Ibid in realtà è un racconto meme già per volontà di Lovecraft, è un racconto dell'assurdo in cui documentano il teschio di un longobardo del tardo impero romano che non esiste, non deve far paura ma far effettivamente ridere. Li mortacci. Libri in pillole poi col meme fritto del bere dai teschi l'ha buttata proprio di fuori ma secondo me hanno fatto bene. Qui è necessario ridere.
L'errata convinzione che Ibid sia l'autore delle Vite è tanto frequente, anche fra coloro che pretendono di possedere un certo grado di cultura, che val la pena di emendarla: dovrebbe esser noto a tutti che il responsabile di quell'opera è Cfr. Il capolavoro di Ibid, d'altro canto, è la famosa Op. Cit., in cui i molteplici e nascosti motivi dell'espressività greco-romana si cristallizzano una volta per tutte, e con tanto più ammirevole acutezza se si considera la data sorprendentemente tarda in cui il testo fu redatto. Secondo un'errata versione comunemente accettata nei libri moderni - prima del monumentale Geschichte der Ostrogothen in Italien di Von Schweinkopf Ibid sarebbe stato un visigoto dell'orda di Ataulfo in seguito romanizzato, e si sarebbe stabilito a Piacenza verso il 410 dell'era volgare. Non si potrà mai insistere troppo sul contrario perché Von Schweinkopf, e del resto, in seguito, Littlewit e Betenoir, hanno dimostrato con forza irrefutabile che la figura di questo intellettuale straordinariamente isolato è quella di un autentico romano (o almeno, autentico quanto ci si può aspettare da quell'epoca di degradazione e confusione razziale); di lui ben si potrebbe dire ciò che Gibbon disse di Boezio: "Sarebbe stato l'ultimo che Tullio o Catone avrebbero salutato come loro compatriota". E infatti, proprio come Boezio e quasi tutti gli uomini eminenti della sua epoca, Ibid apparteneva alla grande famiglia degli Anici e poteva far risalire la sua genealogia, con molta esattezza e soddisfazione, agli eroi della repubblica. Secondo Von Schweinkopf il suo nome completo - lungo e pomposo, secondo il costume di un'epoca che aveva perso la semplicità trionomastica della classica nomenclatura romana - sarebbe stato Caio Anicio Magno Furio Camillo Emiliano Cornelio Valerio Pompeo Giulio Ibido; anche se Littlewit respinge l'Emiliano e lo sostituisce con Claudio Decio Giuniano; mentre Betenoir si discosta totalmente dai colleghi, proponendo come effettivo nome del personaggio Magno Furio Camillo Aurelio Antonino Flavio Anicio Petronio Valentiniano Egido Ibido. L'eminente critico e biografo nacque nel 486, poco dopo la fine del dominio romano in Gallia ad opera di Clodoveo. Roma e Ravenna si contendono l'onore di avergli dato i natali, anche se è certo che egli ricevette l'educazione retorica e filosofica formale nelle scuole di Atene, la cui soppressione da parte di Teodosio un secolo prima è grossolanamente esagerata dai superficiali. Nel 512, sotto il regno benefico di Teodorico l'ostrogoto, lo troviamo a Roma come insegnante di retorica, mentre nel 516 sappiamo che gli venne affidato il consolato insieme a Pompilio Numanzio Bombasto Marcellino Deimortacci. Alla morte di Teodorico, nel 526, Ibid si ritirò dalla vita pubblica per comporre la sua celebre opera, il cui puro stile ciceroniano è un notevole caso di atavismo classico paragonabile ai versi di Claudio Claudiano, fiorito un secolo prima di lui; in seguito, tuttavia, il nostro intellettuale fu richiamato sulla scena pubblica come retore di corte di Teodato, nipote di Teodorico. Dopo l'usurpazione di Vitige Ibid cadde in disgrazia e per qualche tempo fu imprigionato, ma l'arrivo dell'esercito romano d'oriente al comando di Belisario ben presto gli restituì libertà e onori. Durante l'assedio di Roma servì coraggiosamente nell'esercito dei difensori, poi seguì le aquile di Belisario ad Alba, Porto e Centocelle. Dopo l'assedio franco di Milano, Ibid fu scelto per accompagnare il dotto vescovo Dazio in Grecia, e con lui si stabilì a Corinto nell'anno 539. Intorno al 541 si trasferì a Costantinopoli, dove ricevette tutte le testimonianze del favore imperiale sia da Giustiniano che da Giustino II.
Gli imperatori Tiberio e Maurizio onorarono profusamente la sua vecchiaia e contribuirono in modo determinante alla sua immortalità: soprattutto Maurizio, il cui diletto principale consisteva nel rintracciare i propri antenati a Roma benché fosse nato ad Arabiscus, in Cappadocia. Fu Maurizio che, per il centounesimo compleanno del poeta, garantì l'adozione del suo libro come testo per le scuole dell'impero, un onore che si rivelò fatale per l'emotività del vecchio rettore, il quale morì serenamente nella sua casa presso la chiesa di Santa Sofia il sesto giorno prima delle Calende di settembre, nel 587 d.C. Aveva ben centodue anni. Nonostante le travagliate condizioni dell'Italia, i suoi resti furono portati a Ravenna per esservi seppelliti, ma la sepoltura poté avvenire soltanto nel suburbio di Classe, dove le spoglie del poeta furono esumate e schernite dal duca longobardo di Spoleto, che portò il suo teschio al re Autario perché lo usasse come coppa. Il teschio di Ibid venne orgogliosamente tramandato di re in re per tutta la dinastia longobarda; alla conquista di Pavia da parte di Carlo Magno nel 774 il teschio venne sottratto al debole Desiderio e unito al bottino del conquistatore franco. Fu da questo calice, in effetti, che papa Leone somministrò l'unzione reale destinata a trasformare un eroe nomade nel primo Sacro Romano Imperatore. Carlo Magno portò il teschio di Ibid nella sua capitale di Aix, regalandolo poco dopo al suo maestro sassone, Alcuino; alla morte di questi, nell'804, la reliquia fu inviata alla famiglia che risiedeva in Inghilterra. Guglielmo il Conquistatore, trovatolo nella nicchia di un'abbazia dove la devota famiglia di Alcuino l'aveva lasciato (si riteneva che fosse addirittura il teschio di un santo che aveva miracolosamente sconfitto i longobardi con le sue preghiere), si prostrò dinanzi alla sua scheletrica vetustà; e persino i rozzi soldati di Cromwell, dopo aver distrutto l'abbazia di Ballylough, in Irlanda, nel 1650 (dove la reliquia era stata trasportata in segreto da un devoto cattolico nel 1539, quando Enrico VIII aveva chiuso i monasteri inglesi), si rifiutarono di usare violenza contro una testimonianza tanto venerabile. Se ne impadronì il soldato di ventura Baciapile Hopkins, che non molto tempo dopo lo barattò con un certo Requiemeterno Stubbs in cambio di una certa quantità di tabacco della Virginia. Quando Stubbs, giudicando che l'atmosfera della Restaurazione non fosse salutare a un giovanotto pio e squattrinato come il figlio Zerubbabel, e lo mandò a cercare fortuna in Nuova Inghilterra nell'anno di grazia 1661, gli consegnò il teschio di Sant'Ibid (o meglio di fratello Ibid, poiché aborriva tutto quanto sapeva di cattolicesimo) affinché lo conservasse come talismano. Arrivato a Salem Zerubbabel lo mise nella credenza accanto al camino, poiché aveva costruito per sé una modesta casa vicino al pozzo della città. Tuttavia la Restaurazione non aveva mancato di far sentire la propria influenza anche su di lui, ed essendosi dato al gioco d'azzardo perse il teschio con un certo Epenetus Dexter, un libero cittadino di Providence che si era spinto da quelle parti. La reliquia si trovava in casa Dexter - nella zona settentrionale di Providence, vicino a quella che oggi è l'intersezione di North Main Street e Olney Street - quando il 30 marzo 1676 si verificò l'incursione di Cannonchet, durante la guerra di re Filippo; l'astuto sachem, riconosciutala immediatamente come un oggetto di straordinaria dignità e antichità, la inviò come simbolo d'alleanza a una fazione dei Pequot del Connecticut con cui stava negoziando. Il 4 aprile Cannonchet fu catturato dai coloni e subito dopo giustiziato, ma l'austero cranio di Ibid continuò le sue peregrinazioni. I Pequot, indeboliti da una guerra precedente, non poterono dare man forte alla tribù decimata dei Narragansett, e nel 1680 un commerciante di pelli olandese, Petrus van Schaack di Albany, si assicurò l'illustre reliquia per la modesta somma di due fiorini; tra l'altro ne aveva riconosciuto il valore dall'iscrizione semi-cancellata che ne ricopriva una parte, e che era vergata in minuscole longobarde. (Bisogna sapere, infatti, che la paleografia costituiva una delle discipline più apprezzate fra i mercanti di pellicce olandesi del XVII secolo.) Triste a dirsi, nel 1683 il teschio fu rubato a Van Shaack da un mercante francese, Jean Grenier, che nel suo zelo papista riconobbe i lineamenti di colui che fin da bambino gli era stato insegnato di pregare come Saint Ibide. Grenier, infiammato d'ira religiosa per aver trovato il sacro simbolo in possesso d'un protestante, una sera spaccò la testa di Van Shaack con un'ascia e fuggì al nord con il suo bottino. Ben presto, tuttavia, fu derubato e assassinato dall'avventuriero sanguemisto Michel Savard, che si impossessò del teschio - nonostante che l'ignoranza gli impedisse di riconoscerlo - e lo aggiuse a una collezione di materiale simile ma più recente. Alla sua morte, nel 1701, il fratello sanguemisto di Savard, Pierre, barattò la reliquia insieme ad altri oggetti con gli emissari delle Volpi Grigie, e una generazione più tardi un certo Charles de Langlade, fondatore del centro di scambi di Green Bay, nel Wisconsin, la trovò davanti alla tenda del capo indiano. De Langlade trattò il sacro oggetto con la venerazione che si conveniva, e infatti l'acquistò in cambio di una nutrita manciata di perle di vetro; ma alla morte del nuovo padrone il teschio passò ancora per molte mani. Fu scambiato nelle colonie in cima al lago Winnebago, fra le tribù del lago Mendota e infine, all'inizio del XIX secolo, passò a un certo Solomon Juneau, un francese che viveva presso la stazione commerciale di Milwaukee, sul fiume Menominee, praticamente sulle sponde del lago Michigan. Passato a Jacques Caboche, un altro colono, nel 1850, il prezioso cranio fu perduto nel corso di una partita a scacchi o a poker e finì nelle mani di un certo Hans Zimmerman, un nuovo venuto. Costui lo usò come calice da birra fino al giorno in cui, sotto i fumi dell'alcolica bevanda, lo mandò a ruzzolare lungo la scarpata che si apriva accanto al sentiero di casa; infilatosi nella tana di un cane della prateria, il venerando oggetto non poté essere in alcun modo recuperato e a nulla valsero i tentativi di Zimmerman quando fu di nuovo lucido. Così, per intere generazioni, il cranio benedetto di Caio Anicio Magno Furio Camillo Emiliano Cornelio Valerio Pompeo Giulio Ibido, console di Roma, favorito degli imperatori e santo della Chiesa cattolica, rimase nascosto nel sottosuolo di una città che andava sviluppandosi rapidamente. In un primo momento fu adorato, con riti oscuri, dai ciechi animali del sottosuolo che in esso vedevano una divinità del mondo superno; ma cadde ben presto nell'oblio quando quelle semplici bestiole, capaci di costruire nient'altro che antiestetiche tane, soccombettero nel massacro organizzato dall'uomo ariano, nuovo conquistatore del continente. Vennero realizzate le fognature della città, che si limitarono a sfiorare la reliquia; furono costruite case - per l'esattezza 2303, forse qualcuna in più - finché, una notte fatale, avvenne un episodio della massima importanza. La natura è sempre astuta, e nella notte in questione si abbandonò a convulsioni degne di un'estasi mistica: simile alla schiuma della bevanda favorita nella regione, la terra schiacciò coloro che vivevano in alto e sollevò gli umili verso il cielo... Meraviglia! Nell'alba rosea gli abitanti di Milwaukee scoprirono che l'ex-prateria si era trasformata in un altipiano! Il terremoto era stato vasto ed esteso; i misteri del sottosuolo, nascosti per anni, vennero finalmente alla luce e in mezzo alla strada sventrata apparve, bianco e sereno, il santo, indifferente e dignitosissimo cranio del famoso Ibid
Vanno entrambe bene le sigle. Quella cantata da Marco dovrebbe essere di apertura, e quell'altra la sigla di chiusura. In più penso che la comicità del tutto sia un ottimo modo per avvicinare la gente a Lovecraft. Quindi grazie Ciccio, per aver definitivamente lanciato Tentacolatte
Elle ti amo ho scritto una poesia per te: Elle sei buono come le panelle Le mangio a Palermo dove il mio cuore per te diventa un inferno In mezzo alla strada ti compro una spada Così mi puoi fare un sacco di buchi, e quindi puoi tornare a casa e ricominciare a pubblicare i tuoi fantastici freebooting Tuo Sasso ✋🖤
@@ELLE_077tra l'altro ho visto che sono stato uno dei primi a commentare i tuoi freeboot e dissi tipo un nuovo freebooter in città una cosa simile hahahaha
@@shindelindae563è effettivamente il racconto più meme di lovecraft, è il teschio di un tizio longobardo del periodo tardo imperiale romano, che non esiste e viene trattato come tale ed è solo assurdo, non è scritto per essere pauroso
Adesso non fa più ridere, marco puoi pure chiudere questo format da freebooter, tanto le cose che avete da dire a fine storia di solito sono solo "bella mi è piaciuta"
I nostri eroi si cimentano in una PROVA A NON RIDERE LIVELLO IMPOSSIBILE: spoiler falliscono miseramente
Un nuovo freebooter ufficiale?
POMPILIO NUMANZIO BOMBASTO MARCELLINO DE LI MORTACCI
Del Dio cane
L’ERRATA CONVINZIONE CHE IBID 🗣️🗣️🗣️
Una delle cose peggiori che le mie orecchie abbiano mai sentito ma 100% il miglior (Ri)Tentacolatte™ di sempre
Non avrei mai pensato che Lovecraft e "prova a non ridere" potessero coesistere nella stessa frase
Vabe il racconto era effettivamente comico di suo
la puntata più bella di tutte, grazie ciccio
Un giorno parleremo di come ciccio ha salvato tentacolatte...
Ibid in realtà è un racconto meme già per volontà di Lovecraft, è un racconto dell'assurdo in cui documentano il teschio di un longobardo del tardo impero romano che non esiste, non deve far paura ma far effettivamente ridere. Li mortacci.
Libri in pillole poi col meme fritto del bere dai teschi l'ha buttata proprio di fuori ma secondo me hanno fatto bene. Qui è necessario ridere.
L’errata convinzione che Ciccio abbia rovinato Tentacolatte è tanto frequente tra coloro che seguono Marco Merrino da aver rotto i coglioni.
Il racconto è comico, quindi non è sbagliato ridere qui. Il problema è che non ha preso mai sul serio neanche quelli dell'orrore
@@andryuu_2000 EDDAI ANDRYUUUUUUUU
1:34
POV: Fai parte del Coro e stai cercando di comunicare con Ebrietas
Un fuori tempo assurdo coi calci ahahahah
Il meme che compare mi ha ucciso sia sta volta sia quando hanno provato ad ascoltarla per la prima volta
Il racconto è volutamente comico quindi hanno fatto bene
L'errata convinzione che Ibid sia l'autore delle Vite è tanto frequente, anche fra coloro che pretendono di possedere un certo grado di cultura, che val la pena di emendarla: dovrebbe esser noto a tutti che il responsabile di quell'opera è Cfr. Il capolavoro di Ibid, d'altro canto, è la famosa Op. Cit., in cui i molteplici e nascosti motivi dell'espressività greco-romana si cristallizzano una volta per tutte, e con tanto più ammirevole acutezza se si considera la data sorprendentemente tarda in cui il testo fu redatto. Secondo un'errata versione comunemente accettata nei libri moderni - prima del monumentale Geschichte der Ostrogothen in Italien di Von Schweinkopf Ibid sarebbe stato un visigoto dell'orda di Ataulfo in seguito romanizzato, e si sarebbe stabilito a Piacenza verso il 410 dell'era volgare. Non si potrà mai insistere troppo sul contrario perché Von Schweinkopf, e del resto, in seguito, Littlewit e Betenoir, hanno dimostrato con forza irrefutabile che la figura di questo intellettuale straordinariamente isolato è quella di un autentico romano (o almeno, autentico quanto ci si può aspettare da quell'epoca di degradazione e confusione razziale); di lui ben si potrebbe dire ciò che Gibbon disse di Boezio: "Sarebbe stato l'ultimo che Tullio o Catone avrebbero salutato come loro compatriota". E infatti, proprio come Boezio e quasi tutti gli uomini eminenti della sua epoca, Ibid apparteneva alla grande famiglia degli Anici e poteva far risalire la sua genealogia, con molta esattezza e soddisfazione, agli eroi della repubblica. Secondo Von Schweinkopf il suo nome completo - lungo e pomposo, secondo il costume di un'epoca che aveva perso la semplicità trionomastica della classica nomenclatura romana - sarebbe stato Caio Anicio Magno Furio Camillo Emiliano Cornelio Valerio Pompeo Giulio Ibido; anche se Littlewit respinge l'Emiliano e lo sostituisce con Claudio Decio Giuniano; mentre Betenoir si discosta totalmente dai colleghi, proponendo come effettivo nome del personaggio Magno Furio Camillo Aurelio Antonino Flavio Anicio Petronio Valentiniano Egido Ibido. L'eminente critico e biografo nacque nel 486, poco dopo la fine del dominio romano in Gallia ad opera di Clodoveo. Roma e Ravenna si contendono l'onore di avergli dato i natali, anche se è certo che egli ricevette l'educazione retorica e filosofica formale nelle scuole di Atene, la cui soppressione da parte di Teodosio un secolo prima è grossolanamente esagerata dai superficiali. Nel 512, sotto il regno benefico di Teodorico l'ostrogoto, lo troviamo a Roma come insegnante di retorica, mentre nel 516 sappiamo che gli venne affidato il consolato insieme a Pompilio Numanzio Bombasto Marcellino Deimortacci. Alla morte di Teodorico, nel 526, Ibid si ritirò dalla vita pubblica per comporre la sua celebre opera, il cui puro stile ciceroniano è un notevole caso di atavismo classico paragonabile ai versi di Claudio Claudiano, fiorito un secolo prima di lui; in seguito, tuttavia, il nostro intellettuale fu richiamato sulla scena pubblica come retore di corte di Teodato, nipote di Teodorico. Dopo l'usurpazione di Vitige Ibid cadde in disgrazia e per qualche tempo fu imprigionato, ma l'arrivo dell'esercito romano d'oriente al comando di Belisario ben presto gli restituì libertà e onori. Durante l'assedio di Roma servì coraggiosamente nell'esercito dei difensori, poi seguì le aquile di Belisario ad Alba, Porto e Centocelle. Dopo l'assedio franco di Milano, Ibid fu scelto per accompagnare il dotto vescovo Dazio in Grecia, e con lui si stabilì a Corinto nell'anno 539. Intorno al 541 si trasferì a Costantinopoli, dove ricevette tutte le testimonianze del favore imperiale sia da Giustiniano che da Giustino II.
Gli imperatori Tiberio e Maurizio onorarono profusamente la sua vecchiaia e contribuirono in modo determinante alla sua immortalità: soprattutto Maurizio, il cui diletto principale consisteva nel rintracciare i propri antenati a Roma benché fosse nato ad Arabiscus, in Cappadocia. Fu Maurizio che, per il centounesimo compleanno del poeta, garantì l'adozione del suo libro come testo per le scuole dell'impero, un onore che si rivelò fatale per l'emotività del vecchio rettore, il quale morì serenamente nella sua casa presso la chiesa di Santa Sofia il sesto giorno prima delle Calende di settembre, nel 587 d.C. Aveva ben centodue anni. Nonostante le travagliate condizioni dell'Italia, i suoi resti furono portati a Ravenna per esservi seppelliti, ma la sepoltura poté avvenire soltanto nel suburbio di Classe, dove le spoglie del poeta furono esumate e schernite dal duca longobardo di Spoleto, che portò il suo teschio al re Autario perché lo usasse come coppa. Il teschio di Ibid venne orgogliosamente tramandato di re in re per tutta la dinastia longobarda; alla conquista di Pavia da parte di Carlo Magno nel 774 il teschio venne sottratto al debole Desiderio e unito al bottino del conquistatore franco. Fu da questo calice, in effetti, che papa Leone somministrò l'unzione reale destinata a trasformare un eroe nomade nel primo Sacro Romano Imperatore. Carlo Magno portò il teschio di Ibid nella sua capitale di Aix, regalandolo poco dopo al suo maestro sassone, Alcuino; alla morte di questi, nell'804, la reliquia fu inviata alla famiglia che risiedeva in Inghilterra. Guglielmo il Conquistatore, trovatolo nella nicchia di un'abbazia dove la devota famiglia di Alcuino l'aveva lasciato (si riteneva che fosse addirittura il teschio di un santo che aveva miracolosamente sconfitto i longobardi con le sue preghiere), si prostrò dinanzi alla sua scheletrica vetustà; e persino i rozzi soldati di Cromwell, dopo aver distrutto l'abbazia di Ballylough, in Irlanda, nel 1650 (dove la reliquia era stata trasportata in segreto da un devoto cattolico nel 1539, quando Enrico VIII aveva chiuso i monasteri inglesi), si rifiutarono di usare violenza contro una testimonianza tanto venerabile. Se ne impadronì il soldato di ventura Baciapile Hopkins, che non molto tempo dopo lo barattò con un certo Requiemeterno Stubbs in cambio di una certa quantità di tabacco della Virginia. Quando Stubbs, giudicando che l'atmosfera della Restaurazione non fosse salutare a un giovanotto pio e squattrinato come il figlio Zerubbabel, e lo mandò a cercare fortuna in Nuova Inghilterra nell'anno di grazia 1661, gli consegnò il teschio di Sant'Ibid (o meglio di fratello Ibid, poiché aborriva tutto quanto sapeva di cattolicesimo) affinché lo conservasse come talismano. Arrivato a Salem Zerubbabel lo mise nella credenza accanto al camino, poiché aveva costruito per sé una modesta casa vicino al pozzo della città. Tuttavia la Restaurazione non aveva mancato di far sentire la propria influenza anche su di lui, ed essendosi dato al gioco d'azzardo perse il teschio con un certo Epenetus Dexter, un libero cittadino di Providence che si era spinto da quelle parti. La reliquia si trovava in casa Dexter - nella zona settentrionale di Providence, vicino a quella che oggi è l'intersezione di North Main Street e Olney Street - quando il 30 marzo 1676 si verificò l'incursione di Cannonchet, durante la guerra di re Filippo; l'astuto sachem, riconosciutala immediatamente come un oggetto di straordinaria dignità e antichità, la inviò come simbolo d'alleanza a una fazione dei Pequot del Connecticut con cui stava negoziando. Il 4 aprile Cannonchet fu catturato dai coloni e subito dopo giustiziato, ma l'austero cranio di Ibid continuò le sue peregrinazioni. I Pequot, indeboliti da una guerra precedente, non poterono dare man forte alla tribù decimata dei Narragansett, e nel 1680 un commerciante di pelli olandese, Petrus van Schaack di Albany, si assicurò l'illustre reliquia per la modesta somma di due fiorini; tra l'altro ne aveva riconosciuto il valore dall'iscrizione semi-cancellata che ne ricopriva una parte, e che era vergata in minuscole longobarde. (Bisogna sapere, infatti, che la paleografia costituiva una delle discipline più apprezzate fra i mercanti di pellicce olandesi del XVII secolo.) Triste a dirsi, nel 1683 il teschio fu rubato a Van Shaack da un mercante francese, Jean Grenier, che nel suo zelo papista riconobbe i lineamenti di colui che fin da bambino gli era stato insegnato di pregare come Saint Ibide. Grenier, infiammato d'ira religiosa per aver trovato il sacro simbolo in possesso d'un protestante, una sera spaccò la testa di Van Shaack con un'ascia e fuggì al nord con il suo bottino. Ben presto, tuttavia, fu derubato e assassinato dall'avventuriero sanguemisto Michel Savard, che si impossessò del teschio - nonostante che l'ignoranza gli impedisse di riconoscerlo - e lo aggiuse a una collezione di materiale simile ma più recente. Alla sua morte, nel 1701, il fratello sanguemisto di Savard, Pierre, barattò la reliquia insieme ad altri oggetti con gli emissari delle Volpi Grigie, e una generazione più tardi un certo Charles de Langlade, fondatore del centro di scambi di Green Bay, nel Wisconsin, la trovò davanti alla tenda del capo indiano. De Langlade trattò il sacro oggetto con la venerazione che si conveniva, e infatti l'acquistò in cambio di una nutrita manciata di perle di vetro; ma alla morte del nuovo padrone il teschio passò ancora per molte mani. Fu scambiato nelle colonie in cima al lago Winnebago, fra le tribù del lago Mendota e infine, all'inizio del XIX secolo, passò a un certo Solomon Juneau, un francese che viveva presso la stazione commerciale di Milwaukee, sul fiume Menominee, praticamente sulle sponde del lago Michigan. Passato a Jacques Caboche, un altro colono, nel 1850, il prezioso cranio fu perduto nel corso di una partita a scacchi o a poker e finì nelle mani di un certo Hans Zimmerman, un nuovo venuto. Costui lo usò come calice da birra fino al giorno in cui, sotto i fumi dell'alcolica bevanda, lo mandò a ruzzolare lungo la scarpata che si apriva accanto al sentiero di casa; infilatosi nella tana di un cane della prateria, il venerando oggetto non poté essere in alcun modo recuperato e a nulla valsero i tentativi di Zimmerman quando fu di nuovo lucido. Così, per intere generazioni, il cranio benedetto di Caio Anicio Magno Furio Camillo Emiliano Cornelio Valerio Pompeo Giulio Ibido, console di Roma, favorito degli imperatori e santo della Chiesa cattolica, rimase nascosto nel sottosuolo di una città che andava sviluppandosi rapidamente. In un primo momento fu adorato, con riti oscuri, dai ciechi animali del sottosuolo che in esso vedevano una divinità del mondo superno; ma cadde ben presto nell'oblio quando quelle semplici bestiole, capaci di costruire nient'altro che antiestetiche tane, soccombettero nel massacro organizzato dall'uomo ariano, nuovo conquistatore del continente. Vennero realizzate le fognature della città, che si limitarono a sfiorare la reliquia; furono costruite case - per l'esattezza 2303, forse qualcuna in più - finché, una notte fatale, avvenne un episodio della massima importanza. La natura è sempre astuta, e nella notte in questione si abbandonò a convulsioni degne di un'estasi mistica: simile alla schiuma della bevanda favorita nella regione, la terra schiacciò coloro che vivevano in alto e sollevò gli umili verso il cielo... Meraviglia! Nell'alba rosea gli abitanti di Milwaukee scoprirono che l'ex-prateria si era trasformata in un altipiano! Il terremoto era stato vasto ed esteso; i misteri del sottosuolo, nascosti per anni, vennero finalmente alla luce e in mezzo alla strada sventrata apparve, bianco e sereno, il santo, indifferente e dignitosissimo cranio del famoso Ibid
arrivati a questo punto è palese che libri in pillole sappia tutto di tentacolatte e che lo faccia apposta con questi nomi
Il baciapile credo che mi rimarrà in testa per tutta la vita ( o la vica avrei detto un tempo….)
L'hai detto e adesso ti ammazzo purtroppo
"LUNGO E POMPOSO"
Daaaaaaai Lovecraft, ma così te le cerchi però EEEEHH
Bellissima questa nuova stagione di LOL
Il ballo è che è un racconto storicamente collocato. I riferimenti non sono casuali, anche quella “Piacenza” che fa tanto ridere con Odoacre, Boezio …
Vanno entrambe bene le sigle. Quella cantata da Marco dovrebbe essere di apertura, e quell'altra la sigla di chiusura.
In più penso che la comicità del tutto sia un ottimo modo per avvicinare la gente a Lovecraft.
Quindi grazie Ciccio, per aver definitivamente lanciato Tentacolatte
16:40 una combo del genere non esiste nemmeno su tekken
Elle ti amo ho scritto una poesia per te:
Elle sei buono come le panelle
Le mangio a Palermo dove il mio cuore per te diventa un inferno
In mezzo alla strada ti compro una spada
Così mi puoi fare un sacco di buchi, e quindi puoi tornare a casa e ricominciare a pubblicare i tuoi fantastici freebooting
Tuo Sasso
✋🖤
@@sasso1717 sono emozionato, però la spada la userò per tagliare la torta che ti comprerò
❤
Risposta proprio da elle coi dolci eeeh ❤@@ELLE_077
Che bella dichiarazione di amore
Hans Zimmer top DJ dopo Gabry Ponte secondo me.
Porco dio, Daniele...
@@FrancoCaruso-y4p Se Hans Zimmer è un DJ Cristiano Ronaldo gioca a bocce
sarebbe divertente chiedergli di fare il riassunto di una storia a caso fra quelle che hanno ascoltato
Studio storia e fino al XVI secolo ho capito tutto, poi non ho capito un cazzo
Grazie Elle finalmente
Tutto è fatto per ridere, dalla storia a "the problem with society today". È anche vero che è considerato un racconto umoristivo questo.
Crotone. Chi sa sa.
Mi correggo, la combo peggiore é a 17:33
elle per caso puoi recuperare il loro gameplay di mouthwashing? se si potresti chiedere il permesso a marco per caricarlo?
Ci proverò
16:32 tutti inclinati
il nome del gatto di h p lovecraft
Crotone qua?
Crotone
Grazie elle ti voglio bene ❤
@@Renyx03 è bello rivederti tra i commenti
@@ELLE_077awwww grazie bro tranquillo non sono mai andato via continua cosi ❤
@@ELLE_077tra l'altro ho visto che sono stato uno dei primi a commentare i tuoi freeboot e dissi tipo un nuovo freebooter in città una cosa simile hahahaha
@@Renyx03 si per questo mi sono ricordato di te
@@ELLE_077 ecco infatti mi ha fatto piacere;)
Comunque marco daniele e ciccio sono il dream team c'è poco da fare
Era ora
primo episodio divertente di Tentacolatte.
Worst take ever
@@shindelindae563è effettivamente il racconto più meme di lovecraft, è il teschio di un tizio longobardo del periodo tardo imperiale romano, che non esiste e viene trattato come tale ed è solo assurdo, non è scritto per essere pauroso
togli intro dai
@RyLuciano no
il ballo di ciccio all'inizio mi fa scompiazzare ahahahahahahaha
Adesso non fa più ridere, marco puoi pure chiudere questo format da freebooter, tanto le cose che avete da dire a fine storia di solito sono solo "bella mi è piaciuta"
La parte fondamentale di tentacolatte è proprio ascoltare la storia
@@Nicolo.pili_ sì però che differenza fà se vado direttamente sul canale di libri in pillole e cerco le storie da me senza interruzioni
Piangi ancora un po’
Ma io non capisco cosa te ne fotte
Crotone