchio nell’Enrico IV e figuratevi che io non amo Pirandello; Gassmann nel suo Kean al Quirino, Proietti nel primo A me gli occhi, please al Teatro Tenda, La Gatta Cenerentola di De Simone al festival di Spoleto con i miei genitori (ho rovinato le cassette che mi feci comprare appena uscite a forza di sentirle), Manuela Kustermann in Frankiska al Teatro in Trastevere, un’edizione delle Troiane del Festival di Avignone che io ho visto tra le rovine del terremoto della vecchia Gibellina. Ma ricorderò per sempre anche i Beatles all’Adriano nel 68 (merito ovviamente non mio ma di mio padre) o Patti Smith a Firenze nel 79 mio ultimo anno di Liceo e anche il mio primo Woody Allen al Farnese o i Predatori dell’Arca perduta in un cinema per allora galattico a Leicester Square a Londra (perché anche i film se visti al cinema sono un’esperienza “fisica”) o la mia prima coreografia di Balanchine col NY City Ballet al Festival Roma Europa dei primi anni. Considero una grande fortuna aver avuto queste esperienze, che mi hanno fatto diventare quella che sono (o forse ero?) e vorrei che il maggior numero possibile di persone avesse la possibilità di fare le proprie. Sono anche convinta che non serva poi questa grande preparazione o chissà quali prerequisiti culturali per fare entrare queste cose nella propria vita: se io ho potuto farmi affascinare dalla Gatta Cenerentola a sedici anni, o rimanere a bocca aperta sentendo una messa di Palestrina cantata in S. Pietro dal Coro della Cappella Sistina a 12…
Non ho figli, quindi non ho potuto fare la mia parte nel trasmettere l’unicità dell’esperienza dello spettacolo dal vivo se non marginalmente coinvolgendo qualche amico e conoscente e mi sento un poco in colpa. Per questo la mia stima per Lino Guanciale ascoltandolo raccontare il suo lavoro teatrale è cresciuta moltissimo. Credo che l’impegno di coinvolgere e avvicinare soprattutto i ragazzi al teatro sia la parte culturalmente e socialmente più importante del suo lavoro (e poi, certo, a me personalmente farebbe piacere vederlo almeno una volta recitare dal vivo e possibilmente se riuscirà a farlo nella Vida es sueño che è una delle opere teatrali lette che amo da sempre, ma la mia presenza è meno importante di quella di un diciottenne che metta piede per la prima volta a teatro).
Grazie per aver espresso in modo così chiaro, coerente e significativo un impegno culturale così importante e perdono per la filippica che ho scritto sotto le mentite spoglie di “commento”.
Sono Rosanna una tua fan posso parlare con te
Sei bellissimo
L’aver vinto il premio GASMAN NON HA AIUTATO Lino?