"Inno del 1° Reggimento Bersaglieri" - Italian Bersaglieri March

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  • Опубликовано: 26 сен 2023

Комментарии • 5

  • @marines_ita
    @marines_ita 8 месяцев назад +1

    Bellissimo canale, complimenti

  • @uomosedia4182
    @uomosedia4182 8 месяцев назад +3

    Non so perché ma mi ricorda la sigla degli A-Team ma anche di Indiana Jones

  • @AlamariMusicaliOfficial
    @AlamariMusicaliOfficial 3 месяца назад

    Chi l'esegue?

  • @gcarlagava3374
    @gcarlagava3374 8 месяцев назад +1

    potresti dedicare un video alla lettura della sconosciutissima e meravigliosissima orazione ''Agl'Italiani'' del valorosissimo supereroe Giacomo Leopardi?
    È un inno all'Italia, alla Pace e all'Amore!
    È la più deflagrante bomba d'Amore dell'intera Letteratura Italiana ed europea.
    Nessun italiano la conosce. Nonostante sia la più armoniosa, la più eloquente e la più sublime orazione mai scritta.
    ”Non lo dissimuliamo. La nostra nazione riunita tutta sotto un sol capo sarebbe formidabile ai suoi nemici; un popolo, come il nostro generoso e nobile, colle immense risorse somministrate dal suo territorio e dalle sue facoltà intellettuali, potrebbe concepire dei vasti disegni ed ottenere dei grandi successi. Egli fu un tempo signore dell’universo, potrebbe ora gettar dell’ombra su tutte le nazioni. Ma l’Italia sarebbe perciò felice? Per asserirlo, converrebbe supporre che la felicità della nazione consista nella forza delle armi, nell’esser terribile allo straniero, nel poter con vantaggio cominciare una guerra e continuarla senza cedere, nel possedere tutto ciò che fa d’uopo per esser temuta e che è necessario per non temere, nell’abbondanza dei mezzi per sostenere la gloria dei propri eserciti e la fortuna delle proprie armi. Ma se la vera felicità dei popoli è riposta nella pace necessaria alle arti utili, alle lettere, alle scienze, nella prosperità del commercio e dell’agricoltura, fonti della ricchezza delle nazioni, nell’amministrazione paterna di Sovrani amati e legittimi; possiam dirlo con verità, non v’ha popolo più felice dell’italiano. Provveduto con liberalità dalla natura di tutto ciò che fa d’uopo ad alimentare il commercio, abitatore di un terreno che rende con usura all’agricoltore ciò che gli venne affidato, ricco dei doni della mente e di spiriti grandi in ogni genere, condotto ad un grado di civilizzazione che niun popolo oltrepassò giammai, che può egli desiderare per condizione e compimento della sua felicità? La pace. Questo bene, oggetto dei voti di tutte le nazioni, è necessario per l’Italia, che solo su di esso può fondare le speranze di un prospero stato. Non si fa la guerra che per ottenere la pace. […]
    Divisa in piccoli regni, l’Italia offre lo spettacolo vario e lusinghiero di numerose capitali animate da corti floride e brillanti, che rendono il nostro suolo sì bello agli occhi dello straniero. Questa specie di grandezza può consolarci di quella che noi perdemmo. Sì, noi fummo grandi una volta: noi rigettammo quei Galli, che il tempo ha resi più forti, fuori delle nostre terre, noi li cacciammo alle loro tane, noi li soggiogammo, noi li facemmo nostri schiavi. Dalle colonne d’Ercole sino al Caucaso noi stendemmo la gloria del nostro nome e il terrore delle nostre armi. Tutto si sottomise al nostro impero, tutto cedé al nostro valore, e noi fummo i signori del mondo. Fummo per questo felici? Le discordie civili, le guerre, le vittorie stesse non ci lasciavano un’ora di quella pace che tutto il mondo sospira. Il tempio di Giano sempre aperto vomitava disordini e sventure. Padroni dell’universo, noi non lo eravamo di noi stessi. Ci convenne conquistare la sede delle scienze per apprendere a regolare le nostre passioni. Terribili a tutto il mondo, noi eravamo, ciò che ora è la Francia, l’oggetto della esecrazione di tutti i popoli. […] Ci basti. Ebbimo ancor noi il nome di tiranni, fummo ancor noi tinti di sangue. La nostra grandezza, la nostra felicità deve dunque consistere in fare degli infelici? Italiani! Rinunziamo al brillante ed appigliamoci al solido. Quando ci si propone un potere pernicioso o una pace di cui tutto ci garantisce la durata, rigettiamo l’uno ed eleggiamo l’altra: quello ci darebbe dei nomi e questa ci dà delle cose; quello una gloria fantastica e questa dei reali vantaggi. Una nazione non deve esitare nella scelta della sua vera felicità. Noi abbiamo a sperare un riposo veramente durevole. Se qualcuno volesse turbarlo, noi saremmo difesi da tutta l’Europa. […] L’Italia sarà dunque la più felice di tutte le nazioni, e il mantenerla in questo stato sarà dell’interesse di tutta l’Europa. Essa non avrà a temere che la nemica dell’universo, la Francia.
    È tempo, italiani, di risvegliare il vostro entusiasmo.”
    ''Agl’Italiani, Orazione in occasione della liberazione del Piceno'', 1815.
    Se la leggerai compirai un'azione splendida! eroica! che nessuno ha avuto né il coraggio né la perspicacia di compiere!
    La puoi trovare completa su Wikisource o in ''Tutte le poesie e tutte le prose'' (Newton Compton Editori).

  • @albertopaoletti5657
    @albertopaoletti5657 8 месяцев назад +1

    potresti dedicare un video alla lettura della sconosciutissima e meravigliosissima orazione ''Agl'Italiani'' del valorosissimo supereroe Giacomo Leopardi?
    È un inno all'Italia, alla Pace e all'Amore!
    È la più deflagrante bomba d'Amore dell'intera Letteratura Italiana ed europea.
    Nessun italiano la conosce. Nonostante sia la più armoniosa, la più eloquente e la più sublime orazione mai scritta.
    ”Non lo dissimuliamo. La nostra nazione riunita tutta sotto un sol capo sarebbe formidabile ai suoi nemici; un popolo, come il nostro generoso e nobile, colle immense risorse somministrate dal suo territorio e dalle sue facoltà intellettuali, potrebbe concepire dei vasti disegni ed ottenere dei grandi successi. Egli fu un tempo signore dell’universo, potrebbe ora gettar dell’ombra su tutte le nazioni. Ma l’Italia sarebbe perciò felice? Per asserirlo, converrebbe supporre che la felicità della nazione consista nella forza delle armi, nell’esser terribile allo straniero, nel poter con vantaggio cominciare una guerra e continuarla senza cedere, nel possedere tutto ciò che fa d’uopo per esser temuta e che è necessario per non temere, nell’abbondanza dei mezzi per sostenere la gloria dei propri eserciti e la fortuna delle proprie armi. Ma se la vera felicità dei popoli è riposta nella pace necessaria alle arti utili, alle lettere, alle scienze, nella prosperità del commercio e dell’agricoltura, fonti della ricchezza delle nazioni, nell’amministrazione paterna di Sovrani amati e legittimi; possiam dirlo con verità, non v’ha popolo più felice dell’italiano. Provveduto con liberalità dalla natura di tutto ciò che fa d’uopo ad alimentare il commercio, abitatore di un terreno che rende con usura all’agricoltore ciò che gli venne affidato, ricco dei doni della mente e di spiriti grandi in ogni genere, condotto ad un grado di civilizzazione che niun popolo oltrepassò giammai, che può egli desiderare per condizione e compimento della sua felicità? La pace. Questo bene, oggetto dei voti di tutte le nazioni, è necessario per l’Italia, che solo su di esso può fondare le speranze di un prospero stato. Non si fa la guerra che per ottenere la pace. […]
    Divisa in piccoli regni, l’Italia offre lo spettacolo vario e lusinghiero di numerose capitali animate da corti floride e brillanti, che rendono il nostro suolo sì bello agli occhi dello straniero. Questa specie di grandezza può consolarci di quella che noi perdemmo. Sì, noi fummo grandi una volta: noi rigettammo quei Galli, che il tempo ha resi più forti, fuori delle nostre terre, noi li cacciammo alle loro tane, noi li soggiogammo, noi li facemmo nostri schiavi. Dalle colonne d’Ercole sino al Caucaso noi stendemmo la gloria del nostro nome e il terrore delle nostre armi. Tutto si sottomise al nostro impero, tutto cedé al nostro valore, e noi fummo i signori del mondo. Fummo per questo felici? Le discordie civili, le guerre, le vittorie stesse non ci lasciavano un’ora di quella pace che tutto il mondo sospira. Il tempio di Giano sempre aperto vomitava disordini e sventure. Padroni dell’universo, noi non lo eravamo di noi stessi. Ci convenne conquistare la sede delle scienze per apprendere a regolare le nostre passioni. Terribili a tutto il mondo, noi eravamo, ciò che ora è la Francia, l’oggetto della esecrazione di tutti i popoli. […] Ci basti. Ebbimo ancor noi il nome di tiranni, fummo ancor noi tinti di sangue. La nostra grandezza, la nostra felicità deve dunque consistere in fare degli infelici? Italiani! Rinunziamo al brillante ed appigliamoci al solido. Quando ci si propone un potere pernicioso o una pace di cui tutto ci garantisce la durata, rigettiamo l’uno ed eleggiamo l’altra: quello ci darebbe dei nomi e questa ci dà delle cose; quello una gloria fantastica e questa dei reali vantaggi. Una nazione non deve esitare nella scelta della sua vera felicità. Noi abbiamo a sperare un riposo veramente durevole. Se qualcuno volesse turbarlo, noi saremmo difesi da tutta l’Europa. […] L’Italia sarà dunque la più felice di tutte le nazioni, e il mantenerla in questo stato sarà dell’interesse di tutta l’Europa. Essa non avrà a temere che la nemica dell’universo, la Francia.
    È tempo, italiani, di risvegliare il vostro entusiasmo.”
    ''Agl’Italiani, Orazione in occasione della liberazione del Piceno'', 1815.
    Se la leggerai compirai un'azione splendida! eroica! che nessuno ha avuto né il coraggio né la perspicacia di compiere!
    La puoi trovare completa su Wikisource o in ''Tutte le poesie e tutte le prose'' (Newton Compton Editori).