Visto il formato di RUclips sono d'accordo. Il focus va dato come primo oggetto, anche prima dell'introduzione. Poi se lo spettatore vuole ascolta il resto.
A me fa ridere quando leggo per esempio "Ti amo" disse bevendo il vino. Immagino la scena di questa persona che sputacchia vino perché nel frattempo sta parlando.
Tutto giusto, un video utilissimo. Solo un dubbio: un autore alle prime esperienze è un principiante. Dilettante può continuare a esserlo non perchè inesperto ma perchè privo di grande talento.
Mah in realtà la “d” eufonica (ad, ed) di usa solo quando la parola successiva comincia con la stessa vocale. Che poi talvolta persino chi giudica i manoscritti ai concorsi non lo sappia è un altro discorso.
In realtà hai riferito quella che è una semplice raccomandazione facoltativa introdotta negli ultimi anni. Sono tanti gli scrittori del Novecento e anche i linguisti che sono andati a orecchio.
Mi è capitato di rileggere le cose che scrissi un paio di anni fa, circa agli inizi del mio percorso da scrittore. Quello che trovo di vero, e che in parte si rispecchia nel discorso che fai tu, è una tendenza alla pomposità inutile. Gli scrittori alle prime armi, un po' come gli oratori alle prime armi, tendono a rendere artificioso il discorso, con la falsa convinzione di farlo spiccare. Lo scrittore più maturo sa bene che, così facendo, ottiene l'effetto opposto.
Questo perché tendenzialmente la visione scolastica della letteratura è quella della scrittura complicata, anche quando scrivi i temi in classe ti chiedono di usare un linguaggio che di solito è più giornalistico che narrativo. Che in quel contesto va bene, ma appunto chi inizia a scrivere spesso non ha avuto altri modelli da cui attingere.
Ho scritto e pubblicato il mio primo libro e l'ho corretto poi subito dopo (per fortuna l'ho pubblicato con Amazon) avendo ricevuto.una segnalazione da parte di una ragazza a cui avevo mandato il.testo che mi ha dato dei consigli; ammetto che avebo fatto tanti errori e tralasciato delle cose; cosí l'ho revisionato e ora credo sia abbastanza accettabile 😊 sono sempre pronta ad accettare le critiche costruttive
Gran bel video, molto chiaro come sempre! Un "trucchetto" da usare per inserire i cosiddetti "paroloni" potrebbe essere quello di creare un protagonista molto colto e ironico, che ne fa uso quando conversa con gli altri per prenderli in giro o metterli in difficoltà.
Certamente, se il lessico "alto" è affidato a uno dei personaggi ha senso, ma spesso esce proprio come voce del narratore, cosa che tende peraltro a rompere l'immersione perché fa sentire la presenza dell'autore.
Condivido tutto quello che hai detto! Da lettore mi sono ritrovato spesso ad avere a che fare con dialogue tag non necessari, oltre che (ciò che odio più di tutto) scrivere di due azioni separate ma in successione, ancora peggio quando si inseriscono azioni minori (es. Banale: si avvicinò al tavolo, - allungò il braccio- e prese il bicchiere). I paroloni invece, non mi sono capitati spesso ma li ho letti anche in libri di autori importanti: una licia Troisi in un romanzo dal linguaggio basico, ebbe un virtuosismo letterario con : sussiego😧)
Riscrivo il mio commento in modo più soft così non si offende nessuno, perché non mi piacciono i conflitti. dopo una lunga riflessione, anche grazie agli spunti che mi hai dato, sono arrivato alla conclusione che gli avverbi in -mente non sono poi così terribili come affermi con fermezza al minuto 11:26. In un discorso poi più in generale che riguarda la scrittura, credo sia un po' pericoloso scagliarsi contro determinate forme di espressione. Certo, se vuoi allinearti alla narrativa degli ultimi 5-10 anni, allora il tuo discorso va forse bene; ma se i tuoi punti di riferimento sono i veri grandi autori del '900 (non troppo antichi. Nessuno qui vuole parlare come boccaccio o dante), allora non va bene, poiché loro (almeno secondo le mie ricerche) li usavano senza problemi. Gli avverbi in -mente sono secondo me importantissimi e aiutano molto amplificando il significato del verbo e rendendo la frase più poetica. Non esagerate, verissimo, e non siate ripetitivi, tutto qui.
Non ce n'era bisogno perché come hai visto non avevo rimosso nulla, il commento hai scelto di cancellarlo tu. Comunque chiunque è libero di formarsi la sua opinione, quello che dico qui (e pressoché in ogni video) è basato sull'esperienza con chi si approccia alla scrittura da una parte, e di come gli editori e i professionisti reagiscono a un certo modo di scrivere dall'altra.
Grazie per il video. Come qualcuno ha già fatto notare, alcune cose possono essere relative e dipendere dai casi. Certo, la sovrabbondanza degli elementi che hai citato storpia chiaramente il testo. Sono anche io preoccupato per quegli insegnanti di scrittura su youtube che vogliono ridurre la scrittura a una sorta di metodo quasi matemarico, approvato (secondo loro) proprio da studi scientifici. Credo non abbiano la più pallida idea di cosa sia la scienza, ma sono preoccupato per l'orda di scrittori e lettori che verrà e che giudicheranno "mer*a" tutto ciò che non rispetta i canoni dei loro guru. Io credo che delle regole generali esistano, ma la scrittura sia sempre una cosa relativa. Anche per i dialogue tag si fanno esempi standar. Come hai detto tu, evitando i continui: disse, ribadì, ripetè, e rimpiazzandoli con i beat. Tuttavia, questo vale in una base, con due personaggi che parlano e sono mossi dal conflitto, ma in una storia ci può essere anche altro. Ci possono essere monologhi, ci possono essere infodump leciti. Se in una scena ad esempio ci sono quattro personaggi che compiono dei lunghi dialoghi, come fai a non utilizzare spesso i dialogue tag? Per forza di cose devi usarne diversi. Dopo un po' anche i beat diventano meccanici. Oppure poniamo questo fatto: un personaggio è in missione e riceve le indicazioni via radio, nell'auricolare, da parte di diverse persone. Il protagonista non è con loro e non può vedere le loro azioni (beat), perciò come fai a non utilizzare quasi del tutto i dialogue tag? Secondo me su youtube Italia manca proprio un video decente al riguardo che non si riduca a semplici regole standard, prese da situazioni base in cui persino un bambino riuscirebbe a gestire i dialoghi in maniera corretta.
Chiaramente la mia non è una critica nei tuoi confronti (Andrea), e non è riferita nemmeno agli altri commentatori (che non conosco). Tengo a precisare comunque che trovo molto moderati i tuoi video. Alcune cose sono molto basilari, per neofiti, e lo capisco. A me piace però quando si entra maggiormente nel dettaglio. Dei dialogue tag, come dicevo, nessuno ne parla in maniera approfondita. Ho apprezzato anche i video sui termini (spesso inglesi) di sceneggiatura moderna. Queste sono proprio le cose di cui non parla quasi nessuno.
Capisco cosa intendi, bisogna sempre tenere presente che la scrittura non è una scienza esatta, quindi tutto è sempre discutibile. Premesso questo, dei principi di base devono pur esserci da qualche parte, perché altrimenti è anche inutile parlarne e si può semplicemente dire "ognuno faccia come gli pare", quando la storia dimostra che non funziona così (come non funziona nemmeno in modo puramente meccanico). Riguardo il discorso dei dialogue tag hai ragione, ci sono tante situazion in cui sono inevitabili. Ma è proprio per quello che bisogna "risparmiarli" quando possibile, in modo che, nei casi in cui davvero non si può farne a meno, il loro uso non risulti pesante. Stesso discorso per i beat: anche quelli diventano meccanici se abusati, ma anche qui la questione di partenza è che gli scrittori all'inizio del loro percorso usano *sempre* i dialogue tag, mentre i beat li "scoprono" dopo. Idealmente la gestione dei dialoghi dovrebbe bilanciare beat, tag, punteggiatura e alternanza in modo da creare un flusso abbastanza variegato, così che sembri naturale e non un copione. Non è facile fare esempi astratti, bisognerebbe sempre partire da un testo e lavorare su quello per mostrare come arrivare a questo equilibrio. Comunque da settembre caricherò dei video con esempi di editing e può darsi che ci sia l'occasione anche di mostrare qualche intervento sui dialoghi.
@@StoryDoctor Sono d'accordo con quello che dici. Il fatto è che sentendo le diverse teorie dei vari "insegnanti", a volte uno non sa più dove sbattere la testa. Parlano in bianco e nero, ma la scrittura è fatta di mille sfumature. Come quando si dice: componi frasi semplici e più corte possibili. È vero in una prima fase da neofita, ma cosa sarebbe la letteratura senza le frasi interminabili (e stupende) di alcuni scrittori e scrittrici?
@@biobooks7 Certo, però come in tutte le discipline, i virtuosismi te li puoi permettere dopo che hai imparato a padroneggiare le tecniche di base. Se pensi a fare i canestri da centro campo non imparerai nemmeno i tiri liberi. E in un certo senso, la tecnica "di base", quella fondata sui principi più chiari e oggettivi, è forse l'unica che si può insegnare, perché poi a partire da quella uno scrittore può evolvere le sue personali interpretazioni.
Ottimi consigli, grazie. L’esempio del gerundio per descrivere la situazione al telefono mi sembra non adatto. Quando rispondo al telefono lo faccio esattamente dicendo “chi è?”. È proprio quella la risposta effettiva, in che altro modo rispondi? Dici “pronto!”? Sarebbe dunque corretto scrivere come segue? - rispose al telefono dicendo “pronto” seguito da un nevrotico “chi è?”. Di tutta risposta la voce dall’altra parte della cornetta tuonò “stocazzooooooo!”. LOL
Sì è vero forse nell'esempio del telefono il "rispondere" si può intendere come l'atto stesso di chiedere "chi è", ma insomma credo che si sia capito cosa intendevo.
Ciao sono uno scrittore alle prime armi, sto cercando di migliorarmi e non è facile dato che spesso quelli che mi circondano mi riempiono solo di complimenti, ma poi i risultati non arrivano. Il tuo video mi è stato molto utile, grazie mille! ❤
Buongiorno. La questione relativa ad aggettivi ed avverbi l'ho sentita nominare molte volte, ma continuo a non comprenderne la ragione. Naturalmente, escludo i casi di esagerazione ("cielo azzurro, limpido, terso, risplendente" è chiaramente una esagerazione che suona male, salvo contesti specifici e voluti). In particolare, non comprendo la questione degli avverbi in -mente (sempre tenendo conto che l'esagerazione tende a rovinare).
Il problema si pone a due livelli: il primo, più superficiale, è propio l'esagerazione. Purtroppo non è affatto scontato soprattutto per gli autori inesperti, che tendono a sovraccaricare le frasi di aggettivi e avverbi, in generale sempre per quell'impostazione scolastica/giornalistica per cui la qualità della scrittura si misura dalla sua ponderosità, e ci si compiace del periodare complesso e ricco. La maggior parte degli scrittori in questa fase iniziale è convinta che trovare quattro aggettivi con cui caratterizzare un sostantivo sia indice di grande creatività, quando in realtà è praticamente l'opposto. Superato questo primo livello, se ne trova un altro: avverbi e aggettivi sono spesso una soluzione semplice a un problema complesso. Faccio un esempio banale: se io scrivo "camminò rapidamente" è probabile che io voglia dire che il mio personaggio non sta "camminando" ma sta facendo un'azione diversa. Dovrei quindi trovare il modo di descrivere quell'azione con un verbo diverso, che in questo caso potrebbe essere banalmente "correre" ma magari anche qualcosa di più raffinato. L'uso degli avverbi ci mette quasi sempre di fronte a questa sfida, e quando ci viene da usarli dobbiamo sempre fermarci a pensare se sia davvero la soluzione migliore, o se in realtà sia la soluzione più rapida (e più pigra) che il nostro cervello ci suggerisce. Poi certamente ci sono situazioni in cui davvero un avverbio può fare il suo lavoro, ma nella maggior parte dei casi sono l'espressione di un ragionamento (o non-ragionamento di questo tipo). In base alla mia esperienza, se da un testo si rimuovono tutti gli avverbi in -mente non si perde quasi nulla del significato.
Ciao, video interessante. Ero a conoscenza di tutti i cinque punti. Sul punto cinque avrei da ridire una cosa: dipende dal registro linguistico che si usa nel testo e dal personaggio che sta parlando. Se per un determinato motivo, della storia, hai un registro aulico non puoi utilizzare parole di uso comune. Devi cercare espressioni adatte al contesto. Esempio: una divinità non può interloquire come un contadino. Quindi il punto cinque ha delle eccezioni. Non credi? Comunque ti ringrazio per le spiegazioni molto semplici e comprensibili.
Sì certamente, il registro deve essere coerente con il personaggio quindi può darsi che qualcuno usi davvero dei paroloni. In tal caso è legittimo e anche caratterizzante, quindi una buona soluzione. Ma spesso gli autori si limitano a voler ostentare la loro "proprietà di linguaggio" indipendentemente dalle caratteristiche dei personaggi, e questo invece è sconsigliabile.
@@StoryDoctor assolutamente, la mia contestazione non era per favorire l'ostentamento della proprietà di linguaggio che poi decade i Saccenza. Grazie per il confronto.
Il gerundio però può esprimere anche la conseguenza di qualcosa, nelle consecutive. "La candela cade dando fuoco alla pozza di benzina", quel "dando" si parafrasa come "così da dare fuoco".
@@StoryDoctorLa sintesi è un obbligo. Il contrario si chiama logorrea. Sintesi non vuol dire essere brevi - che poi "brevi" quanto? - ma spendere, per esprimere un concetto, le parole che servono e non una di più. La sintesi rende corposo, ritmato, avvincente un testo. Trattiene all'ascolto l'interlocutore o il pubblico per il tempo necessario e non oltre: quindi è un segno di rispetto.
Molto interessante e utile, grazie! Ho solo una domanda: alcuni di questi errori (per esempio il discorso sugli aggettivi) sono davvero così tanti da evitare se vanno a definire proprio lo stile stesso dello scrittore? Penso a Kerouac che in alcuni dei auoi libri piu importanti ha usato milioni di aggettivi in sequenza e spesso anche senza l'uso delle virgole, oppure al Giovane Holden di Salinger diventato famoso e importante, oltre che per il contenuto dell'opera, proprio per lo stile e l'uso di parole non convenzionali. E così moltissimi altri che sono subito riconoscibili proprio per il loro stile di scrittura così "sbagliato"
Per "definire lo stile" bisogna che siano errori (o semmai: abitudini) consapevoli e ben giustificabili, cosa che di solito non è, sono soltanto la prima cosa che viene in mente di scrivere.
Può esserlo, se la scelta "stilistica" non prevale sulla coerenza della storia. Cioè se la tua voglia di far vedere le belle parole che conosci va a discapito dell'integrità della narrazione.
Ho appena realizzato che devo riscrivere tutto il primo capitolo dellamia storia per via dei Dialogue Tag 😅 Comunque sulle "d" eufoniche sonk stata attenta dai 😂
@@StoryDoctor Sapevo che l'avrebbe detto. Beh, che dire, la poesia, per sua stessa natura, dovrebbe essere ancora più sintetica, più stringata come forma rispetto alla prosa - ovvero dire di più con un numero minore di parole. Un uso esagerato di aggettivi, secondo la sua logica, sarebbe perciò ancora meno opportuno nella poesia che non nella narrativa.
La definizione di poesia è tutta tua, non credo che ci si possa basare su questo per fare delle inferenze su come dovrebbe funzionare la narrativa. Anche ammesso che fosse corretta la definizione, non c'è alcuna consequenzialità tra gli scopi e i meccanismi di poesia e narrativa. E anche se ci fossero, di poesia non mi occupo quindi non ho niente da dire in merito. Hai fatto la tua uscita smartass, hai ottenuto la risposta che cercavi, non c'è utilità nel proseguire su questo corso per cui non commenterò ulteriormente.
Complimenti per il video molto interessante. Ho già scritto alcuni libri, ma ora mi sto cimentando in un'autobiografia ed è la prima volta che scrivo in prima persona e ho dei dubbi. Ecco quindi alcune domande. - Essendo la prima volta che scrivo in prima persona vorrei sapere se possibile sostituire il mio nome reale con uno invernato, così come alcun i dei miei personaggi, tutti reali. - E' possibile eludere il nome del luogo in cui si svolge il romanzo? Se sì in che modo? Ti ringrazio in anticipo e attendo risposta. Buona giornata
È possibile fare tutto, la storia è tua e la racconti come vuoi. Semmai rifletterei sul fatot di voler scrivere un'autobiografia, trovi un altro video in proposito.
“Ciao Maria!” disse Francesco. “Ciao Francesco!” salutò Maria di rimando. Oppure si può omettere il fatto che stia parlando Maria e continuare con botta e risposta. Non sono una scrittrice (ma mi piacerebbe diventarlo), perciò se qualcuno volesse correggermi sono aperta alle critiche.
Nel momento in cui hai una risposta diretta con un saluto, si dà per inteso che a parlare sia appunto la Maria citata prima. Il fatto che stia "salutando di rimando" è evidente dalla battuta stessa, per cui non c'è bisogno di specificarlo.
Posto che condivido in linea generale quello che dici, ci sono alcune cose che mi lasciano perplesso. Ad esempio sugli avverbi di modo in -mente, la cui sovrabbondanza può essere fastidiosa e appesantire inutilmente il testo, quando si potrebbe cercare un verbo o una locuzione più appropriata e pertinente per descrivere meglio l'azione in corso. Però per quanto l'italiano abbia una varietà di sinonimi e sfumature (sia per i verbi che per i sostantivi) molto superiore a quella di lingue come ad esempio l'inglese, la disponibilità di verbi non è illimitata e spesso non copre l'intero spettro di necessità descrittive. Anche perchè se così fosse le lingue non avrebbero bisogno di avverbi, no? Vorrei prendere proprio uno degli esempi che hai utilizzato, "rapidamente". Immaginiamo di dover descrivere un personaggio che ruota su sè stesso prima di sferrare un calcio all'indietro. Vediamo qualche formulazione "da dilettante" e possibili alternative: - Catwoman ruotò rapidamente su sè stessa e distese la gamba sferrando un calcio che colpì duramente l'Enigmista all'addome [qui c'è un doppio avverbio e pure un gerundio] - Catwoman effettuò una rapida rotazione su sè stessa e sferrò un violento calcio all'indietro centrando l'Enigmista all'addome [niente avverbi, sostituiti da "rapida rotazione" e "violento calcio" ma c'è ancora il gerundio] - Catwoman piroettò su sè stessa, sferrò un violento calcio all'indietro e spedì il suo tallone a impattare contro l'addome dell'Enigmista. [niente avverbi, niente gerundio] - Catwoman turnicò sulla gamba d'appoggio leggermente flessa, compiendo una rotazione fulminea che la mise in linea col suo bersaglio. L'altra gamba, raccolta per incrementare il momento angolare della rotazione, si distese all'indietro con la velocità di un siluro e il suo tallone sprofondò nell'addome dell'Enigmista, spremendo ogni traccia d'aria fuori dai suoi polmoni. L'Enigmista, col volto paonazzo e gli occhi strabuzzati, crollò sulle ginocchia stringendosi lo stomaco con entrambe le braccia, mentre Catwoman ritraeva la gamba e riassumeva una postura di guardia. [ok questo è solo un cazzeggio di virtuosismo show don't tell] Quanti verbi abbiamo per rendere l'immagine di una rotazione molto rapida? O di un impatto molto forte, o di un calcio sferrato con particolare rapidità e forza? Come rendere, senza fare uso di aggettivi o avverbi, la differenza di velocità tra il calcio sferrato da Catwoman e il calcio a velocità da tartaruga con cui Fantozzi batte il calcio di rigore alla partita Scapoli-Ammogliati? Perchè ripeto, la scelta di verbi e sostantivi non è comunque illimitata e a volte nella ricerca di verbi e sostantivi alternativi per evitare il ricorso a un avverbio, si potrebbe incappare nello stesso errore di chi sostitusce tutti i "disse" andando a cercare forzatamente dei sinonimi più o meno improbabili (tipo turnicare, come nell'esempio di cazzeggio); oppure si potrebbe essere costretti a spezzare in più parti separate da punti o virgole - specie nel caso del ban dei gerundi - una frase che dovrebbe rendere l'idea di fluidità di un'azione rapida e improvvisa, e a ricorrere forzatamente a giri di parole e costruzioni della frase che otterrebbero l'effetto diametralmente opposto, di rallentare e rendere macchinosa la raffigurazione dell'azione da parte del lettore... quando l'uso consapevole e circoscritto di un avverbio, usato per lo scopo per cui esiste nella lingua italiana, eviterebbe parecchi mal di testa e non trascinerebbe il lettore nella lettura di una descrizione macchinosa e artificiale. Non si rischia che (come nel caso di altri dettami della scrittura "moderna" elevati a leggi assolute e imprescindibili) l'ossessione di applicare a tutti i costi una regola - o uno stile narrativo - renda meno immediata, e quindi meno capace di comunicare con efficacia, l'immagine descritta? Probabilmente mi sbaglio ma a volte ho la netta impressione che nell'ossessione di inseguire l'immersione in prima persona e il rispetto di determinati canoni espressivi, si finisca per costringere l'italiano in forme molto più artificiose, pesanti e macchinose di quello che la lingua consentirebbe per comunicare efficacemente (che dovrebbe essere la prima preoccupazione di chi vuole farsi leggere da terzi). E mi chiedo se questo davvero aiuti il lettore a immergersi di più nell'azione, specie considerando la quantità sempre crescente di persone che ormai non leggono più nemmeno un post più lungo di 200 caratteri senza chiudere e passare ad altro all'insegna del famigerato TL;DR (too long; didn't read). D'accordo uno spera che i lettori non appartengano a questa tipologia, ma quando si insiste tanto sullo scrivere in modo "moderno" e "tenendo conto del mercato contemporaneo" credo si dovrebbe tenere conto anche di questo. E del fatto che se un avverbio, grammaticalmente corretto e non ridondante, aiuta a evitare di imbarcarsi in una perifrasi di 50 parole per non usare una singola parola che termina in -mente, ma ci si rifiuta lo stesso di usare quella parola e si preferisce imporre al lettore la perifrasi di 50 parole, forse si dovrebbero rivedere le proprie priorità.
Ragionamento corretto, ma stai portando il discorso molto più avanti di quello che dico io nel video. Io parlo delle abitudini di scrittura "scolastiche" che sono ricorrenti nei testi di autori dilettanti, e la sovrabbondanza di avverbi/aggettivi è uno di questi. Punto. Poi ci si può addentrare nell'analizzare quando e come è opportuno usare gli avverbi in -mente, perché ovviamente [sic] ci sono dei casi in cui ha senso ed è la soluzione più efficace. Attenzione però a non fare il ragionamento che dire di stare attenti a certe cose ricorrenti (e facilmente riconducibili a una scrittura inesperta) significano "limitare l'espressività della lingua". Di solito anzi è il contrario. Ho già fatto un video anche sull'abuso di sinonimi, in particolare proprio del verbo "dire". E non ho mai insistito sulla "scrittura immersiva in prima persona", anzi sui problemi della prima persona farò a breve un altro video.
@@StoryDoctor grazie per la risposta articolata. Mi era venuto proprio l'esempio del "rapidamente" quando ho avuto l'esigenza di descrivere scene di combattimento serrato, che messe su carta e dovendo essere visualizzate con chiarezza, rischiavano sempre di farmi incartare in descrizioni lunghe e macchinose da leggere.
@@StoryDoctor giusto. Infatti quando ho scritto quel commento ero nella mia fase di confusione mentale perché pur avendo una laurea in lettere non avevo mai sentito parlare dell'avversione verso gli avverbi in -mente. Ma adesso ho le idee più chiare. Ti ringrazio di cuore per le tue risposte e per i tuoi video. Ho scritto un altro commento per spiegare quello che penso a riguardo.
Domanda complessa: "ti piacciono" perché hanno un valore dimostrabile nella storia (per esempio, per rispettare una certa metrica che vuoi dare al testo) o solo perché a te sembrano belle così? Se non puoi giustificare la loro presenza, allora vanno tolte, perché in prima battuta daranno un'impressione di dilettantismo.
@@lapiumadinella Allora purtroppo direi che l'argomentazione non è sufficiente: "mi piace così" non giustifica agli occhi di un editore quella che viene vista come l'infrazione di una regola implicita. Se ti sembra che ci siano troppe congiunzioni "e" ripetute, allora puoi lavorare per costruire le frasi in modo da risparmiare sulle congiunzioni.
Ciao, un video molto importante e pieno di spunti interessanti. Qualche osservazione (da lettore) a cui spero troverai il tempo di replicare: - sulla "e" eufonica io mi regolo sempre in questo modo. Mai se la vocale che segue è diversa da "e"; invece, per evitare due "e" consecutive, secondo me è necessaria (una frase tipo "Marco parlava e Eleonora camminava" è terribile), - i dialogue tag sono particolarmente fastidiosi, anche perché, correggimi se sbaglio, basta un vocativo per avviare il discorso in modo del tutto naturale e privo di ambiguità, - sui "paroloni" non sono invece del tutto d'accordo (e penso sia la prima volta da quando seguo questo canale) per 3 motivi: 1) dipende dal livello lessicale medio del narratore (la voce narrante del "Nome della rosa" usa "meriggio" anche nel corso delle parti "gialle" dell'opera, un giallista medio di oggi ovviamente no); 2) dipende dal genere: "meriggio" in un racconto fantascientifico farebbe ridere, ma nel "Nome della Rosa" ci sta benissimo, così come magari in un romanzo distopico o un po' surreale (alla Gadda); 3) vari livelli lessicali possono contribuire a caratterizzare i personaggi nel discorso diretto o nell'indiretto libero (ma immagino ti riferissi solo alla voce narrante). Ciao e grazie
1- Sì infatti l'uso "canonico" della D eufonica è proprio quello. 2- Attenzione però il vocativo rischia di rendere il dialogo forzato e teatrale, perché non è così che le personen parlano nella realtà! 3- Ovviamente il registro utilizzato (e quindi anche eventuali paroloni) va proporzionato alle caratteristiche della storia, per cui un giudice del CSM magari li usa per davvero. Io mi riferisco alla tendenza appunto di usarli a sproposito solo per mostrare la propria "conoscenza" della lingua.
Non per sminuirti, ma non è che ci voglia un genio. Chiunque abbia letto dei libri nella sua vita sa come vanno le cose... Quando elencano questi tipi di errori io penso a persone particolarmente ignoranti.
La D eufonica la uso anche parlando, perché la odiate così tanto? :( In un libro di Terry Brooks mi sono imbattuto in "È e una bella idea". Mi ha lasciato così traumatizzato che lo ricordo a 30 anni di distanza.
Personalmente non avrei nulla contro le D eufoniche, ma da una ventina d'anni (forse anche di più) in narrativa si è affermata questa sorta di convenzione per cui si evitano. Vedi più nel dettaglio il video che ho dedicato proprio a questo: ruclips.net/video/3zSLNEk1KUk/видео.html In ogni caso nell'esempio da te citato credo fosse un refuso vero e proprio, perché comunque l'eufonica è ammessa quando separa la stessa vocale.
@@StoryDoctor troppo tardi lmao però sì, sarebbe un punto in più per la fruibilità del video averlo diviso in parti etichettate, così anche solo passandoci il mouse l'utente potrebbe riassumere in un attimo tutti i punti utili. L'aspetto della d eufonica è pura follia, fortunatamente limitata all'Italia, penso sia un retaggio boomer
Io ancora non ho capito bene dove va la punteggiatura nei dialoghi. Ad esempio: “Allora, ci vediamo presto.” “Allora, ci vediamo presto”. Ho visto il punto usato in entrambi i modi.
Riguardo ai dialogue tag, sto leggendo un libro noir in cui l'autore usa spesso il verbo "ingaggiare", nel senso di incalzare e, a volte, anche senza complemento oggetto. Voglio arrivare in fondo, ma sto molto male :(
@@StoryDoctor :D magari... c'è una scena in cui una bambina dà fastidio a una donna, che non è sua madre e , chiuso il dialogo diretto, lo scrittore... scrive che continuava a ingaggiarla. Ecco.
Ciao, strano che nessuno si sia ancora risentito perché hai osato attaccare gli avverbi. Nel mio piccolo ho portato come cattivo esempio un brano tratto da un romanzo edito da un grande editore e pubblicato in una collana storica. Si tratta di una frase di 25 parole delle quali ben 4 sono avverbi in mente. Siccome di libri pubblicati di recente contenenti avverbi in mente se ne trovano in quantità industriale, credo che gli operatori del settore non solo non abbiano tempo da dedicare agli inesperti ma anche a coloro che pubblicano. Perché scrivevo che è strano che non ti abbiano ancora attaccato? A me ha risposto una persona che mi sbattuto in faccia che nei Promessi Sposi di avverbi ce ne sono ben 1032 e Nel nome della rosa ben 866. Quindi chi mi credevo d'essere per stroncare gli avverbi in mente?
La sovrabbondanza di avverbi è una di quelle tipiche abitudini scolastiche che a mio avviso derivano dalla concezione dominante che la scrittura debba essere ponderosa e lenta, e più le frasi sono cariche e complesse più "sei scrittore". Poi come dicevo in una risposta sopra, la scrittura è fatta di convenzioni, Manzoni probabilmente all'epoca era anche innovativo, ma attualmente la narrativa ha standard e tendenze diverse.
Immagino che le cose in narrativa cambino, e di molto, a distanza di anni... sto analizzando da tempo "il nome della rosa" dopo averlo letto più di una volta: contiene pressoché tutte queste imorecisioni
Assolutamente, come dico infatti non sono errori ma convenzioni. Uno scrittore consapevole può anche infrangerle, ma di solito sono abitudini che derivano dalla scuola e sono quindi indizio di poca esperienza o sciatteria.
E io che ho chiesto a chatgpt: me lo migliori il testo? E lui che l'ha infilzato di aggettivi, uno per sostantivo! 😂 E tu che ti scopro nel mezzo della revisione di un mio racconto Quale momento poteva essere migliore di questo? Grazie del video! Ciao!
Posso concordare solo in parte con quanto spiegato nel video. Alcune cose, come la faccenda degli aggettivi o degli avverbi in -mente, mi sembrano più una moda attuale della scrittura narrativa che delle vere e proprie regole o errori. Basta leggere romanzi (anche di autori bravi e rinomati) degli anni 80 per scoprire che questa moda non c’era. Riguardo i “paroloni” mi chiedo se vi è mai capitato tra le mani un romanzo di Umberto Eco…
Dire scrittore esordiente di per sè non la trovo una cosa malvagia, lo diventa quando è un eufemismo di “incapace”, lo stesso che succedeva cinquant’anni fa con il cinema d’autore. “Gli attori non sanno recitare”, “Eh ma è normale, è cinema d’autore. Non sono attori veri”. Va bene, ma se il risultato finale fa cagare sai che mi frega delle sigle edulcorate 😂
ma 'ndo hai studiato scrittura?! alla Holden?! cinque punti, cinque luoghi comuni, esplicitati con una superficialità e una retorica a dir poco stucchevoli... c'è stata una grandissima persona che una volta disse che la scrittura dev'essere musicale e le parole si devono armonizzare l'un l'altra in un flusso continuo che deve essere anche un piacere per le orecchie, pertanto la D eufonica non necessariamente è una questione da principiante ma ci va dove chi scrive "sente" che quella D si armonizza (o meno) nel contesto della frase e della congiunzione di riferimento... 2) i question tag non è questione di essere principiante ma solo di saper o non saper scrivere, molto più semplice, perché ogni verbo o parola accazzodicane è solo sinonimo di incapacità nello scrivere 3) 4) 5) stesso discorso per aggettivi e avverbi - sì, l'overwriting è un difetto da principiante, e il parossistico uso dell'overwriting è però nuovamente incapacità di scrittura, si tratta solo di saper usare aggettivi e avverbi corretti e di conoscerne i reali significati (competenza vs. ignoranza) - stesso discorso per il gerundio che mi pare sia già stato propriamente esposto, e stesso discorso per i "paroloni": il parolone fine a se stesso è ovviamente stucchevole, ma il parolone non è questione da principiante ma da chi sa manipolare la lingua in maniera sapiente... 6) il bello della scrittura, che è una forma d'arte e di creatività, sta proprio nell'uso che si fa delle parole, di quali si sceglie, di come le si usa, di come si compone, e a volte (ovviamente prima conosciute) si possono persino violare regole (grammaticali) consolidate se il testo lo necessita, se la storia lo richiede 7) ora io capisco che la letteratura contemporanea si di una povertà sconcertante e di una omologazione che farebbe rabbrividire i grandi scrittori, ma se esistono scuole e canali che spingono ancor di più sul conformismo, beh, allora ci meritiamo solo più Moccia o Stephanie Meyer... 8) e capisco anche che ormai questo conformismo narrativo abbia una sua peculiarità nella ricerca spasmodica della vendita dei diritti cinematografico-televisivi visto che non legge più nessuno, ma la letteratura è una cosa e la scrittura per audio-visivo un'altra, quindi il "show, don't say!" insegnato in America ha un senso preciso per quel medium, poi, altra cosa invece è puntare sull'efficacia (non necessariamente visiva) di una parola in un contesto... il bello della letteratura è proprio la grande possibilità di sperimentazione che le gabbie (necessarie) della scrittura per il cinema (e la serialità o il fumetto) non possono permettere...
Al di là dei discorsi sulla libertà della scrittura mi pare che si possa dire che concordi con quello che dico, visto che affermi che i punti che cito sono questione di "sapere o non saper scrivere", e credo che si possa serenamente affermare che la condizione del non saper scrivere è una definizione equivalente di "dilettantismo".
@@StoryDoctor concordare o meno non dovrebbe nemmeno essere il punto dirimente, almeno per me non lo è, ho solo detto che quello che hai detto nel video è spesso stucchevole e un po' superficiale... il punto è che il tuo concetto di dilettantismo è solo un atto spregiativo e che mistifica il senso etimologico della parola, per cui il diletto è cosa piuttosto lontana dall'incompetenza su cui invece tu vorresti mettere l'accento...
@@lucabrunetti6040 Il dilettantismo è la fase iniziale dell'applicazione a qualunque disciplina, quando ancora non si ha abbastanza pratica ed esperienza per evitare errori comuni o conoscere le convenzioni del settore. Si è dilettanti anche quando si inizia a correre, a giocare a ramino, a farsi il pane in casa. Peraltro se guardi il video in cui parlo nello specifico della D eufonica puoi vedere che dico proprio che un autore capace e consapevole può decidere di usarla in opposizione alle convenzioni attuali. Ma di solito, per chi inizia (= è un dilettante) le abitudini ricorrenti sono queste e non lo sono per precise scelte autoriali, ma perché sono il livello scolastico base della scrittura. Mi rendo conto però che l'uso del termine "dilettante" può risultare sgradevole (anche se specifico che appunto non è inteso come dispregiativo) quindi magari spiegherò meglio in un prossimo video a cosa mi riferisco quando lo uso.
@@StoryDoctor e meno male che scrivi... dilettante è chi fa per diletto... forse volevi intendere principiante... però sai l'uso corretto dei termini di una lingua e il loro preciso significato sono piuttosto importanti quando si scrive...
@@lucabrunetti6040 Non ho intenzione di farmi trascinare in una battaglia di dizionari, l'interpretazione del termine è evidente dal contesto e i cavilli etimologici non aggiungono niente di utile alla discussione. A maggior ragione considerando che in sostanza mi sembra che tu sia d'accordo sui punti elencati, però non ti piace il modo in cui sono esposti. Valuterò se dedicare un video al mio utilizzo del termine "dilettante" per tranquillizzare chi si sente sminuito da questa definizione.
È grazie a questi 'guru' che la scrittura contemporanea è arida, incapace di usufruire del ricco bagaglio lessicale che una data lingua può offrire. Ho, forse, usato troppi aggettivi? Mi scuso, riformulo il commento sulla base del 'know how' di questi agenti immobiliari: che schifo.
Io credo che su 20 minuti di video, dopo 5 non si sia ancora arrivati al focus porti a stufare.
Visto il formato di RUclips sono d'accordo. Il focus va dato come primo oggetto, anche prima dell'introduzione. Poi se lo spettatore vuole ascolta il resto.
Anche io lo ho pensato. Dopo aver anticipato 5 punti è andato avanti con una premessa che sembrava non finire mai. Però è un video con buoni spunti.
È un artista ci sta che sia prolisso
Ah ok dicevo Io Che non aveva detto niente Dopo 5 min
Com'é la gente oggi! Di pazienza non ne ha più 😆. Comunque é facendo che si impara
A me fa ridere quando leggo per esempio "Ti amo" disse bevendo il vino.
Immagino la scena di questa persona che sputacchia vino perché nel frattempo sta parlando.
😅😅😅🤣
🤣🤣🤣🤣
Bevve, sussurrando ti amo
@BambolaSgarbie Immagina questa scena:
Tutto giusto, un video utilissimo.
Solo un dubbio: un autore alle prime esperienze è un principiante.
Dilettante può continuare a esserlo non perchè inesperto ma perchè privo di grande talento.
oppure perché non gliene importa nulla di pubblicare, e scrive per sé stesso e magari per i suoi intimi.
Si può rimanere dilettanti anche al quattordicesimo libro pubblicato
Mah in realtà la “d” eufonica (ad, ed) di usa solo quando la parola successiva comincia con la stessa vocale. Che poi talvolta persino chi giudica i manoscritti ai concorsi non lo sappia è un altro discorso.
In realtà hai riferito quella che è una semplice raccomandazione facoltativa introdotta negli ultimi anni. Sono tanti gli scrittori del Novecento e anche i linguisti che sono andati a orecchio.
Mi è capitato di rileggere le cose che scrissi un paio di anni fa, circa agli inizi del mio percorso da scrittore. Quello che trovo di vero, e che in parte si rispecchia nel discorso che fai tu, è una tendenza alla pomposità inutile. Gli scrittori alle prime armi, un po' come gli oratori alle prime armi, tendono a rendere artificioso il discorso, con la falsa convinzione di farlo spiccare. Lo scrittore più maturo sa bene che, così facendo, ottiene l'effetto opposto.
Questo perché tendenzialmente la visione scolastica della letteratura è quella della scrittura complicata, anche quando scrivi i temi in classe ti chiedono di usare un linguaggio che di solito è più giornalistico che narrativo. Che in quel contesto va bene, ma appunto chi inizia a scrivere spesso non ha avuto altri modelli da cui attingere.
Ho scritto e pubblicato il mio primo libro e l'ho corretto poi subito dopo (per fortuna l'ho pubblicato con Amazon) avendo ricevuto.una segnalazione da parte di una ragazza a cui avevo mandato il.testo che mi ha dato dei consigli; ammetto che avebo fatto tanti errori e tralasciato delle cose; cosí l'ho revisionato e ora credo sia abbastanza accettabile 😊 sono sempre pronta ad accettare le critiche costruttive
Questo è lo spirito giusto!
Gran bel video, molto chiaro come sempre! Un "trucchetto" da usare per inserire i cosiddetti "paroloni" potrebbe essere quello di creare un protagonista molto colto e ironico, che ne fa uso quando conversa con gli altri per prenderli in giro o metterli in difficoltà.
Certamente, se il lessico "alto" è affidato a uno dei personaggi ha senso, ma spesso esce proprio come voce del narratore, cosa che tende peraltro a rompere l'immersione perché fa sentire la presenza dell'autore.
Condivido tutto quello che hai detto! Da lettore mi sono ritrovato spesso ad avere a che fare con dialogue tag non necessari, oltre che (ciò che odio più di tutto) scrivere di due azioni separate ma in successione, ancora peggio quando si inseriscono azioni minori (es. Banale: si avvicinò al tavolo, - allungò il braccio- e prese il bicchiere). I paroloni invece, non mi sono capitati spesso ma li ho letti anche in libri di autori importanti: una licia Troisi in un romanzo dal linguaggio basico, ebbe un virtuosismo letterario con : sussiego😧)
A conferma che i lettori avveduti queste cose le notano!
Riscrivo il mio commento in modo più soft così non si offende nessuno, perché non mi piacciono i conflitti.
dopo una lunga riflessione, anche grazie agli spunti che mi hai dato, sono arrivato alla conclusione che gli avverbi in -mente non sono poi così terribili come affermi con fermezza al minuto 11:26. In un discorso poi più in generale che riguarda la scrittura, credo sia un po' pericoloso scagliarsi contro determinate forme di espressione. Certo, se vuoi allinearti alla narrativa degli ultimi 5-10 anni, allora il tuo discorso va forse bene; ma se i tuoi punti di riferimento sono i veri grandi autori del '900 (non troppo antichi. Nessuno qui vuole parlare come boccaccio o dante), allora non va bene, poiché loro (almeno secondo le mie ricerche) li usavano senza problemi.
Gli avverbi in -mente sono secondo me importantissimi e aiutano molto amplificando il significato del verbo e rendendo la frase più poetica. Non esagerate, verissimo, e non siate ripetitivi, tutto qui.
Non ce n'era bisogno perché come hai visto non avevo rimosso nulla, il commento hai scelto di cancellarlo tu. Comunque chiunque è libero di formarsi la sua opinione, quello che dico qui (e pressoché in ogni video) è basato sull'esperienza con chi si approccia alla scrittura da una parte, e di come gli editori e i professionisti reagiscono a un certo modo di scrivere dall'altra.
5' di introduzione è un po' troppo.
Grazie per avermelo detto ho risparmiato 5 minuti
Grazie per il video. Come qualcuno ha già fatto notare, alcune cose possono essere relative e dipendere dai casi. Certo, la sovrabbondanza degli elementi che hai citato storpia chiaramente il testo.
Sono anche io preoccupato per quegli insegnanti di scrittura su youtube che vogliono ridurre la scrittura a una sorta di metodo quasi matemarico, approvato (secondo loro) proprio da studi scientifici. Credo non abbiano la più pallida idea di cosa sia la scienza, ma sono preoccupato per l'orda di scrittori e lettori che verrà e che giudicheranno "mer*a" tutto ciò che non rispetta i canoni dei loro guru.
Io credo che delle regole generali esistano, ma la scrittura sia sempre una cosa relativa. Anche per i dialogue tag si fanno esempi standar. Come hai detto tu, evitando i continui: disse, ribadì, ripetè, e rimpiazzandoli con i beat. Tuttavia, questo vale in una base, con due personaggi che parlano e sono mossi dal conflitto, ma in una storia ci può essere anche altro. Ci possono essere monologhi, ci possono essere infodump leciti. Se in una scena ad esempio ci sono quattro personaggi che compiono dei lunghi dialoghi, come fai a non utilizzare spesso i dialogue tag? Per forza di cose devi usarne diversi. Dopo un po' anche i beat diventano meccanici. Oppure poniamo questo fatto: un personaggio è in missione e riceve le indicazioni via radio, nell'auricolare, da parte di diverse persone. Il protagonista non è con loro e non può vedere le loro azioni (beat), perciò come fai a non utilizzare quasi del tutto i dialogue tag? Secondo me su youtube Italia manca proprio un video decente al riguardo che non si riduca a semplici regole standard, prese da situazioni base in cui persino un bambino riuscirebbe a gestire i dialoghi in maniera corretta.
Chiaramente la mia non è una critica nei tuoi confronti (Andrea), e non è riferita nemmeno agli altri commentatori (che non conosco). Tengo a precisare comunque che trovo molto moderati i tuoi video. Alcune cose sono molto basilari, per neofiti, e lo capisco. A me piace però quando si entra maggiormente nel dettaglio. Dei dialogue tag, come dicevo, nessuno ne parla in maniera approfondita. Ho apprezzato anche i video sui termini (spesso inglesi) di sceneggiatura moderna. Queste sono proprio le cose di cui non parla quasi nessuno.
Capisco cosa intendi, bisogna sempre tenere presente che la scrittura non è una scienza esatta, quindi tutto è sempre discutibile. Premesso questo, dei principi di base devono pur esserci da qualche parte, perché altrimenti è anche inutile parlarne e si può semplicemente dire "ognuno faccia come gli pare", quando la storia dimostra che non funziona così (come non funziona nemmeno in modo puramente meccanico).
Riguardo il discorso dei dialogue tag hai ragione, ci sono tante situazion in cui sono inevitabili. Ma è proprio per quello che bisogna "risparmiarli" quando possibile, in modo che, nei casi in cui davvero non si può farne a meno, il loro uso non risulti pesante. Stesso discorso per i beat: anche quelli diventano meccanici se abusati, ma anche qui la questione di partenza è che gli scrittori all'inizio del loro percorso usano *sempre* i dialogue tag, mentre i beat li "scoprono" dopo. Idealmente la gestione dei dialoghi dovrebbe bilanciare beat, tag, punteggiatura e alternanza in modo da creare un flusso abbastanza variegato, così che sembri naturale e non un copione. Non è facile fare esempi astratti, bisognerebbe sempre partire da un testo e lavorare su quello per mostrare come arrivare a questo equilibrio.
Comunque da settembre caricherò dei video con esempi di editing e può darsi che ci sia l'occasione anche di mostrare qualche intervento sui dialoghi.
@@StoryDoctor Sono d'accordo con quello che dici. Il fatto è che sentendo le diverse teorie dei vari "insegnanti", a volte uno non sa più dove sbattere la testa. Parlano in bianco e nero, ma la scrittura è fatta di mille sfumature. Come quando si dice: componi frasi semplici e più corte possibili. È vero in una prima fase da neofita, ma cosa sarebbe la letteratura senza le frasi interminabili (e stupende) di alcuni scrittori e scrittrici?
@@biobooks7 Certo, però come in tutte le discipline, i virtuosismi te li puoi permettere dopo che hai imparato a padroneggiare le tecniche di base. Se pensi a fare i canestri da centro campo non imparerai nemmeno i tiri liberi. E in un certo senso, la tecnica "di base", quella fondata sui principi più chiari e oggettivi, è forse l'unica che si può insegnare, perché poi a partire da quella uno scrittore può evolvere le sue personali interpretazioni.
@@StoryDoctor Vero. L'importante è che l'insegnamento non tenda troppo all'omologazione.
Ottimi consigli, grazie.
L’esempio del gerundio per descrivere la situazione al telefono mi sembra non adatto. Quando rispondo al telefono lo faccio esattamente dicendo “chi è?”. È proprio quella la risposta effettiva, in che altro modo rispondi? Dici “pronto!”?
Sarebbe dunque corretto scrivere come segue?
- rispose al telefono dicendo “pronto” seguito da un nevrotico “chi è?”. Di tutta risposta la voce dall’altra parte della cornetta tuonò “stocazzooooooo!”.
LOL
Sì è vero forse nell'esempio del telefono il "rispondere" si può intendere come l'atto stesso di chiedere "chi è", ma insomma credo che si sia capito cosa intendevo.
Ciao sono uno scrittore alle prime armi, sto cercando di migliorarmi e non è facile dato che spesso quelli che mi circondano mi riempiono solo di complimenti, ma poi i risultati non arrivano. Il tuo video mi è stato molto utile, grazie mille! ❤
Questo è lo spirito giusto! E naturalmente se vuoi un riscontro diretto puoi contattarmi.
Buongiorno.
La questione relativa ad aggettivi ed avverbi l'ho sentita nominare molte volte, ma continuo a non comprenderne la ragione. Naturalmente, escludo i casi di esagerazione ("cielo azzurro, limpido, terso, risplendente" è chiaramente una esagerazione che suona male, salvo contesti specifici e voluti). In particolare, non comprendo la questione degli avverbi in -mente (sempre tenendo conto che l'esagerazione tende a rovinare).
Il problema si pone a due livelli: il primo, più superficiale, è propio l'esagerazione. Purtroppo non è affatto scontato soprattutto per gli autori inesperti, che tendono a sovraccaricare le frasi di aggettivi e avverbi, in generale sempre per quell'impostazione scolastica/giornalistica per cui la qualità della scrittura si misura dalla sua ponderosità, e ci si compiace del periodare complesso e ricco. La maggior parte degli scrittori in questa fase iniziale è convinta che trovare quattro aggettivi con cui caratterizzare un sostantivo sia indice di grande creatività, quando in realtà è praticamente l'opposto.
Superato questo primo livello, se ne trova un altro: avverbi e aggettivi sono spesso una soluzione semplice a un problema complesso. Faccio un esempio banale: se io scrivo "camminò rapidamente" è probabile che io voglia dire che il mio personaggio non sta "camminando" ma sta facendo un'azione diversa. Dovrei quindi trovare il modo di descrivere quell'azione con un verbo diverso, che in questo caso potrebbe essere banalmente "correre" ma magari anche qualcosa di più raffinato. L'uso degli avverbi ci mette quasi sempre di fronte a questa sfida, e quando ci viene da usarli dobbiamo sempre fermarci a pensare se sia davvero la soluzione migliore, o se in realtà sia la soluzione più rapida (e più pigra) che il nostro cervello ci suggerisce. Poi certamente ci sono situazioni in cui davvero un avverbio può fare il suo lavoro, ma nella maggior parte dei casi sono l'espressione di un ragionamento (o non-ragionamento di questo tipo). In base alla mia esperienza, se da un testo si rimuovono tutti gli avverbi in -mente non si perde quasi nulla del significato.
@@StoryDoctor Grazie per la risposta
Doctor, sbagliatissimo. La differenza tra camminare e correre non sta nella velocità ma nella presenza o meno di una fase di volo.
Ciao, video interessante. Ero a conoscenza di tutti i cinque punti. Sul punto cinque avrei da ridire una cosa: dipende dal registro linguistico che si usa nel testo e dal personaggio che sta parlando. Se per un determinato motivo, della storia, hai un registro aulico non puoi utilizzare parole di uso comune. Devi cercare espressioni adatte al contesto. Esempio: una divinità non può interloquire come un contadino. Quindi il punto cinque ha delle eccezioni. Non credi? Comunque ti ringrazio per le spiegazioni molto semplici e comprensibili.
Sì certamente, il registro deve essere coerente con il personaggio quindi può darsi che qualcuno usi davvero dei paroloni. In tal caso è legittimo e anche caratterizzante, quindi una buona soluzione. Ma spesso gli autori si limitano a voler ostentare la loro "proprietà di linguaggio" indipendentemente dalle caratteristiche dei personaggi, e questo invece è sconsigliabile.
@@StoryDoctor assolutamente, la mia contestazione non era per favorire l'ostentamento della proprietà di linguaggio che poi decade i Saccenza. Grazie per il confronto.
Il gerundio però può esprimere anche la conseguenza di qualcosa, nelle consecutive.
"La candela cade dando fuoco alla pozza di benzina", quel "dando" si parafrasa come "così da dare fuoco".
O anche azioni effettivamente (avverbio voluto!) contemporanee: “Rispose al telefono sbuffando”…
Un unico indizio per capire che non hai il dono della sintesi: 5:20 per arrivare al punto 1 del tuo video. ❤
La sintesi è una scelta, non un dono. Sul canale scelgo diversamente.
@@StoryDoctorLa sintesi è un obbligo. Il contrario si chiama logorrea. Sintesi non vuol dire essere brevi - che poi "brevi" quanto? - ma spendere, per esprimere un concetto, le parole che servono e non una di più.
La sintesi rende corposo, ritmato, avvincente un testo. Trattiene all'ascolto l'interlocutore o il pubblico per il tempo necessario e non oltre: quindi è un segno di rispetto.
Molto interessante e utile, grazie! Ho solo una domanda: alcuni di questi errori (per esempio il discorso sugli aggettivi) sono davvero così tanti da evitare se vanno a definire proprio lo stile stesso dello scrittore? Penso a Kerouac che in alcuni dei auoi libri piu importanti ha usato milioni di aggettivi in sequenza e spesso anche senza l'uso delle virgole, oppure al Giovane Holden di Salinger diventato famoso e importante, oltre che per il contenuto dell'opera, proprio per lo stile e l'uso di parole non convenzionali. E così moltissimi altri che sono subito riconoscibili proprio per il loro stile di scrittura così "sbagliato"
Per "definire lo stile" bisogna che siano errori (o semmai: abitudini) consapevoli e ben giustificabili, cosa che di solito non è, sono soltanto la prima cosa che viene in mente di scrivere.
Grande video!
Un solo dubbio sul punto cinque: l'uso di parole "raffinate" o "ricercate" se è frutto di una scelta stilistica/poetica?
Può esserlo, se la scelta "stilistica" non prevale sulla coerenza della storia. Cioè se la tua voglia di far vedere le belle parole che conosci va a discapito dell'integrità della narrazione.
On Writing :)
il brodo è troppo lungo e non dice niente
Ho appena realizzato che devo riscrivere tutto il primo capitolo dellamia storia per via dei Dialogue Tag 😅
Comunque sulle "d" eufoniche sonk stata attenta dai 😂
10:15 Perciò chi ha scritto "chiare, fresche, dolci acque" era un poeta dilettante, giusto?
È evidente dal discorso nel video, dal contenuto del canale, dalla storia della mia vita, che si sta parlando di narrativa e non di poesia.
@@StoryDoctor Sapevo che l'avrebbe detto. Beh, che dire, la poesia, per sua stessa natura, dovrebbe essere ancora più sintetica, più stringata come forma rispetto alla prosa - ovvero dire di più con un numero minore di parole. Un uso esagerato di aggettivi, secondo la sua logica, sarebbe perciò ancora meno opportuno nella poesia che non nella narrativa.
La definizione di poesia è tutta tua, non credo che ci si possa basare su questo per fare delle inferenze su come dovrebbe funzionare la narrativa. Anche ammesso che fosse corretta la definizione, non c'è alcuna consequenzialità tra gli scopi e i meccanismi di poesia e narrativa. E anche se ci fossero, di poesia non mi occupo quindi non ho niente da dire in merito.
Hai fatto la tua uscita smartass, hai ottenuto la risposta che cercavi, non c'è utilità nel proseguire su questo corso per cui non commenterò ulteriormente.
@@StoryDoctor Spero si renda conto di aver ferito i miei sentimenti...
Ho appena scoperto di essere un dilettante assoluto! 😆 Pazienza... me ne farò una ragione.
Comunque grazie per il tuo esauriente video
Mai rinunciare, invece lavorare lavorare lavorare. Mille auguri, buona fortuna!
Complimenti per il video molto interessante. Ho già scritto alcuni libri, ma ora mi sto cimentando in un'autobiografia ed è la prima volta che scrivo in prima persona e ho dei dubbi. Ecco quindi alcune domande.
- Essendo la prima volta che scrivo in prima persona vorrei sapere se possibile sostituire il mio nome reale con uno invernato, così come alcun i dei miei personaggi, tutti reali.
- E' possibile eludere il nome del luogo in cui si svolge il romanzo? Se sì in che modo?
Ti ringrazio in anticipo e attendo risposta. Buona giornata
È possibile fare tutto, la storia è tua e la racconti come vuoi. Semmai rifletterei sul fatot di voler scrivere un'autobiografia, trovi un altro video in proposito.
“Ciao Maria!” disse Francesco.
“Ciao Francesco!” salutò Maria di rimando.
Oppure si può omettere il fatto che stia parlando Maria e continuare con botta e risposta.
Non sono una scrittrice (ma mi piacerebbe diventarlo), perciò se qualcuno volesse correggermi sono aperta alle critiche.
Nel momento in cui hai una risposta diretta con un saluto, si dà per inteso che a parlare sia appunto la Maria citata prima. Il fatto che stia "salutando di rimando" è evidente dalla battuta stessa, per cui non c'è bisogno di specificarlo.
Buongiorno, per favore desidero conoscere quali sono le modalità administrative per essere Autore. Greazie
Posto che condivido in linea generale quello che dici, ci sono alcune cose che mi lasciano perplesso. Ad esempio sugli avverbi di modo in -mente, la cui sovrabbondanza può essere fastidiosa e appesantire inutilmente il testo, quando si potrebbe cercare un verbo o una locuzione più appropriata e pertinente per descrivere meglio l'azione in corso.
Però per quanto l'italiano abbia una varietà di sinonimi e sfumature (sia per i verbi che per i sostantivi) molto superiore a quella di lingue come ad esempio l'inglese, la disponibilità di verbi non è illimitata e spesso non copre l'intero spettro di necessità descrittive. Anche perchè se così fosse le lingue non avrebbero bisogno di avverbi, no?
Vorrei prendere proprio uno degli esempi che hai utilizzato, "rapidamente".
Immaginiamo di dover descrivere un personaggio che ruota su sè stesso prima di sferrare un calcio all'indietro. Vediamo qualche formulazione "da dilettante" e possibili alternative:
- Catwoman ruotò rapidamente su sè stessa e distese la gamba sferrando un calcio che colpì duramente l'Enigmista all'addome [qui c'è un doppio avverbio e pure un gerundio]
- Catwoman effettuò una rapida rotazione su sè stessa e sferrò un violento calcio all'indietro centrando l'Enigmista all'addome [niente avverbi, sostituiti da "rapida rotazione" e "violento calcio" ma c'è ancora il gerundio]
- Catwoman piroettò su sè stessa, sferrò un violento calcio all'indietro e spedì il suo tallone a impattare contro l'addome dell'Enigmista. [niente avverbi, niente gerundio]
- Catwoman turnicò sulla gamba d'appoggio leggermente flessa, compiendo una rotazione fulminea che la mise in linea col suo bersaglio. L'altra gamba, raccolta per incrementare il momento angolare della rotazione, si distese all'indietro con la velocità di un siluro e il suo tallone sprofondò nell'addome dell'Enigmista, spremendo ogni traccia d'aria fuori dai suoi polmoni. L'Enigmista, col volto paonazzo e gli occhi strabuzzati, crollò sulle ginocchia stringendosi lo stomaco con entrambe le braccia, mentre Catwoman ritraeva la gamba e riassumeva una postura di guardia. [ok questo è solo un cazzeggio di virtuosismo show don't tell]
Quanti verbi abbiamo per rendere l'immagine di una rotazione molto rapida? O di un impatto molto forte, o di un calcio sferrato con particolare rapidità e forza? Come rendere, senza fare uso di aggettivi o avverbi, la differenza di velocità tra il calcio sferrato da Catwoman e il calcio a velocità da tartaruga con cui Fantozzi batte il calcio di rigore alla partita Scapoli-Ammogliati?
Perchè ripeto, la scelta di verbi e sostantivi non è comunque illimitata e a volte nella ricerca di verbi e sostantivi alternativi per evitare il ricorso a un avverbio, si potrebbe incappare nello stesso errore di chi sostitusce tutti i "disse" andando a cercare forzatamente dei sinonimi più o meno improbabili (tipo turnicare, come nell'esempio di cazzeggio); oppure si potrebbe essere costretti a spezzare in più parti separate da punti o virgole - specie nel caso del ban dei gerundi - una frase che dovrebbe rendere l'idea di fluidità di un'azione rapida e improvvisa, e a ricorrere forzatamente a giri di parole e costruzioni della frase che otterrebbero l'effetto diametralmente opposto, di rallentare e rendere macchinosa la raffigurazione dell'azione da parte del lettore... quando l'uso consapevole e circoscritto di un avverbio, usato per lo scopo per cui esiste nella lingua italiana, eviterebbe parecchi mal di testa e non trascinerebbe il lettore nella lettura di una descrizione macchinosa e artificiale.
Non si rischia che (come nel caso di altri dettami della scrittura "moderna" elevati a leggi assolute e imprescindibili) l'ossessione di applicare a tutti i costi una regola - o uno stile narrativo - renda meno immediata, e quindi meno capace di comunicare con efficacia, l'immagine descritta?
Probabilmente mi sbaglio ma a volte ho la netta impressione che nell'ossessione di inseguire l'immersione in prima persona e il rispetto di determinati canoni espressivi, si finisca per costringere l'italiano in forme molto più artificiose, pesanti e macchinose di quello che la lingua consentirebbe per comunicare efficacemente (che dovrebbe essere la prima preoccupazione di chi vuole farsi leggere da terzi).
E mi chiedo se questo davvero aiuti il lettore a immergersi di più nell'azione, specie considerando la quantità sempre crescente di persone che ormai non leggono più nemmeno un post più lungo di 200 caratteri senza chiudere e passare ad altro all'insegna del famigerato TL;DR (too long; didn't read). D'accordo uno spera che i lettori non appartengano a questa tipologia, ma quando si insiste tanto sullo scrivere in modo "moderno" e "tenendo conto del mercato contemporaneo" credo si dovrebbe tenere conto anche di questo. E del fatto che se un avverbio, grammaticalmente corretto e non ridondante, aiuta a evitare di imbarcarsi in una perifrasi di 50 parole per non usare una singola parola che termina in -mente, ma ci si rifiuta lo stesso di usare quella parola e si preferisce imporre al lettore la perifrasi di 50 parole, forse si dovrebbero rivedere le proprie priorità.
Ragionamento corretto, ma stai portando il discorso molto più avanti di quello che dico io nel video. Io parlo delle abitudini di scrittura "scolastiche" che sono ricorrenti nei testi di autori dilettanti, e la sovrabbondanza di avverbi/aggettivi è uno di questi. Punto.
Poi ci si può addentrare nell'analizzare quando e come è opportuno usare gli avverbi in -mente, perché ovviamente [sic] ci sono dei casi in cui ha senso ed è la soluzione più efficace. Attenzione però a non fare il ragionamento che dire di stare attenti a certe cose ricorrenti (e facilmente riconducibili a una scrittura inesperta) significano "limitare l'espressività della lingua". Di solito anzi è il contrario.
Ho già fatto un video anche sull'abuso di sinonimi, in particolare proprio del verbo "dire". E non ho mai insistito sulla "scrittura immersiva in prima persona", anzi sui problemi della prima persona farò a breve un altro video.
@@StoryDoctor grazie per la risposta articolata. Mi era venuto proprio l'esempio del "rapidamente" quando ho avuto l'esigenza di descrivere scene di combattimento serrato, che messe su carta e dovendo essere visualizzate con chiarezza, rischiavano sempre di farmi incartare in descrizioni lunghe e macchinose da leggere.
riguardo agli avverbi in -mente, secondo te un avverbio in -mente all'incirca ogni due pagine può andare bene?
Non c'è nessun parametro del genere, non è la ricetta del Bellini.
@@StoryDoctor giusto. Infatti quando ho scritto quel commento ero nella mia fase di confusione mentale perché pur avendo una laurea in lettere non avevo mai sentito parlare dell'avversione verso gli avverbi in -mente. Ma adesso ho le idee più chiare. Ti ringrazio di cuore per le tue risposte e per i tuoi video. Ho scritto un altro commento per spiegare quello che penso a riguardo.
Non ti metto il lilke solo perché rovinerei la targa di Paperino. Grande.
Grandissimo André ciao! Quello che tu dici è verissimo! A me sgamano anche prima delle 10 righe 🤣🤣🤣🤣
L'importante è essere onesti con sé stessi! :D
Io le "D Eufoniche" nei miei racconti le inserisco per scelta, perché mi piacciono, anche in questo caso bisogna eliminarle?
Domanda complessa: "ti piacciono" perché hanno un valore dimostrabile nella storia (per esempio, per rispettare una certa metrica che vuoi dare al testo) o solo perché a te sembrano belle così? Se non puoi giustificare la loro presenza, allora vanno tolte, perché in prima battuta daranno un'impressione di dilettantismo.
@@StoryDoctor Penso che diano un "suono migliore" al romanzo rispetto ad una "e - e" ripetuta, che a mio parere sono fastidiose
@@lapiumadinella Allora purtroppo direi che l'argomentazione non è sufficiente: "mi piace così" non giustifica agli occhi di un editore quella che viene vista come l'infrazione di una regola implicita. Se ti sembra che ci siano troppe congiunzioni "e" ripetute, allora puoi lavorare per costruire le frasi in modo da risparmiare sulle congiunzioni.
@@StoryDoctor grazie mille davvero allora!
@@StoryDoctor In ogni caso, io semplicemente credo che la "e" con la "d eufonica" accanto sia più scorrevole, anche per questo la preferisco
Ciao, un video molto importante e pieno di spunti interessanti. Qualche osservazione (da lettore) a cui spero troverai il tempo di replicare:
- sulla "e" eufonica io mi regolo sempre in questo modo. Mai se la vocale che segue è diversa da "e"; invece, per evitare due "e" consecutive, secondo me è necessaria (una frase tipo "Marco parlava e Eleonora camminava" è terribile),
- i dialogue tag sono particolarmente fastidiosi, anche perché, correggimi se sbaglio, basta un vocativo per avviare il discorso in modo del tutto naturale e privo di ambiguità,
- sui "paroloni" non sono invece del tutto d'accordo (e penso sia la prima volta da quando seguo questo canale) per 3 motivi:
1) dipende dal livello lessicale medio del narratore (la voce narrante del "Nome della rosa" usa "meriggio" anche nel corso delle parti "gialle" dell'opera, un giallista medio di oggi ovviamente no);
2) dipende dal genere: "meriggio" in un racconto fantascientifico farebbe ridere, ma nel "Nome della Rosa" ci sta benissimo, così come magari in un romanzo distopico o un po' surreale (alla Gadda);
3) vari livelli lessicali possono contribuire a caratterizzare i personaggi nel discorso diretto o nell'indiretto libero (ma immagino ti riferissi solo alla voce narrante).
Ciao e grazie
1- Sì infatti l'uso "canonico" della D eufonica è proprio quello.
2- Attenzione però il vocativo rischia di rendere il dialogo forzato e teatrale, perché non è così che le personen parlano nella realtà!
3- Ovviamente il registro utilizzato (e quindi anche eventuali paroloni) va proporzionato alle caratteristiche della storia, per cui un giudice del CSM magari li usa per davvero. Io mi riferisco alla tendenza appunto di usarli a sproposito solo per mostrare la propria "conoscenza" della lingua.
Io, uno scrittore alle prese col suo primo romanzo e non ha fatto nessuno di questi “errori”:
Nice 👌
Non per sminuirti, ma non è che ci voglia un genio. Chiunque abbia letto dei libri nella sua vita sa come vanno le cose...
Quando elencano questi tipi di errori io penso a persone particolarmente ignoranti.
La D eufonica la uso anche parlando, perché la odiate così tanto? :( In un libro di Terry Brooks mi sono imbattuto in "È e una bella idea". Mi ha lasciato così traumatizzato che lo ricordo a 30 anni di distanza.
Personalmente non avrei nulla contro le D eufoniche, ma da una ventina d'anni (forse anche di più) in narrativa si è affermata questa sorta di convenzione per cui si evitano. Vedi più nel dettaglio il video che ho dedicato proprio a questo: ruclips.net/video/3zSLNEk1KUk/видео.html
In ogni caso nell'esempio da te citato credo fosse un refuso vero e proprio, perché comunque l'eufonica è ammessa quando separa la stessa vocale.
Però sei uno youtuber dilettante e si capisce dal fatto che non hai suddiviso il video in sezioni con le tag 😉
Spero che non mi segnalerai al sindcato :(
@@StoryDoctor troppo tardi lmao
però sì, sarebbe un punto in più per la fruibilità del video averlo diviso in parti etichettate, così anche solo passandoci il mouse l'utente potrebbe riassumere in un attimo tutti i punti utili.
L'aspetto della d eufonica è pura follia, fortunatamente limitata all'Italia, penso sia un retaggio boomer
@@autarchyan5426 valuterò per i prossimi
Io ancora non ho capito bene dove va la punteggiatura nei dialoghi.
Ad esempio:
“Allora, ci vediamo presto.”
“Allora, ci vediamo presto”.
Ho visto il punto usato in entrambi i modi.
Non fa molta differenza, sono convenzioni tipografiche che variano spesso tra le case editrici.
Il punto va dentro le virgolette
Molte cose che osservi sono giuste, ma non hai una formazione umanistica tale da essere un esperto del linguaggio letterario
Ma pensa! :o
Riguardo ai dialogue tag, sto leggendo un libro noir in cui l'autore usa spesso il verbo "ingaggiare", nel senso di incalzare e, a volte, anche senza complemento oggetto. Voglio arrivare in fondo, ma sto molto male :(
Forse sono dialoghi durante un duello...
@@StoryDoctor :D magari... c'è una scena in cui una bambina dà fastidio a una donna, che non è sua madre e , chiuso il dialogo diretto, lo scrittore... scrive che continuava a ingaggiarla. Ecco.
Pensavo peggio ma credo proprio che Specularia dovrà aspettare ancora 😄
Siamo molto pazienti...
Questo video ha dato il colpo di grazia alla mia scrittura, addio
Possiamo lavorarci
Ciao, strano che nessuno si sia ancora risentito perché hai osato attaccare gli avverbi. Nel mio piccolo ho portato come cattivo esempio un brano tratto da un romanzo edito da un grande editore e pubblicato in una collana storica. Si tratta di una frase di 25 parole delle quali ben 4 sono avverbi in mente. Siccome di libri pubblicati di recente contenenti avverbi in mente se ne trovano in quantità industriale, credo che gli operatori del settore non solo non abbiano tempo da dedicare agli inesperti ma anche a coloro che pubblicano. Perché scrivevo che è strano che non ti abbiano ancora attaccato? A me ha risposto una persona che mi sbattuto in faccia che nei Promessi Sposi di avverbi ce ne sono ben 1032 e Nel nome della rosa ben 866. Quindi chi mi credevo d'essere per stroncare gli avverbi in mente?
La sovrabbondanza di avverbi è una di quelle tipiche abitudini scolastiche che a mio avviso derivano dalla concezione dominante che la scrittura debba essere ponderosa e lenta, e più le frasi sono cariche e complesse più "sei scrittore". Poi come dicevo in una risposta sopra, la scrittura è fatta di convenzioni, Manzoni probabilmente all'epoca era anche innovativo, ma attualmente la narrativa ha standard e tendenze diverse.
Immagino che le cose in narrativa cambino, e di molto, a distanza di anni... sto analizzando da tempo "il nome della rosa" dopo averlo letto più di una volta: contiene pressoché tutte queste imorecisioni
Assolutamente, come dico infatti non sono errori ma convenzioni. Uno scrittore consapevole può anche infrangerle, ma di solito sono abitudini che derivano dalla scuola e sono quindi indizio di poca esperienza o sciatteria.
Chiarissimo!@@StoryDoctor
E io che ho chiesto a chatgpt: me lo migliori il testo?
E lui che l'ha infilzato di aggettivi, uno per sostantivo! 😂
E tu che ti scopro nel mezzo della revisione di un mio racconto
Quale momento poteva essere migliore di questo?
Grazie del video!
Ciao!
Io non temo ChatGPT!
Posso concordare solo in parte con quanto spiegato nel video. Alcune cose, come la faccenda degli aggettivi o degli avverbi in -mente, mi sembrano più una moda attuale della scrittura narrativa che delle vere e proprie regole o errori. Basta leggere romanzi (anche di autori bravi e rinomati) degli anni 80 per scoprire che questa moda non c’era. Riguardo i “paroloni” mi chiedo se vi è mai capitato tra le mani un romanzo di Umberto Eco…
Bravo ma prolisso
Per come vanno le cose oggi.. beh direi che una di queste 5 è vendere tanto
Dire scrittore esordiente di per sè non la trovo una cosa malvagia, lo diventa quando è un eufemismo di “incapace”, lo stesso che succedeva cinquant’anni fa con il cinema d’autore. “Gli attori non sanno recitare”, “Eh ma è normale, è cinema d’autore. Non sono attori veri”. Va bene, ma se il risultato finale fa cagare sai che mi frega delle sigle edulcorate 😂
Infatti io per distinguere il "legittimo" emergente che sta ancora ancora facendo strada uso spesso "dilettante".
ma 'ndo hai studiato scrittura?! alla Holden?! cinque punti, cinque luoghi comuni, esplicitati con una superficialità e una retorica a dir poco stucchevoli... c'è stata una grandissima persona che una volta disse che la scrittura dev'essere musicale e le parole si devono armonizzare l'un l'altra in un flusso continuo che deve essere anche un piacere per le orecchie, pertanto la D eufonica non necessariamente è una questione da principiante ma ci va dove chi scrive "sente" che quella D si armonizza (o meno) nel contesto della frase e della congiunzione di riferimento... 2) i question tag non è questione di essere principiante ma solo di saper o non saper scrivere, molto più semplice, perché ogni verbo o parola accazzodicane è solo sinonimo di incapacità nello scrivere 3) 4) 5) stesso discorso per aggettivi e avverbi - sì, l'overwriting è un difetto da principiante, e il parossistico uso dell'overwriting è però nuovamente incapacità di scrittura, si tratta solo di saper usare aggettivi e avverbi corretti e di conoscerne i reali significati (competenza vs. ignoranza) - stesso discorso per il gerundio che mi pare sia già stato propriamente esposto, e stesso discorso per i "paroloni": il parolone fine a se stesso è ovviamente stucchevole, ma il parolone non è questione da principiante ma da chi sa manipolare la lingua in maniera sapiente... 6) il bello della scrittura, che è una forma d'arte e di creatività, sta proprio nell'uso che si fa delle parole, di quali si sceglie, di come le si usa, di come si compone, e a volte (ovviamente prima conosciute) si possono persino violare regole (grammaticali) consolidate se il testo lo necessita, se la storia lo richiede 7) ora io capisco che la letteratura contemporanea si di una povertà sconcertante e di una omologazione che farebbe rabbrividire i grandi scrittori, ma se esistono scuole e canali che spingono ancor di più sul conformismo, beh, allora ci meritiamo solo più Moccia o Stephanie Meyer... 8) e capisco anche che ormai questo conformismo narrativo abbia una sua peculiarità nella ricerca spasmodica della vendita dei diritti cinematografico-televisivi visto che non legge più nessuno, ma la letteratura è una cosa e la scrittura per audio-visivo un'altra, quindi il "show, don't say!" insegnato in America ha un senso preciso per quel medium, poi, altra cosa invece è puntare sull'efficacia (non necessariamente visiva) di una parola in un contesto... il bello della letteratura è proprio la grande possibilità di sperimentazione che le gabbie (necessarie) della scrittura per il cinema (e la serialità o il fumetto) non possono permettere...
Al di là dei discorsi sulla libertà della scrittura mi pare che si possa dire che concordi con quello che dico, visto che affermi che i punti che cito sono questione di "sapere o non saper scrivere", e credo che si possa serenamente affermare che la condizione del non saper scrivere è una definizione equivalente di "dilettantismo".
@@StoryDoctor concordare o meno non dovrebbe nemmeno essere il punto dirimente, almeno per me non lo è, ho solo detto che quello che hai detto nel video è spesso stucchevole e un po' superficiale... il punto è che il tuo concetto di dilettantismo è solo un atto spregiativo e che mistifica il senso etimologico della parola, per cui il diletto è cosa piuttosto lontana dall'incompetenza su cui invece tu vorresti mettere l'accento...
@@lucabrunetti6040 Il dilettantismo è la fase iniziale dell'applicazione a qualunque disciplina, quando ancora non si ha abbastanza pratica ed esperienza per evitare errori comuni o conoscere le convenzioni del settore. Si è dilettanti anche quando si inizia a correre, a giocare a ramino, a farsi il pane in casa. Peraltro se guardi il video in cui parlo nello specifico della D eufonica puoi vedere che dico proprio che un autore capace e consapevole può decidere di usarla in opposizione alle convenzioni attuali. Ma di solito, per chi inizia (= è un dilettante) le abitudini ricorrenti sono queste e non lo sono per precise scelte autoriali, ma perché sono il livello scolastico base della scrittura.
Mi rendo conto però che l'uso del termine "dilettante" può risultare sgradevole (anche se specifico che appunto non è inteso come dispregiativo) quindi magari spiegherò meglio in un prossimo video a cosa mi riferisco quando lo uso.
@@StoryDoctor e meno male che scrivi... dilettante è chi fa per diletto... forse volevi intendere principiante... però sai l'uso corretto dei termini di una lingua e il loro preciso significato sono piuttosto importanti quando si scrive...
@@lucabrunetti6040 Non ho intenzione di farmi trascinare in una battaglia di dizionari, l'interpretazione del termine è evidente dal contesto e i cavilli etimologici non aggiungono niente di utile alla discussione. A maggior ragione considerando che in sostanza mi sembra che tu sia d'accordo sui punti elencati, però non ti piace il modo in cui sono esposti.
Valuterò se dedicare un video al mio utilizzo del termine "dilettante" per tranquillizzare chi si sente sminuito da questa definizione.
Peccato che il signor che parla non abbia il dono della sintesi e si faccia sfuggire anche qualche parolaccia.
Dici? Mi puoi indicare quando mi sono sfuggite le parolacce? Minuto e secondo, così provvedo, grazie
Io sono Mattia 42 anni gay dichiarato, impiegato e scrivo da quando ho 14 adesso ne ho 42 anni, ma nessuno mi pubblica pubblico su un mio blog
quale blog sei?
Dovresti usare meglio le virgole. La punteggiatura è la prima cosa
È grazie a questi 'guru' che la scrittura contemporanea è arida, incapace di usufruire del ricco bagaglio lessicale che una data lingua può offrire. Ho, forse, usato troppi aggettivi? Mi scuso, riformulo il commento sulla base del 'know how' di questi agenti immobiliari: che schifo.
Con gli aggettivi a posto ma forse con le virgole hai un po' esagerato
@@StoryDoctor Detto da uno che non mette il punto e nemmeno la virgola prima del 'ma' avversativo è un complimento.
Eh sarai bravo tua allora.
Sono il bestest
INSEGNI A SCRIVERE? ALLORA IMPARA A PARLARE E A SPIEGARTI, SENZA TROPPE CHIACCHIERE... 😮😮😮
Ok ma non urlare