Gentile Maddalena, vorrei chiederle, da vecchio lettore di Dewey, se esiste qualcuno che ha confrontato le riflessioni svolte da Heidegger in Essere e Tempo sul mezzo (l'utilizzabile intramondano) e il rapporto tra mezzo e fine, (e quindi su i rimandi che il mezzo implica come strumento) con la concezione pragmatista. Devo confessare che oggi mi appare Heidegger molto più acuto, nelle sue considerazioni, di qualsiasi pragmatista preso a caso. Soprattutto perché a Heidegger non sfugge che il rapporto col mezzo è un rapporto problematico se assunto come semplice oggetto che se ne sta li per essere utilizzato, insomma come "semplice presenza", cioè come Bestand, come dirà più tardi. E questo perché i rimandi che il mezzo implica, essendo infiniti, non possono ridurlo a cosa, oggetto, ente a disposizione. Tanto è vero che pure Dewey diceva che il mezzo si risolve nel fine in vista e che raggiunto il fine si aprono possibilità di altri fini da raggiungere mediante mezzi adeguati allo scopo. Se la caratteristica del mezzo è l'adeguamento allo scopo, questo non può in nessun modo essere definito come ente. Ciò anche perché il mondo non è definibile come somma di oggetti/enti che io via via conosco utilizzandoli. Il mondo è dato prima come insieme di rimandi. Il mondo è un orizzonte entro cui ci troviamo già. Mentre sembra che per i pragmatisti il mondo, la realtà sia un processo che va costruendosi come se noi fossimo fuori dalla realtà; assumendo surrettiziamente (metafisicamente) come aproblematica la distinzione tra conoscente e conosciuto.
Bravo
Gentile Maddalena, vorrei chiederle, da vecchio lettore di Dewey, se esiste qualcuno che ha confrontato le riflessioni svolte da Heidegger in Essere e Tempo sul mezzo (l'utilizzabile intramondano) e il rapporto tra mezzo e fine, (e quindi su i rimandi che il mezzo implica come strumento) con la concezione pragmatista. Devo confessare che oggi mi appare Heidegger molto più acuto, nelle sue considerazioni, di qualsiasi pragmatista preso a caso. Soprattutto perché a Heidegger non sfugge che il rapporto col mezzo è un rapporto problematico se assunto come semplice oggetto che se ne sta li per essere utilizzato, insomma come "semplice presenza", cioè come Bestand, come dirà più tardi. E questo perché i rimandi che il mezzo implica, essendo infiniti, non possono ridurlo a cosa, oggetto, ente a disposizione. Tanto è vero che pure Dewey diceva che il mezzo si risolve nel fine in vista e che raggiunto il fine si aprono possibilità di altri fini da raggiungere mediante mezzi adeguati allo scopo. Se la caratteristica del mezzo è l'adeguamento allo scopo, questo non può in nessun modo essere definito come ente. Ciò anche perché il mondo non è definibile come somma di oggetti/enti che io via via conosco utilizzandoli. Il mondo è dato prima come insieme di rimandi. Il mondo è un orizzonte entro cui ci troviamo già. Mentre sembra che per i pragmatisti il mondo, la realtà sia un processo che va costruendosi come se noi fossimo fuori dalla realtà; assumendo surrettiziamente (metafisicamente) come aproblematica la distinzione tra conoscente e conosciuto.