Tradurre "buona voglia" con "desiderio ardente" mi ha aperto tutto un mondo. Il passare cioè dall'illusione di credere che la buona volontà di fare cose buone sia mezzo per incontrare la Grazia al pensare, invece, che sia l'ardore del desiderio a far scoccare l'incontro dello spirito umano con la Grazia divina. Questo mi appare come l'itinerario perfetto. Spero di non avere frainteso la tua spiegazione, Maria. Grazie!
Interpretare il Paradiso di Dante come una 3-sfera (detta anche ipersfera) a quattro dimensioni potrebbe essere meno peregrino di quanto può apparire. Il problema, chiaramente, è che le argomentazioni proposte finora proprio non possono convincere. Diventa interessante, a questo punto, fermarsi a considerare perché, veramente, questa idea sia nata, e perché abbia convinto figure così eminenti. Puntualizzo dunque un fatto poco noto ma fondamentale: il modus operandi degli scienziati - e ancor più dei matematici, schiera della quale in molti sensi faccio parte io stesso - tiene molto ben distinte le sfere dell'intuizione e della dimostrazione, e si viene scoraggiati fin dalla scuola superiore a diffidare dal tentare di unificarle o sovrapporle, perché può portare a disastri deduttivi. Dunque le ragioni per cui il Paradiso è stato interpretato come un'ipersfera non coincidono con le dimostrazioni che di ciò vengono proposte. E allora quali sono? Io stesso, ascoltando questi meravigliosi video, in questi ultimi canti del Paradiso, ho a volte avuto dei momenti di sinestesia matematica in cui mi balenavano in mente delle impressioni non euclidee, Riemanniana, e appunto a più di tre dimensioni. La parola chiave è proprio questa: impressioni, le stesse che avranno avuto gli scienziati padri dell'ipotesi della 3-sfera in Dante. Lei ha detto molto bene che per Dante l'universo è un'immensa sfera tridimensionale, ma lei stessa, avendo scritto dei libri (per altro eccellenti, sono da poco un suo affezionato lettore) sa che quando si è nel pieno della scrittura si viene ispirati, e lo si può percepire come un influsso esterno: se si intraprende questa impresa mettendoci tutti se stessi, è a tutti gli effetti un'esperienza mistica - come lo è la lettura. Mistica definendo la parola nel senso che più mi piace, da logico: si percepiscono delle verità e delle forme senza dedurle, si sostituisce l'oracolo alla deduzione. Ciò non è in contraddizione con la tradizione matematica, e ne è anzi a fondamento: la matematica inizia in modo mistico e procede in modo iniziatico "teorema" deriva dal verbo greco antico theorein, che vuol dire vedere: i teoremi sono letteralmente visioni, e qualunque matematico ricercatore è un mistico, ma soprattutto è un iniziatico, tanto che "mathematikos", in greco antico, voleva dire apprendista di un mestiere --- questo ai Catari sarebbe piaciuto! Mi sono dunque convinto che Dante, nella scrittura della Commedia, queste impressioni geometrie non euclidee e a più di tre dimensioni che vi ho visto io, le abbia viste anche lui, al di fuori della sua concezione cosciente. Il suo universo è una sfera, ma una ipersfera, Dante, sono convintissimo che l'abbia effettivamente vista --- anzi, che l'abbia sentita, percepita. Non importa che non la sapesse né volesse immaginare: non serve, per riceverne visione in certi stati che si potrebbero benissimo definire trascendenti. E anche questo fa parte della tradizione matematiche: in alcune lingue i teoremi non si scoprono, si ricevono. E il fatto che si sia tentato di descrivere l'universo dantesco come un'ipersfera in senso letterale, invece di cogliere tutto questo, è un indice preoccupante di quanto poco gli scienziati conoscano la psicologia del loro stesso mestiere - e ancor meno, quello della matematica. E forse, cosa che nella mia esperienza viene confermata puntualmente e avvilentemente, conoscono poco la matematica tout court, pur usandone molte parti. Non ho sotto mano tutti gli esempi che mi piacerebbe portare alla sua attenzione, ma ho in mente di rileggere la Commedia intera a breve. Arrivato al Paradiso, stenderò un piccolo e parziale commento su queste impressioni di forme matematiche non classiche in Dante, e glielo farò avere quanto prima. Colgo l'occasione per ringraziarla per il suo straordinario e pionieristico lavoro di ricerca su Dante, che per la prima volta nella storia stende luce piena sulla natura e lo spirito della sua opera, e che sarà ricordato come il vero punto di svolta a riguardo.
Ho letto più volte questo lungo, affascinante messaggio. Affascinante, ma incomprensibile. Per me, ovviamente, che non riesco minimamente a immaginare come possa essere una 3-sfera a 4 dimensioni. Devo dire che su questo argomento, prima di scrivere, mi sono a lungo consultata con un mio amico fisico. La parte che mi ha più affascinato è il discorso sulla mistica, la mistica fondamento della matematica? E se fosse invece la matematica fondamento della mistica? Come lo è della musica (a proposito: favoloso Johann Sebastian con gli occhiali da sole!). Ma quando ho letto che “la matematica inizia in modo mistico e procede in modo iniziatico”… ho strabuzzato gli occhi. Possiamo parlarne, ma vede, mentre non so nulla della 3-sfera, sulla via mistica e la via iniziatica ho le idee molto chiare, e ne ho parlato certamente in uno dei video. Lo devo a Guénon che su questo, sulle differenze tra le due vie ha scritto un intero libro. Aspetto con sincera curiosità il suo commento sulle “forme matematiche non classiche in Dante”. E già sono curiosa di sapere se riguarderanno il contenuto o la forma, perché anche nella forma, nel gioioso rincorrersi dei versi e delle rime, si possono vedere forme geometriche e magari anche matematiche…
È una gioia leggere questa risposta. Immaginare una 3-sfera così come "è" non so neppure se sia veramente possibile. L'esperienza mia e di altri dice che, pensando agli enti a più di tre dimensioni, ciò che realmente si considera sono loro proprietà sì spaziali ma astratte: per esempio, ciò che distingue le quattro dimensioni dalle tre, come impressione, sono intersezioni impossibili e paradosse, l'andare apparentemente in una direzione e trovarsi all'estremo opposto. Oppure, così come le proiezioni di una sfera sono cerchi, quelli di un'ipersfera saranno sfere. Trucchi per vedere il riflesso di qualcosa che non si può osservare direttamente, come Medusa. Dopo un po' si sviluppa una sorta di istinto che di fronte a specifiche disposizioni geometriche a n dimensioni ti fa dire "questa potrebbe essere una proiezione di un oggetto a n+1 dimensioni". È proprio questa la sensazione che ho avuto rileggendo il Paradiso col suo commento, specie negli ultimi canti. Dopotutto Dante è così straordinariamente a suo agio nel cantare lo spazio nelle sue piene tre dimensioni che momenti di paradosso arrivano per forza, e lo sguardo di chi ha lavorato sulle geometrie a più di tre dimensioni o non euclidee in certe vertiginose descrizioni dantesche le ritrova per un riflesso quasi pavloviano, perché le ritrova nel mondo in cui tutti viviamo, e Dante, questo mondo, l'ha messo in scrittura così approfonditamente che nella sua opera possiamo concretamente trovare forme e concetti che lui stesso non poteva conoscere. Nelle mie letture, oltre che in Dante, ho potuto assistere a questo fenomeno solo in Lucrezio - ma ignoro completamente la letteratura indiana. Leggere proprio lei supporre che la matematica possa essere il fondamento della mistica è estremamente rincuorante: sono ormai anni che trovo che sia l'unico punto di vista (di quelli che conosco) in grado di dare piena dignità di concretezza a (certe) esperienze e alle vie mistiche (quelle serie) senza fare intervenire sovrastrutture non necessarie né banalizzare il fenomeno del misticismo. E il paragone con la musica mi sembra che chiuda bene il cerchio riportando a Dante, che nel mondo, in Dio, in se stesso, e in Dio dentro se stesso dentro al mondo, cercava e trovava quella particolare libertà che si conquista solo nell'ordine razionale, ordine che caratterizza sia la matematica che la musica. Infatti il mito pitagorico vuole che la loro origine in Grecia sia simultanea (l'episodio del fabbro). La matematica come è intesa oggi, specie se si include anche la logica matematica, si può considerare come un modo per poter notare e apprezzare ciascuno aspetto del Dio di Dante, solo non tutti assieme. Tanto che la matematica può persino pensare se stessa: ciò che ho detto prima è una parafrasi del secondo teorema di Gödel. Il quale, se si leggono i suoi scritti meno noti, si scopre essere stato in un suo modo sottile un mistico lui stesso. Sulla natura delle vie mistica e iniziatica (in realtà principalmente sulla seconda) ammetto l'insufficienza del mio studio attuale, e ammetto anche che titubavo molto nello scrivere quella frase, che forse avrei fatto meglio a non scrivere affatto. Approfondirò sicuramente e mi schiarirò le idee. Le impressioni matematiche in Dante pervadono tutto, ma "in una parte più e meno altrove". Nel contenuto esplodono in Paradiso, nella forma sono disperse approssimativamente equamente dal primissimo verso all'ultimissimo. Ma ciò che veramente non mi fa dormire la notte (abbastanza letteralmente, visto che sono quasi le 3 mentre scrivo) è la straordinaria corrispondenza tra forma e contenuto, tanto che non si capisce quale abbia preceduto l'altro nel processo di scrittura, proprio come si auspicherebbe che avvenga in un testo sacro (e purtroppo nei testi considerati sacri, salvo alcune sezioni del Corano che sono altissima letteratura, lo rilevo assai poco). È un meraviglioso esempio del singolo concetto matematico che più di tutti avrebbe dovuto entrare nella cultura comune, e non l'ha fatto: l'isomorfismo, formalizzazione dell'idea informale di dire che due cose possono essere uguali da un punto di vista e distinte da un altro, e prima vera concreta soluzione del problema dell'uno e del molti. In Dante, in praticamente ogni canto, ci sono episodi in cui gli attributi della forma della scrittura e il suo contenuto diventano isomorfi. Questo, nelle mie altre letture, l'ho potuto rilevare solo nell'originale latino del de rerum natura di Lucrezio. Chiudo questa mia già lunghissima risposta dicendo che la commedia in così tanti modi mi appare la reincarnazione letteraria del de rerum natura: eccezionalità dello stile, missioni, punti di vista, sentimenti, lodi e invettive mi appaiono così analoghe che più di una volta mi sono trovato a chiedermi se in qualche modo Dante avesse letto Lucrezio prima del ritrovamento di Poggio Bracciolini. Ma no, non c'è storia. E in Virgilio, che pure era epicureo e che pure ho letto molto, non c'è abbastanza, non c'è abbastanza per spiegare questo. Philosophia perennis per davvero. Ma questa corrispondenza fra Dante e Lucrezio si può rilevare solo alla luce di Dante come cataro. La sua scoperta e la sua dimostrazione inconfutabile di essa, ne sono convinto, passeranno alla storia come una versione contemporanea della confutazione della donazione di Costantino da parte di Lorenzo Valla - che avrebbe tanto fatto piacere a Dante. Dante dunque è il Lucrezio del medioevo, e i catari corrispondono agli epicurei. Anche sforzandomi, non trovo un equivalente moderno, né tantomeno contemporaneo. Sarei molto curioso di sapere se lei ha delle proposte in mente. (Sempre ringraziandola)
Anche per me è stata una gioia leggere la sua risposta, e sa perché? Per l’avere scoperto che anche per voi matematici e scienziati è forse “impossibile” immaginare questa 3-sfera a quattro dimensioni. Così mi sono sentita un po’ più normale. In particolare mi ha fatto piacere leggere che si tratta di “intersezioni impossibili e paradosse”, e questo perché già nella lettera precedente volevo scrivere che sforzandomi di immaginare le quattro dimensioni mi venivano in mente le architetture di Escher. Ho detto “lettera” perché normalmente queste lunghe, complesse e interessanti disquisizioni le intrattengo con i miei interlocutori come lettere all'indirizzo del mio sito (maria.soresina@segretecose.it) e non come messaggi su youtube. Ma va bene anche così. Tuttavia, se ci scrivessimo lettere, potrei allegarle una tabella che ho elaborato decenni fa dal libro di Guénon, sulle tante differenze tra la via mistica e quella iniziatica. Un’altra cosa che ci accomuna è l’immensa stima per Lucrezio. Anch'io, leggendo alcune terzine mi sono talvolta detta: ma qui sembra che parli Lucrezio! Quello che li apparenta è, per usare le sue parole, “quella particolare libertà che si conquista solo nell'ordine razionale”. Philosophia perennis? Certo! Su questo sono più ottimista di lei, e penso che ci sia sicuramente “un equivalente moderno” e magari anche contemporaneo, che tuttavia verrà scoperto solo fra qualche secolo. La philosophia perennis è come un filo d'oro che attraversa tutti i tempi, è sempre presente, essendo, appunto, perenne. Come può immaginare mi hanno fatto molto piacere i - forse esagerati - complimenti, ma anche la frase che la “corrispondenza fra Dante e Lucrezio si può rilevare solo alla luce di Dante come cataro”. Alleluia!
@@ilibridimariasoresina4540 Darò senza dubbio inizio una corrispondenza presso l'indirizzo email che lei mi ha dato, e sarà l'occasione per approfondire il libro di Guénon e il suo contenuto. Sono felice, però, che queste nostre prime interazioni riguardo a Dante, la matematica, e Lucrezio siano avvenute pubblicamente. Le scriverò presto!
commento angelico, grazie.
Tradurre "buona voglia" con "desiderio ardente" mi ha aperto tutto un mondo. Il passare cioè dall'illusione di credere che la buona volontà di fare cose buone sia mezzo per incontrare la Grazia al pensare, invece, che sia l'ardore del desiderio a far scoccare l'incontro dello spirito umano con la Grazia divina. Questo mi appare come l'itinerario perfetto.
Spero di non avere frainteso la tua spiegazione, Maria. Grazie!
No, non hai frainteso, cara Dianella. Hai compreso perfettamente!
Interpretare il Paradiso di Dante come una 3-sfera (detta anche ipersfera) a quattro dimensioni potrebbe essere meno peregrino di quanto può apparire. Il problema, chiaramente, è che le argomentazioni proposte finora proprio non possono convincere. Diventa interessante, a questo punto, fermarsi a considerare perché, veramente, questa idea sia nata, e perché abbia convinto figure così eminenti. Puntualizzo dunque un fatto poco noto ma fondamentale: il modus operandi degli scienziati - e ancor più dei matematici, schiera della quale in molti sensi faccio parte io stesso - tiene molto ben distinte le sfere dell'intuizione e della dimostrazione, e si viene scoraggiati fin dalla scuola superiore a diffidare dal tentare di unificarle o sovrapporle, perché può portare a disastri deduttivi. Dunque le ragioni per cui il Paradiso è stato interpretato come un'ipersfera non coincidono con le dimostrazioni che di ciò vengono proposte. E allora quali sono?
Io stesso, ascoltando questi meravigliosi video, in questi ultimi canti del Paradiso, ho a volte avuto dei momenti di sinestesia matematica in cui mi balenavano in mente delle impressioni non euclidee, Riemanniana, e appunto a più di tre dimensioni. La parola chiave è proprio questa: impressioni, le stesse che avranno avuto gli scienziati padri dell'ipotesi della 3-sfera in Dante. Lei ha detto molto bene che per Dante l'universo è un'immensa sfera tridimensionale, ma lei stessa, avendo scritto dei libri (per altro eccellenti, sono da poco un suo affezionato lettore) sa che quando si è nel pieno della scrittura si viene ispirati, e lo si può percepire come un influsso esterno: se si intraprende questa impresa mettendoci tutti se stessi, è a tutti gli effetti un'esperienza mistica - come lo è la lettura. Mistica definendo la parola nel senso che più mi piace, da logico: si percepiscono delle verità e delle forme senza dedurle, si sostituisce l'oracolo alla deduzione. Ciò non è in contraddizione con la tradizione matematica, e ne è anzi a fondamento: la matematica inizia in modo mistico e procede in modo iniziatico "teorema" deriva dal verbo greco antico theorein, che vuol dire vedere: i teoremi sono letteralmente visioni, e qualunque matematico ricercatore è un mistico, ma soprattutto è un iniziatico, tanto che "mathematikos", in greco antico, voleva dire apprendista di un mestiere --- questo ai Catari sarebbe piaciuto!
Mi sono dunque convinto che Dante, nella scrittura della Commedia, queste impressioni geometrie non euclidee e a più di tre dimensioni che vi ho visto io, le abbia viste anche lui, al di fuori della sua concezione cosciente. Il suo universo è una sfera, ma una ipersfera, Dante, sono convintissimo che l'abbia effettivamente vista --- anzi, che l'abbia sentita, percepita. Non importa che non la sapesse né volesse immaginare: non serve, per riceverne visione in certi stati che si potrebbero benissimo definire trascendenti. E anche questo fa parte della tradizione matematiche: in alcune lingue i teoremi non si scoprono, si ricevono. E il fatto che si sia tentato di descrivere l'universo dantesco come un'ipersfera in senso letterale, invece di cogliere tutto questo, è un indice preoccupante di quanto poco gli scienziati conoscano la psicologia del loro stesso mestiere - e ancor meno, quello della matematica. E forse, cosa che nella mia esperienza viene confermata puntualmente e avvilentemente, conoscono poco la matematica tout court, pur usandone molte parti.
Non ho sotto mano tutti gli esempi che mi piacerebbe portare alla sua attenzione, ma ho in mente di rileggere la Commedia intera a breve. Arrivato al Paradiso, stenderò un piccolo e parziale commento su queste impressioni di forme matematiche non classiche in Dante, e glielo farò avere quanto prima.
Colgo l'occasione per ringraziarla per il suo straordinario e pionieristico lavoro di ricerca su Dante, che per la prima volta nella storia stende luce piena sulla natura e lo spirito della sua opera, e che sarà ricordato come il vero punto di svolta a riguardo.
Ho letto più volte questo lungo, affascinante messaggio. Affascinante, ma incomprensibile. Per me, ovviamente, che non riesco minimamente a immaginare come possa essere una 3-sfera a 4 dimensioni. Devo dire che su questo argomento, prima di scrivere, mi sono a lungo consultata con un mio amico fisico.
La parte che mi ha più affascinato è il discorso sulla mistica, la mistica fondamento della matematica? E se fosse invece la matematica fondamento della mistica? Come lo è della musica (a proposito: favoloso Johann Sebastian con gli occhiali da sole!).
Ma quando ho letto che “la matematica inizia in modo mistico e procede in modo iniziatico”… ho strabuzzato gli occhi. Possiamo parlarne, ma vede, mentre non so nulla della 3-sfera, sulla via mistica e la via iniziatica ho le idee molto chiare, e ne ho parlato certamente in uno dei video. Lo devo a Guénon che su questo, sulle differenze tra le due vie ha scritto un intero libro.
Aspetto con sincera curiosità il suo commento sulle “forme matematiche non classiche in Dante”. E già sono curiosa di sapere se riguarderanno il contenuto o la forma, perché anche nella forma, nel gioioso rincorrersi dei versi e delle rime, si possono vedere forme geometriche e magari anche matematiche…
È una gioia leggere questa risposta.
Immaginare una 3-sfera così come "è" non so neppure se sia veramente possibile. L'esperienza mia e di altri dice che, pensando agli enti a più di tre dimensioni, ciò che realmente si considera sono loro proprietà sì spaziali ma astratte: per esempio, ciò che distingue le quattro dimensioni dalle tre, come impressione, sono intersezioni impossibili e paradosse, l'andare apparentemente in una direzione e trovarsi all'estremo opposto. Oppure, così come le proiezioni di una sfera sono cerchi, quelli di un'ipersfera saranno sfere. Trucchi per vedere il riflesso di qualcosa che non si può osservare direttamente, come Medusa. Dopo un po' si sviluppa una sorta di istinto che di fronte a specifiche disposizioni geometriche a n dimensioni ti fa dire "questa potrebbe essere una proiezione di un oggetto a n+1 dimensioni". È proprio questa la sensazione che ho avuto rileggendo il Paradiso col suo commento, specie negli ultimi canti. Dopotutto Dante è così straordinariamente a suo agio nel cantare lo spazio nelle sue piene tre dimensioni che momenti di paradosso arrivano per forza, e lo sguardo di chi ha lavorato sulle geometrie a più di tre dimensioni o non euclidee in certe vertiginose descrizioni dantesche le ritrova per un riflesso quasi pavloviano, perché le ritrova nel mondo in cui tutti viviamo, e Dante, questo mondo, l'ha messo in scrittura così approfonditamente che nella sua opera possiamo concretamente trovare forme e concetti che lui stesso non poteva conoscere. Nelle mie letture, oltre che in Dante, ho potuto assistere a questo fenomeno solo in Lucrezio - ma ignoro completamente la letteratura indiana.
Leggere proprio lei supporre che la matematica possa essere il fondamento della mistica è estremamente rincuorante: sono ormai anni che trovo che sia l'unico punto di vista (di quelli che conosco) in grado di dare piena dignità di concretezza a (certe) esperienze e alle vie mistiche (quelle serie) senza fare intervenire sovrastrutture non necessarie né banalizzare il fenomeno del misticismo. E il paragone con la musica mi sembra che chiuda bene il cerchio riportando a Dante, che nel mondo, in Dio, in se stesso, e in Dio dentro se stesso dentro al mondo, cercava e trovava quella particolare libertà che si conquista solo nell'ordine razionale, ordine che caratterizza sia la matematica che la musica. Infatti il mito pitagorico vuole che la loro origine in Grecia sia simultanea (l'episodio del fabbro). La matematica come è intesa oggi, specie se si include anche la logica matematica, si può considerare come un modo per poter notare e apprezzare ciascuno aspetto del Dio di Dante, solo non tutti assieme. Tanto che la matematica può persino pensare se stessa: ciò che ho detto prima è una parafrasi del secondo teorema di Gödel. Il quale, se si leggono i suoi scritti meno noti, si scopre essere stato in un suo modo sottile un mistico lui stesso.
Sulla natura delle vie mistica e iniziatica (in realtà principalmente sulla seconda) ammetto l'insufficienza del mio studio attuale, e ammetto anche che titubavo molto nello scrivere quella frase, che forse avrei fatto meglio a non scrivere affatto. Approfondirò sicuramente e mi schiarirò le idee.
Le impressioni matematiche in Dante pervadono tutto, ma "in una parte più e meno altrove". Nel contenuto esplodono in Paradiso, nella forma sono disperse approssimativamente equamente dal primissimo verso all'ultimissimo. Ma ciò che veramente non mi fa dormire la notte (abbastanza letteralmente, visto che sono quasi le 3 mentre scrivo) è la straordinaria corrispondenza tra forma e contenuto, tanto che non si capisce quale abbia preceduto l'altro nel processo di scrittura, proprio come si auspicherebbe che avvenga in un testo sacro (e purtroppo nei testi considerati sacri, salvo alcune sezioni del Corano che sono altissima letteratura, lo rilevo assai poco). È un meraviglioso esempio del singolo concetto matematico che più di tutti avrebbe dovuto entrare nella cultura comune, e non l'ha fatto: l'isomorfismo, formalizzazione dell'idea informale di dire che due cose possono essere uguali da un punto di vista e distinte da un altro, e prima vera concreta soluzione del problema dell'uno e del molti. In Dante, in praticamente ogni canto, ci sono episodi in cui gli attributi della forma della scrittura e il suo contenuto diventano isomorfi. Questo, nelle mie altre letture, l'ho potuto rilevare solo nell'originale latino del de rerum natura di Lucrezio.
Chiudo questa mia già lunghissima risposta dicendo che la commedia in così tanti modi mi appare la reincarnazione letteraria del de rerum natura: eccezionalità dello stile, missioni, punti di vista, sentimenti, lodi e invettive mi appaiono così analoghe che più di una volta mi sono trovato a chiedermi se in qualche modo Dante avesse letto Lucrezio prima del ritrovamento di Poggio Bracciolini. Ma no, non c'è storia. E in Virgilio, che pure era epicureo e che pure ho letto molto, non c'è abbastanza, non c'è abbastanza per spiegare questo. Philosophia perennis per davvero. Ma questa corrispondenza fra Dante e Lucrezio si può rilevare solo alla luce di Dante come cataro. La sua scoperta e la sua dimostrazione inconfutabile di essa, ne sono convinto, passeranno alla storia come una versione contemporanea della confutazione della donazione di Costantino da parte di Lorenzo Valla - che avrebbe tanto fatto piacere a Dante.
Dante dunque è il Lucrezio del medioevo, e i catari corrispondono agli epicurei. Anche sforzandomi, non trovo un equivalente moderno, né tantomeno contemporaneo. Sarei molto curioso di sapere se lei ha delle proposte in mente.
(Sempre ringraziandola)
Anche per me è stata una gioia leggere la sua risposta, e sa perché? Per l’avere scoperto che anche per voi matematici e scienziati è forse “impossibile” immaginare questa 3-sfera a quattro dimensioni. Così mi sono sentita un po’ più normale.
In particolare mi ha fatto piacere leggere che si tratta di “intersezioni impossibili e paradosse”, e questo perché già nella lettera precedente volevo scrivere che sforzandomi di immaginare le quattro dimensioni mi venivano in mente le architetture di Escher.
Ho detto “lettera” perché normalmente queste lunghe, complesse e interessanti disquisizioni le intrattengo con i miei interlocutori come lettere all'indirizzo del mio sito (maria.soresina@segretecose.it) e non come messaggi su youtube. Ma va bene anche così. Tuttavia, se ci scrivessimo lettere, potrei allegarle una tabella che ho elaborato decenni fa dal libro di Guénon, sulle tante differenze tra la via mistica e quella iniziatica.
Un’altra cosa che ci accomuna è l’immensa stima per Lucrezio. Anch'io, leggendo alcune terzine mi sono talvolta detta: ma qui sembra che parli Lucrezio! Quello che li apparenta è, per usare le sue parole, “quella particolare libertà che si conquista solo nell'ordine razionale”. Philosophia perennis? Certo! Su questo sono più ottimista di lei, e penso che ci sia sicuramente “un equivalente moderno” e magari anche contemporaneo, che tuttavia verrà scoperto solo fra qualche secolo. La philosophia perennis è come un filo d'oro che attraversa tutti i tempi, è sempre presente, essendo, appunto, perenne.
Come può immaginare mi hanno fatto molto piacere i - forse esagerati - complimenti, ma anche la frase che la “corrispondenza fra Dante e Lucrezio si può rilevare solo alla luce di Dante come cataro”. Alleluia!
@@ilibridimariasoresina4540 Darò senza dubbio inizio una corrispondenza presso l'indirizzo email che lei mi ha dato, e sarà l'occasione per approfondire il libro di Guénon e il suo contenuto. Sono felice, però, che queste nostre prime interazioni riguardo a Dante, la matematica, e Lucrezio siano avvenute pubblicamente. Le scriverò presto!