"La madre dell’ucciso". di Francesco Ciusa e la sua tomba a Nuoro.

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  • Опубликовано: 15 окт 2024
  • La scultura "La madre dell’ucciso"
    La tomba di Ciusa si trova a Nuoro, nella chiesetta di Santu Caralu, nel quartiere di Santu Predu, di fronte alla casa natale dello scultore Francesco Ciusa.
    Tra il 1906 e 1907 lo scultore nuorese Francesco Ciusa realizza l’originale in gesso de La madre dell’ucciso. Esposta nel 1907 alla Biennale di Venezia, l’opera riscuote un grande successo, facendo di Ciusa il primo artista sardo ad acquistare fama al di fuori dell'isola (quello di prima scrittrice, come sappiamo, è riservato a Grazia Deledda) (Giuliana Altea 2007).
    Talento nuorese
    Francesco Ciusa nasce a Nuoro il 2 luglio 1883. Fin dalla giovinezza mostra passione per la scultura e il disegno. Il suo talento e il sostegno economico del Comune di Nuoro lo portano a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
    Troppo forte era, però, il richiamo dell’Isola, tanto da spingerlo nel 1903, terminati gli studi, a farvi ritorno. È la Sardegna, con la sua storia, le sue tradizioni e i suoi miti ad ispirarlo, tanto da valergli il titolo, a posteriori, di “Fidia dell’Atene Barbaricina” (Andrea Delle Case 2002).
    Non è un caso che La madre dell’ucciso ritragga un’anziana donna vestita col tradizionale abito sardo. Accovacciata a terra con le braccia a cingerle le gambe, la figura ha la postura della veglia funebre (Sa Raja).
    Durante il rituale le donne, raccolte attorno al focolare spento, piangevano la morte dei propri cari. De La madre di Ciusa colpisce lo sguardo, perso nel dolore e adombrato dal velo che le copre il capo. Le labbra sono serrate in un ostinato mutismo, a indicare una sofferenza impossibile da esprimere per una perdita sostenuta con orgoglio e dignità.
    Faida e arte
    A ispirare l’artista fu un grave fatto di cronaca avvenuto nel 1897: Mauro Manca, giovane trentenne, venne assassinato dal bandito Giuseppe Lovicu nelle campagne di Nuoro. L'omicida operò d'intesa con Elias e Giacomo Serra Sanna. Le ragioni dell’omicidio erano legate al cosiddetto codice della vendetta sarda. Manca aveva testimoniato a processo contro i tre, i quali erano stati condannati per abigeato, giurando di vendicare il torto subito. («“Tzia Grazia Puxeddu, la vera madre dell’ucciso” - La Nuova Sardegna» 2013).
    Francesco, allora quattordicenne, si recò nelle campagne di Tertilo appena saputa la notizia dell'omicidio. Era mosso dalla curiosità di vedere il corpo. Fu allora che assistette alle strazianti urla di dolore di tzia Grazia Puxeddu, la madre dell’ucciso. La scena lo segnò a tal punto da determinare, a distanza di anni, il suo destino di artista.
    ... il fanciullo, arrivato ad un punto, non ebbe più la forza né il coraggio di proseguire. Rifece il sentiero fino alla fonte ed affranto, piegandosi su se stesso, sedette con i gomiti sulle ginocchia ed il viso fra le mani. Stette così in meditazione, fisso al rigagnolo che, scorrendo dalla fontana sotto i suoi occhi, ne raccoglieva le lacrime. Il tenue mormorio dell’acqua si univa e si confondeva con i sussulti dell’anima del fanciullo; […] Era il pianto del dolore, del terrore, dell’odio, della morte, un pianto che si infrangeva nella scogliera, gonfio dei tormenti e degli affanni di tutta una gente. Chi ha visto mai granire il grano? Così maturarono i “soggetti” nel cuore del fanciullo sognatore divenuto uomo (Bossaglia Rossana 1990).
    Come Ciusa racconta nel suo diario, La madre dell’ucciso, oltre che essere calata nel contesto sardo dell’epoca (segnato da faide che si sostituivano a una giustizia statale poco efficiente), partecipava alla temperie culturale della Nuoro del primo Novecento.
    Successo
    Il poeta Sebastiano Satta, amico dello scultore, e la sorella di Grazia Deledda furono tra i primi a vedere l'opera appena realizzata (Bossaglia Rossana 1990). Proprio la Deledda incoraggiò Ciusa a esporre l’opera alla Biennale di Venezia.
    Mai decisione fu più felice: con La madre Francesco ottenne in Italia fama e successo, grazie agli apprezzamenti dei colleghi e dei critici. Di lui Vittorio Pica ebbe a scrivere
    un giovane Sardo, Francesco Ciusa, che esordisce nell’arte in modo davvero degno di richiamare su di lui l’attenzione degli intenditori, con una figura in gesso, grande al vero, di vecchia ed aggrinzita contadina, La madre dell’ucciso, di fin troppo minuziosa fattura realistica e di non comune efficacia espressiva (Marisa Mura 2020)
    Lusinghiere anche le parole di Ugo Ojetti
    Francesco Ciusa, un sardo ignoto finora alle grandi esposizioni, manda un gesso La madre dell’ucciso, così profondamente osservato, reso con tanta coscienza, costruito con tanta scienza.
    che mi sembra la più importante rivelazione della mostra di scultura (Marisa Mura 2020)
    di Francesca Melas

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