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CineFilosofia del p.T.
Италия
Добавлен 18 окт 2013
Lezioni di Filosofia del professor Saverio Mauro Tassi, Liceo scientifico statale "Albert Einstein" di Milano, basate sulla sua dispensa "LE (DIS)AVVENTURE DEL PENSIERO FILOSO/SCIENTI-FICO", intervallate da lezioni di didattica argomentativa basate sull'esposizione di una tesi critico-argomentativa da parte di uno studente, relativa a una teoria filosofica, sulle obiezioni dei suoi compagni e sulle sue repliche alle obiezioni dei compagni.
Potete acquistare le diverse parti della dispensa (L'orizzonte antico, L'orizzonte medievale, L'orizzonte rinascimentale, L'orizzonte moderno, L'orizzonte contemporaneo dell'800, L'orizzonte contemporaneo del '900) su Amazon:
Saverio Mauro Tassi, "LE (DIS)AVVENTURE DEL PENSIERO FILOSO/SCIENTI-FICO".
(Sia in versione Kindle sia in cartaceo.)
Per contatti: saveriomauro.tassi@gmail.com - profilo Facebook Saverio Mauro Tassi.
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Ottimo prof. mi sembra interessante l'interpretazione del filologo classico e linguista italiano Giovanni Maria Semerano (Ostuni, 21 febbraio 1911 - Avezzano, 20 luglio 2005) Studioso delle antiche lingue europee e mesopotamiche, è stato autore di ampi dizionari etimologici di greco e latino. Da Wikipedia. Semerano propose una sua controversa teoria delle origini della cultura europea, in base alla quale le lingue europee risulterebbero essere di provenienza mediterranea e fondamentalmente semitica. Nel suo lavoro Semerano ha messo a confronto migliaia di termini del lessico delle antiche lingue europee, attestati nella letteratura e nelle iscrizioni, con quelli delle antiche lingue della Mesopotamia, di cui si ha abbondanza di testimonianze. Da tale confronto secondo l'autore emergerebbe un'affinità semantica (di significato) e fonetica (di suono) tra i lessici delle lingue europee e di quelle mesopotamiche, in particolare con l'accadico, il linguaggio antico con un'ampia tradizione scritta, appartenente alla famiglia delle lingue semitiche e con tracce di sostrato sumerico. Semerano sostiene che l'ipotesi dell'indoeuropeo non sarebbe plausibile e che tale lingua ipotetica sarebbe priva di testimonianze, sottolineando l'enorme quantità di vocaboli che, nelle lingue europee, risulterebbero ancora privi di una convincente etimologia. Nell'opera "L'infinito: un equivoco millenario - Le antiche civiltà del Vicino Oriente e le origini del pensiero greco" viene analizzato il termine Ápeiron (ἂπειρον), parola centrale nella filosofia di Anassimandro. Il filosofo definisce infatti l'elemento da cui hanno origine tutte le cose, il loro principio (in greco antico arkhé) con il termine àpeiron, che abitualmente viene ritenuto costituito da a- privativo ("senza") e da péras ("determinazione", "termine") e tradotto pertanto come "indeterminato" o "infinito". Secondo Semerano, tuttavia, poiché la parola péras ha una e breve, mentre àpeiron ha un dittongo ei che si legge come una "e" chiusa lunga, il dittongo non potrebbe essersi prodotto dalla e breve di péras. Semerano riconduce invece il termine al semitico 'apar, corrispondente al biblico 'afar e all'accadico eperu, tutti vocaboli che significano "terra". Il noto frammento di Anassimandro, in cui si dice che tutte le cose provengono e ritornano all'àpeiron, non si riferirebbe dunque ad una concezione filosofica dell'infinito, ma ad una concezione di "appartenenza alla terra", che si ritrova nel testo biblico: "polvere sei e polvere ritornerai". Sulla base di questa interpretazione, Semerano rilegge dunque tutto lo sviluppo della filosofia precedente la sofistica in una chiave anti-idealista e anti-metafisica, riconducendo la filosofia presocratica essenzialmente ad una fisica corpuscolare, che accomunerebbe tra gli altri Anassimandro, Talete e Democrito. L'intera vicenda della nascita della filosofia greca non viene vista come una miracolosa isola di razionalità, ma come parte integrante di una più estesa e antica comunità umana che comprende anche la Mesopotamia, l'Anatolia e l'Egitto.
Esposizione magnifica di un autore non certamente facile. Una considerazione: vero che soddisfatto un desiderio ne sorge un altro e dopo un altro ancora determinando insoddisfazione o noia; giusto, ma tranne l' asceta o il mistico che riducono i desideri alla sola realizzazione spirituale, l' uomo comune che ha la possibilità di soddisfare una serie infinita di desideri è in una condizione migliore di chi desidera ma non ottiene nulla non avendo neanche quei brevi momenti di appagamento. Per volare basso o semplicemente per rendere più colloquiale una trattazione così impegnativa ricordo il grande Totò nel film Miseria e Nobiltà quando dice" Qui non si mangia pane e veleno ma solo veleno". Grazie.
Posso solo obiettare che ricordare Totò non è volare basso! 😄Grazie per l'apprezzamento della lezione.
@cinefilosofiadelp.t.7001 Giusta osservazione. Ho chiarito meglio quanto scritto.
Secondo me Il Nome del Padre più che impedire la fusione rende consapevole il bambino dell' impossibilità che ciò avvenga.
Ne convengo. È più preciso dire che impedisce la fusione in quanto rende consapevole il bambino... Grazie per il contributo.
Buongiorno prof. rieccomi qui! Necessiterei di una precisazione sul rapporto tra angoscia e esser-gettato. Mentre mi è del tutto chiaro la condizione rivelativa dell'angoscia rispetto al poter-essere come ex-sistenza e alla deiezione dell'Esserci, mi sfugge un poco per quale motivo l'angoscia apre all'esser-gettato. "Semplicemente" perchè mi rivela il nulla che inerisce all'estraneità ad un contesto in cui mi ci sono ritrovato, e da qui mi apre l'Esserci all'esser-gettato? Può andare come lettura o mi sfugge qualcosa? grazie mille in anticipo!
Ciao Alessandro. Ben tornato tra noi. 😄 Direi di sì, grosso modo. Più precisamente, forse: l'esser-gettato significa che io sono "consegnato", obbligato a starci dentro, al mio "ci", cioè alla comprensione del mio in-essere o essere-nel-mondo. Ma questa comprensione si dà attraverso l'angoscia, in quanto sentimento del mio essere-nel-mondo, il quale, nel suo davanti-a-che, mi svela la nullità di senso del mondo. Quindi la gettatezza è essere consegnato all'angoscia dell'insensatezza del mondo, ovvero sentire che siamo stati buttati e siamo costretti a stare, cogentemente, in una realtà priva di senso, senza che ciò abbia alcun senso, alcuna spiegazione, alcuna ragione.
"Infatti" e "Pertanto" sono connettivi logici??? 😮😮😮😮 34:38
Certo. "L'uomo è un mammifero. Infatti è un vertebrato che allatta la prole". "Infatti" indica che logicamente "un vertebrato che allatta la prole" è la ragione (il perché, la prova), ovvero l'antecedente logico, dell'enunciato "L'uomo è un mammifero". A livello grammaticale, "infatti" è una congiunzione dichiarativa o esplicativa, a livello logico-sintattico un connettivo.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 Il fatto che siano congiunzioni non implica affatto che siano connettivi della logica proposizionale! Infatti non esistono simboli a cui corrispondo tali termini ...
@@Redvinyle La congiunzione "dunque" non indica un'implicazione logica? P.e. Se è giorno c'è luce. È giorno, dunque c'é luce.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 Lei sta confondendo il metalinguaggio con linguaggio oggetto: nella logica proposizionale i connettivi logici sono pochi e definiti. Questo non implica che nel metalinguaggio tale simbologia possa essere tradotta con altri termini, ma ripeto congiunzioni come "infatti" , "pertanto" , "dunque" nella logica proposizionale non sono presenti.
@@Redvinyle La ringrazio per il contributo. Mi pare che lei si riferisca alla logica proposizionale contemporanea, non a quella precedente. Wittgenstein aveva già introdotto la distinzione tra metalinguaggio e linguaggio-oggetto? A me risulta introdotta da Tarski a partire dagli anni '40 del '900. Ma certo è facile mi sbagli, non sono una specialista della logica. In ogni caso, dato che mi sembra lei conceda una possibilità di traduzione, non le pare che per rendere più comprensibile la formalizzazione logica pura sia ammissibile usare come esempi i connettivi logici del linguaggio comune?
E lindustria pesante (beni di investimento) non serve solo a motivi militari ma per modrnizzare leconomia, creare prodotti ad elevato valore aggiunto, renderla migliore e piu efficiente anche in ambito di beni di consumo e civile😅
Infatti lo dico: serviva anche a produrre treni, autobus, metro, navi civili, edifici, ecc. Salvo che il binomio industria pesante/consumi collettivi fu preferito rispetto a quello industria leggera/consumi individuali. Anche qui per comprendere la differenza bisogna fare il paragone con la crescita industriale degli USA negli anni Venti. Comunque, nella lezione successiva, che forse non ha ascoltato, dico che la pianificazione fece crescere enormemente la produzione industriale. Il che non implica che la percentuale di crescita del PIL si traduca nella percentuale di crescita dei redditi familiari.
Sotto stalin gli stipendi sono aumentati dal 1924 al 1939 circa del 105% in media, il pil pro capite del 180% circa. Come fa a dire che non sono cresciuti😂
A parte che non dico "non sono cresciuti", bensì che non potevano essere alti e che venivano compressi dalla scelta di destinare allo sviluppo dell'Armata rossa un'ampia quota del PIL, il riferimento al 1924 è ingannevole, perché dal 1914 si erano succeduti guerra mondiale, due rivoluzioni, 2 anni di guerra civile, e dunque il Pil e i redditi erano crollati. Il paragone andrebbe fatto con il 1914 per essere significativo. Non solo. La valutazione storica della crescita va fatta relativamente ai redditi pro capite di altri Paesi negli stessi anni, a cominciare dagli USA.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 lo so ma con le guerre si sono distrutte industrie, infrastrutture, coltivazioni ecc quindi ripartire non é così semplice, ma poi anche in quel periodo laumento fu di circa il 65% senza contare tutte le difficoltà della ripresa dopo 9 anni di guerra
Salve, una piccola precisazione apparentemente marginale ma di fondamentale importanza a proposito di quanto sostenuto all'inizio del video sul rapprto Reale-Cosa in sé. Grazie alla fenomenologia ci siamo per fortuna liberati da quelli che Nietzsche avrebbe chiamato "retromondi occulti". Il Reale di Lacan non è la realtà o l'inconscio per "come sono in sé", al di là dei limiti della ragione umana. Il passaggio operato da Hegel qua è fondamentale. Quello che per Kant era un limite epistemologico, ovvero il limite della conoscenza del soggetto a proposito dell'oggetto (antinomie della ragion pura), viene trasmutato in un limite ontologico, intimamente connesso alla realtà tutta, al di là delle dicotomie metafisiche figlie del dualismo cartesiano. La realtà è non-una. Il Reale è ciò che viene prodotto dall'impossibilità di totalizzazione del simbolico, ma non perché il simbolico abbia una presa limitata su di una presunta realtà al di là delle apparenze che esiste in sé e indipendentemente da qualunque operazione (come sembra essere sostenuto nel video quando si afferma che l'inconscio è l'in sé sartriano), dobbiamo dire con maggiore forza che è la presa stessa a essere inconsistente e fallace. È il simbolico ad operare l'impossibilità dell'Uno, non il Reale a non farsi prendere tutto dal simbolico. Il Reale, è tutt'altro rispetto al Noumeno, è molto più vicino alla Differànce
Professore quando dedicherà una carrellata di lezione al pensiero delle filosofe femministe
Terrò presente il tuo suggerimento. Per il momento mi dedico alle filosofe donne: prima Arendt, ora Simone Weil (la sto ancora studiando, il suo pensiero è labirintico e mi sta dando molto filo da torcere!).
prof. posso farle una domanda? non capisco perchè con la decisione anticipatrice l'Esserci si comprende anche nella sua colpevolezza, nel suo esser-gettato...che rapporto c'è tra i due momenti? grazie mille!
Qui le domande non sono ammesse, sono desiderate! 🙃Con la decisione anticipatrice, ovvero abbracciando il proprio personale essere-per-la-morte, io comprendo di essere "il nullo fondamento di un nulla", cioè di essere s/fondato, privo di fondamento, di venire dal nulla e di finire nel nulla. La mia colpa è proprio l'essere una nullità. Non è una colpa morale, è una colpa ontologica, una tara intrinseca dell'Esserci.
@@cinefilosofiadelp.t.7001ok, adesso mi è molto più chiaro. Però per quale motivo con la decisione anticipatoria, quindi nella temporalità dell’avvenire, l’Esserci rinviene al suo essere-gettato, quindi alla temporalità dell’essere-stato? Quello che non capisco è il fatto che Heidegger dica che il passato scaturisce dall’avvenire. Mi scusi se approfitto della sua disponibilità e gentilezza, qualora dovessi risultare pesante e testardo mi mandi a quel paese! 😅 Grazie mille!
@@alessandrocrippa6643 Anzi, ti ringrazio per la tua insistenza, che denota il tuo desiderio di comprendere a fondo, perché mi pungoli a chiarire meglio non solo a te ma prima ancora a me stesso. Direi allora che la decisione anticipatrice della mia morte mi porta alla comprensione del mio me stesso in quanto nullità. Questa comprensione è l'avvenire, nel senso che consiste nel mio ad-venire (pervenire) a ciò che realmente sono, cioè ad essere un'esistenza appropriata del tutto compiuta, ossia ad essere il mio vero me-stesso/nullità. Ma questo ad-venire è anche un re-venire, perché fin dall'inizio, in quanto esistenza "gettata" (senza fondamento proprio, s/fondata) io sono me-stesso, ovvero una nullità. Insomma, io fin dalla nascita sono "gettato" (=sfondato, un nulla) ma lo comprendo pienamente solo quando anticipo la mia morte, ossia nell'ad-venire a quel che sono. Sfruttando il cinema, si potrebbe dire anche "ritorno al futuro", perché ciò che sono sempre stato lo comprendo solo proiettandomi nel mio futuro (che però come ad-venire è qualcosa che sono da sempre, perché per H. da sempre sono in relazione con la mia morte benché in modi non consapevoli o difettivi). Ma forse si capisce meglio collegando il tema heideggeriano della temporalità alla teoria circolare dell'anima di Platone/Plotino: l'uomo in origine è pura anima, che poi cade e si intrappola nella materia, ma alla fine si purifica dalla materia e torna pienamente alla sua condizione originaria, che tuttavia in realtà è quella cui è ad-venuta grazie alla caduta e alla purificazione. Salvo che per Platone/Plotino il mio me-stesso in quanto anima non è un nulla, è fondato sul mondo delle Idee, ovvero sull'Uno-Nous-Pneuma. Tuttavia considerando il cosiddetto II Heidegger direi che in realtà quella differenza viene meno, o meglio si chiarisce che sembrava esserci perché H. non aveva ancora esposto la parte fondamentale del suo pensiero. Alla fine è solo per Sartre che l'esistenza è nullità, non per Heidegger. Almeno questa è la mia (inaffidabile!) interpretazione.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 grazie mille davvero, è stato di una chiarezza pazzesca...non so come ringraziarla. é meraviglioso per me sapere che un confronto così ricco, disponibile sia possibile ai giorni nostri. Grazie di cuore per la Cura (calza a pennello! ahaha) e il tempo prezioso dedicatomi. Mi sono "sbloccato", e finalmente potrò proseguire la tortuosa via di Essere e tempo. giusto una considerazione. Il termine fondamento, può essere riportato nel significato proprio della filosofia classica tedesca Grund, inteso come ragione, e, giustificazione? Per me, passando da questa "via", se giusta, si riuscirebbe a far capire meglio il concetto di essere senza fondamento di Heidegger, cioè esser-ci senza una ragione, dunque un'esistenza ingiustificata ontologicamente. grazie per l'ascolto prof! Alessandro
@@alessandrocrippa6643 "Pazzesca" è l'aggettivo eigentlich (appropriato)! 😄Il "Dizionarietto di tedesco per filosofi" di Pettoello e Moro traduce Grund con "fondamento, ragione, motivo". Quindi, sì, un'esistenza ingiustificata, immotivata, e quindi priva di senso, insensata. Grazie per l'apprezzamento, caro Alessandro, ma soprattutto per avermi pungolato a scoprire l'affinità tra la teoria dell'anima di Platone/Plotino e la teoria dell'esistenza di Heidegger. Quanto alla Cura 😅di certo è quella che non solleva l'altro dalla sua Cura bensì che aiuta l'altro ad assumersi la propria Cura. Fammi sapere come prosegue il tuo cammino lungo la tortuosa via di Sein und Zeit. Se poi continuerai con gli scritti heideggeriani post Kehre, ti accorgerai che la via si farà molto più tortuosa. Buon viaggio! 🤗
La differenza tra Lei è gli altri bravi prof. È che Lei rende la parola semplice, come un racconto di un fatto accadutogli, insomma vissuto!❤
Grazie per la bella e originale recensione! Come sostengono i cinici, ma non solo, la filosofia o è vissuta o non è filosofia. 🤗
❤❤❤❤❤
Buona sera Prof. Come sempre video meraviglioso👋👋👋👋👋👋
Ciao Andrea. Mi fa molto piacere il tuo apprezzamento. Ma più ancora la. tua passione filosofica. 🤗
Sempee chiaro ed essenziale. Ha pubblicato video su Derrida?
Grazie. Sì, puoi trovare nelle playlist anche quella su Derrida.
L'anima non esiste.
Bellissima lezione, grazie
Grazie per l'apprezzamento, ma comunque per aver commentato. Studente, docente o appassionato?
Si è arrivati ai quark bombardando con gli elettroni il nucleo . Le deviazioni degli elettroni indicavano che il nucleo era composto da particelle più piccole.
Grazie della precisazione. A sua volta questo esito sperimentale derivava dalla teorizzazione matematica dell'esistenza dei quark da parte di Gell-Mann e Zweig alcuni anni prima.
Staterelli erano gli altri e non il Regno delle due Sicilie. Era un Regno che che con l'Austria al massimo aveva dei rapporti.
"Staterello" significa Stato di dimensioni e potenza inferiori rispetto agli Stati nazionali e sovranazionali (imperiali) della stessa epoca.
Consideriamo un volume d’acqua allo stato liquido e, somministrandogli un flusso di calore costante, descriviamo l’aumento della sua temperatura alla pressione costante di 1 atm (760 mm di mercurio). Come noto la temperatura dell’acqua liquida aumenta fino alla temperatura di 100 °C quando inizia la sua ebollizione, cioè la transizione dalla fase liquida a quella di vapore. Durante tutto il tempo della transizione la temperatura non aumenta. A transizione completata, sempre mantenendo costante la pressione al valore di 1 atm (cioè lasciando il vapore libero di espandersi - ad esempio mettendolo in un contenitore cilindrico sormontato da un pistone), la temperatura del vapore riprende ad aumentare fino alla cosiddetta temperatura “critica” di 374,1 °C. Oltre questa temperatura il vapore assume lo stato di gas permanente. Prima di tale temperatura era possibile, aumentando opportunamente la pressione, riportare l’acqua allo stato liquido, oltre la temperatura critica è impossibile che l’acqua possa essere liquefatta per compressione. Fino ad ora abbiamo tenuto la pressione costante. Cosa succede al variare della pressione? La temperatura di ebollizione cresce al crescere della pressione e diminuisce al diminuire della stessa secondo la cosiddetta curva di transizione liquido-vapore (la si può trovare sul web). Fornisco qualche valore significativo della curva di transizione liquido-vapore dell’acqua: a 0,006 atm l’acqua bolle a 0,01°C; a 0,12 atm bolle a 50°C; a 0,47 atm bolle a 80°C; a 1 atm bolle a 100°C; a 1,41 atm bolle a 120°C e a 218 atm bolle alla temperatura critica di 374,1°C. In alta montagna, dove la pressione è più bassa, dunque, l'acqua bolle a temperatura inferiore ai 100° C - quindi la pasta cuocerà in più tempo perché “buttata” in un’acqua a temperatura più bassa dell’usuale. In ultimo il caso della “pentola a pressione”. Pensandoci dovrebbero chiamarla “pentola a volume” in quanto lo scopo è quello di tenere il volume dell’acqua costante impedendo l’espansione libera del vapore. L’impossibilità dell’aumento di volume fa aumentare la pressione che, di conseguenza, fa aumentare la temperatura di ebollizione. I cibi si trovano dunque a cuocere in un fluido in transizione a temperatura più alta dei 100° (tipicamente intorno ai 120°C).
Sempre grazie, Marco. Oggi avrei voluto leggere e far leggere il tuo testo ma usando un computer diverso dal mio nella fretta ho creduto di non poterlo rintracciare. Dopo ci ho ripensato e mi sono reso conto che sarei comunque potuto arrivarci. Pazienza. Comunque la tesi essenziale l'ho riportata, magari lo leggo la prossima volta.
Relativamente alla tua ultima domanda sull'esistenza di sistemi planetari con orbite di tipo circolare, parabolico o iperbolico. Difficile parlare di sistemi planetari per traiettorie iperboliche o paraboliche, proprie, ad esempio, di asteroidi o comete che transitano in prossimità di una stella con energia cinetica (velocità) sufficientemente alta da non essere “catturate” dal suo campo gravitazionale. In generale, si tratta di traiettorie seguendo le quali un corpo, sufficientemente veloce, “transita” nei pressi di un altro con cui interagisce gravitazionalmente. Le traiettorie circolari in linea di principio sono possibili. Non so se ne esistano e se le misurazioni relative ad altri sistemi planetari permettano di riscontrarne. Esse sono di certo rarissime in quanto, non è sufficiente che l’energia cinetica sia inferiore a quella potenziale gravitazionale (condizione di generica ellitticità della traiettoria) ma, affinché i due fuochi dell’ellisse coincidano in un punto, occorre anche che le due forme di energia, e quindi rispettivamente i valori delle velocità e delle masse da cui dipendono, assumano specifici e precisi valori tra tutti gli infiniti possibili che garantiscono l’ellitticità.
Grazie per la risposta, Marco, come sempre precisa ed esaustiva.
Ripensandoci. Se assumiamo l'ipotesi del multiverso, dato un n° infinito o anche quasi infinito di universi, ne segue che ci siano necessariamente o quasi necessariamente dei pianeti con sistemi solari in cui i fuochi coincidono o quasi. Niccolò Cusano e Giordano Bruno sostennero che gli astri potevano avere qualsiasi tipo di movimento, quindi ellittici, iperbolici e parabolici. Escludevano il circolare. Sotto quest'ultimo aspetto, tuttavia, i pitagorici, Platone, ma anche Tolomeo, Copernico, Galileo, sbagliavano relativamente al nostro sistema solare, ma non relativamente ad altri possibili sistemi solari. Che ne pensi?
@@cinefilosofiadelp.t.7001 Penso che, anche senza ricorrere all’ipotesi del multiverso, il nostro universo, quello osservabile, abbia già un numero sufficientemente elevato di stelle e, conseguentemente, di possibili sistemi planetari, da rendere altamente probabile l’esistenza corpi che seguono orbite circolari. Platone, Tolomeo, Copernico e Galileo sbagliavano relativamente alla circolarità delle orbite del nostro sistema solare, concordo, ma un sistema solare con pianeti che seguono orbite circolari, quanto meno in linea di principio, può esistere. Rispetto all’idea di Cusano e Bruno che gli astri possono avere qualsiasi tipo di movimento, aggiungerei “compatibile con la legge di gravità”, cioè ne possono avere tanti, anzi infiniti, ma non tutti i possibili moti. Sul multiverso resto scettico nel considerarlo come un’ipotesi scientifica in quanto non so, ammetto per miei limiti di conoscenza sull’argomento, come falsificarla, cioè non sono al accorrente dell’esistenza di un’esperimento/osservazione che, almeno idealmente, possa confutarla.
Buonasera Professore, alcune domande. Aristotele sostiene che Dio è pensiero di pensiero, lo definisce anche il motore immobile. Ma per Aristotele, essendo politeista, questo Dio è Zeus? Stessa domanda per Platone, il demiurgo è Zeus? Oppure Epicuro nel quadrilemma giunge alla conclusione che Dio esiste ma non si interessa dell'uomo, anche per lui questo Dio è Zeus?
Ciao cieloazzurro. A partire da Talete, molti filosofi greci (alcuni furono atei) hanno elaborato una teologia filosofica, intesa come versione razionale della teologia mitica tradizionale. Il demiurgo di Platone è il corrispettivo di Zeus, ma a differenza di Zeus genera il cosmo fisico ed è eterno (fuori del tempo) non immortale (Zeus nasce, non ha una fine ma ha un inizio). A sua volta il dio aristotelico è eterno, causa finale del cosmo e non si interessa minimamente alle vicende cosmiche/umane (pensa solo (a) sé stesso in quanto perfetto). Epicuro riprende il totale disinteresse degli dei per gli altri esseri: a lui preme solo eliminare la paura che gli dei puniscano e l'illusione che gli dei premino gli uomini, come siano e come si chiamino non ha per lui alcuna importanza. È probabile che in realtà Epicuro fosse ateo ma che non volesse urtare una credenza diffusa per favorire la diffusione del suo pensiero.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 Buonasera Professore, La ringrazio, è stato chiarissimo.
Ma se Ps non è dimostrabile in un sistema S che dimostra l'imcompletezza della sua indimostrabilità in S In quale altro sistema Ps dimostrerà la sua mancata dimostrabilità o è destinata a rimanere nel limbo dell'incompletezza proprio per delimitare il confine fra la dimostrabilità e la non dimostrabilità?
La conclusione di Gödel è proprio che Ps non è dimostrabile in nessun sistema logico-matematico assiomatico-deduttivo. Tuttavia Gödel riteneva che numeri ed enti geometrici esistano come idee, cioè come realtà puramente razionali, fondative della verità della matematica umana. Insomma era un platonico.
Sintesi dialettica tra teoria e prassi scoperta millenni fa…
Sì, in base alla dialetticità in generale già sostenuta da Eraclito. Tuttavia, la ricerca conoscitiva è in perenne evoluzione, quindi la questione è sempre aperta perché ogni volta si tratta di individuare un nuovo punto di equilibrio. Nei nostri anni, per esempio, nell'ambito della fisica, sta emergendo un gap sempre più ampio tra ipotesi teorico-matematiche e loro sperimentazione a causa delle insufficienze delle tecnologie disponibili.
Si pronuncia "Flond", sciocchino
Bentornato, sapiente! Dati i miei grandi limiti, non capisco a cosa ti riferisca.
Allora lascia perdere dai, non imbarazzarti ulteriormente
@@taletedimileto8634 E perché no? È utile allo svuotamento dell'io. Tuttavia temo tu abbia sbagliato video.
Ok boomerazzo dai fatti una doccia però
Quanto al perché le traiettorie sono ellittiche e non circolari. In realtà la legge di Newton ammette anche le traiettorie circolari. La legge gravitazionale di Newton, proprio per il fatto di essere inversamente proporzionale al quadrato della distanza, quando abbinata in equazione con la legge di moto (F=ma), matematicamente ammette come possibili soluzioni di traiettoria tutte e sole le cosiddette curve coniche (le sezioni piane del cono), ovvero: parabole, iperboli, ellissi e anche le circonferenze (che sono particolari ellissi in cui in fuochi coincidono). La curva conica risultante dipende dal rapporto tra l’energia cinetica (quindi dalla velocità) e quella potenziale (quindi dal valore delle masse) dei due corpi. Se l’energia cinetica supera quella potenziale si hanno le iperboli, al contrario si hanno le ellissi (e per particolarissimi valori delle due energie le circonferenze) e se si eguagliano si hanno le parabole.
Meraviglioso. Non so come ringraziarti. Riferirò anche questa chicca.
Riflettendoci, ciò implica che possono esserci sistemi planetari con orbite di tipo circolare, parabolico o iperbolico?
In relazione alla domanda sul calcolo delle masse dei pianeti. Un esempio spero semplice. Consideriamo un satellite (come la Luna) di massa ‘m’ che orbita con moto (approssimativamente) circolare di raggio ‘r’ attorno a un pianeta (Terra) di massa ‘M’. Posso calcolare la massa ‘M’ usando la legge di moto newtoniana, F=ma, dove: la forza ‘F’ è la forza di gravità G*(M*m/d2) [G è la costante gravitazionale, d2 il quadrato della distanza] l’accelerazione ‘a’, essendo un moto circolare, è pari a r*u2 [con r il raggio e u2 il quadrato della velocità angolare] Quindi l’equazione F=ma diventa: G(M*m/d2) = m*r*u2 La massa m, comparendo in entrambi i membri si può eliminate. Quindi nell’equazione l’unica incognita è la massa M, tutto il resto (‘G’, ‘d’, ‘r’, ‘u’) è noto da misurazioni.
Un’osservazione alla frase “L’attrazione è reciproca, però la forza si esercita verso il centro della massa maggiore”. L’iterazione gravitazionale tra due masse, per il rispetto della terza legge meccanica di Newton (il principio di azione e reazione) è costituita da due forze uguali e contrarie. L’interazione tra Sole e Terra è costituita da due forze: una forza che il Sole esercita sulla Terra e una seconda, uguale e contraria, che la Terra esercita sul Sole. La “predominanza” della massa di un corpo rispetto all’altro non cambia o privilegia il senso della forza ma “sposta” il centro di massa del sistema dei due corpi. Se due corpi hanno la stessa massa il loro centro di rotazione è il punto medio tra i due. Se, invece, l’uno, come il Sole, ha massa molto maggiore dell’altro, come la Terra, il centro di massa del sistema tende a coincidere con quello del corpo di massa maggiore. Quando si dice, correttamente, che la forza gravitazionale tra due masse è pari al prodotto di una costante per il rapporto tra il prodotto delle masse e il quadrato della loro distanza, ci si riferisce all’intensità della forza. Quanto a direzione (retta lungo la quale agisce) e verso (senso di percorrenza della retta) le cose stanno in questo modo: la direzione è la retta congiungente i centri delle due masse; il verso è il senso è quello attrattivo.
Grazie, Marco, delle preziose correzioni, che riferirò nella prossima lezione, e della costante e attenta sorveglianza.
Complimenti prof per il suo impegno la sua dedizione. Molta qualita nei suoi temi, che sono fondamentali per l'uomo. Grazie per il suo tempo speso per spiegare questi temi. Fa un grandissimo lavoro.
Grazie a lei innanzitutto per aver commentato, in secondo luogo per il suo apprezzamento e la sua riconoscenza, gli unici, ma inestimabili, benefici del mio lavoro (almeno da quando sono in pensione). Posso chiederle cosa l'ha spinta a seguire questo video?
@cinefilosofiadelp.t.7001 Con piacere. Apprezzare e Il minimo che si puo fare, visto che lei fa qualcosa di grande per noi. E una persona di qualita, nonostante non ha riscontrato grande successo al pubblico, si nota che ci mette sempre con la stessa dedizione. Reputo il suo lavoro molto importante, almeno per una piccola parte di persone non superficiale . Purtroppo la gente apprezza altre cose. Per rispondere alla sua domanda, mi piace la filosofia, la seguo da anni, quando ancora insegnava,esattamante dal suo video sul mito della caverna. Diciamo che mi ha aperto un mondo, quel suo vidéo. Inoltre emana una sapienza rara. Grazie ancora.
@cinefilosofiadelp.t.7001 Con piacere. Lei fa un lavoro immenso. E il minimo Che si puo fare per apprezzare la sua dedizione e sopratutto la sapienza che risuona nelle sue analisi. Fa un grade lavoro, purtroppo la segue per una cerchia molto ristretta, il motivo, si sa. Per rispondere alla sua domanda, mi piace la filosofia da bambino, la seguo da molto tempo, da quando insegnava. Esattamznte dal suo vidéo sul mito della caverna, che mi ha aperto un mondo,, ma grazie sopratutto al suo saper trasmettere. Grazie ancora prof.
@@gcp3142 Grazie per la risposta. La qualità conta di più della quantità. Un paradosso, dato che l'aritmetica è quantitativa. 😉Ma non per i pitagorici, per i quali la matematica è supremamente qualitativa. E infatti erano quattro gatti. 😄
Domanda Professore qual'è la posizione generale della filosofia rispetto alla tematica del male oltre al corso di pensiero di Shelling da molti ritenuto un filosofo esoterista ?
Non c'è una posizione generale della filosofia sul problema del male, come su altri problemi. Ogni filosofia ha proposto una teoria del male, anche se certamente si possono riscontrare delle convergenze e quindi delineare delle posizioni di massima.i filosofi materialisti tendono a considerare il male un fatto naturale o sociale che è possibile ridurre se non eliminare con il binomio scienza-tecnica e/o con riforme politico-sociali; i filosofi idealisti o spiritualisti tendono a pensare che il male abbia un'origine metafisica o comunque antropologica (è insito nell'uomo) e che però sia funzionale all'affermazione del bene. Vale la pena notare che il concetto di male è ambiguo: si riferisce sia al dolore (una malattia) sia al comportamento immorale dell'uomo (un crimine). A mio inaffidabile parere, Schelling non è esoterico, è un credente cristiano.
Quindi la definizione di male è del tutto generica e si riduce da un punto di vista materialistico solamente al concetto di sofferenza durante il corso della nostra vita terrena creata in modo naturale o coercitivo e violento " non'è ver che sia la morte il peggior di tutti i mali le acque oligominerali sono un male assai peggior ".
Non è ver che sia la morte il peggior di tutti i mali: è un sollievo de' mortali, che son stanchi di soffrir. METASTASIO.
Quindi in linea di massima il concetto di male da un punto di vista materialitico si riconduce al tema della sofferenza di tutti gli esseri viventi generato in modo naturale o violento e coercitivo.
Satana è l'archetipo Cristiano del male ma Lucifero Angelo Caduto portatore di luce ovvero sia di sapienza si è incarnato nel frutto proibito del albero della conoscenza la mela mangiata da Adamo ed Eva primo uomo e prima donna della razza umana motivo per cui essi vennero scacciati dal Paradiso Terrestre per aver disubbitito a Dio e condannato per questo alla sofferenza alla malattia ed alla morte eterna. Lucifero era il più bello e luminoso degli Angeli di Dio e venne scacciato dal Regno dei Cieli perchè avrebbe voluto essere come l' Onnipotente e questo non gli era consentito. Nel inferno dantesco della Divina Commedia egli precipita sulla terra e crea una voragine dove viene imprigionato al centro della terra sopra la quale sorge la Città Santa Gerusalemme la città delle 3 religioni monoteiste presenti nel mondo Cristiana Ebraica Musulmana.
Ultimamente le mie ricerche filosofiche e riflessioni convergono su questi temi, credo ormai sia impossibile pensare alla filosofia come slegata dalla dimensione carnale da cui proveniamo. Ho cercato il suo nome, avendo trovato interessante il suo modo di porsi e di spiegare, circa un anno fa, e avevo commentato un altro suo video. Ora trovandomi immersa in questo, e dovendo preparare una tesina universitaria, sono alla ricerca di spunti di riflessione, mi sono ricordata di lei e l'ho (ri)trovata. Mi piacerebbe poterne parlare in modo meno filtrato... La ringrazio così tanto. Ludovica
Grazie per l'apprezzamento, Ludovica. Parliamone pure, farebbe piacere anche a me, benché ti sconsigli di avvalerti dei miei consigli. 😄 La mia mail è saveriomauro.tassi@gmail.com.
Capisco che gli studenti si annoiano con questa verve
Grazie per il commento, a fortiori perché critico. Nondimeno un insegnante non è un imbonitore televisivo o da social e gli studenti devono trovare e generare in sé l'interesse per i contenuti in quanto tali. Naturalmente, è questione di misura. Capisci a mme!
Buona sera Saverio, ho seguito l’interessante lezione e mi permetto di fornire questo breve contributo al canale sull’accennata legge termodinamica di Boyle. Nell’ambito dello studio delle leggi dei gas una delle prime conquiste fu proprio la scoperta della relazione tra il loro volume e la loro pressione. Si deve la scoperta a R. Boyle (1662), che in quel periodo dimorava a Oxford, e all’abate E. Mariotte (1679) per cui i francesi la chiamano “legge di Mariotte”, mentre il resto del mondo “legge di Boyle”. Essa afferma semplicemente che, a temperatura costante, il volume di un gas è inversamente proporzionale alla pressione. Oggi sappiamo che tale semplice relazione di inversa proporzionalità tra pressione e volume vale rigorosamente solo in condizioni ideali, ovvero per un gas le cui molecole non interagiscono tra loro in alcun modo tranne che con urti perfettamente elastici. Tali condizioni ideali sono tanto meglio verificate quanto più un gas reale si avvicina a valori di pressione sufficientemente bassa e di temperatura alta rispetto a quella per cui si avrebbe condensazione (alla data pressione).
Ciao Marco. Grazie per l'apprezzamento ma soprattutto per il tuo ricco e preciso contributo al canale.
Bravo! Risorsa preziosa e rara
Grazie per l'apprezzamento.
Fa piacere vedere un professore dedichi qaulche ora a Hume e Berkeley. Purtroppo per motivazioni di tempo e programma didattico vengono spesso trascurati. Hume dovrebbe essere il punto di partenza per arrivare a Kant.
Grazie per l'apprezzamento ma soprattutto per il commento. Concordo: senza Hume non si può comprendere a fondo Kant (d'altronde lo riconosce Kant stesso: "Hume mi ha risvegliato dal sonno dogmatico"). D'altra parte Berkeley, insieme a Leibniz, è il ponte tra l'idealismo antico e l'idealismo tedesco del primo Ottocento.
Egregio Professore,ho apprezzato molto il Suo modo di spiegare nel suo costitursi la gnoseologia e la "metafisica" husserliana. Stando alle Sue ultime parole nel video, mi sembra che la messa tra parentesi del mondo fisico si sia trasformata in un idealismo di tipo fichtiano, venendo meno alle premesse fenomenologiche. E' corretto? A proposito delle essenze, Lei fa l'esempio della libreria, non si ripropone il problema di Platone e, per altro verso di Kant, di come possano esistere idee delle cose materiali anche artificiali e infime? Cordiali saluti.
Grazie dell'apprezzamento ma soprattutto di aver commentato e problematizzato la mia videolezione. Husserl stesso definisce la sua filosofia "idealismo trascendentale", una locuzione usata da Kant e da Fichte, e anche real-idealismo, altra denominazione fichtiana. Ritengo che, benché si possa rinvenire una più diretta continuità con Fichte, più in generale il pensiero di Husserl sia una rielaborazione e attualizzazione di tutta la tradizione idealistica. Tuttavia, a mio inattendibile parere, la fenomenologia di Husserl non esclude (meno che mai conferma) che possa esistere un mondo materiale assolutamente indipendente, ma asserisce che, in tal caso, noi non potremmo intrattenere alcuna relazione con esso, cioè per noi sarebbe un nulla. Problema delle cose artificiali e infime. Non ricordo di aver letto niente al riguardo in Husserl. Però posso azzardare una mia interpretazione, sicuramente bislacca: l'Ego trascendentale universale potrebbero essere costituito solo dalle essenze (o addirittura dalle pure formule matematiche) delle particelle elementari, delle forze fondamentali e delle loro molteplici e differenti leggi di interazione e aggregazione (da quella di gravità a quella dell'evoluzione, ecc.), mentre i concetti empirici (naturali e artificiali) potrebbero essere un prodotto (per deduzione e rielaborazione) degli io individuali coscienti. Concludo ponendoti a mia volta una domanda: perché Husserl verrebbe meno alle sue premesse fenomenologiche? Se i fenomeni sono atti intenzionali della coscienza, a me sembra coerente.
Riflettendoci ancora, considerando la sua tematica della genesi passiva e della genesi attiva, forse Husserl si avvicina, ancor di più che a Fichte, allo Schelling che considera la natura "intelligenza inconscia", e che sostiene che la mente umana è costituita dall'interazione tra attività reale (oggettiva) e attività ideale (soggettiva).
Grazie per le Sue risposte. La mia conoscenza di Husserl è limitata (La fenomenologia come scienza rigorosa, Fenomenologia e teoria della conoscenza, Percezione e attenzione, Meditazioni cartesiane, Ricerche logiche, La crisi delle scienze europee, più qualche saggio e articoli; conosco solo indirettamente Idee, che ho iniziato a leggere di recente. (Sono tentato di rinunciare di fronte alla mole di scritti restante ed agli ulteriori sviluppi e interpretazioni).Di conseguenza quelle che esprimo non pretendono di essere valutazioni, ma sono mie impressioni ancora in fieri su cui chiedo il suo parere. Sono d'accordo su Schelling e sul possibile modo di rapportarsi delle essenze ai dati iletici (credo che si tratti di questi). Per quanto riguarda la coerenza, ciò che voglio dire è che, date le premesse in cui si parla di "evidenza", "apoditticità", "scienza rigorosa", mi sembra che il carattere dell'evidenza e della descrittività venga progressivamente, per così dire, assottigliandosi. Noto "fenomenologicamente" nella mia coscienza che il senso iniziale di scoperta e di adesione si affievolisce. Anche l'apertura verso il mondo reale mi sembra problematica: Husserl insiste nell'affermare l'esistenza di un mondo esterno alla coscienza, ma non capisco su che base e perchè, dal momento che se anche esistesse noi non lo potremmo conoscere. Se per mondo intende i dati iletici, questi sono comunque correlati della coscienza.
@@ferdinando5313 Caro Ferdinando, tutta la mia stima per la tua vasta conoscenza di Husserl e ancor più per la tua modestia. Sono dunque io a chiederti di espormi le tue "impressioni ancora in fieri", ossia la tua interpretazione di Husserl. In attesa, continuo a cercare di chiarirti le mie impressioni, anch'esse in fieri, giacché non le considero affatto conclusive. Credo di aver capito cosa intendevi per "venir meno alle premesse fenomenologiche". Husserl appare convinto di aver scoperto "fenomenologicamente" l'ego trascendentale nella sua coscienza, quindi o lui prendeva lucciole per lanterne (del tutto possibile) oppure, assumendo il punto di vista di H., tu potresti essere ostacolato da un pregiudizio naturalistico. È vero che molti grandi filosofi, a cominciare dal suo allievo Heidegger, smentiscono la sua scoperta, tuttavia è altrettanto vero che altri altrettanto grandi (intendo gli idealisti, tra i quali includo Aristotele e anche Kant, seppur parzialmente) la confermano. Quanto alla questione del mondo esterno, io la interpreto così: esso per H. appare tale perché intenzionato come esterno dalla coscienza ma proprio per questo è in realtà interno perché l'intenzionalità è un atto della coscienza. Il che trova corrispondenza nella genesi passiva nella quale l'io individuale subisce e quindi sente il mondo come esterno ma che è comunque sintesi passiva operata dall'ego trascendentale. (Tuttavia, andrebbe considerata anche la problematica finale del "mondo della vita" che tralascio per non esondare.) Soprattutto, però, mi hai fatto pensare che anch'io ho sempre provato un'insoddisfazione finale nello studio dei diversi filosofi, anche dei più amati, dovuta alla sensazione che restasse qualcosa di irrisolto nelle loro teorie. Ma ora penso che ciò segnali un limite strutturale delle nostre capacità conoscitive. Forse siamo vincolati al dualismo realismo vs idealismo, mentre, plotinianamente, la realtà è sia interna sia esterna e né interna né esterna: tertium datur ma inafferrabile dal nostro intelletto.
Ti ringrazio per la risposta e per l’attenzione. Ti espongo le mie riflessioni (ripeto derivanti da una conoscenza ancora parziale, le Ricerche logiche mi hanno preso più di un anno ed ancora adesso devo tornare indietro per recuperare parti che ho dimenticato) chiedendo venia in anticipo per il loro carattere approssimativo e per le eventuali cantonate. Husserl parte cartesianamente. Allarga la sfera dell’evidenza rispetto a Cartesio ai contenuti della mente e introduce l’intenzionalità. Naturalmente mette tra parentesi la realtà esterna che Cartesio aveva giustificato nel modo che sappiamo. Inizia a ricostruire la realtà esterna “a parte subiecti”. E’ evidente che io non vedo il tavolo, ma che alla mia attenzione si presentano momenti successivi che in qualche modo confluiscono nel tavolo cui attribuisco il carattere dell’esistenza. (Tra l’altro, che cosa vuol dire “me lo rappresento”? Dopo la critica delcconcetto di rappresentazione di Brentano ho perso il filo). Comunque: perché mi rappresento il tavolo e perché me lo rappresento come esistente? A questo punto finisce l’evidenza cioè la descrizione, H. passa dall’evidenza “sensibile” per cui io sono assolutamente sicuro di percepire, immaginare, desiderare etc. tutto ciò che percepisco, immagino etc., ad una teoria esplicativa che non debba far ricorso alla realtà esterna. Prendiamo il carattere dell’esistenza: almeno fino al punto in cui sono arrivato, la credenza nell’esistenza di un oggetto ha un carattere puramente interno, non ha nulla a che vedere con uno stimolo esterno, non comporta l’esistenza “reale” dell’oggetto - infatti potrebbe rivelarsi un’allucinazione - che l’oggetto esista realmente o meno è indifferente per la mia percezione. Quindi la realtà esterna non è più semplicemente messa tra parentesi, ma esclusa. ( E’ come se io dicessi ad un amico: “guarda non ti invito alla mia festa perche voglio stare da solo” e poi invitassi qualcun altro). Torniamo al modo in cui si costituisce l’oggetto: perché far ricorso all’ essenza tavolo per spiegare l’esperienza del tavolo e non alla sostanza tavolo esterna alla coscienza? Mi dirai: perché dalla coscienza non posso uscire e perché è una spiegazione più coerente. (Qui c’è un’ambiguità, già presente nel concetto di fenomeno fisico di Brentano su cui non ho trovato nessuna analisi e che tu metti molto bene in rilievo nella tua terza lezione: i fenomeni fisici sono “nella coscienza”, ma la coscienza li intenziona come “esterni”). Va bene, ma il fatto che non possa uscire non implica che non ci sia niente fuori che causa le mie esperienze. E difatti mi sembra che la teoria delle sintesi passive corregga il tiro rispetto all’impostazione iniziale (che quindi non era così evidente). I dati iletici già parzialmente strutturati, da dove provengono? Dall’inconscio? Sono i non-io di Fichte posti dall’Io all’interno di sé o, ancora, provengono dalla realtà esterna? E se provengono dalla realtà esterna, che rapporto hanno con essa? Sono d’accordo con te che probabilmente siamo chiusi - ed io ancor di più- nella forma mentis soggetto-oggetto, spirito-materia; però mi sembra che in Husserl non ci sia chiarezza su questi punti. Se sei arrivato fin qui ti ringrazio per la pazienza. Un cordiale saluto Ferdinando.
Salve. Vorrei porle le seguenti domande: 1. L'Uno/Dio plotiniano è principio assoluto infinito; possiamo considerarlo,quindi, infinito di ordine infinito e possiede infinita potenza creativa ed è dotato di volontà di creare. Perchè non sceglie o non può scegliere di emanare l'ipostasi ad esso immediatamente inferiore (in termini di ordine di infinito) in modo tale da far sì che essa, la mente, sia invece un infinito del medesimo ordine dell'Uno, così che possa contemplare Dio in toto anzichè in modo frammentato? Forse perchè se così fosse non ci sarebbe quella differenziazione che permette l'atto contemplativo stesso? 2. E' stato spiegato che l'anima non può contemplare la mente, e quindi le idee in essa "contenute", in toto, ma solo un gruppo alla volta e questo spiega, secondo Plotino, il divenire e quindi il tempo. Alcune cose compaiono nella materia-specchio nascendo ed altre scompaiono morendo. Ma perchè una stessa forma sensibile, una volta che è vista morire, non può più "rientrare" nel mondo materiale, pur continuando essa, nella sua essenza ideale, ad esistere eternamente a livello mentale ? In effetti quando, ad esempio, una persona muore non riusciamo, quasi mai, a reincontrarla nella sua forma umana che possedeva. 3. E' stato detto che per Plotino la seconda caduta è una colpa. Sappiamo che il bambino, crescendo, subisce ogni sorta di influenze esterne che lo portano ad identificarsi con questo mondo materiale, con la società umana, divenendo un adulto che, inconsapevolmente, vive spesso aderendo agli istinti, alla corporeità, alla materialità. Come può Plotino pensare che possa esserci una colpa dietro il condizionamento mentale che subisce un uomo durante il suo processo di crescita e sviluppo terreno ?
Grazie del contributo. Rispondo per punti corrispondenti. 1) Secondo Plotino, l'Uno è l'assolutamente semplice, cioè l'assolutamente omogeneo e indifferenziato. Poiché pensare implica necessariamente la differenziazione soggetto che pensa e oggetto che viene pensato, l'Uno è la potenza del pensiero (mente, intelligenza) ma non è pensiero, è metapensiero, iperpensiero per noi inconcepibile. Ma l'Uno irradia la Mente, ossia il pensiero, in quanto differenziazione soggetto/oggetto, quindi non più unità assoluta ma molteplicità unitaria. Ora, essendo tale, la Mente è un infinito inferiore all'Uno, dunque non può contenerlo/comprenderlo come tale, deve per forza averne una visione riduttiva, contemplarlo per parti differenziate (le Idee). 2) La visione escatologica di Plotino, come quella di Platone, è apparentemente ciclica. Quindi le anime individuali sono destinate in continuazione a reincarnarsi, e non solo in corpi umani. Di qui la teoria della metempsicosi. Tuttavia, per Plotino, come per Platone, il tempo non esiste al livello fondamentale (la Mente e ancor più l'Uno). Dunque, ma questa è un'interpretazione personale, da sempre e per sempre ogni anima individuale vive molteplici, se non infinite, vite terrene (non solo umane), tutte simultanee. 3) Si tratta di un'opzione filosofica fondamentale: Platone e Plotino ammettono il condizionamento (prima caduta involontaria) ma sono convinti che esso non annulli il libero arbitrio, ovvero la capacità dell'anima di scegliere il bene anche dopo essersi incarnata. È una possibilità, non una necessità, che di fatto non è realizzata dalla maggior parte degli uomini che in tal modo contraggono la colpa di non averla attuata.
Mi piacciono le sue lezioni professore. Stimolano ma rilassano nello stesso tempo. Non c è un precipitare di informazioni da accumulare che stancano ma danno le informazioni necessarie per attivare una riflessione che accompagna l' ascolto in modo spontaneo.
Grazie per l'apprezzamento, caro vickymax. Soprattutto perché argomentato e quindi criticabile. Solo così si fa davvero filosofia.
No dai povero maestro 😢😢
Maestro? Troppo onore, non lo sono affatto. Povero? Verissimo, lo sono proprio. 😄
😢😂😂😂😂😂❤❤❤🎉
Buongiorno Mauro, a proposito della lezione Arendt 6 sulla misteriosa facoltà del giudizio di gusto, vorrei fare alcune considerazioni anche per il mio interesse per l'arte ed in particolare per la pittura. Se ho ben capito la Arendt sostiene che il giudizio di gusto non potendosi esprimere che in un contesto relazionale è per ciò stesso comunicabile; quindi la sua comunicabilità ne ridurrebbe o annullerebber la soggettività. diventando perciò condivisibile, universale? Il giudizio di gusto, sempre secondo la Arendt, parrebbe un nonsenso se non avesse un "uditorio", addirittura non avrebbe alcun significato nemmeno per colui che lo ha "formulato". In particolare quest'ultima affermazione mi sembrata piuttosto estrema, si potrebbe obbiettare che molte decisioni basate su giudizi estetici le prendiamo in completa autonomia senza il bisogno di alcuno che ci dia il suo placet. Tuttavia la relazionalità implica le peculiarità individuali: la psicologia, la sensibilità, la cultura, il contesto storico, di chi esprime un giudizio e di chi lo ascolta, perciò difficilmente i giudizi di gusto quand'anche condivisi possono coincidere, forse parzialmente ma non completamente e tantomeno oggettivamente. Inoltre, come riferito in una citazione della Arendt, affermare che è sempre un giudizio di gusto dire che una azione è sbagliata oppure giusta, mi sembra complichi molto la comprensione tra ciò che è moralmente conforme e ciò che invece diletta. L'aggettivo "bello" spesso viene usato nel linguaggio informale al posto di "buono" o addirittura di "brutto" per accentuare l'intensità di un gesto o di un evento. A mio modo di vedere quando si dice che una azione è bella si afferisce comunque alla sfera morale, la differenza è soltanto verbale. Sempre riguardo alla comunicabilità del giudizio di gusto, possiamo rilevare che nelle opere d'arte senza il condizionamento mediatico: la leonardesca Gioconda, i lavori di Jackson Pollock o di Andy Warhol e via dicendo, (a prescindere dal valore storico delle loro opere) difficilmente sarebbero osannati da folle di visitatori. In questo caso si ha il dubbio che il giudizio di gusto non venga espresso ma "impresso" impartito. Forse i critici d'arte, i galleristi, gli specialisti del settore, potrebbero fornire un giudizio estetico "qualificato", ma qui il discorso si complica notevolmente (vedasi il caso delle teste di Modigliani recuperate nei canali di Livorno). L' essenza dell'arte è sempre stato un problema che mi sono posto, e mi sono domandato: "quando l'artista riesce nella sua opera ad esprimere i propri sentimenti, la sua visione della realtà, il suo mondo interiore ( e questo lo sa soltanto lui!) certamente è soddisfatto del proprio lavoro perché ha raggiunto lo scopo, cioè ha prodotto un'opera d'arte anche senza la validazione della critica?" Ma allora il valore della sua opera viene prima o dopo la validazione mediatica o forse è indipendente da essa?" Probabilmente viene prima proprio in quanto soggettivo. Le pitture, le sculture, ecc. fino a qualche secolo fa, potevano essere soggette ad un giudizio in base alla loro rispondenza alla realtà, cioè era un giudizio basato su un dato oggettivo e perciò comunicabile, universale. Ma da quando l'artista ha creato la sua opera in base alla sua immaginazione, allora il suo lavoro non può che essere soggettivo, il giudizio si può esprimere soltanto con l'espressione: mi piace! E questo "mi piace" lo potrà dire forse un numero anche grande di individui, ma non avrà mai valore universale. Mi scuso per la lunghezza del mio commento, ma questi argomenti sono spesso oggetto della mia riflessione, senza però essere approdato a ad una visione sufficientemente chiara della questione. Complimenti e rinnovo il mio grazie per la tua encomiabile attività divulgativa. Stammi bene
Buongiorno (seppur un po' tardivo) Rossano. Grazie dell'apprezzamento e soprattutto del ricco contributo critico, che mi ha suscitato queste considerazioni: 1) io ho capito che per A. anche se giudichiamo "da soli" nella nostra individualità è insita una connessione con i gusti/giudizi altrui, ossia teniamo sempre conto di come potrebbero gustare e giudicare gli altri ciò che noi stiamo gustando e giudicando in solitudine (-->razionalità trascendentale kantiana). 2) il giudizio di gusto che si riferisce alle azioni è distinto da quello morale: per A. l'azione coraggiosa di Enrico Toti ci risulta bella ed esteticamente giusta (si riferisce alla nostra naturalità di specie umana) mentre dal punto di vista morale è negativa in quanto la guerra è immorale. 3) La validazione mediatica su chi/cosa si basa? Perché sceglie di promuovere Leonardo piuttosto che Mario Rossi? 4) Non credo che il valore dell'arte si misuri con il metro della sua corrispondenza alla realtà, anche le opere più apparentemente realistiche ci risultano belle proprio perché non riproducono la realtà ma la trasfigurano, benché anche in modo dissimulato. Credo piuttosto che la bellezza artistica nasca da una mediazione, a diversi gradi e in differenti forme, tra le rappresentazioni del nostro io cosciente e quelle dei simboli del nostro inconscio. 5) A mio inattendibile giudizio, Andy Warhol non è un grande artista, come Leonardo o Pollock, proprio perché più "realistico" di loro.
Comunque lei è un pazzo 😂😂
Certo: è l'unica cosa di me su cui non nutro dubbi. 😄
Bravissimo, grazie
Grazie a lei per l'apprezzamento, ma soprattutto per aver commentato.
Salve Professor Tassi. Al minuto 8:00 affermi che per Aristotele,a differenza di Plotino, non è concepibile l'infinito attuale ma soltanto l'infinito potenziale. Ma il Dio motore immobile aristotelico o è finito, ed allora come può essere Dio? Oppure è infinito e in tal caso sarebbe,per Aristotele, infinito potenziale, negando, lui, l'esistenza dell'infinito attuale. Ma se fosse infinito potenziale, sarebbe in divenire e quindi non immobile; invece per Aristotele,da quello che ho capito, Dio è pura attuazione e puro compimento, quindi infinito attuale.
Grazie dell'interessante commento critico, Luca. Il tuo ragionamento finale, che assume come premessa maggiore "Dio è infinito", non fa una piega. Ma il punto è che Aristotele nega esplicitamente la possibilità mentale e reale dell'infinito attuale e dunque non può che concepire Dio motore immobile che come finito. Per comprendere questa posizione bisogna tener conto dell'ambivalenza del termine "finito" e del suo opposto "infinito" (=non finito), ossia: finito vuol dire sia limitato (conchiuso) sia compiuto, e infinito, viceversa, sia illimitato sia incompiuto. Ora Dio non può essere incompiuto se è atto (realizzazione, perfezione) e quindi dev'essere finito. In effetti il concetto (al limite della pensabilità) di infinito attuale implica sia l'illimitatezza sia la compiutezza, vale a dire indica un infinito finito o un finito infinito. Per Aristotele si trattava di una contraddizione smaccata e dunque inaccettabile, perché per lui la logica era solo quella binaria, o A o non-A (aut-aut, tertium non datur)). Plotino capì che quella che per Aristotele era LA logica in realtà era UNA logica, la logica del finito, oltre la quale vi è la logica dell'infinito per la quale l'Uno infinito è sia A sia non-A (dialettica: tertium datur), quindi sia finito sia infinito (=infinito attuale). Il geniale matematico Cantor lo avrebbe dimostrato aritmeticamente nella sua teoria degli insiemi infiniti attuali.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 Grazie della illuminante risposta.
Da questo punto di vista possiamo dire che il ruolo dell'avversario dell'uomo è un'occasione per l'evoluzione dell'uomo, per tenerlo desto, il male non consiste nel male in sé ma nel nostro non saper trarre del bene dal male che ci capita, nel nostro acconsentire al male passivamente senza che cio alla fine ci procuri del bene, il male sta nella nostra stupidità. Non è colpa di Satana il male che accade, è colpa dell'uomo stupido o inconsapevole che non sfrutta la sfida di Satana che potrebbe essere un dono e non capisce il dono e decide di seguire il male invece di sviluppare una consapevolezza più profonda verso il bene. Lucifero del resto vuol dire il portatore di luce. Il diavolo potrebbe essere, pertanto , Dio che si traveste da diavolo per non far addormentare l'essere umano ma purtroppo non fai i con la stupidità dell'essere umano. Il male è fuori e dentro di noi come questa vocazione alla sconfitta alla mortificazione di se e degli altri, all'autodistruzione. Il male è non capire questo, o capirlo e non avere la volontà per realizzare il bene, e non vedere il senso di un grande lavoro che c'è da fare con il male con noi stessi, dentro noi stessi e fuori nel mondo. Satana ci rivela quello che noi siamo realmente dietro la maschera del bene, ci dà una profonda visione di noi stessi affinché venga realizzato il vero bene, il bene che passa attraverso il travaglio del negativo, un bene verace e profondo e non un bene ipocrita o di facciata. Non è Dio responsabile del male e nemmeno Satana. È l'uomo che non si volge verso la propria divinità, che aderisce facilmente alla tentazione senza vederne la profonda dimensione di dono che potrebbe volgerlo verso il divino che potrebbe spiritualizzarlo
Grazie del ricco commento critico. Due precisazioni: 1) per Schelling Satana non può dirsi a rigore un travestimento di Dio, in quanto è una manifestazione delle seconda potenza cosmica, l'illimitata potenza dell'essere, mentre Dio in senso proprio è la prima potenza, il puramente esistente, che si aliena nella seconda per creare il mondo e per poi ricondurla in sé limitandola; 2) Satana, secondo Schelling, è insieme chi si oppone e così stimola (aspetto che rimanda al male come accidia di Fichte) e chi induce in tentazione per portare alla luce il male che è insito potenzialmente nella natura umana e dunque esiste come possibile scelta dell'uomo. I due aspetti sono legati ai due significati di male: 1) disgrazia, dolore; 2) errore, peccato; distinti e connessi perché operare il male fa male, p.e. chi scatena una guerra sceglie il male (pecca) e produce il male psicofisico di altri.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 sì grazie per la precisazione. 😊Molto interessante e ho ordinato già le ultime opere di Schelling da leggere. Era una mia interpretazione era la mia visione del.male. Ho una visione creativa e teatrale di Dio che si traveste da serpente, 😁che pungola e stimola l'evoluzione dell' uomo lasciandogli sempre il dono della libertà. E la libertà della stupidità
Non sono laddove penso. Penso dove non sono. Dunque sono dove non penso.. Con il sottofondo dei Pink Floyd perfetto 😊
Grazie per l'apprezzamento, in particolare per quello musicale.😊
Video appena caricato,e bellissimo dall'introduzione XD, ma manca il titolo!
Grazie della segnalazione. Titolato.
Lezione interessante, grazie❤ Potrebbe in futuro riprendere le lezioni di storia, antica, medievale e moderna?
Grazie a lei per l'apprezzamento ma soprattutto per aver commentato. 🤗Tuttavia, mi spiace, non posso soddisfare la sua richiesta perché non ho una formazione da storico e perché mi appassiona di più la filosofia, di cui ho ancora molto da studiare e ormai non molti anni a disposizione per poterlo fare.
8:00 Quindi in un certo senso, dimostrabilità e causalità sono spesso congiunte e non si possono separare nella pratica scientifica?
Non so se abbia compreso bene la domanda, comunque direi che nell'attività scientifica una teoria è considerata verosimile se in ultima analisi è sperimentalmente confermata come causa di un effetto o come effetto di una causa (vedi, per esempio, l'esperimento di Eddington che confermò la teoria gravitazionale di Einstein).
@@cinefilosofiadelp.t.7001 Nono volevo dire una cosa molto semplice, non c'è scienza senza causa sembra dire Jung. Che a me pare molto accurato.
Tre nuovi video su Schelling che non avevo visto. Spengo la tv😊. Sono lezioni complesse inevitabilmente nei contenuti ma chiare e stimolanti. Grazie
Accidenti, questo sì che è un complimento: la filosofia può far spegnere la TV! Mi viene in mente la famosa canzone di Jannacci: La televisiun la g'ha na forsa de leun La televisiun la g'ha paura de nisun La televisiun la t'endormenta cume un cuiun Aggiungiamo: ma l'è vinta da per la filosofia la pasiun! 🙃 Grazie, vickymax per l'apprezzamento ma soprattutto per l'originale commento.
@@cinefilosofiadelp.t.7001 😊
@@cinefilosofiadelp.t.7001 affronta autori interessanti. Whitehead. Cassirer. Il secondo Schelling. Io ho studiato filosofia ma per lavoro faccio lo psicomotricista e lavoro con bambini con difficoltà. La sera arrivo a casa distrutto. Non riesco a leggere, però ascoltare i video si. Sono autori molto interessanti che non posso approfondire. Un filosofo che, per esempio, è utile per il mio lavoro ma che è difficile da leggere è Merleau-Ponty. La sera non riesco. Apro il libro e mi addormento 😁
@@vickymax4027 È più che comprensibile, caro vickymax. Ma, a mio bizzarro giudizio, i veri filosofi sono quelli come te, quelli che studiano filosofia non per lavoro ma per passione. Fermo restando che "Filosofi non si è mai ma solo sempre si diventa" (F. Schlegel). In ogni caso, puoi trovare sul canale anche videolezioni su Merleau-Ponty. Confido che tu prosegua a commentarle. 🤗