La Stampa - Il Natale dei coniugi-commilitoni nella famiglia riunita in Libano

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  • Опубликовано: 27 дек 2019
  • 26 dicembre 2019
    «Scusi comandante, ma la fede con la divisa possiamo indossarla?». È l’unico anello concesso per chi indossa l’uniforme e per Valentina e Vincenzo c’è una ragione di orgoglio in più. «Siamo marito e moglie, entrambi militari dell’Esercito, entrambi impegnati nella stessa missione, quella Unifil, qui in Libano». Incarichi diversi e poco tempo libero tengono a distanza marito e moglie, anche se entrambi vivono nella stessa base. «Ci sono giorni che non riusciamo neanche a vederci - racconta il marito - Ma quella di partecipare a questa missione in Libano è stata una scelta precisa e condivisa, perché siamo convinti dell’importanza del nostro compito». Impegni lavorativi a parte, almeno per i due coniugi-commilitoni il Natale è stato un po’ meno nostalgico. Famiglia riunita, anzi molto allargata, visto che nell’operazione voluta dall’Onu l’Italia impiega da 13 anni più di mille militari. La missione è precisa: controllare giorno e notte la famosa “blue line”, l’area che delimita i territori di Libano e Israele. Pattuglie e sorveglianza servono per evitare tensioni, per assicurare il rispetto degli accordi internazionali e fermare eventuali sconfinamenti. Si sta attenti a tutto qui, anche alle parole che si usano: perché il risultato dell’impegno quotidiano è dato anche dall’uso dei termini più appropriati. Per esempio non si può usare la parola “confine”, perché è meglio parlare sempre di “linea di demarcazione” territoriale, nel pieno rispetto del linguaggio della diplomazia. L’Italia ha il comando del settore ovest e ogni giorno organizza 250 pattuglie che presidiano i 120 chilometri della “blue line”. I blindati vanno avanti e indietro: misure di sicurezza altissime ma i militari che partecipano al lavoro si portano dietro anche l’arma del dialogo e del sorriso. Gli uomini del Reggimento Granatieri di Sardegna, che si è portato fin qui la sua collezione di divise storiche, vanno su e giù per questa fetta di terra e di tanto in tanto si fermano: «Quando qualcuno ci chiede aiuto o semplicemente ci vuole salutare - racconta il tenente che coordina il lavoro di oggi - Spesso capita anche che qualcuno ci racconti qualche situazione a rischio. Noi ascoltiamo e facciamo tesoro di tutto».
    di Nicola Pinna, inviato a Beirut (Libano)
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